Cαριƚσʅσ 25

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«No Jimin, deve essere testato in laboratorio prima di somministrarlo alle persone», rispose lei con velata saccenza.

«Peccato. Beh, io cerco di riposarmi allora, anche senza farmaci», disse prima di allontanarsi verso la sua camera.

«Non vai in ufficio?», gli chiese Jisoo, voltandosi verso di lui.

«Ferie illimitate! Magari mi prendo un anno sabbatico, chi lo sa!», fece Jimin, prima di chiudere la porta della sua stanza.

"La situazione è più grave del previsto... Dio, che mal di testa!", pensò Jisoo cercando di raccogliere tutte le forze per iniziare quella giornata.

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Dopo qualche ora la situazione non era migliorata: si sentiva un'ameba, fissa davanti allo schermo del pc e incapace di procedere con il lavoro.
La mancanza di sonno e la stanchezza si stavano facendo sentire e Jisoo si ritrovò a maledire Yoongi, Jimin e l'amore in generale.
Quel maledetto istinto irrazionale che riusciva sempre e solo a portare scompiglio nelle vite di chiunque.

"Fa bene anche a te distrarti e non pensare a Taehyung".
Quella frase a bruciapelo di Jimin continuava a ronzarle nella testa e a farle perdere anche l'ultimo briciolo di concentrazione che le restava.
Era vero, cercava continuamente pretesti per non pensare a lui: il lavoro, ora la discoteca, come per riempire tutti i buchi in cui poteva far capolino il suo fantasma.
Pensarlo era consolatorio e al tempo stesso straziante nei momenti in cui sentiva il peso della solitudine.
Non riusciva ancora a definire ciò che continuava ad essere per lei: un rimpianto? Uno sbaglio? O qualcosa di ancora non totalmente chiuso e archiviato?
Ma cos'altro avrebbe potuto fare se non rassegnarsi e scacciarlo dal suo cuore e dai suoi ricordi?
Non si erano più cercati dal giorno in cui aveva traslocato, non sapeva nemmeno se lui stesse ancora in quell'appartamento.
Si erano allontanati con uno strappo repentino che ancora riusciva a causarle del dolore quasi fisico.
Ecco perché Jisoo accoglieva ogni forma di distrazione possibile come un toccasana, proprio per evitare di sentire quel dolore, per evitare di pensare all'immagine offuscata di Taehyung e avere paura un giorno di dimenticarne l'odore della pelle, il tono della voce, il sapore dei suoi baci.

Si portò entrambe le mani alle tempie, massaggiandosele: doveva tornare ad essere lucida, aveva assolutamente bisogno di un caffè, sebbene oramai fosse il quarto della giornata.
Si alzò dalla seduta e prese a camminare per il lungo corridoio costellato da uffici che sembravano non finire mai.
Superò la sala riunioni open space, delimitata solo da vetrate che permettevano di vedere all'interno.
C'era una riunione tra i vertici dell'azienda e i suoi maggiori azionisti che durava da ore.
Ad ogni caffè che la costringeva a passare di lì, Jisoo poteva osservare i volti dei cugini Jung e degli altri partecipanti che si facevano via via più provati.

"Forse qualcuno sta passando una mattinata peggiore della mia", pensò.

Raggiunse la macchinetta, una di quelle automatiche che più che un caffè regalano una deliziosa brodaglia marrone.
Premette il tasto di erogazione e si mise in attesa con lo sguardo perso nel vuoto.

«Buttalo quello. Ho bisogno di un caffè vero, andiamo al bar», fece una voce alle sue spalle.

Jisoo si girò sorpresa, trovandosi Haein davanti impegnato ad allentarsi il nodo alla cravatta.

𝑺𝒌𝒊𝒏𝒏𝒚 𝒍𝒐𝒗𝒆 (𝑺𝒆𝒒𝒖𝒆𝒍 𝒅𝒊 𝑨𝒏𝒐𝒕𝒉𝒆𝒓 𝒍𝒐𝒗𝒆) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora