Proprio mentre sta per rinunciare alla sua ricerca, una voce lo fa sobbalzare.
“Buongiorno. Hai bisogno di aiuto?”
Louis alza gli occhi.
L'incontro va così:
Louis ha visto tanti ragazzi, tante facce e tanti occhi nella sua vita, decine, forse centinaia o migliaia, non ne è sicuro, ma è sicuro di non aver mai visto niente del genere. Louis vorrebbe per la prima volta nella sua vita usare tutte le strategie e le tecniche che sta studiando all'Università per scrivere una poesia o un sonetto o anche solo una fottuta riga per descrivere quegli occhi luminosi e verdi e enormi e cosa succede quando i loro sguardi si incontrano, perché Louis sente qualcosa nello stomaco che non sa come classificare, come esprimere, in una sola parola o in un'intera pagina di parole. Perché Louis ha una sensazione strana, come se stesse cercando la sua maglietta preferita nel casino della sua camera e, invece di trovare quella, ritrovasse una cosa che aveva smesso di cercare molto tempo prima. Quella cosa, qualsiasi cosa sia, ad un certo punto è scomparsa, e Louis l'ha cercata per giorni interi, finché non ha smesso di provarci, forse per frustrazione o forse perché non gli serviva più. È come se non fosse mai esistita, fino a che non la ritrova – e, come un tuono, gli ritorna in mente. Incontrare quegli occhi è così – è come ritrovare una foto un po' stropicciata in mezzo alle pagine di un libro, un biglietto in fondo ad un cassetto: scalda il cuore.
È come tornare a casa.
Poi, succede questo:
“Sì.” Louis vorrebbe aggiungere qualcosa ma quegli occhi sono verdi e non riesce neanche a ricordare di cosa avesse bisogno.
“Dimmi pure, allora.” dice il ragazzo con un mezzo sorriso, e Louis potrebbe scrivere pagine e pagine su come quel sorriso sembri fuochi d'artificio e fiori che sbocciano ed esplosioni nucleari.
“Sto cercando un cd, ma non riesco a trovarlo.” dice, solo, e Louis non è mai stato un tipo che parla poco.
“Sì, scusami per il casino, ma io e Nick – il proprietario – non troviamo mai la forza di mettere a posto.”
Come ti chiami?, vorrebbe chiedere Louis, e invece dice: “Avete The Gulag Orkestar dei Beirut?”
Il ragazzo si morde un labbro, alza lo sguardo mentre ci pensa, e Louis si prende un attimo per guardarlo meglio. È alto, troppo alto, e magro, ha delle gambe infinite e le spalle larghe, tatuaggi che spuntano dai vestiti, il viso di un fottuto angelo. Labbra rosse, occhi enormi e pelle immacolata – Louis non può credere che persone così esistano veramente.
“Penso di sì. Sarà un bel problema trovarlo, però.”
“E' per un amico, compie gli anni tra pochi giorni.”
Il ragazzo lo guarda e a Louis gira un po' la testa, perché è di una bellezza ridicola e, a quanto pare, anche di una gentilezza ridicola.
“Facciamo così: se mi lasci il tuo numero di cellulare ti mando un messaggio quando lo trovo. Va bene?” dice.
“Va benissimo. Anche se dubito che lo troverai in mezzo a questo casino.”
Il ragazzo ride, e Louis pensa che la sua risata faccia lo stesso rumore dell'acqua bollente quando incontra una bustina di tè, della pioggia estiva in un campo di fiori, del vento tra le foglie.
“Speriamo di sì.” dice il ragazzo, mentre gli passa il suo cellulare. “Scrivi il tuo numero qui, per favore.”
Louis digita in fretta il suo numero, e posa il cellulare tra le sue mani grandi. Forse lascia che la punta delle sue dita sfiorino per un momento di troppo i suoi palmi pieni di calli, e pensa che sia un bel tocco, e perché hai quei calli? Cosa fa a parte lavorare qui?, e altre cose stupide come queste.
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Atlas Hands
Fanfiction"Dimmi qualcos'altro di te." Harry lo guarda, e Louis pensa: 'Come diavolo fai ad essere così bello?' "Una cosa a caso?" "Sì." Harry sembra pensarci un attimo, prima di dire: "Non sono andato al liceo. Ho sempre studiato a casa." Si volta verso Loui...
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