Alla fine era Jimin. Alcune chiamate perse e messaggi pieni di punti esclamativi infiniti. Evidentemente ero rimasto a fissare il lavandino più di quanto avevo pensato, perché erano già passate le nove e ci saremmo dovuti incontrare da almeno venti minuti. Mentre stavo per uscire dalla stanza notai uno dei miei choker sulla cassettiera. Era nero e sottile, mi sembrò quasi troppo stretto attorno al collo quando lo indossai. Infine mi guardai un'ultima volta allo specchio intero dietro la porta.

Il club non era molto lontano dal mio appartamento, lo conoscevo bene. Era un vantaggio e un problema al tempo stesso. L'aria era fredda mentre camminavo sul marciapiede, una mano oscillava lungo i fianchi e l'altra scivolò dentro la tasca, il pollice cominciò a giocare con una graffetta che tenevo lì dentro per soddisfare l'eventuale bisogno di calmare i nervi.

Ci impiegai un minuto a riconoscere Jimin davanti l'entrata del club, in disparte rispetto alla fila in attesa di entrare, testa bionda rivolta verso il basso e occhi fissi sul cellulare intento a scrivermi messaggi. Avvertii il mio vibrare ma non aveva senso rispondere, ero comunque lì a pochi passi. «Eccoti!» Urlò non appena si accorse della mia presenza. «Avevo paura non saresti venuto.»

Scossi il capo e lo seguii dentro il club solo dopo aver sorpassato la fila. C'era puzza di sudore e alcol, sentivo la musica martellarmi contro le tempie. Gruppi di persone si trovavano in pista da ballo, soprattutto ragazzi attraenti, cosa che non mi sorprese per niente, consapevole che era stato Jimin a scegliere il locale. Sapevo già che ci avrebbe portati nel club con i più bei ragazzi gay. Era troppo affollato e avvertii i palmi cominciare già a sudare. Se non fosse stato per la piccola mano di Jimin stretta attorno alla manica della mia camicia per trascinarmi verso il tavolo riservato, ero sicuro che sarei scappato.

Ero stato lì troppe volte. Yoongi hyung era il proprietario di quel club, se lo era potuto permettere grazie al successo che gli aveva procurato una delle sue canzoni. Andavamo davvero d'accordo e a volte mi lasciava sedere nel suo studio solo per ascoltarlo mentre lavorava. Mi calmava e mi rilassava. Quella sera fu uguale a tutte le altre: le persone ballavano insieme su quella musica troppo forte e delle sostanze sconosciute rendevano il pavimento appiccicoso in alcuni punti, lasciandomi domandare se quello sotto le suole delle mie scarpe fosse vomito o residui di drink che erano stati rovesciati per terra. Per quanto triste fosse, niente di tutto ciò aveva importanza.

Perché non appena ci avvicinammo alla nostra postazione riservata, lui risaltò in mezzo agli altri. Taehyung stava semplicemente in piedi a parlare con Yoongi e io mi sentii nuovamente nauseato. Indossava un maglioncino bianco, che sarebbe potuto sembrare semplice in qualsiasi altro contesto, ma che abbinato a quei jeans blu strappati e orecchini pendenti argentati lo rendeva assolutamente bellissimo. Che andasse a fanculo per questo.

«Eccoti finalmente, adesso posso avere riprendermi le giuste attenzioni che mi spettano da questo ragazzo.» Disse Yoongi non appena entrammo nella piccola area con i posti a sedere. Afferrò il polso di Jimin e trascinò il ragazzo più piccolo sulle sue gambe, offrendogli un drink. «Sono felice di vederti, Jungkook.» Aggiunse.

Annuii e presi posto su uno dei divanetti accanto ai due piccioncini, lasciando al tempo stesso una significativa quantità di spazio tra noi.

«Tieni, gli altri hanno preso degli alcolici ma io ho preso questo per te.» Jimin si sporse in avanti per afferrare un bicchiere dal tavolino circondato dai tre divanetti. Lo presi con un veloce cenno del capo a mo' di ringraziamento e sbirciai all'interno per vedere il liquido azzurro muoversi. L'odore fruttato e il colore mi diedero la conferma che non ci fosse dell'alcol dentro.

«Quindi, qual è il problema? Sei troppo piccolo per bere?» La sua voce giunse chiara nonostante la musica assordante e sapevo che si trattasse di lui anche senza dover sollevare lo sguardo dal mio bicchiere.

Taehyung si sedette accanto a me sul divanetto con il suo drink, chiaro e quasi vuoto, stretto tra le dita rivestite di anelli.

«No, semplicemente non voglio.»

Mormorò lievemente e si sistemò meglio contro i cuscini, divaricando leggermente le gambe in una posizione comoda. Nessuno dei due provò ad avviare una conversazione.

Yoongi e Jimin si stavano sussurrando all'orecchio a vicenda e ridacchiavano riguardo chissà cosa, e Taehyung era seduto lì a non fare altro che essere se stesso, cosa che cominciavo a odiare e gradire al tempo stesso. Imbarazzante non sarebbe bastato a descrivere la situazione.

Stavo sorseggiando il mio drink che tutto era tranne che soddisfacente e il semplice odore dell'alcol nell'aria era fin troppo invitante, insieme a tutti quei ragazzi che ballavano e oscillavano i loro fianchi mentre il sudore scivolava lungo i loro corpi muscolosi. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla pista da ballo. Forse avrei potuto ballare con qualcuno per togliermi dalla testa l'idea di ubriacarmi. Ma ballare implicava poi altro e non ero dell'umore adatto. Inoltre, una parte di me si sarebbe sentita in colpa per aver lasciato Taehyung da solo, il quale già non sembrava a suo agio.

Qualcosa riguardo il suo linguaggio del corpo mi incuriosiva, il modo in cui teneva le spalle voltate alla folla e manteneva gli occhi sulle sue mani o sul suo drink. Stava lottando per non far trapelare l'effetto che l'intesità di questo club aveva su di lui, così come su chiunque altro.

Non riuscii a trattenere una leggera risata al pensiero che Jimin avesse invitato in uno dei club più gay dell'intera città qualcuno che riusciva a malapena a guardare due ragazzi ballare insieme. Una parte di me si dispiacque all'idea che fosse etero, mentre la parte logica della mia mente mi urlò contro per essermi anche solo chiesto per quale motivo mi importasse.

Nulla mi interessava al punto da tenermi lì seduto, quindi mi alzai velocemente e urtai la gamba di Taehyung con la punta dei miei anfibi. «Senti, stare qui è imbarazzante da morire. Ho un po' di erba se vuoi andartene da qua e sballarti.»

Non ci fu molta esitazione. «Sì, cazzo.» Taehyung si alzò dal divanetto ed entrambi cominciammo a farci spazio tra la folla per raggiungere l'uscita o qualsiasi fonte di aria fresca. A un certo punto sentii qualcosa sui miei jeans e solo grazie a una veloce occhiata mi accorsi che Taehyung aveva lasciato scivolare il suo indice nel passante dei miei pantaloni, così da non perdermi in mezzo a quel casino di corpi sudati. La parte buona e sentimentale di me avrebbe pensato che quel gesto fosse puramente carino e dolce, ma rimossi il pensiero e continuai a farmi strada verso l'entrata principale.

WALLFLOWER  [TRADUZIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora