E in un baleno, fu di nuovo buio

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Era fragile.

Gracile e vulnerabile.

Non sapeva quel che faceva, la maggior parte delle volte.

E non lo sapeva neanche quella notte, quando ad una festa in zona aveva baciato quel ragazzo. O quantomeno risposto al suo bacio.

La pretendeva, la desiderava, piuttosto evidente dal modo in cui la stringeva a sé, con ardore, con passione, con foga. E lei ci stava, apparentemente. Lei sembrava condividere quella fiamma nata qualche sera prima. Eppure non era vero, un occhio attento l'avrebbe percepito, un buon "olfatto" l'avrebbe individuata, quella puzza, quella strana puzza di bruciato nell'aria. Una sagoma di disappunto attorno alla ragazza si creava ogni qualvolta lui avvicinasse le labbra alle sue, ogni qualvolta gliele appoggiasse, insieme alle mani, in giro per il corpo, in perlustrazione, in continua ricerca di quella libidine carnale che ossessiona gli uomini.

Rispose al bacio, ai baci. Si lasciò toccare, lo lasciò fare, fino ad un certo punto per lo meno. Era ancora vergine, lei. E quell'esperienza, nuova, la faceva sentire più grande. Non poteva rinunciarvi. Chissà perché noi uomini, tutti, sin da piccoli, siamo indotti dall'istinto a voler essere più grandi, a voler sentirci alla pari degli altri, senza forse neanche sapere come gli altri effettivamente stiano, e poi, arrivati a quell'età, quella matura e vissuta, a voler, guarda caso, tornare più giovani, bambini. Forse non ci accontentiamo mai, vorremmo sempre avere a portata di mano un telecomando, o qualcosa di simile, che esaudisca i nostri desideri temporanei di regolazione dell'età. Eppure non possiamo non comprendere che, se esistesse, non ci sarebbe ordine, motivazione.. non ci sarebbe senso, generazione.

Ma torniamo a noi. A loro. A quella che poteva apparire una coppia, ma che di coppia non aveva nulla, se non che erano due, messi vicini, a baciarsi. Ma non basta questo per definire una relazione, non basta un tocco, un bacio, né tantomeno una scopata, per parlar chiaro.

Mi ero nuovamente dilungata in cose non inerenti alla storia.. storia?! Ma sì, chiamiamola così. Dicevo, in realtà devo ancora cominciare a dire, che la serata per lei era finita, o, meglio, la nottata.. insomma, la festa, o comunque il tempo della sua permanenza là. Erano già le 4 circa del mattino, e doveva tornare a casa, non tanto per la sua giovane età, non ancora arrivata a quella che in quasi tutte le parti del mondo è considerata "maggiore" (e anche qui avrei qualcosa da dire in proposito, dato che ci sono gli imbecilli di più di vent'anni e i geni di appena quindici), quanto, perché era arrivata l'ora, era arrivato il momento e basta. Non c'è una spiegazione per questo. Avevano ballato, avevano bevuto, anche parecchio, ed era bastato così per quella volta. A dire il vero a lei era bastato forse già alle due del mattino, poco dopo essere arrivati al locale e non aver trovato nessuno, poco dopo aver incontrato il ragazzo ed essersi sentita a disagio, dentro. Il che era strano, visto che aveva desiderato quel genere di sabato sera (sì, era sabato sera) al pari, e anche più, dell'ossigeno. Ma la "lunaticità" fa parecchi brutti scherzi. Salì dunque in macchina, sulla via del ritorno, ritorno alla solita vita monotona e triste, triste per lei che non la tollerava. Non la vita, che voleva vivere a pieno e, anzi, imparare ad amare, ma la modalità.. di questa vita, senza brio, senza avventura, senza comprensione.

Il viaggio sarebbe durato circa un'ora, poco più poco meno, a seconda della velocità che "l'autista" avesse scelto, a seconda della forza con cui avesse deciso di premere la pianta del piede sull'acceleratore. Ma sembrò durare ancor meno, ancora meno del meno che sarebbe durato se l'autista avesse optato per la guida veloce. In effetti durò niente. Un attimo. Perché, troppo ubriaca per accorgersi come, si era addormentata. Causa la stanchezza? L'alcol? Difficile, solitamente nessuna delle due cose le faceva chiudere così precocemente gli occhi dopo soli pochi minuti di strada. Il risentimento allora. Forse sì. Oppure lo si può chiamare incomprensione, paura. Paura di essere sbagliata. E incomprensione per se stessa, e per il modo in cui provava le emozioni, se queste possono essere provate, io direi più "vissute". Non suona meglio?

Ci fu un colpo di freno, e aprì gli occhi. Era a casa, davanti alla porta, cioè, non proprio dentro casa, ma tutti rispondiamo che siamo a casa se, quando qualcuno ci pone curiosamente il quesito "Dove sei?", noi ci troviamo fuori, ma davanti al portone, dove adesso stava anche lei. Ma anche questo è poco importante..

La macchina del suo amico era posteggiata lì per far scendere lei e sua sorella. Prese le sue cose, giacca e borsa, salutò, poi tirò fuori le chiavi, e aprì la porta. Si spogliò e mise il pigiama, anche questo fece senza accorgersene, non solo per la, davvero poca, lucidità del momento, ma anche perché era un'azione ormai divenuta automatica, abitudinaria, una delle tante della nostra vita, come alzarci, lavare le mani prima di mangiare, a meno che tu non sia un barbone, o uno sporco signore di campagna, o anche, appunto, mangiare. Ma ecco che mi perdo ancora nei pensieri, che sfociano in lunghi discorsi.. Dicevo, e stavolta avevo già cominciato a dirlo, che si mise il pigiama.

E nulla.

In un baleno, fu di nuovo buio.  

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⏰ Last updated: Oct 18, 2017 ⏰

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