1. A mia madre...

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.... non piacciono le fotografie. Non so perché, le detesta. Così, sul muro bianco del salotto, soltanto tre piccole cornici resistono, appese malamente da mio padre.

Una, quella di destra, pende da un lato e ci siamo io, mia sorella Rachele e mio padre Giovanni. Tutti in piedi, con le braccia lungo i fianchi e le facce che sorridono. Sullo sfondo, l'insegna dell'impresa di famiglia: Macelleria Gentile. Gentile è il nostro cognome e non, come pensa qualcuno, il modo in cui abbattiamo il bestiame. Della serie: Tranquillo maialino, non sentirai nulla. No, niente di tutto ciò, però funziona. Cioè, la gente da noi sembra felice. Merito, credo, di quel bontempone di mio padre. Uno che ti racconta una barzelletta diversa ogni giorno. Ma se torni due volte nella stessa giornata perché hai dimenticato per esempio il pane, parte la replica. Però a me piace, mio padre dico, c'è sempre da divertirsi con lui.

Nell'immagine al centro, visibilmente sfalsata rispetto alle altre due, nel senso che è fissata una decina di centimentri più in alto, ci sono i miei genitori in posa, duri come stocafissi, nell'unico scatto che hanno del loro matrimonio. Mia madre Teresa, velo e tuta da ginnastica bianca. Una cosa strana da vedere. Un accenno di pancia da gravidanza. Mio Padre, già calvo a trent'anni, papillon e scarpe eleganti. Un accenno di pancia da birre e salsicce.

Per anni, mio padre e mia madre, hanno combattuto una guerra silenziosa per l'affissione di quella foto che, prima di finire su muro, giuro, la trovavi ovunque: a galleggiare nel water, appallottolata nel cestino, catturata dalle foglie dell'albero di fronte casa e perfino bruciata nel lavello della cucina. Mio padre, però, aveva delle copie con la cornice e tutto il resto. Così, un giorno, mia madre ha semplicemente lasciato perdere senza dire una parola, com'è sua abitudine. Lei parla poco, molto poco. Non esagero quando dico che sì e no sono le uniche cose che dice. Però è sempre in perfetta forma. Mia madre ha due grandi passioni: il fitness, tanto che porta i pesi ai polsi anche quando dorme, e Franco Calippano di cui possiede veramente tutto. Dischi, film, libri. Una cosa insopportabile.

L'ultima foto del salotto, quella che sembra fissata per bene e che ritrae mia madre mentra fa jogging nel parco con la maglietta del tour di ...Ma scambierà dell'ottantasei, in realtà ha un piccolissimo chiodo a sorreggerlo. Così ogni tanto viene giù. Nonostante la cornice scheggiata è una bella foto: un raggio di luce colpisce da dietro la sua figura mettendo in risalto la siluette longilinea. L'immagine è l'unica da lei approvata tra tutte quelle proposte dopo un sabato sera in famiglia passato a scegliere foto: duecentoquarantasei no, un sì.

Per la cronaca lo scatto è di mia sorella Rachele che possiede una polaroid. Regalo di compleanno di mio padre. Lei, Rachele, ha tredici anni, quattro meno di me. Quindi a conti fatti io ne ho diciassette, ma lei sembra molto più grande a volte. Fa dei ragionamenti così contorti che non so. Per esempio, dopo aver fatto lo scatto perfetto, perfetto perché approvato da mia madre, ha smesso con la fotografia in quanto ritiene di avere raggiunto il traguardo più importante nella sua carriera di fotografa, o di figlia. Chissà. Sta di fatto che, da quel momento, ha abbandonato la polaroid e si è dedicata allo studio dell'interazione digitale. Principalmente lunghe chiacchierate dal telefono fisso e composizione di messaggi di testo dal suo Nokia 3310 di seconda mano che le ha regalato sempre papà. Mia sorella e alcune amiche si sono anche iscritte a una cosa chiamata Facebook, che secondo me, non avrà futuro. Hanno provato a spiegarmi come funziona, ma non ne ho capito il senso. Insomma, nel duemila e quattro la gente ha altro da fare che stare sul computer tutto il giorno. Io, per esempio, non ne avrei proprio il tempo. Sono già troppo impegnato con la scuola, le prove di teatro e tutto il resto.

Ora, per l'appunto, sono sul divano in salotto, che ripasso le battute con papà. Rachele smanetta sul Nokia che ormai ha i tasti trasparenti. Mamma affronta il settantesimo chilometro sulla cyclette mentre lo stereo suona Lo sballo della vita. Non mi disturba la musica, cioè, ci sono abituato. Mio padre dice che se sono in grado di ricordare le battute con questo sottofondo, non avrò mai problemi a farlo con la pressione di un pubblico addosso. Io, di solito, gli rispondo che tanto lo farei comunque, ho una memoria infallibile. Sul serio, ricordo tutto il copione. Lui allora ridacchia, apre una pagina a caso e legge le prime parole che gli saltano all'occhio. Da lì io continuo lasciandolo di stucco ogni volta. «Ma come fai, è pazzesco». Intanto suona il telefono. La mano di Rachele scatta verso il cordless di casa che si trova, immancabilmente, di fianco a lei.

Cronache di un animo gentile [Storia completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora