LAUGH TRACKS

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Questa storia parla di un tale, un uomo normale che viveva un'esistenza normale.Un uomo che che all'improvviso vide la normalità smettere di far parte della sua vita.La prima cosa che pensò, con gli occhi ancora chiusi, fu che si sentiva scomodo. Tremendamente scomodo.Aprì gli occhi.Sotto di sé non trovò più il suo soffice letto, ma un pavimento di legno, un pavimento che non riconosceva e che terminava con delle lunghe tende nere. Non era a casa sua. Coi palmi delle mani tastò la superficie su cui era disteso, rialzandosi.Un palcoscenico. Perché si trovava su un palcoscenico?Il primo suono che il tale udì furono dei passi in lontananza, passi di chi scende le scale. Cercò di seguire quel rumore; proveniva dalla porta dietro le quinte. Raggiunse la porta, ma era sbarrata.Perché?Sentiva la bocca secca, un retrogusto amaro e un forte, fortissimo mal di testa.Si voltò. La platea era buia. L'unica luce in sala era quella sul palco, che lo illuminava completamente.Di colpo, come se qualcuno avesse percepito i suoi pensieri, si accese un'altra luce, che illuminò proprio la platea.Il tale si accorse di non essere solo: i posti del pubblico erano interamente occupati da uomini e donne, bambini e vecchi, tutti vestiti con abiti eleganti. Il tale si stropicciò gli occhi e li riaprì. Il pubblico era sempre lì, immobile, con uno sguardo inespressivo rivolto verso il palco, verso di lui.Il tale chiamò:-Ehi! Che cosa sta succedendo qui?Ma nessuno gli rispose. Gli spettatori erano muti e pietrificati.Il tale tentò ancora:-Dico a voi! Dove mi trovo?Ancora niente. Nessuno sembrava volergli rispondere.Il tale pensò che forse un contatto diretto avrebbe funzionato. Non era un uomo estroverso, non cercava il dialogo con gli estranei, ma in quella situazione era diverso, doveva capire cosa gli stava succedendo. Scese dal palco e si avvicinò a un uomo seduto in prima fila.Notò però un dettaglio, un piccolo, raccapricciante dettaglio che accomunava tutti i presenti. Non se ne era accorto dall'alto, stando al centro del palco. Il pubblico aveva mantenuto uno sguardo spento, inespressivo, fisso e rivolto davanti a loro, ma la cosa che fece gelare il sangue nelle vene al tale fu il sorriso, lo smagliante, grande sorriso che ogni spettatore portava sulla bocca come una mascherina, e che metteva loro in mostra tutti i denti. Non era un sorriso normale, era deforme, spaventoso, ma il tale vinse la paura e raggiunse l'uomo che aveva adocchiato come interlocutore:-Mi scusi, signore, che cosa significa tutto questo? Può rispondermi, per favore? Questa situazione mi sta spaventando...Ma l'uomo non rispose. Restò immobile, con gli occhi sbarrati, senza nemmeno battere le ciglia, con quello spaventoso sorriso stampato sulle labbra. Pareva non sentire quello che il tale gli stava dicendo.Il tale allora provò con un vecchio seduto qualche fila più indietro, persino con un bambino dall'altra parte della sala, ma nessuno sembrava essere in grado di ascoltare le richieste di aiuto del tale.Tutti lo ignoravano, tutti continuavano a guardare davanti sorridendo.La ricerca di un interlocutore portò il tale fino in fondo alla platea, dove una grossa porta con sopra un cartello con su scritto "EXIT" in caratteri cubitali sembrava poter rappresentare la via d'uscita da quella inquietante situazione.Il tale spinse. Era chiusa.-Oh, andiamo... - mormorò il tale, riprovando con una spinta più forte, poi un'altra, e un'altra ancora, ma tutto sembrava vano. Anche le uscite laterali, quelle di sicurezza, erano chiuse.Il tale era spaventato. Era una situazione troppo surreale per essere vera. Si accasciò a terra, con la testa fra le mani, in preda all'ansia.Di colpo però si sentì un suono, il fruscio dell'accensione delle lampadine di un'insegna luminosa che si trovava sopra al palco, un'insegna che presentava la parola "LAUGHS", risate. E proprio le risate furono ciò che proruppe in tutta la sala, risate simili a quelle dei telefilm, sguaiate risate di gusto emesse da ciascun membro del pubblico. Risate isteriche, agghiaccianti, forse seconde solo al sorriso dei signori e delle signore sedute sulle comode poltrone rosse.-Cosa sta succedendo? Basta, vi prego, smettetela, smettetela!Il tale si sentiva soffocare, solo lì dentro in mezzo a tutte quelle persone che parevano orribili manichini che ridevano; ridevano di cosa, poi? Di lui? Implorava loro di smettere, ma in cuor suo sapeva che non aveva il controllo su quello che gli stava succedendo. Il pubblico non lo aveva calcolato quando si era confrontato con loro nel silenzio, come poteva sperare di essere anche solo udito in mezzo a quel frastuono?Dopo un'attesa che al tale sembrò interminabile, le risate cessarono, e la sala piombò nuovamente nel tombale silenzio che aveva preceduto l'accensione dell'insegna, che ora si era spenta.Il tale, ansimante e spaventato, raggiunse nuovamente il palco. Forse c'era un modo per fuggire da tutto questo, doveva farsi notare da chiunque stesse scendendo le scale nel momento in cui si era svegliato sul pavimento.Corse in mezzo ai suoi raccapriccianti coinquilini e salì nuovamente sul palcoscenico, raggiunse la porta che aveva provato ad aprire per prima e ci si buttò contro.-Vi prego, ne ho avuto abbastanza! Fatemi uscire, questo scherzo non è più divertente, voglio tornare a casa mia!Ma la sua unica risposta fu il silenzio, lo stesso silenzio che lo aveva accompagnato e appesantito come una nube autunnale per tutto quel tempo. Il tale non si diede per vinto, cominciò a urlare, battendo i pugni contro la porta finché non gli sanguinarono e poi ancora, ancora, tutto pur di poter scappare da quel teatro terrificante.Poi di nuovo quel fruscio, e di nuovo le altissime risate del pubblico.Il tale scoppiò a piangere: a quale sadico giochetto era stato invitato? Desiderò che si trattasse solo di un lungo e vivido incubo, il peggiore che aveva mai fatto. Ne aveva fatti di brutti, specie quando era ubriaco, ma mai così.Di colpo la tensione e l'ansia si fecero troppo forti, il cuore del tale non resse tutto lo stress e le emozioni che stava provando, facendolo svenire fra le risate del pubblico.Il secondo risveglio fu più traumatico del primo. Riaprire lentamente gli occhi fece credere al tale di essere tornato alla normalità, nel suo letto normale, abbracciato alla moglie normale, nel loro appartamento normale, assieme ai loro due splendidi, normali bambini.Ahimè, non fu esattamente quello che il tale ritrovò una volta destato del tutto, bensì di nuovo quella sensazione di scomodità, e invece che il frastuono delle auto in strada, quel silenzio che gli era rimasto tristemente impresso.Era ancora nel teatro.Come se il suo risveglio non fosse stato già abbastanza spiacevole, appena si rese conto di dove si trovava e che quello che aveva vissuto non era stato un incubo con un urlo, il pubblico rise di nuovo. Questa volta la platea era illuminata fin dall'inizio. Forse il sadico che lo aveva rinchiuso in quel teatro voleva che la prima cosa che il tale potesse vivere al suo risveglio fosse proprio quello che, ormai ne era certo, lo avrebbe portato alla pazzia se fosse rimasto ancora lì dentro a lungo. Si tappò le orecchie con le mani, cercando di eludere il fragore delle risate, invano. Erano troppo forti per non essere udite.Singhiozzando, il tale si guardò incontro. Erano tutti esattamente come li aveva lasciati prima di svenire, ma c'era una novità: di fronte a lui c'era un oggetto che prima non c'era. Una... corda? Come era finita lì una corda? Era lì per lui? Cosa avrebbe dovuto farci con una corda?Il tale aveva tante domande, ma una certezza: era prigioniero in quel teatro, qualcuno lo aveva rinchiuso lì dentro per qualche motivo che il tale non riusciva a comprendere. Non aveva nemici, né di sicuro conosceva persone così crudeli da ideare una tortura del genere. Guardò verso la luce al centro della sala, in alto, e imprecò, pregando che tutto potesse finire presto. Qualcuno stavolta sembrò ascoltarlo, e le risate cessarono.Ora, con quel triste silenzio, il tale era libero di pensare; avrebbe solo voluto restare accovacciato e aspettare che tutto finisse, ma una parte di lui sapeva che doveva trovare un modo di uscire di lì.La corda poteva rappresentare un aiuto?Il tale non era certo lucido, ma provò in ogni modo che potesse venirgli in mente a sfruttare quello strano dono per provare a scappare da quella insolita prigione, cercando di ignorare le risate che, si rese conto, scoppiavano a intervalli regolari.-Da fuori potrebbe davvero sembrare che ridiate di me e dei miei tentativi di fuggire, sapete? Ma io troverò il modo di andarmene da questo dannato posto, e gli darò fuoco. Ridete quanto volete, ma sarò io a ridere per ultimo!Il silenzio che rispondeva a queste sue affermazioni lo fece sentire infantile e sull'orlo della follia. Parlava da solo, adesso? Non era di certo un buon segno.Il tempo dentro il teatro sembrava non passare mai. Dopo quella che gli sembrò una giornata passata a tentare di aprire le porte della platea il tale si arrese. Era stremato, allora tornò al centro del pavimento del palcoscenico e ci si accasciò, sudato e ansimante. Mentre cercava di riposarsi le risate continuavano, continuavano e non smettevano più, si protrassero per tutta la notte.Ma era davvero notte? Da quanto era chiuso lì dentro? Il teatro non aveva finestre e il tale non poteva rendersi conto di che momento del giorno fosse, pensava di essere rinchiuso da due giorni, ma non ne poteva avere la certezza: il suo orologio da polso era sparito, e nessuno dei presenti sembrava tanto cortese da fargli sapere l'ora. I momenti di sonno, poi, rappresentavano un azzeramento delle sue convinzioni. Poteva immaginare quanto tempo restasse sveglio, ma di sicuro non quanto dormisse, e questo contribuiva al suo smarrimento.Il sonno nella notte di quello che il tale considerava il secondo giorno di prigionia fu interrotto regolarmente dalle risate, quasi fatte apposta per peggiorare la situazione e stressarlo ulteriormente. Ormai il tale non riusciva a vederla in altro modo: il pubblico stava ridendo di lui, i suoi continui tentativi di fuga erano uno spettacolo comico e ogni suo fallimento era sottolineato dalle risate che provenivano da quelle bocche, quelle bocche... Da sveglio faceva di tutto pur di non soffermarsi su di esse, ma non appena chiudeva gli occhi le vedeva, vedeva i denti scoperti del pubblico e i loro occhi spalancati.Quello che il tale considerò il terzo giorno cominciò con un'altra sorpresa.Al suo risveglio non trovò più la corda del giorno prima, ora al centro del palcoscenico c'era un coltello, un lungo coltello da cucina.Il tale continuava a non capire. Perché quegli oggetti?Quel giorno il tale cominciava a sentire la fame e la sete. Dopotutto forse era addirittura il terzo giorno che non mangiava e non beveva niente, e un forte nervosismo stava cominciando a prendere il sopravvento sulla sua indole, più dedita alla razionalità che al puro istinto.Forse un coltello poteva essere utile per forzare una porta, pensò il tale. Lo aveva visto fare nei film, doveva far scorrere la lama lungo la porta e far scattare la serratura. Doveva funzionare, stavolta.Non fu così. Tutte le porte sembravano ignorare quei tentativi di cui il tale era tanto sicuro e i cui fallimenti accrescevano la sua disperazione.Perché niente sembrava funzionare?-Non è giusto! Perché devo restare rinchiuso qui dentro? Che cosa ho fatto di male?Il tale piangeva, e mentre le risate del pubblico continuavano si sentiva ridicolo.Una volta tentato il suo metodo con tutte le porte del teatro il tale si sentì gettato nel più totale sconforto, ma non era solo quello: si sentiva arrabbiato, furibondo. Voleva uscire, e voleva farlo immediatamente.Durante l'ennesima, agghiacciante risata, il tale perse la pazienza.Strinse forte il coltello nella mano sinistra e si avvicinò a un uomo seduto all'estremo più vicino a lui nella fila centrale:-Ne ho avuto abbastanza. Questo gioco è durato fin troppo. Ora tu mi farai uscire, sono stato chiaro?Il tale pareva essersi dimenticato che quegli esseri inumani che sedevano composti da quando si era ritrovato nel teatro non rispondevano ai suoi lamenti, ai suoi appelli e alle sue grida di rabbia se non con quello sguardo spento e quelle agghiaccianti risate. Non ricevendo alcuna risposta, il tale decise che era ora di passare alle maniere forti.In preda alla collera, diede un sonoro schiaffo all'uomo. Il suono dell'impatto della mano del tale contro la guancia dell'uomo riecheggiò per tutta la sala, forte.Ma ancora nessuna reazione da parte dell'uomo. Appariva incolume, come se non fosse successo niente, finché un rivolo di sangue non gli colò da un lato della bocca.Ma se l'uomo era quasi incolume, lo stesso non si poteva certo dire del tale.Di colpo era tremendamente turbato. Erano successe troppe cose e troppo velocemente: perché quello scatto d'ira? Non era da lui. Anche l'improvvisa, anche se tardiva, dimostrazione di umanità dall'uomo che aveva colpito, gli era parsa inaspettata. Era talmente abituato a essere ignorato e a non avere riscontro dal pubblico, senza contare come ogni spettatore sembrasse non calcolare il tale se non per ridere di lui. E lo schiaffo, così forte da far male alla mano del tale, perché aveva un suono così familiare? Il tale non si considerava un uomo violento, non ricordava di esserlo stato con nessuno, e il tale aveva un'ottima memoria. Si ricordava tutto, tranne quando era ubriaco.Ma ecco di nuovo l'accensione dell'insegna e le risate del pubblico. Era troppo, il pubblico stava di nuovo ridendo del tentativo di attirare l'attenzione, e il tale non poteva sopportarlo.Si cinse la testa fra le mani, stringendosi il cranio e coprendosi le orecchie con la pressione di chi desidera solo di non udire più un suono assordante e sgradevole.-Basta, vi prego, basta...Il tale era desolato, non ce la faceva più, ma di colpo ecco di nuovo la rabbia impadronirsi di lui. Nel tentativo disperato di far smettere le risate, il tale alzò il coltello e lo piantò nel petto dell'uomo a cui aveva dato lo schiaffo poco prima.L'uomo iniziò a sanguinare nel punto dove era stato ferito, uno schizzo arrivò anche sulla guancia del tale, ma non la smetteva più di ridere, anzi, questa volta le risate non sembravano voler cessare, stavano durando molto più del solito, o almeno così sembrò al tale, che indietreggiò, sconvolto dalla sua stessa violenza, e lasciò cadere a terra il coltello sporco di sangue.Il tale tentennò e balbettò qualcosa mentre nella sua mente un turbinio di pensieri lo travolse, annebbiandogli completamente la visione di quel macabro scenario.La visione del sangue emesso dalla coltellata e che ora colava sulla camicia bianca dell'uomo, le risate, il sangue che ancora usciva dalla bocca e che veniva sputato per terra e attorno a lui, ancora le risate, l'impatto dello schiaffo, e quel suono, quel fortissimo suono, forte quanto le risate, fecero mancare la terra sotto ai piedi al tale. Di colpo tra i suoi pensieri, interamente incentrati sulle vicende del teatro, si intrufolò una voce, una voce familiare al tale. La voce lo pregava di smetterla, gli diceva "ti prego, avevi detto che non lo avresti fatto più, non di fronte ai bambini, ti scongiuro", e sentiva sempre quel suono, il suono dello schiaffo. Ne sentiva tanti. Che cosa erano quei pensieri? Erano ricordi? Impossibile. Il tale ricordava tutto, a meno che non fosse ubriaco.Ancora una volta il cuore del tale non resse. Mentre indietreggiava si sentì mancare, inciampò e, battendo la testa, svenne.Quanto tempo era passato? Era il quarto giorno che si svegliava dentro al teatro?Sempre le stesse domande a cui il tale non trovava risposta. Se lo era chiesto, ma ci aveva rinunciato, era troppo sconvolto e troppo affamato.Si sentiva la testa pesante, e sentiva dentro di sé quella sensazione che si prova dopo avere pianto per tanto, tanto tempo.Era rinvenuto di nuovo al centro del palcoscenico. Chi ce lo aveva portato? Ancora una volta non importava. Ormai era tutto inutile. Il tale si era rassegnato.Notò davanti a lui il dono della giornata. Stavolta era un fucile.Il tale sorrise amareggiato, e di colpo capì il senso di quei tre regali. Non erano per farlo provare a fuggire. Chiunque lo avesse rinchiuso nel teatro aveva un solo obiettivo: istigare il tale a uccidersi.Il primo giorno la corda, con cui avrebbe dovuto impiccarsi, facendola scorrere in alto, da sopra le americane. Il tale era sicuro di avere notato anche uno sgabello dietro le quinte.Il secondo giorno il coltello, forse per tagliarsi i polsi? Che sciocco, il tale lo aveva usato per le serrature e per ferire quell'uomo. A proposito, lui era ancora lì, sorridente e con la bocca sporca di sangue, e la sua camicia era completamente macchiata dello stesso colore rosso.E ora il fucile, beh, il suo scopo, arrivati a questo punto, era abbastanza evidente.Il tale incrociò le gambe e si mise seduto. Il suo pubblico era sospettosamente silenzioso quel giorno. Non aveva emesso ancora una risata.Quando se ne rese conto, il tale rivolse lo sguardo alla platea. Nel silenzio percepì la suspance dei suoi spettatori, che sembravano aspettare con trepidazione solo una cosa dal tale.Ne avrebbe avuto il coraggio? Magari una parte di lui lo avrebbe voluto spingere a non compiere quell'estremo gesto, dopotutto aveva un fucile, ma chi gli garantiva che, anche bucando una porta, non ne avrebbe trovata una seconda da sfondare, poi una terza, una quarta, fino a fargli finire i proiettili? Quanti proiettili poteva avere un fucile? No, gliene bastava uno solo.Con lo sguardo rivolto verso il fucile, il tale si rassegnò. Non aveva scelta.Alla fine era quello che voleva, sarebbe uscito dal teatro e l'incubo sarebbe finito. Mentre si avvicinava all'arma e la raccoglieva, il tale rifletté sulla sua vita. Sulle cose positive che aveva fatto, ma anche sul suo problema con l'alcol, e sulle cose terribili che gli aveva portato a fare.Era la giusta punizione per un uomo che si era dimostrato così crudele, ma forse no, non era stato crudele, era solo stato fragile, si era lasciato piegare dal whiskey, rovinando la sua vita e quella della sua famiglia.Ma ora non più.Impugnò il fucile. Guardò il pubblico. Guardò negli occhi tutti gli spettatori, come per salutare in silenzio tutti gli uomini e le donne che gli avevano fatto compagnia e lo avevano fatto uscire di testa.-Signore e signori...Avvicinò la canna del fucile alla bocca e premette il grilletto.Il corpo senza vita del tale cadde a terra, questa volta per restarci.Il suo sangue schizzò sulle tende e sulle pareti vicine. Piccole parti di sé seguirono il liquido, come in un macabro quadro astratto con macchie di tutti i tipi. Al tale non piaceva l'arte astratta, e forse non sarebbe stato contento di sapere che morendo sarebbe diventato una cosa che tanto ripudiava, ma forse poi avrebbe riflettuto sul fatto che anche in vita non era stato certo un modello per i suoi bambini o quello che si aspettava sarebbe diventato da grande.Quando il corpo cadde a terra, il pubblico era ancora in silenzio. Passò qualche secondo, come se gli spettatori dovessero metabolizzare quello che avevano visto, ma poi eccola.L'ultima, enorme risata proruppe da quelle larghe bocche, questa volta accompagnata da fischi e lunghi applausi, essendo quel sadico spettacolo ormai terminato.Mentre il sipario si chiudeva sul cadavere del tale volò persino qualche fiore. Chissà chi lo aveva lanciato. Ancora risate, ancora applausi, sembravano non finire mai, ma improvvisamente tutto cessò.Tornò il silenzio.Le luci in sala si spensero di colpo, ma una restò accesa. Era l'insegna luminosa, quella che anticipava le risate del pubblico. La scritta "LAUGHS" illuminava ancora lievemente la sala, quasi come per tenere sempre pronto il pubblico a emettere quei terribili suoni e ricordare ai presenti i tristi ultimi momenti di vita del tale e la sua disperata morte.FINE

Laugh TracksWhere stories live. Discover now