Demente

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Era una sera come tante altre, forse solo più buia, forse no. Era diversa solo perché seduta in macchina mi chiedevo cosa facesse quell'uomo a quell'ora in mezzo alla strada. Una strada così familiare per me, ma decisamente isolata e poco frequentata, e io sono una che facilmente si lascia prendere dal panico.
   Poi mi accorgo che è lui: che stupida! Scendo dalla macchina e gli vado incontro. Era Mike.
Sapete, noi avevamo tutti quei nomi di merda tipo Mike, Frank o Gilberto, ma dopotutto eravamo solo i personaggi di un racconto, quindi non era poi così grave. Io, ad esempio, mi chiamavo Federica, ma ero una donna! Che cosa buffa.
Gli vado incontro con la gioia di chi rivede un amico dopo lungo tempo, ma mi accorgo che la sua espressione non è delle migliori. Faccio per chiedergli spiegazioni, ma lui mi indica di continuare sulla mia via e mi dice che spiegherà tutto quando saremo arrivati da Frank. Già, ma come fa a sapere che sto andando da Frank?
Giungiamo di fronte alla casa di Frank. Le luci sono accese, e la musica pure. Il cancello è aperto, come mi avevano detto. Dobbiamo solo entrare, e lo facciamo senza preavviso. Sono tutti lì: Frank, Gilberto, Dodo, Scubi, Strappo e Faina detto "Gegè". Tutti si alzano e vengono a salutare sia me che Mike con gran gioia. Siamo lì per festeggiare la promozione di Gilberto, e nessuno mai si può immaginare quello che stiamo per sentire: Mike, con lo stesso volto grave e privo di ilarità, si mette a sedere con l'impermeabile ancora addosso. Tutti capiamo che ha qualcosa di importante da dirci:
-Sono morto.-
"Come?", "Quando?", mormoriamo noi un po' confusi. Mike si versa un bicchiere di Porto:
-Ieri notte. Alle tre. Sono venuto qui per salutarvi, ché ho il treno domattina alle undici.-
Le nostre espressioni si colmano di amarezza, e io appoggio il mio volto sulle mie mani fresche del mio pianto.
-Ma perché? Perché, Mike?- grida Dodo, che non è in grado di controllare il suo affetto. -Non è giusto! Non è giusto!- e si rimette a sedere. Mike lascia andare un sorriso, e poi un altro. Poi scoppia a ridere:
-Ci siete cascati! Che ridere, che ridere!-
Tutti noi ci guardiamo negli occhi e, pur offesi dallo scherzo di cattivo gusto, ci confortiamo, e piano piano cominciamo a ridere anche noi. Mike estrae un libro dalla tasca e lo lancia a Strappo, che lo afferra al volo. Poi sorseggia il suo porto. -Vai a pagina dodici, Strappo, e leggi pure.-
Strappo, una volta fatto silenzio, legge ad alta voce:
-"...Quei molti che mi accusano di scrivere demenziale commettono un gravissimo errore: in realtà, ciò che io scrivo è demente, perché il demenziale è proprio di chi ci arriva, ma ha voglia di svagarsi, e con la sua mente elevata cattura l'attenzione dei più deboli e li sfrutta per i suoi guadagni . Io, al contrario, non ci arrivo proprio."-
   Siamo tutti un po' interdetti: cosa avrà voluto dire Mike con quella citazione? Eccolo che poggia il bicchiere: -Signori miei, questo è un passo di uno delle menti che a me sta più a cuore. Si chiama Il Sofista Mascherato, ma le sue generalità non sono così importanti. Vedete, io oggi sono venuto da voi annunciandovi di essere morto, mostrando così che non ve ne sareste accorti in alcun caso, se io non ve lo avessi detto. Io sono stato colui che ci arriva, e che con il suo inganno imprigiona la mente altrui. La vostra facoltà di voler comprendere si ferma a un palmo dal vostro naso. Io non voglio ingannarvi, io voglio solo non arrivarci, e vedere il mio volto per come si mostra realmente, e così dovreste fare voi.
Voi, invece, al contrario di me non sapete nemmeno di essere nati. Voi tutti lo siete, e alcuni di voi sono anche già morti, ma nessuno ve l'ha fatto notare-
"Come è possibile?" pensiamo tutti mentre ci guardiamo in faccia; la paura comincia a impossessarsi di noi. Mike indica l'orologio senza parlare, e mi accorgo che per me la lancetta si è fermata; per me, per Frank, Gilberto, Strappo; anche per Faina detto "Gegè" l'orologio si era fermato. Sento un colpo di campana, e resto immobile. I miei occhi sono fissi su quelli dei miei amici, come i loro sui miei. I nostri volti sono fatti improvvisamente scarni e cadenti, e i nostri pochi capelli sono bianchi e grigi. Cerchiamo di alzarci, ma le nostre ossa dolgono. Mike ci osserva pietoso, perché sa di non poterci aiutare. Prende il suo portafogli e ci dà dei biglietti del treno. Uno per uno.
-Parte alle undici-
-Lo so- gemo con la voce della mia tarda età.
Mike fa cenno a Scubi e a Dodo di seguirlo, perché loro hanno ancora tempo, e Scubi e Dodo a malincuore lo seguono, voltandosi e lasciandoci un ultimo sguardo. I tre attraversano la porta e scompaiono nell'oscurità, si rigettano in un altro universo.
Era una sera come tante altre, forse più buia, forse no.


Valerio Dalla Ragione

DementeWhere stories live. Discover now