2. Don't blame me

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Mentre mi applico del gloss sulle labbra per andare a vedere la partita di Matt il telefono inizia a squillare incessantemente. Sobbalzo. E quando mi guardo allo specchio noto il lucidalabbra sbavato.

Maledico chiunque mi stia chiamando in questo momento e alzo il telefono per vedere chi è.

Sconosciuto.

Però sta chiamando da questa città, New York.

Rispondo imprecando.

«Spero, chiunque tu sia, che abbia una buona ragione per chiamarmi in questo momento. Tua madre non ti ha insegnato che non si disturba mai una donna quando si sta preparando? Mai.»

«Oh signorina Blair, credo di avere proprio una buona ragione per chiamarla.»

Merda, è il preside della mia scuola!

Menomale che mi sono limitata a dire ciò, avevo proprio intenzione di continuare la sfuriata appena ho risposto.

Mi faccio il segno della croce e spero che il preside non abbia cattive notizie.

«Umh... ho... fatto qualcosa?», chiedo preoccupata.

«No, non lei. Sua sorella, o meglio, la questione riguarda sua sorella.»

«Ah.»

Oddio che ha fatto sta volta? Devo ucciderla veramente.
E se avesse saltato la scuola? La uccido, la uccido.

Non deve assolutamente prendere la strada mia e di Matt.

«Per parlarle di questo, però, vorrei vederla di persona. È una questione delicata», il suo tono è risoluto e non ammette obiezioni.

Questione delicata?

Oddio, lo sapevo, si droga.

«Ma certo.»

Prima che possa chiedere quando vorrebbe vedermi, si congeda e attacca.

Ma che hanno tutti...

Finisco di prepararmi con un po' di mascara e pettinando i miei lunghi capelli castani.

Non esagero mai con il make-up, anche se a volte evito di proposito il mio riflesso nello specchio.
Non è il momento, adesso.

Indosso dei jeans larghi e strappati sulle ginocchia, perfetti per le temperature autunnali, e una maglietta oversize bianca con una fantasia a caso al centro.

Inizio a scendere le scale del condominio e mi metto a contare la quantità esuberante di difetti che ha, per l'ennesima volta.

Ci sono crepe e buchi ovunque guardi, le scale sono di cemento e si ripetono per tre piani. Le cassette postali sono state incollate con uno sputo per ogni appartamento e cadono ogni volta dal muro mischiando la posta di tutti. Il condominio è di una tonalità strana di giallo, direi giallo pipì.

Viviamo nella merda, eppure questo è tutto quello che abbiamo potuto avere dalla morte di papà.

Potrebbe crollare da un momento all'altro. Beh, almeno cadrebbe addosso anche ai miei vicini di casa.
Sorrido a quel pensiero, non siamo mai andati d'accordo.

Mi metto a pensare che più volte ho visto sgattaiolare dei topi dalle parti dell'appartamento di una vecchia rompipalle al piano di sopra.

Faccio una smorfia disgustata. Odio quella donna, la signora Gwendolyn. È troppo all'antica. Dice che Lana non può giocare a calcio perché è una ragazza.

Distolgo i pensieri da lei quando mi imbatto in un soggetto insolito.

È un ragazzo della mia età, credo anche della mia scuola e sta fumando una canna a occhi chiusi. Non l'ho mai visto prima.

ℭ𝔥𝔞𝔰𝔢 𝔐𝔢 [REVISIONE]Donde viven las historias. Descúbrelo ahora