Solean uscì dal palazzo, incamminandosi verso nord, verso il centro di Wedenak, in direzione della stazione dei Maglev. La pioggia lo riportò alla realtà, ma anche se riusciva a lavare via il rosso dalla sua mano destra e dalla sua giacca, Solean si sentiva ancora irrimediabilmente sporco.
Rendere le proprie illusioni realistiche era un traguardo ambito da molti Djabel, raggiunto da pochi, ma Solean non riusciva a non sentirsi in colpa per ciò che era accaduto, per ciò che aveva lasciato che accadesse. La sua mancanza di controllo lo rendeva un assassino al pari di ogni altro.
Solean raggiunse la stazione di Wedenak. Il Maglev delle quattro del mattino non si fece attendere. Oppure, semplicemente, Solean aveva perso il senso del tempo.
Non corse abbastanza veloce per riuscire a salirvi, prima che questo partisse a tutta la sua spaventosa velocità verso il centro di Neza.
Solean sospirò, e camminò lungo la banchina. La tettoia di vetro arcuato era interrotta a intervalli regolari, e ora, con la pioggia, sull'asfalto sottostante andavano alternandosi chiazze più scure e più chiare, a creare il disegno di un lungo e silenzioso pianoforte.
Uno schermo, al riparo sotto una delle tettoie, mostrava il tempo di arrivo previsto per il prossimo treno. Un'ora. Il Maglev successivo era quello delle cinque del mattino.
Ed era il circolare. Avrebbe percorso Neza in senso orario, ossia non sarebbe andato direttamente da Wedenak all'Accademia, ma sarebbe passato prima per il quartiere Residenziale, poi per Fogad, poi si sarebbe fermato alla stazione centrale, nel quartiere Imperiale, e solo dopo avrebbe raggiunto l'Accademia. Il motivo era che non vi era flusso di studenti da Wedenak all'Accademia a quell'ora del mattino.
In ogni caso, a Solean conveniva salire su quel treno. Nel tempo che avrebbe impiegato a fare il giro di Neza, forse sarebbe riuscito a sonnecchiare.
La stazione era deserta, fatta eccezione per Solean, sia perché l'ultimo treno era appena partito, sia perché l'orario era a dir poco improponibile, per la maggior parte degli abitanti del quartiere di Wedenak, il quartiere delle Scienze. Solo l'Imperatore sapeva che tipo di persone Solean avrebbe potuto incontrare, a quell'ora della notte.
Solean trovò posto su una panchina, sotto la tettoia, al riparo dalla pioggia. Era di ferro nero. Quel ferro nero che tanto odiava, e che era ovunque, in quella casa.
Perché proprio ora i suoi ricordi stavano tornando? Perché proprio ora era sicuro che i Raksos fossero i suoi genitori adottivi? Ora che erano morti. Ora che li aveva uccisi.
Si raggomitolò su se stesso, cingendosi le ginocchia con le braccia, e nascondendo la testa fra di esse. Chiuse gli occhi, ma nella sua mente andavano formandosi immagini sempre più cruente, mentre nelle sue orecchie riecheggiavano ancora le urla dei Raksos e il ringhiare dei lupi. Nemmeno il rumore della pioggia riusciva a calmarlo.
Aprì gli occhi. Si concentrò sulle sue scarpe, dei semplici stivaletti neri. Provò a distrarsi, contando gli occhielli sulla tomaia, e tracciando il percorso compiuto dai lacci con lo sguardo. Era inutile. Anzi, era peggio. Sempre più ricordi sembravano riaffiorare, di tempi lontani passati in quella casa.
Solean arrivò a immaginare che, quando era ancora piccolo, fosse stata proprio Anelia a insegnargli ad allacciare le stringhe dei suoi stivaletti, prima di accompagnarlo proprio a quella stazione, perché prendesse il treno delle sette e arrivasse a scuola in tempo.
Gli sembrava di ricordare la sensazione del vento freddo che entrava nei suoi polmoni, ogni volta che inspirava, dopo aver abbassato la sua sciarpa rossa. Perché Solean era un bambino, e gli piaceva giocare a creare delle piccole nuvolette bianche espirando nell'aria invernale.
STAI LEGGENDO
Ember
Science Fiction[Fantascientifico/Distopico] 🏆VINCITRICE WATTYS 2021🏆 Serie "Ember" - Libro 1 Ember è il nuovo nome che l'umanità ha assegnato a se stessa, dopo la Grande Catastrofe, ed è stata sua la scelta di sottomettersi all'Alto Imperatore, un essere onnisci...
Capitolo Quindici
Comincia dall'inizio