Quando esco dall'acqua per prima cosa mi bendano di nuovo la ferita alla gamba, con un grosso quadrato adesivo di garza sterile. Una delle ragazze mi prende le misure e chiama un facchino, gli chiede di portare degli abiti della mia taglia. Quando arrivano capisco subito che sono tutti corti, così corti che nessuno di loro coprirà a dovere la ferita.

"Non ce ne sono di più lunghi?" chiedo.

"Regole." Mi risponde secca la donna che si occupa dei miei outfit. Ne sceglie uno che lascia le spalle e il decolleté scoperti. Poi il ragazzo torna con due vestiti, sono della mia taglia, ma hanno le maniche lunghe e le scollature molto meno pronunciate. "Il padrone ha detto che potete sceglierne uno da indossare stasera e uno per domani." Spiega.

Mi guardo le braccia. Le cicatrici, vuole nascondere le cicatrici. Saranno come la cellulite? O lo fa solo per gettare altra aura di mistero su di me? Mi copre solo per potermi spogliare nei prossimi giorni? O perché il mio prezzo calerebbe? Capirlo mi darebbe un piccolo vantaggio.

"Quello rosa." Dico, intuendo che quel colore mi starà peggio dell'altro.

"Il blu vi donerebbe di più, signora." Dice una ragazza, con la voce che trema. La mia fama deve avermi preceduta. Ha una paura tremenda di me, è la parrucchiera.

"Il primo giorno tendono tutte a voler fare un'ottima prima impressione. Spesso gli affari migliori si decidono già oggi." Mi spiega la sarta.

Io annuisco. "Perfetto allora, quello rosa." Concludo e le tre donne restano un attimo spaesate, prima di capire che l'ho scelto apposta per non fare un'ottima prima impressione.

Fanno del loro meglio per prepararmi, poi uno sgherro di Guarelli viene a chiamarmi e mi accompagna fino al ristorante. Assieme a noi, ci sono una ventina di ragazze, sono tutte bellissime, camminano e si muovono in modo estremamente elegante. Poi ci sono io, che anche se dovessi provare a imitarle risulterei ridicola. Nonostante tutto ci provo, provo a darmi un tono, a mostrarmi più sicura. Se voglio passare inosservata devo rendermi il più simile possibile a loro, nonostante a separarmi da tutte le altre ci sia una grande differenza di altezza. Sono l'unica che raggiunge a malapena il metro e sessanta, le altre sembrano appena uscite da una passerella. Mi rifiuto di credere che Davide abbia ragione con la storia del pezzo unico. Al momento mi sento, o meglio, spero di essere l'unico pezzo di merda, l'unico pezzo difettato.

Quando entro in sala seguo le altre ragazze e mi metto in fila, ma l'uomo di Davide mi conduce via, verso un tavolo al centro della sala. Mi scosta la sedia alla sinistra di Guarelli e alla destra di un ragazzo che ha più o meno la mia età e che mi pianta gli occhi azzurri dritti addosso, come se il vestito ridicolo non facesse indovinare già tutto del mio corpo.

Davide mi guarda, come se si aspettasse qualcosa.

Tiro fuori un sorriso di circostanza. "Salve, signori." Mi costringo a dire, ma non riesco a mascherare una certa rabbia nel mio tono di voce.

Guarelli mi sorride, mi prende delicatamente la mano destra e me la bacia. "Siediti pure, Angela." Mi dice e capisco che da quel momento in poi deve essere lui a darmi degli ordini. Non posso sedermi e basta o mangiare e basta, è lui a dirigere i giochi.

Osservo i quattro uomini al nostro tavolo, l'età del ragazzo accanto a me mi lascia perplessa, pensavo che gli amici di Guarelli fossero multimiliardari anziani pazzi e annoiati. Due signori alla destra di Davide sono come li immaginavo, attorno ai sessanta. L'ultimo, seduto quasi di fronte a me, ha a malapena quarant'anni e un fisico palestrato, messo in risalto da un abito che forse stringe apposta sui bicipiti. Mi guarda inclinando la testa un po' a destra, come un predatore.

"C'è qualcosa che non va, Riccardo?" gli chiede Guarelli.

"Sì, l'hai vestita troppo apposta, non è vero? Sai che mi viene solo più voglia di spogliarle."

Protetta dal diavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora