Marzo era il mese che li aveva visti diventare genitori. Da sempre conosciuto come un mese turbolento e lunatico, capace di passare in un secondo dal sole alla pioggia e viceversa, Lorenzo e Selene non si erano mai resi conto di quanto li rappresentasse. Il tredicesimo compleanno di Lorenzo Ugo era trascorso da qualche giorno, ormai. Lo avevano festeggiato nell'intimità familiare e nella semplicità gioiosa dell'essere tutti insieme. Le giornate continuavano a trascorrere lente, a tratti sonnacchiose e di certo nessuno aveva dimenticato (e non sarebbe riuscito a farlo neppure volendo) le svariate preoccupazioni e situazioni spinose che li opprimevano, ma i Medici (soprattutto la giovane coppia con i loro quattro figli) erano ben consapevoli dell'immensa fortuna dalla quale erano stati investiti e non si sarebbero mai più cullati nella sua ignoranza, rendendo grazie a Dio ogni secondo di ogni giorno per potersi abbracciare gli uni agli altri nel calore delle loro stanze e non sulla tomba fredda del pater familias. Era sera, ma non troppo tardi. Fuori aleggiava una nebbia umida ma poco fitta e il cielo, scuro, sembrava promettere una di quelle precipitazioni malinconiche ma non spaventose. L'ambiguità del rapporto fra Cosimo e Andrada e la totale mancanza di tolleranza da parte di Selene nei confronti di Alexandra avevano stabilito una mutua (ma in cuor loro tutti speravano senza ammetterlo ad alta voce, anche temporanea) tendenza a limitare i momenti di convivialità: i vari nuclei consumavano i pasti nei propri appartamenti, senza essere obbligati a sguardi imbarazzati o commenti falsamente indulgenti. Avevano cenato presto, con un ottimo brodo di zucca preparato dalle inservienti di cucina. Selene osservava il mondo fuori dalla finestra, tenendo ben salda fra le mani la sua solita tazza di latte caldo e beandosi del buio. Sapeva che di lì a pochissimo le giornate avrebbero cominciato ad allungarsi di nuovo e perciò non aveva intenzione di sprecare neppure un secondo di quella sua predisposizione ad amare l'oscuro e l'incerto. Ginevra Anna ed Andrada Rosa erano accoccolate nel letto matrimoniale assieme al loro papà: ormai era quasi impossibile per i due coniugi riuscire a ritagliarsi dei momenti di intimità, e c'era anche da dire che avevano lasciato in sospeso molto, forse troppo, ma i loro bambini avevano sofferto tanto in quei mesi e il loro benessere era l'unica priorità che rapiva l'interesse parentale, anche se questo significava dormire in cinque (Lorenzo Ugo si riteneva ormai troppo "grande") in quello che, così popolato, da talamo diveniva giaciglio. "E dunque allora il cavaliere promise al principe che gli sarebbe restato fedele sempre, per tutti i secoli e oltre, ma all'unica condizione di non avere mai più ostacoli sulla propria strada per poter sposare la dama di corte che gli aveva rapito il cuore". Il Medici concluse di leggere la storia alle gemelle e chiuse delicatamente il possente libro che aveva preso in prestito dalla biblioteca di Cosimo. Poi le guardò: Rosa allungata, con un occhio chiuso ed uno aperto, che cercava di non lasciarsi ghermire definitivamente dal sonno; Ginevra con la testa appoggiata sul palmo della mano, che a propria volta puntava su un gomito ben affossato fra le coperte, sveglissima. "Ma allora... poi... si sono sposati davvero il... il... il cavaliere e la dama..." biascicò Rosa. La sua voce impastata fece sorridere Lorenzo e Selene che si voltò, dando stavolta le spalle all'esterno e appoggiandosi con il bacino sullo stipite dell'infisso. Francesco Marco, come sua abitudine, si era addormentato a terra: si costruiva spesso una piccola alcova con coperte e cuscini sul tappeto e adorava raggomitolarsi lì. Nessuno glielo aveva mai impedito: di certo due genitori che da bambini sfuggivano quando diluviava per andare a stendersi sotto la pioggia nei campi più sperduti della zona non avrebbero ottenuto molta credibilità, né in realtà nutrivano grande interesse ad impedire alla propria prole di esprimersi e di vivere come meglio credeva: il loro ruolo sociale e la situazione che stavano attraversando in quel periodo già li limitava parecchio in tal senso. Lorenzo Ugo invece si era rifugiato nella stanza da bagno: la sua versione preadolescente era un connubio di ingenuità e simpatia: passava le ore a fare abluzioni e a riempirsi il volto di profumi ed essenze nauseanti per apparire forse più bello. Ci teneva a distinguersi dagli altri, lui era "il maggiore", ma la gioia immensa che nutriva per il ritorno del padre e per la sua famiglia serena e unita non riusciva a nasconderla né lo voleva, perciò spesso li raggiungeva sul letto gocciolante olio dolce e li stringeva tutti al petto, salvo poi arrossire e blaterare qualcosa sulla necessità di lasciarsi andare a simili atti smielati che la sua "condizione" gli imponeva. "Certo, si sono sposati davvero. Ma questa è la seconda parte della storia e ve la leggerò domani sera, perchè adesso è giunta l'ora di addormentarsi." Rispose dolcemente Lorenzo alla sua ultimogenita, accarezzandole i capelli. Andrada Rosa ormai faticava a tenere aperto anche l'altro occhio. "Ma n...no pa, papà... io... io non ho sonno, puoi... continuare a raccontare..." mormorò. L'uomo non ebbe bisogno di insistere, un altro paio di passaggi di dita fra quei boccoli castani e la bimba crollò. Ginevra Anna invece non si era mossa di un centimetro. La sua attitudine riflessiva e a tratti enigmatica era sempre risultata tremendamente affascinante alla madre perciò quest'ultima, sorridendo, appoggiò la tazza sul comodino e si stese lentamente accanto agli altri. Lorenzo le sfiorò la schiena con la mano, appoggiandocela sopra e provocandole un brivido. Da quanto tempo... "So cosa stai pensando. Probabilmente che il cavaliere è stato uno stupido a restare comunque al servizio del principe, dopo tutto ciò che gli aveva fatto: avresti preferito che fuggisse lontano insieme alla dama e che dimenticassero per sempre le angherie subìte, non è vero?" Le domandò. Lo sapeva perchè era lo stesso pensiero che aleggiava nella sua, di mente: Selene non aveva mai amato l'ordinarietà e la banalità. E nemmeno Ginevra Anna. Per nessuna delle due la fedeltà avrebbe mai dovuto trasformarsi in accondiscendenza. La bambina si lasciò cadere sul letto con tutto il corpo e guardò verso l'alto, allungando le braccia al soffitto e incrociando i polpastrelli fra di loro. Ci riflettè su per qualche istante. "No, infatti. Hai ragione, mamma." Rispose semplicemente. Lorenzo e Selene si lanciarono uno sguardo complice ed entrambi si accorsero che poggiare le labbra dell'uno su quelle dell'altra, per un secondo e appena percettibilmente, ma con convinzione, fu un gesto normale. L'uomo spostò la mano e passò ad accarezzare il braccio della moglie e in quel preciso istante lei si rese conto, se mai ci fosse stato bisogno di capirlo ancora più chiaramente, che non aveva mai smesso di amarlo di un amore profondissimo, neppure quando aveva pregato Dio di non rivederlo più per il resto della vita. Lorenzo Ugo uscì in quel momento dalla stanzetta laterale, attirando gli sguardi dei genitori ma non della sorella che, mentre la palpebra cominciava a calarle, continuava a giocherellare con le dita e a riflettere sulle ingiustizie delle favole per bambini. Selene ruotò di mezzo busto per trovarselo di fronte. Aveva i capelli liscissimi, palesemente pieni di qualche materiale che aveva "rubato" al padre ed emanava un forte odore di fiori d'arancio. "Io mi ritiro nella mia stanza. Buonanotte a tutti!" Esclamò, non prima di aver lanciato uno sguardo indefinito a fratello e sorelle e alle loro posizioni strane. "Va bene" risposero all'unisono i genitori, cercando di trattenere l'istinto di scoppiare a ridere. "Buonanotte a te." Lui annuì ed attese qualche secondo di troppo, forse sperando che gli venisse fatto notare quanto fosse bella la sua pettinatura o quanto gli donasse quel profumo poi, insoddisfatto, lasciò la stanza. Per loro fortuna Lorenzo e Selene non avevano ancora cominciato a ridere quando, inaspettatamente, rientrò quasi correndo e, prima di andare via di nuovo, si fiondò sul baldacchino e li abbracciò fortissimo entrambi. "Chiedi a Lucrezia di darti una mano con quei capelli, Lorenzo. Non puoi dormire così o ungerai tutto il cuscino." Lo redarguì il padre dopo che si furono staccati e che gli ebbe dato un buffetto sulla fronte. Il ragazzo fece cenno di sì con la voce e con la testa, stavolta docile, ed andò via.
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I Medici 2
FanfictionSono passati dieci anni dal ritorno dei Medici a Firenze e dall'acclamazione di Cosimo come Signore da parte della folla. Le vite di Andrada e Selene sembrano aver finalmente raggiunto un equilibrio e tutto va bene. Ma non è così. Una nuova ma allo...