Il bambino dell'India

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C'era un bambino che viveva in una regione dell'India.

Aveva sei anni ed aveva già vissuto le sofferenze del mondo.

Chi moriva di fame, chi di sete, chi veniva accusato ingiustamente, e senza un processo giustiziato.

Entrarono dei soldati in casa, presero sua madre, suo padre ed i suoi fratelli e li giustiziarono i piazza.  Lui riuscì a fuggire.

Per dimenticare l'orribile visione decise dunque di chiudere gli occhi, per non vedere più la sofferenza del mondo.

Sentiva tuttavia le urla di dolore, delle madri che perdevano i loro piccoli uccisi da terribili malattie, sentiva i lamenti dei poveri che affamati, cercavano di racimolare qualcosa dai passanti.

Udiva le urla, testimoni della sofferenza del mondo, arrangiò due tappi con delle pietroline per non sentirla più.

Passava nel villaggio e sentiva il tanfo della morti, era insopportabile.

Le strade brulicavano di malati e la purulenza pervadeva l'aria rendendola impura.

Nel vento le sofferenze di una famiglia che non c'era più, di bambini che come lui avrebbero dovuto giocare, collassare stanchi dal sonno, non per gli stenti.

Prese una mano, e si tappò il naso.

Non volle essere pervaso dal puzzo della sofferenza.


Uscendo per bere, si avvicinò al fiume, assaporò l'acqua.

I morti, venivano consacrati e gettati lì, era solo un bambino e non conosceva i precetti religiosi,

sputò immediatamente, sapeva di morte.

Si morse la lingua, non volle mai più assaporare la sofferenza del mondo.

Gli era rimasto solo il tatto con cui poteva ancora percepire un qualcosa al di là del naso che aveva deciso di inibire per sempre.

Non aveva più riferimenti, nel villaggio, camminava a tastoni contro i muri, un giorno però

anch'essi sparirono, il villaggio fu distrutto.

Decise di fermarsi e rimanere lì, in un punto specifico, fermo. C'era un albero, rimasto misteriosamente in piedi. Lo prese come punto di riferimento.

Non poteva volare, si sedette a terra e rimase lì, sotto.

Aveva toccato con mano, la sofferenza del mondo.

Quell'albero era lungo e stretto, la chioma non rendeva onore al concetto di riparo, ma lui stava lì.

Non si muoveva, ma non era morto.

Aveva fame e sete, ma nonostante fosse solo un bambino, riusciva a resistere a tutte le intemperie. Stoico.

"Perché sei così triste?"

Un'immagine nella sua mente prese forma.

Apparve un uomo da lui mai visto, nemmeno prima del periodo di privazione sensoriale. Uno straniero si sarebbe detto di lui nel villaggio.

"Perché il mondo soffre, perché é ingiusto"

"Come lo sai?"

"Ho visto, sentito, assaporato, annusato e toccato la storia di sofferenza del mondo, adesso sono qui, fermo, già stanco di tutto ciò"

"Quanti anni hai?"

"Sei"

"Sei anni e già così consapevole di tutto ciò? Sei un saggio per caso?"

"No, l'unico era quello del villaggio ed é morto, come tutti, sono rimasto solo io"

"Non vedi, non senti, non parli, non tocchi, non annusi, non mangi, non bevi. Dormi a malapena per il semplice fatto che le forze ti abbandonano dopo un po', non vivi, perché sei stato risparmiato?"

"Non so, perché mi chiedi tutto ciò? Sono solo un bambino, non conosco tutte queste cose, vorrei però chiederti perché l'uomo nasce e decide di proseguire un'esistenza consapevole di morire, perché i miei genitori mi hanno portato qui, in questo mondo ? Sapevano che sarebbero morti e che sarei morto anch'io, gli uomini non sono felici, nemmeno il mondo lo é"

"Prima che tu ti privassi della capacità di esplorare il mondo, camminavi, vedevi, conoscevi, mangiavi, conducevi una vita normale.

Il semplice camminare può produrre sofferenza, puoi cadere e farti male. Rialzandoti trovi una ferita sul tuo ginocchio, aperta a differenza dei tuoi occhi, mostra orgogliosa il tuo sangue.

Prima il tuo ginocchio era integro, ora é mutato, ma tra qualche giorno tornerà come prima, avviene lo stesso per gli uomini.

Tutto é mutevole, l'unica certezza e forma di perfezione conosciuta é la morte stessa.

Quell'albero che ti é accanto ha visto la tua stessa sofferenza, ha visto gente morire e suoi simili essere abbattuti. Hanno disintegrato case che gli stavano nelle immediate vicinanze rischiando di farlo cadere. Lui resta lì, in piedi, ad ammirare le stelle.

Non ha lacrime da versare, se ne nutre al limite, non ha parole, non sente, ma percepisce quanto accade in quanto vive. Anche lui conscio della fine del percorso, che sia oggi o domani.

Quest'albero comprende la mutevolezza delle cose,e le accetta.

L'uomo di conseguenza, si adegua ai costanti cambiamenti della vita.  Vi si aggrappa con le unghie e con i denti, fuggendo dall'angoscia costante della morte.

Quando arriva poi tutto cambia, nulla finisce. In quel momento tu non sarai più cosciente come un bambino, sarai già altro, avrai già assaggiato il sapore del cambiamento.

La vita come una rosa va apprezzata, anche con le sue spine. La vita é il fiore, la morte se vuoi definiscila come le spine stesse, ma riusciresti ad apprezzare una rosa senza la sue spine?

Riusciresti a godere della bellezza della rosa senza aver lottato contro le sue spine?

Tu fingi di vivere, resti lì immobile e prima o poi anche quel barlume di esistenza che é rimasto sparirà.

Hai mentito a te stesso per tanto tempo, credendo che la privazione sensoriale potesse rimediare a tutta questa sofferenza.

Tu però pensi e ripensi al tutto, e la tua mente non può essere spenta. I ricordi restano lì belli o brutti che siano.

Restano e rimarranno sempre lì.

Sei stato risparmiato, adesso capisco, per via del fatto che ti credevano già morto da tempo, ti sei privato di tutto, vivi d'inerzia, apri gli occhi,  guarda quell'albero, apprezzalo.

Guarda le stelle, imitale.

Senti il silenzio, rifletti.

Odora l'aria ormai purificata.

Bevi, mangia, riprendi le forze ed assapora il cambiamento."

"Vai e vivi" gli rammendò l'uomo misterioso, sparendo poi nei meandri della mente.

La storia finisce qui, se si alzò o meno,non lo so.

Finisce con un bambino, vicino un albero ed un insegnamento.

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⏰ Last updated: Apr 09, 2017 ⏰

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Il bambino dell'IndiaWhere stories live. Discover now