Capitolo 1 - Gal

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Il deserto lo circondava. Attorno a lui un'estesa valle di dune di sabbia viola. Era ancora frastornato. Roteò la testa versò l'alto in maniera nervosa.

Sopra, due stelle lo stavano divorando con la loro luce. Continuò a camminare con le stelle alle spalle.

In lontananza il fumo della capsula di salvataggio che, evidentemente, non lo aveva salvato lo aveva condannato ad una cottura lenta.

Era atterrato su di un pianeta morto o almeno era quello che pensò Gal mentre togliendosi la parte superiore della tuta si coprì la testa; gli doleva e sentiva il calore rubargli tutta l'acqua che aveva nel corpo, ma non era solo quello. L'aria era troppo densa, qualcosa lo faceva respirare a fatica. Continuò a camminare fino a quando, con sua grande sorpresa sotto la cima di una duna trovò una sporgenza di roccia alta quanto la duna stessa. Scese velocemente in modo goffo e rigido creando piccole frane viola sotto i suoi piedi. Arrivato alla base si infilò sotto uno spuntone simile ad un rozzo arco e riprese fiato.

La duna, pensò cercando di respirare regolarmente, doveva essere molto alta per aver inglobato tutta quella roccia; quasi sette volte l'altezza di Gal. La differenza di temperatura gli diede conforto e appena gli occhi si abituarono alla penombra iniziò ad osservare la pietra scavata dal vento e dalla sabbia. Poco più avanti un semicerchio si intravedeva ancora inciso nella pietra di un viola livido. Forse un tempo era stata un'immagine, pensò, oppure un'indicazione. Forse poteva trovare qualcuno. Nel mentre i suoi piedi si avvicinarono alla base del semicerchio e la sabbia iniziò a scivolare verso la pietra, sotto di essa. C'è un buco, pensò, forse è un entrata coperta. Ma un entrata di che cosa? Il pensiero svanì e la gola di Gal divenne rovente, un conato di vomito lo fece indietreggiare, poi un colpo di tosse gli tese i muscoli del collo, poi un altro conato, un liquido ambrato gli uscì dalla bocca e dal naso. Lo sforzo fu troppo forte e improvviso, si accasciò sulle ginocchia. Il fluido continuò ad uscire, una densità che non gli permetteva di respirare ne di farlo uscire velocemente. I polmoni gli fecero male, la testa iniziò a girare e poi il buio.

Sotto di lui la città Hakkari di Hagda di Heb in fiamme, un suono basso, una frequenza quasi inudibile gli martella i visceri. Il grande serpente titanico Hogsha a protezione del pianeta sullo sfondo. Un incubo smisurato per un pianeta così piccolo. Antichi saperi Hakkari balzano nella mente di Gal. La navicella è fresca e confortevole tranne per l'odore di bruciato delle sentinelle sintetiche distrutte. Le sue mani si muovono nell'aria densa di azoto della cabina di pilotaggio. Lui sa cosa fare. Lui si ricorda come far navigare quella navicella. Un tonfo sordo. Le telecamere del retro della navicella mostrano la bocca di Hogsha spalancata. Si alzò la pressione nello spazio nello spazio e la navicella arrancò. E' sicuramente il vapore del fiato di quell'abominio, pensa Gal mentre con altre movenze precise e meccaniche sonda l'aria senza toccare nessun oggetto della plancia. La guida sinaptica gli permette di sviluppare una virata così veloce che distorce visivamente lo spaziotempo. Accende i motori dimensionali. La bocca di Hogsha inizia a richiudersi e per poco la navicella non impatta contro la lingua della bestia titanica. La vetrata frontale della cabina viene protetta da una grata per l'attraversata dimensionale. Un indicatore sollecita Gal a portare più potenza ai motori togliendone all'impianto di respirazione. La potenza per l'utilizzo del motore Hakkari è al massimo. Gal chiude il pugno destro e si lascia cadere sulla poltrona di comando. Una serie di insetti meccanici compaiono dal sopra di lui e gli si conficcano nel collo. Una sostanza dal sapore acre gli viene iniettata nel corpo. Perfetto, pensa Gal, ce l'ho fatta. Il suono di un'implosione lo assorda poi un rumore bestiale risuona lontano. La lingua di Hogsha che esplode. Lo spazio pentadimensionale rimuove la gravità e Gal inizia a galleggiare sospinto al sonno.

Quando si risvegliò la luce del pianeta era diminuita e con essa anche il calore. Forse stava ricordando. La sostanza vomitata prima di svenire era la pozione per i voli pandimensionali. Il suo corpo l'avrebbe rigettata, pensò. O almeno era quello che pensava di ricordare... Si alzò pulendosi la fibra di sotto tuta che si stava sciogliendo. Devo scavare, pensò. Forse posso trovare qualcuno dentro la costruzione. Il pensiero venne sormontato dal sogno appena fatto. Heb il pianeta carcere, nessuno doveva trovarlo, lui era un fuggitivo. Da cosa non lo ricordava ancora ma era un fuggitivo e la sua paura era reale. Gli avevano fatto qualcosa su Heb. Ma perché a lui? Il mal di testa riprese come un fiume in piena seguito da infinite domande. Decise di scavare.

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⏰ Last updated: Sep 04, 2023 ⏰

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Le Cronache di Gal Harin, Il Pianeta Dimenticato: CAPITOLO 1Where stories live. Discover now