Capitolo 1

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(Canzone consigliata: Hard to Breathe - UNSECRET & Samantha Tieger).

Nerissa.

Avete mai assaggiato il gelato Ben & Jerry's ai biscotti? No?

Santissimo Dio, non avete idea di cosa vi siete persi.

Il gusto della vaniglia che incontra quello delle gocce di cioccolato, e quei pezzi di impasto dei biscotti che si sciolgono sotto i denti... Oh, che orgasmo.

Ed era proprio quel ben di Dio che stavo gustando mentre mia sorella, Giselle, mi medicava il sopracciglio.

«Quando la smetterai con queste cose, Nene?» Sospirò con preoccupazione.

Era la più piccola delle due, ma sicuramente quella che aveva più spirito di conservazione.

Io ero quella che andava a sbattere contro il muro rompendosi la testa, lei quella che provava a scavalcarlo per uscirne indenne.

Eravamo simili in tutto, tranne che nel carattere.

Lei sempre così dolce, premurosa e accomodante. Io quella stronza, odiosa e sempre incazzata con il mondo.

«Oh, stai tranquilla Lele.» Feci un gesto noncurante con la mano. «Dovresti vedere come sta messo il mio avversario.»

«Avversario?» Strabuzzò gli occhi. «Ti sei messa a combattere anche contro gli uomini?»

Ridacchiai mentre prendevo un altro po' di gelato dal barattolo. «Ti assicuro che molti picchiano come un gatto che gioca con una pallina.»

Lei scosse la testa sospirando.

Era inutile che continuasse a chiedermi di smettere, non l'avrei fatto. Mi piaceva sfogare la rabbia e all'inizio ci riuscivo anche solo con il sacco da boxe, poi non è più bastato.

Avevo cercato un giro di incontri clandestini lì ad Atlanta e, una volta trovato, non sono riuscita più ad uscirne.

L'adrenalina, il sangue e il dolore in unico pacchetto che non riuscivo a buttare via.

Di certo non ero la figlia femminile, piuttosto quella che avrebbe dovuto essere un uomo.

A me, sinceramente, andava benissimo così.

Ma non era stato quello il motivo per cui avevo seguito mia sorella ad Atlanta quando me lo aveva chiesto con quei suoi occhi dolci, colmi di risentimento per la nostra città natale.

Giselle non era come me, non riusciva a vivere nella violenza e sapevo che la città del peccato non era mai stato il posto per lei.

Ad Atlanta si era trovata un lavoro come cameriera in una caffetteria e un piccolo gruppo di amici normali. Ero felice per lei, ma a me mancava quell'aria che si respirava nella mia città natale.

Oltre al peccato, si respirava la trepidazione e l'eccitazione.

Dove mi trovavo con mia sorella mi sentivo un pesce fuor d'acqua.

E non lo dicevo per autocommiserarmi, era così e basta.

Come dimostrazione c'era stata una sera in cui Giselle mi aveva invitata ad una serata con i suoi amici. Poco prima avevo avuto un incontro con un'imbecille che aveva deciso di puntare tutto sul mio viso, invece che sul resto del corpo. Quindi, ero un livido vacante.

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