6. L'ultimo saluto

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Il giorno seguente si tennero le esequie.

Mentre Barto si concedeva gli ultimi momenti per salutare Matilde prima che la bara venisse chiusa, sua mamma aveva intercettato Susanna e le era andata affettuosamente incontro.

«Oh Susy, che bello vederti qui»

«Franca!» La abbracciò fortissimo. Tra le due c'era sempre stato un grande affetto: Franca riconosceva il potere che Susanna aveva di far aprire gli occhi a Barto nei momenti in cui lui preferiva far prevalere la propria cocciutaggine, la ragazza ammirava la capacità della mamma di amare potentemente suo figlio pur rimanendo fuori dalla sua vita e dalle sue scelte.

«Bartolomeo ha tanto bisogno di te. Quando Matilde si è ammalata ho provato a cercarti, ma non sapevo come fare. È un dono la tua presenza oggi. Come l'hai saputo?»

«I nostri amici in comune hanno pubblicato tanti post online... ho mandato un messaggio di condoglianze in privato a Barto e gli ho chiesto se fosse inopportuno andarlo a trovare e... beh, sono qui da due giorni»

«Davvero tesoro?»

«Non sono riuscita a lasciarlo solo. Mi fa tanta pena. Voglio dire, non fraintendermi, sento tanta pena nel mio cuore per il suo dolore: io impazzirei se fossi sola»

«Non ha voluto nessuno di noi accanto. È stato molto categorico»

«Ecco perché era solo l'altra sera... non capivo»

«Lo amiamo tutti moltissimo, ma lui non si fa avvicinare. Solo tu potevi aprire quella breccia»

«Siete tutti così convinti di questo! Persone che non ho mai visto in vita mia, quando sentono il mio nome si allontanano come consapevoli di non poter fare per lui meglio di quanto possa fare io... ma io non ci sono stata per dieci anni»

«Questo è ciò che credi tu, cara!»

Susanna avrebbe voluto chiedere spiegazioni, ma in quell'esatto istante arrivò Ignazio, il padre di Barto, che la strinse tanto forte come a ringraziarla non si sa bene per cosa. Subito dopo fece la sua comparsa Barto stesso, un corpo che camminava ma che non era presente in effetti. Susanna provò un senso di malessere, una nausea tale da sentirsi mancare per un momento, ma voleva tenere duro per quell'amico che sembrava una creatura tanto fragile in quel momento.

Barto salì nell'auto dei suoi genitori, che si mise in moto immediatamente in coda al carro funebre; poi tutte le vetture di amici e parenti, così Susanna chiuse la fila e parcheggiò lontano dalla chiesa. Entrando si sistemò in uno degli ultimi banchi: non conosceva Matilde e Barto era circondato da persone amorevoli e presenti per lui, non c'era motivo di arrivare più vicina all'altare.

Anche nel percorso verso il cimitero e negli ultimi momenti prima della tumulazione rimase distante, come se si sentisse di troppo nell'ultimo saluto a una donna che non aveva mai visto.

Man mano tutti si allontanarono dal loculo ormai chiuso, prendendo la strada per il cancello del cimitero, ma lei rimase immobile al suo posto: Barto non si schiodava dalla tomba di sua moglie e Susanna iniziò a sentire dentro le sue viscere un senso di allarme, per cui decise di restare lì, a una ventina di metri di distanza, a osservare il suo amico.

A un certo punto Barto si sedette a terra, sul bianco brecciolino del viale tra le file di defunti. Perché sedersi? Le sembrò strano, per cui, mentre Franca, Ignazio, i due ragazzi incontrati alle pompe funebri e decine di altri giovani e meno giovani si scambiavano saluti e condoglianze, Susanna si avvicinò a Bartolomeo.

«Andiamo?»

«Sì, certo. Va' pure». Era calmo, stranamente calmo, come se quell'invito fosse normale.

«Tu non vieni?»

«No, io resto qui»

Il suo senso di allarme si acuì talmente che per un attimo si paralizzò, ma poi, molto cautamente, provò a cercare parole che potessero raggiungerlo, nel posto lontanissimo in cui stava scivolando l'amico.

«Barto... perché non vieni con me?»

Lui si voltò. I suoi occhi. Non era altrove, era lucido, era lì con lei. Se possibile l'allarme iniziò a suonare con una sirena ancora più assordante nella testa di Susanna.

«Io non vado da nessuna parte»

«Ma, Barto...»

«Lei è mia moglie. Io non la lascio»

Susanna iniziò a piangere. Silenziosamente le lacrime scendevano sul suo volto senza che lei potesse controllarle.

«Barto, non puoi restare qui»

«Certo che posso. È l'unico posto in cui io debba stare»

«Fra poco il custode dovrà chiudere»

«Benissimo, mi sistemerò qui a terra, non è un problema per me»

«Barto, ti prego»

Gridò. «Non mi muovo da qui. Mi hai sentito? Mi hai capito?»

Il pianto di Susanna si fece rumoroso, tanto che gli amici di Barto decisero all'unisono di gettarsi verso i due per tirare via l'uomo, ma Franca, con un solo gesto della mano, li fermò: teneva gli occhi fissi sulla ragazza, solo lei poteva convincerlo.

«Bartolomeo!» Anche Susanna gridò. «Alza quel culo da terra e vieni a casa con me»

Lui dapprima la fulminò con uno sguardo di odio, poi spostò gli occhi sul loculo ancora privo di lapide, infine rivolse nuovamente lo sguardo all'amica, parlando con un tono lamentevole e privo di qualsiasi energia vitale.

«Non riesco a lasciarla, Su. Lei è tutto per me»

Susanna gli strinse le braccia al collo, pianse e lo lasciò piangere.

«Tesoro, lei non è qui». Disse scostandosi dal suo corpo e, poggiandogli una mano sul petto, continuò. «Matilde è qui. Ovunque tu sarai la porterai sempre con te. Lì dentro c'è un corpo senza vita, privo di tua moglie. La sua anima buona, il suo amore per te, i momenti che avete passato insieme, le gioie e i dolori sono dentro di te. Ti supplico, amico, vieni con me»

Si guardarono per pochi eterni minuti, finché, senza dire una sola parola, Bartolomeo si alzò da terra, le prese una mano come fanno i bambini che hanno bisogno di sentirsi protetti e insieme si incamminarono verso l'automobile di Susanna. Barto non salutò nessuno, ma Franca incrociò lo sguardo di Susanna e, giungendo le proprie mani come in preghiera, la ringraziò dal profondo del cuore.

La seconda vita di BartoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora