Airi Oronti

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Questa storia è stata scritta senza scopi di lucro; personaggi, luoghi ed eventi appartengono a J. R. R. Tolkien e a chi ne abbia acquisito o ne eserciti i diritti, nessuna violazione di copyright è pertanto intesa.

Nomi Quenya con loro corrispondenza in lingua Sindarin:

Findekáno (Astaldo) è Fingon

Makalaurë è Maglor

Moringotto è Morgoth

Turukáno è Turgon

































Guarda là, dove le nuvole si gonfiano, striando il cielo di pennellate livide. Balze violette che sfociano in un fiume di bigio cordoglio, mentre Vása sorge, a est, dorando gli scheletri degli alberi: preziosa e ironica bellezza radicata nella disperazione.

Guarda e attende, ignorando i richiami dei propri fratelli come ha ignorato la pioggia battente sulla pelle, il fango a lordare gli intarsi dell'armatura; il sangue degli Orchi così follemente simile a quello di compagni e alleati - coaguli di ferrosa agonia tra capelli del medesimo colore.

Guarda e attende. Da nord, però, giunge solo il lamento dei feriti e l'odore di zolfo.

Allora qualcuno lo chiama, di nuovo: cunn, Maedhros, muindor.

Ma non è questa la voce che vorrebbe udire.

Il mugghio del vento risuona alle sue orecchie in una rimembranza del cantico funebre echeggiato sul campo di battaglia, versi ignoti intonati con un sentimento che travalica la conoscenza.

Una lama invisibile squarcia le nubi, mostrando la carne tersa del cielo.

Le ferite palpitano, attendendo il lascito della putrefazione, quando un messaggero compare sulle rive del Gelion.

Porta un vessillo ridotto a brandelli e ricordo ed è solo grazie a questo che è possibile riconoscere lo stemma ormai cinereo ricamato sulla lingua di tessuto. Lo stemma del Ñoldóran.

E lui le intuisce ancora prima di udirle, quelle inevitabili parole di morte.

La realtà collassa, serrandolo in una morsa inesorabile. Ode un lamento sgusciargli dalle labbra, ma è il grido dell'anima a scuoterlo dentro.

Si sente perduto e lo è davvero, mentre ordina al messaggero di condurlo a nord-ovest: una schiera abbandonata alle spalle e la piana del Thargelion straziata dall'Ombra.

Bruciano le cicatrici, il vento azzanna la pelle accanendosi su quella terra disgraziata. Porta con sé pugni di cenere che qualche ore prima erano vita - forse cavalieri delle avanguardie, forse Atani o Casári -, li cosparge come un velo luttuoso, tramutando l'aria in sepolcro. E il respiro, dunque, è sacrilegio inevitabile.

Il pensiero scivola nel baratro a cui s'affaccia la sua anima, un abisso di orrore liquido come gli occhi dell'Avversario.

I brandelli di un'esistenza che non sembra più appartenergli si disperdono assieme alla cenere, tratti dalla forza magnetica di quelle profondità.

E la sua mente diviene un inferno di ricordi infranti contro il presente di morte.

C'è un bambino dallo sguardo gioioso, un giovane dall'indole avventata, curioso dell'ignoto che l'attende.

C'è un epessë, Astaldo, che scivola sulla punta della lingua e sboccia in un sorriso.

C'è un arciere dalle mani salvifiche in grado di abbracciare il perdono. C'è un principe sui bianchi bastioni di Barad Eithel, un re dallo sguardo colmo di speranza.

Airi OrontiHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin