Era domenica, e come tutte le volte in cui aveva un minimo di tempo libero, Peter Parker stava smanettando con qualcosa di elettronico. Si, può sembrare patetico che un ragazzo di sedici anni stia a casa a giocare con i videogiochi la domenica pomeriggio; ma a lui stava bene così. Tutti i suoi amici vivevano fuori dal Queens, e nel suo palazzo viveva solo Clint Barton; uno dei giocatori della squadra di basket che a scuola si divertiva a tormentarlo. Quel pomeriggio però, dopo aver perso la quinta partita consecutiva a Rainbow Six Siege, spense con rabbia la Playstation e dopo essersi messo velocemente le scarpe ai piedi, uscì dalla finestra della sua stanza e rimase fermo un secondo sulla scala antincendio. Nella via sottostante un'automobile scura si era appena fermata davanti all'ingresso del palazzo. Vide Clint seduto seduto sui gradini d'ingresso con la sua famiglia, che osservava curioso la portiera posteriore aprirsi lentamente. Dal posto del guidatore scese un energumeno che si recò subito dai signori Barton. Dal posto dietro, scese una ragazza dai capelli rossi che senza nemmeno guardarsi intorno prese una valigia ed uno zaino ed aspettò che l'auto se ne andasse. Sospirò profondamente e solo dopo qualche secondo un debole sorriso le spuntò sul volto. Peter scese le scale antincendio ed iniziò ad incamminarsi verso il parco. <Benvenuta Natalia> disse la signora Barton lanciandole uno sguardo allegro. <Natasha, per favore...> la corresse la ragazza giocando con una ciocca rossa sulla spalla; Clint ghignò divertito e la madre del ragazzo fece uno sguardo stranito. <Come scusa?> domandò il signor Barton ammonendo il figlio che sghignazzava sotto ai baffi con uno sguardo. <Volevo chiedervi se vi andrebbe bene chiamarmi Natasha e non Natalia, signori Barton> la ragazza aveva uno strano accento, e Peter non riusciva a capire se lei fosse americana o se fosse nata all'estero. <Certo Natasha, se preferisci così non ci sono problemi> la signora Barton era così dolce, che Peter si sentì solo e fuori posto. <Ti aiuto con i bagagli?> chiese con una strana cortesia il giovane Barton, mentre si avvicinava alla ragazza. <Posso riuscirci da sola> disse Natasha, seguendo i signori Barton dentro la palazzina e lasciando Clint sul marciapiede con un'espressione dubbiosa sul viso. Tasha... Si, carina la ragazza. Pensò Peter correndo verso il parco.
Natasha varcò la soglia dell'appartamento con le dita della mano che le dolevano per il peso della valigia. Avrebbe potuto farsi aiutare da Clinton, ma lo sguardo che aveva visto nel ragazzo l'aveva fatta arrabbiare. L'aveva osservata come se fosse fragile e indifesa; ma ovviamente non la conosceva... La signora Barton le fece fare un giro della casa, e Nat poté rendersi conto di quanto fosse piacevole e accogliente quel piccolo appartamento. Oltre al salotto, che fungeva anche da sala da pranzo, e una cucina; in quella piccola abitazione c'erano tre camere da letto e due bagni. La stanza che la famiglia Barton aveva preparato per la ragazza era piccolina, con le pareti celesti e il pavimento di legno chiaro. Aveva un letto ad una piazza, con un copriletto blu notte; e per il resto, in quella stanza c'erano solo un armadio a muro e una scrivania. Era spoglia, non vissuta; eppure a Natasha tutta quella semplicità piacque parecchio, dopotutto non aveva mai avuto molto in tutta la sua vita. <Grazie signora Barton. è tutto perfetto> ringraziò sinceramente la rossa con un morbido sorriso sulle labbra. <Chiamami pure Edith> le rispose tranquilla la donna <Ora ti lascio sistemare le tue cose> sorrise chiudendosi la porta alle spalle. La ragazza lasciò cadere sul posto il suo bagaglio e si sedette sul letto, constatando due cose. La prima era che quello era il letto più comodo su cui si fosse mai seduta; e la seconda era che la vista dalla sua finestra era meravigliosa. Dava sul lato destro del palazzo, e non appena aprì la finestra per osservare il panorama, una leggera brezza di fine marzo le passò tra le ciocche rosse dei suoi capelli, arrivando a solleticarle il viso allegro. Sentì delle voci in lontananza, e solo allora notò che all'angolo della strada si apriva un parco. Uscì dalla finestra e si fermò sulla base che collegava la sua finestra e quella di un altro appartamento con la scala antincendio. I minuti passavano, e la ragazza si accorse di non essere sola quando qualcuno si posizionò al suo fianco vicino alla ringhiera. <Come ti sembra per ora? Il Queens intendo> Clinton la guardò e per un momento parve un'altra persona. <Diverso... Molto più tranquillo di San Pietroburgo. Lì non c'erano viste così belle> rispose tenendo lo sguardo fisso sul panorama. <Sono contento che ti piaccia... Comunque se vuoi conoscere qualcuno prima della scuola, puoi venire con me al parco. Ci saranno i miei amici che mi aspettano per una partita di basket. Ti va di venire?> Clinton stava cercando di farla sentire accolta ed era contenta di quello sforzo, ma avrebbe preferito un invito sincero e non uno di circostanza. <Verrei volentieri Clinton...> sorrise la ragazza. <Natasha; chiamami Clint se preferisci>. <Okay Clint, e tu chiamami Nat...> disse rientrando nella sua stanza per prendere una felpa e successivamente seguire Clint verso il parco.
Allora, come forse avrete già capito, questa è una fan fiction sulla marvel (in realtà al Marvel Cinematic Universe) e sui suoi personaggi. Ho deciso di scrivere di ragazzi normali e non di supereroi perché non avrei la fantasia necessaria per scrivere di missioni o cose del genere; quindi spero apprezziate anche questa versione.
P.s. Alcuni personaggi ho cercato di tenerli il più simile possibile al carattere che hanno nei film; altri li ho proprio cambiati molto.
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~ Riguarda Solo Noi ~
FanfictionNatasha Romanoff arriva in America e si ritrova ad affrontare un mondo completamente nuovo. Steve Rogers vive una finta vita perfetta, nascondendo ai suoi amici tutto ciò che lo fa dubitare di sè. Peter Parker è un ragazzino rispetto agli altri. Pas...