Una volta sul treno, inviai un messaggio alla nonna per essere sicura che l'avrei trovata in stazione. Non le avevo chiesto da chi si sarebbe fatta accompagnare, ma ero curiosa di scoprirlo. All'uscita, me la ritrovai da sola, alla guida di un maggiolone verde, che sfanalava tutta contenta e faceva cenni nella mia direzione.
«Nonna, ma hai ancora la patente?»
«La rinnovo ogni anno, tesoro. I miei occhi e i miei riflessi sono perfetti. Ti fidi, giusto? D'altra parte ti tocca, visto che non hai ancora superato l'esame.»
Erano anni che non guidava e temevo fosse arrugginita, ma dalla decisione con cui ingranava le marce e si muoveva sinuosa nel traffico cittadino, sospettai che si fosse tenuta in allenamento. Ero così sorpresa di vederla dietro un volante, che per qualche minuto non pensai all'auto. Mi riscossi mentre filava via in direzione del pub: «Nonna, di chi è questa macchina?»
«Tranquilla, me l'hanno prestata. Non verrò arrestata per furto. Hai presente la signora Martini, quella che sta due camere dopo la mia? Ha un botto di soldi, ma tanti eh. Ha comprato quest'auto qualche anno fa e la tiene in un garage, pronta all'uso per farsi accompagnare in gita o per delle commissioni. Siamo una bella coppia: io senza auto, lei senza patente.»
«Bella prova di fiducia, però, lasciartela usare senza che lei sia presente.»
«Quale fiducia. Paura, vorrai dire. L'ho beccata che tentava la fuga la scorsa settimana e non ho dato l'allarme. Si è fatta una nottata di bagordi. Ha un fidanzato, sai, che non sta da noi al centro.»
Parcheggiò con destrezza davanti al pub e suonò rumorosamente il clacson. Un solerte cameriere ci raggiunse con due buste piene di cibo e ci lasciò andare con un sorrisone direttamente proporzionale alla mancia della nonna.
«Ma come, non ci fermiamo qui.»
«No, stasera ce ne stiamo sole solette a casa mia. C'è qualcosa che voglio mostrarti.»
Invertì la direzione e in pochi minuti ci ritrovammo nel suo, nel nostro salotto, che ci aveva accolto per anni come una famiglia felice e completa. Anche qui un'altra sorpresa: ero convinta che non ci fossero più acqua, luce e gas. La nonna, invece, aveva mantenuto le utenze attive e, stando a lei, più volte era sgattaiolata nella sua vecchia casa senza che sua figlia o mio padre lo scoprissero. Provai un moto di sollievo, una gioia inspiegabile: tutto era come prima. Il mio passato non si era dissolto nel nulla. I ricordi erano intatti e quelle stanze, per me, erano una possibilità, un'ancora per il futuro. Forse, un giorno, avremmo potuto vivere insieme proprio lì.
Dopo una cena contraria a ogni avvertenza salutista, trascorsa parlando rigorosamente del mio lavoro e ridacchiando sulle foto che avevo scattato, mia nonna mi ordinò di riporre in auto sia gli avanzi che i cartoni e i sacchetti da buttare. Al mio ritorno aveva accesso l'abat-jour in stile liberty, la cui luce accarezzava la ribaltina in legno antico che avevo sempre amato e che, spudoratamente, a soli dieci anni, avevo preteso come parte della mia eredità.
Sfilandosi una chiave piccina dalla catenina che indossava da sempre, mia nonna aprì la ribaltina e con un colpetto del pugno aprì un doppio fondo e dal doppio fondo estrasse un quaderno blu.
«Questa non me l'aspettavo. Ho giocato per anni con questo mobile, ci sono persino salita sopra e ci ho schiaffato dentro non so quante bambole e non mi sono mai accorta del doppio fondo.»
«In realtà, una volta lo hai aperto per sbaglio, ma eri troppo piccola per farci caso e ho rimediato al volo.»
«È il tuo libro nero? Il libro blu dei cattivoni? Quello delle presenze ultraterrene che assaltano giovani fanciulle innocenti?»
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Yara e Marcus
ParanormalYara ha una nonna che adora, un fratello che vive a Londra, due genitori separati e una migliore amica, Lisa. La sera del suo diciottesimo compleanno, mentre rientra dal lavoro, nota qualcosa di strano nel suo quartiere: tutti sembrano scomparsi. No...
Capitolo IV - Le visioni di Ilda e le mie
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