Jon la fissò senza dire niente, e quello sì che era un vero silenzio da far contorcere le budella.

Lo schiamazzo di un gruppo seduto a un tavolo poco dietro di lui lo salvò da una risposta che gli era salita alle labbra, ma che lo avrebbe forse costretto a cambiare pub la sera successiva.

«Oddio...» sospirò la barista, e lanciò un'occhiataccia ai tipi. «Li odio, quelli. Vengono qui ogni sera e si comportano come se il locale fosse il loro.»

«Heeeey, camerieeeeeera» la richiamò infatti uno dei ragazzi, sovrastando la voce calda dell'uomo che ora stava cantando una versione rock di Can You Feel The Love Tonight. «Qui le birre sono finite!»

La barista sbuffò. «Scusami, torno subito.» Si chinò a prendere delle birre fresche dal frigorifero e si avviò verso il rumoroso tavolo.

«Fa' con comodo» rispose Jon, e finì il suo terzo cicchetto.

La seguì con lo sguardo fino al gruppo che stava facendo tanto baccano. Ubriachi, maleducati e molesti: il peggior tipo d'uomo. Erano in tre e sembravano belli che andati. Due di loro stavano rivolgendo complimenti pesanti alla barista, che però doveva essere talmente abituata alle loro attenzioni da non rispondere neanche. Il terzo si limitava a guardare quei due imbecilli dei suoi amici con il sorrisetto orgoglioso di un padrone che è riuscito a insegnare al cane ad abbaiare a comando.

Solo quando la barista si allontanò dal tavolo, Jon notò che c'era anche una ragazza con loro, seduta vicina al tipo col sorriso da idiota. Dal modo in cui lui le teneva una mano sulla coscia nuda, doveva essere la sua fidanzata. A differenza dei tre, non sembrava starsi divertendo granché, piuttosto aveva un'espressione imbarazzata e nervosa. «Ma perché dovete sempre fare così?» la sentì chiedere.

Il tipo col sorriso da imbecille si voltò a guardarla. «E dai, pupa: i ragazzi si stanno solo divertendo un po'! Che c'è di male?»

«Sì, pupa. Che c'è di male?» ripeterono in coro gli altri due, poi si guardarono e scoppiarono a ridere, più tonti che mai.

Jon scosse il capo e tornò a girarsi verso il bancone. Aveva visto abbastanza.

«Eccomi, scusa per l'interruzione» fece la barista.

«Figurati, stai lavorando» rispose Jon, per niente interessato a riprendere da dove avevano interrotto.

Lei doveva essere di tutt'altro avviso, perché aggiunse: «Il mio turno finisce tra un paio d'ore.»

Lui non colse la provocazione e mise invece mano al portafoglio. «Quanto ti devo?»

Dall'espressione sul suo volto, la barista doveva esserci rimasta male. Ci sperava davvero troppo perché la prendesse in considerazione anche solo per del buon sesso. «Sono dodici dollari.»

Jon tirò fuori tre banconote da cinque. «Tieni pure il resto.»

«Grazie» rispose lei con un sospiro, e si avviò alla cassa per fare lo scontrino.

Nell'attesa, Jon rivolse di nuovo l'attenzione al palco. Si sorprese di vedere che sopra di esso ci fosse ora la ragazza che aveva scorto in compagnia di quei tre imbecilli. A differenza di chi si era esibito prima di lei, si era accomodata su uno sgabello e aveva afferrato la chitarra classica che nessun altro aveva osato sfiorare, preferendo la base canora del karaoke.

Nel complesso sembrava abbastanza carina: non una di quelle bellezze che lo avrebbero fatto voltare per strada, ma aveva comunque un qualcosa di grazioso.

«Ecco a te» fece la barista di ritorno, porgendogli lo scontrino.

Jon lo prese senza staccare gli occhi dalla ragazza sul palco.

𝐓𝐮𝐭𝐭𝐨 𝐓𝐫𝐚𝐧𝐧𝐞 𝐋'𝐎𝐫𝐝𝐢𝐧𝐚𝐫𝐢𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora