Sento Anya bloccarmi il braccio.

"Lex, credo che possa bastare. Penso che sia meglio che ti occupi di Clarke".

Mi volto verso di lei ringraziandola per avermi restituito un po' di senno, e poi corro verso Clarke... i ragazzi hanno già provveduto a liberarla.

"Tu e Lyncol portatela in ospedale, io e Nyko ci occupiamo della feccia rimasta... Ho giusto voglia di scambiare qualche parolina con mio padre".

"Sicura Anya? Vuoi che chiami l'FBI?".

"Sono sicura Lex. Qui ci penso io... Per l'FBI... tranquilla la chiamo io... Raven mi dovrà una cena e un favore per la grossa consegna che sto per effettuarle...".

Credo di aver perso il filo del discorso perché non capisco a cosa si stia riferendo. La mia faccia deve essere molto eloquente perché, senza dire una parola, lei mi incalza ad andare.

"Lex, dai muoviti, portala in ospedale, poi ti spiego...".

Annuisco, poi io e Lyncol ci dirigiamo velocemente verso la macchina. Durante il tragitto continuo a stringere tra le mie braccia Clarke, cercando di farle sentire la mia presenza.

"Dai, resisti ti prego... amore mio non mollare!", le sussurro come se mi potesse sentire.

Le accarezzo il volto cercando di pulirla dal sangue che, copioso, non smette di uscire dalle numerose ferite che le hanno inferto.

Le lacrime cominciano a rigarmi il volto. È solo colpa mia se quello schifoso ti ha ridotto in questo modo. Maledetto Titus. Io andrò in galera, ma spero che a te diano la pena di morte.

Siamo arrivati e, con l'aiuto di Lyncol, ti porto dentro e ti affido alle cure dei medici. Io vorrei entrare con te, ma me lo impediscono.

Osservo i medici fare il loro lavoro dalla finestrella della porta e mi sento mancare... mi manca l'aria, mi sento la testa esplodere, ho il cuore a mille... non ce la faccio a guardarti in quello stato... così corro fuori dalla struttura e, appena esco, cerco di respirare a pieni polmoni... il respiro si regolarizza e il cuore nel mio petto comincia a calmarsi. Se non mi conoscessi bene, penserei ad un attacco di panico... l'ultimo risale all'epoca della morte dei miei genitori.

Un rumore di passi mi ridesta dal mio stato.

"Signorina Woods... sua cugina ci ha chiamato e ci ha detto che l'avete trovata...", afferma l'agente Blake.

"La prego, diamoci del tu... chiamami Lexa... e sì, l'abbiamo trovata. Ora è dentro, i medici la stanno curando... Titus, quel bastardo, la stava torturando. Siamo arrivate appena in tempo", replico dando sfogo a tutte le lacrime che mi sono rimaste.

"Oddio, devo andare subito da lei...", afferma preoccupata.

L'accompagno dentro e mi avvicino a Lyncol che è rimasto nella sala d'attesa.

"Io sono Octavia comunque...", sento l'agente rivolgerci la parola anche se il suo tono non sembra per niente amichevole.

"Piacere di conoscerti anche se in questa brutta circostanza... Io sono Lyncol...".

"Sì, giusto, il bel ragazzone che Clarke, la mia migliore amica, ha steso davanti alla clinica di sua madre... beh, sai mi ha raccontato tutto di te, le sei molto simpatico... nonostante ti abbia steso...".

Vedo Lyncol diventare rosso come un peperone e, in un istante, mi rendo conto di quanto tu sia entrata anche nella sua vita.

Non so proprio cosa mi succederà, anche non volendolo, sono pur sempre una criminale e dovrò pagare per quello che ho fatto, ma vorrei tanto poterti parlare un'ultima volta Clarke... vorrei poter chiarire, vorrei che tu avessi il coraggio di ripetermi tutto quello che mi hai detto mentre ero ancora in coma... Non so neanche io il perché di tutto questo, mi hai fatto veramente male... forse ne ho bisogno per voltare pagina e cancellare tutto con un colpo di spugna, forse perché ti amo troppo e non voglio per nessuna ragione perderti, o forse perché penso di meritarmi la tua sincerità.

In the Arms of the EnemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora