23 • Finché Non Lascia Il Segno

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Vorrei prenderla a schiaffi. Vorrei strapparle tutti i capelli.

Non l'ho mai odiata tanto come in questo momento.

È Ares che le risponde a tono, prima che possa farlo io.

«Ma lei non ne ha bisogno per avere la mia attenzione» cantilena, passando le dita fra i miei capelli per finire di scioglierli e farli ricadere composti lungo la schiena.

Ci manca davvero poco che non socchiuda gli occhi e non mi lasci sfuggire un gemito, a quel contatto.

Infine Ares si china a prendere il mio borsone dal pavimento, se lo carica sulla spalla e afferra la mia mano trascinandomi verso l'uscita.

Sono talmente disorientata che lo seguo come un automa.

Questo suo modo di fare, protettivo anche se non ci sono reali pericoli da cui proteggermi, premuroso e amorevole... Vorrei così tanto potermi abituare. Vorrei che diventasse la normalità. Vorrei che fosse vero.

È un desiderio che mi colpisce dritto allo stomaco, alla stessa velocità di un'auto in corsa.

Ma poi, una volta fuori dal tendone, Ares lascia andare la mia mano ricordandomi che non è reale. Che non ce ne andremo in giro a passeggiare con le mani intrecciate, che non mi saluterà più con un bacio sulla guancia ogni volta che ci vedremo.

«Ehi, stai bene?»

Mi riscuoto, e mi sforzo di annuire mentre indosso il casco.

«Ho fatto qualcosa di sbagliato? Credevo che le ragazze adorassero sferrare attacchi di questo tipo. Volevo far sapere a quella stronza che non c'è storia tra voi due, e volevo che si pentisse di ogni singola volta che ti ha fatto del male».

Gesù, smettila di dire cose come questa.

«Non ero certa che lo avessi fatto per me».

«Certo che l'ho fatto per te. A noi ragazzi non ce ne importa nulla di questi giochetti».

Si, probabilmente ha ragione.

Salgo sulla moto e andiamo a casa mia.

Quando gli dico di aspettare che mi cambi e finisca di struccarmi, mi suggerisce di non farlo, di aspettare che lui sia andato via. Perché, parole sue, gli piace proprio un sacco vedermi così.

Me lo dice con una naturalezza che mi fa venire voglia di gesti folli come sedermi sulle sue gambe e abbracciarlo, nascondere il viso contro il suo collo e ispirare forte per riempirmi il naso del suo profumo.

Ormai è un afrodisiaco a tutti gli effetti, per me.

Anche se il body su cui ho gettato una felpa che non ho neanche richiuso con la zip, e le gambe coperte a stento da una gonna di velo mi fanno sentire un po' a disagio, lo accontento e mi accomodo sul letto vicino a lui.

«Quindi hai assistito allo spettacolo?»

«Già, non venivo da un po'. Volevo rivedere la tua esibizione».

Sorrido. È così bello che qualcuno venga allo spettacolo per guardare proprio me.

«Non mi hai mai detto molto su cos'è che pensi delle mie esibizioni. Neanche cos'hai pensato la prima volta che mi hai vista».

Non sono esattamente a caccia di complimenti, ma voglio indagare di più sul modo in cui mi vede. Sulla percezione che ha di me.

La domanda lo coglie impreparato e, come sempre quando deve esprimere un pensiero personale, si sofferma a riflettere, a cercare le parole giuste per elaborare la risposta.

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