IX. La persistencia de la memoria

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Lei lo guarda senza sapere cosa rispondere. Quell'umorismo crudele la infastidisce. « Hai... hai davvero trentasei anni? »

« Trentatré il mese scorso. »

« Sembri più vecchio. »

Alistair alza un sopracciglio e le si accosta di qualche passo. « E tu sembri più piccola. »

Lo sguardo di Eleanor si assottiglia per qualche secondo. « E con questo? »

« E con questo » ribatte lui, prendendole il mento tra le dita, « non hai speranza. » La sua pelle è fredda quanto quel posto, eppure il contatto quasi lo brucia.

Eleanor lo fissa dritto negli occhi, stavolta senza distogliere lo sguardo. Sta diventando più temeraria. E sono passate solo poche ore dal loro ritrovo. Alistair sente già di odiarla più di prima. Non ci vorrebbe nulla a prenderla di peso e a gettarla dal promontorio che dà sul lago. Leggera e delicata. Giù nell'acqua gelida.

Tuttavia per una volta si costringe ad aspettare - ha già aspettato otto mesi, senza contare quei quattro anni di incubazione, ma può resistere ancora un altro po'.

Alla fine lei si ritrae. « Non credevo mi sottovalutassi così, dopo tutto quello che ti ho raccontato. Peggio per te. » Si avvia così verso l'entrata, precedendolo.

« È una minaccia? » domanda lui, con il tono improvvisamente duro. La fa voltare di nuovo afferrandole un braccio.

« Non è solo una minaccia » risponde Eleanor tra i denti, senza dimenarsi. « È una constatazione. Adesso vogliamo entrare o no? »

Per un momento si compiace di averla fatta arrabbiare. Non sa se preferirla così o nella versione di agnellino indifeso - forse non lo è mai stata davvero, anche quella era una maschera. Forse ha più rabbia sepolta dentro di sé di quanta ne abbia lui.

Le lascia il braccio, recuperando dallo stesso mazzo di chiavi dell'auto la chiave della casa. Una casa molto più simile a un cottage abbandonato, su una collina solitaria, con i muri verniciati di bianco ma già scrostati e pieni di crepe, due piani, tetto spiovente di tegole grigie, un piccolo portico di legno e il vialetto di ghiaia sul retro. Il panorama dà sulle smorzate montagne circostanti, la valle silenziosa attraversata da un ramo autostradale che non frequenta quasi mai nessuno e, in lontananza, il Loch Arkaig, scuro, color metallo.

Quando apre la porta principale, entrando nell'ingresso che dà subito sulla cucina e quello che dovrebbe essere un salotto, viene investito da un senso di pace. Eleanor lo segue in silenzio, richiudendo la porta dietro di sé.

« Benvenuta » le dice, senza alcun tono particolare. « Ti presento l'ex casa abbandonata in cui trascorreremo i prossimi due mesi, all'incirca. »

« Due mesi...? »

« È indicativo. Ho abbastanza provviste per due mesi. Potrebbero essere di più, di meno, non importa. Ci sposteremo, se necessario. O ci lasceremo morire di fame. Tanto non cambia molto il modo in cui moriamo, no? »

Alistair abbandona il giubbotto sull'appendiabiti di legno alla sua destra e attraversa l'arco che lo porta in cucina. Prende dal frigorifero una bottiglia d'acqua e ne beve un lungo sorso da vicino.

Eleanor lascia il borsone a terra. È in piedi sotto l'arco e lo osserva senza una parola.

« Vuoi bere? »

Lei scuote la testa. « Alistair, cosa hai intenzione di fare? » chiede invece. Sembra esitare. « Diventiamo amici, magari, facciamo delle passeggiate, ceniamo insieme? Cosa? Tutto questo è... è... »

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