"Notturno"

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CAPITOLO I

La città di sempre

Questa è la storia di Giovanni, un ragazzo magro, alto ma non troppo, capelli corti e non eccessivamente folti, anzi qua e là qualcuno caduto un po' precocemente vista l'età giovane

con i suoi ventisette anni.

La sua terra è la Puglia, la sua città Barletta, con la sua storia di dominazioni e sfide a cavallo, castelli federiciani e litoranee lunghissime. La sua città è Barletta sì, ma Giovanni ha sempre vissuto in un luogo più vasto e con confini molto meno segnati: la sua curiosità.

Una curiosità senza limiti, vorace ma silenziosa, fatta di aspirazioni e timori ma anche di voglia di liberarsi da quella che un po' tutti i ragazzi che si avvicinano ai trenta sentono come una tappa soffocante.

Non era troppo orgoglioso o pignolo, si era laureato qualche anno prima in Storia dell'arte e la sua passione per la pittura, per l'arte, per il cinema, era vera e viva e non sonnecchiava nei meandri di un cervello in letargo.

Il problema è noto, riuscire a lavorare con quella laurea, vivere di bellezze olio su tela e celluloide è appagante ma difficilmente sostenibile con una professione che non debba necessariamente passare prima per dottorati, corsi di perfezionamento, e tanti tanti soldi. L'università per Giovanni era bella che finita e non aveva nessuna intenzione di continuare a studiare per ritagliarsi un posticino in quella piramide di accademici che spesso gli era stata stretta durante il suo tempo sui libri.

La sua città, gli piaceva e non aveva chissà quali progetti di trasferirsi in Tibet o all'isola di Pasqua che qui prendono ironicamente il posto di Milano, Bologna o qualsiasi altra grande città; forse peccava un po' di presunzione, forse non aveva nessunissima voglia di farsi prendere dall'ansia come gran parte dei suoi coetanei ancora disoccupati. Sta di fatto che le sue giornate, belle o brutte che fossero, passavano tranquillamente ed erano piene di idee, curriculum via mail e lettere di presentazione ma anche di musica trip hop e voglia di recitare al fianco di Helena Bonham Carter o curare chissà quale collezione sperduta di dipinti fiamminghi.

Non immaginava che di lì a poco, mentre passeggiava per il centro dopo essere stato fuori città per incontrare un'amica, si sarebbe trovato in una situazione al limite della realtà, anzi, che di realtà ne aveva ben poca.

CAPITOLO II

Notte d'argento

Quella sera, di una giornata non troppo fredda di Febbraio, Giovanni scese dal treno con cui era stato nella vicina Bari a trovare un'amica e si incamminò verso il centro della città perché non aveva voglia di tornare subito a casa. Era tardi, la mezzanotte era vicina ma per quell'ora c'era comunque sempre qualcuno che passeggiava lì in giro anche se, stranamente, non appena cominciò a percorrere il marciapiede che portava al teatro comunale, non credette ai suoi occhi.

Sui gradoni del teatro c'era una signora di mezz'età o forse poco più, un volto familiare e abbigliamento vintage, anni 60.

Avvicinatosi per vedere da vicino la gonna della signora, di un verde bellissimo e poco scontato, si fermò; quella persona la conosceva ma quella persona non poteva che essere solo nella sua immaginazione. La nonna materna, Delia, morta quasi sessant'anni prima quando sua madre era ancora una bambina, sedeva lì, di fronte all'entrata del teatro comunale, con un' espressione sognante. Naturalmente Giovanni sapeva benissimo che quella non poteva che essere sua nonna, aveva visto centinaia di foto che la ritraevano e sua madre gliene aveva parlato ampliamente.

"Nonna!" gridò spaventato ed eccitato allo stesso tempo. La signora si voltò verso di lui e fece cenno di intesa.

La cosa che stupì il ragazzo più di tutte, era che sua nonna pur essendo totalmente in carne ed ossa e respirando come qualsiasi altra persona che sporadicamente passava di lì quella notte, era velata di una stranissima polvere argentea, come se fosse stata catapultata lì da un vecchio album di famiglia o fosse saltata fuori da una pellicola di Ingmar Bergman.

NotturnoWhere stories live. Discover now