teenagers scare the living shit out of me

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Uno a destra e l'altro a sinistra, Steve e Bucky ci superarono a bordo delle loro Harley potenziate, rombando e sfrecciando nel traffico come fulmini. Li mandai giocosamente a quel paese dal finestrino, alzando l'indice e il medio con il palmo rivolto verso di me, e presi a sistemarmi i capelli per evitare che qualche ciocca potesse ostruirmi la vista.

"Zelda?" mi chiamò ancora Peter.

"Mh?" replicai, utilizzando lo specchietto retrovisore per intercettare lo sguardo del ragazzo.

"Se non abbiamo portato Wanda con noi, allora perché tu e Bucky siete qui ugualmente? Non aveva attaccato anche voi?"

Bell'osservazione, ragnetto. Il problema era che non sapevo neanche io perché si era stata presa questa decisione un pelino azzardata. Non solo era troppo pericoloso per me essere di nuovo fuori, nel mondo, dopo un lungo periodo d'intorpidimento passato soltanto a coltivare le arti mistiche, ma White Vision aveva attaccato prima me e poi aveva quasi distrutto il braccio di Bucky, costringendolo a dover andare per l'ennesima volta in Wakanda per farselo sostituire con un braccio di Vibranio color nero e oro, perché quello argento era davvero irreparabile. Ora aveva anche delle nuove funzionalità, ma comunque ritenevo che non fosse stata un'ottima idea quella di rigettarmi fuori così presto. "Beh, sì," sospirai, senza avere una risposta migliore. "Non so che cosa abbia spinto Steve a farci partecipare lo stesso alla missione di recupero."

L'auto tornò di nuovo silenziosa. Le luci della capitale sudcoreana irradiavano la macchina buia di colori variopinti, quasi accecandomi, a tratti, quando qualche led era particolarmente luminoso. Prendemmo una svolta non troppo delicata e salimmo su una rampa, ritrovandoci ben presto su un ponte alquanto particolare — diversi svincoli compivano dei semicerchi a mezz'aria, prima di raccordarsi sulla strada principale.

Mi azzardai a rilassare i muscoli. Mi permisi di abbassare la guardia. E a quel punto successe il patatrac.

"Chi sono quelli?" domandò Clint, guardando dritto davanti a sé.

Smisi di guardare fuori dal finestrino e puntai lo sguardo sul parabrezza, guardando oltre i tergicristalli che spostavano metodicamente le gocce di pioggia. Una furgone, che ricordava molto la nostra jeep, bloccava la corsia con il muso rivolto verso di noi. Un gruppo di persone circondava la macchina, imbracciando delle armi da fuoco dall'aria molto pericolosa.

Sgranai gli occhi, ma non feci in tempo a dire nulla: iniziarono a spararci addosso.

Mi piegai in avanti, proteggendo la testa con il braccio destro, mentre col sinistro mi preoccupavo di tenere Peter con la testa bassa. Barton inchiodò e ingranò la retromarcia, ma bastarono pochi metri all'indietro che andammo a sbattere contro un'altra auto.

I vetri implosero, sia per via dei proiettili che per l'impatto contro la Hyundai che avevamo tamponato, il cofano distrutto contro il parafango della nostra macchina blindata.

"Lasciamo l'auto," affermai, verificando che Clint mi stesse leggendo il labiale. Aprii le portiere e, in men che non si dica, eravamo tutti e tre sotto il temporale di Seoul. Un proiettile mi sfiorò il braccio, portandosi via un po' di epidermide e iniziando a farmi sanguinare all'istante. La pelle non si rigenerò. "Sono italians — maledetti proiettili." ringhiai, sfiorando il braccialetto d'argento e attivando così l'Iron Soldier.

Continuavano a sparare, ricaricando le munizioni senza sosta. Spalancai la portiera e mi inginocchiai dietro di essa, tenendo Peter vicino a me. Barton aprì la portiera posteriore, recuperò le sue armi e poi si piegò davanti a noi, allungando il collo oltre il finestrino oramai inesistente.

𝖋𝖆𝖑𝖑𝖊𝖓 𝖈𝖔𝖒𝖗𝖆𝖉𝖊Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora