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LEGGI, IT'S IMPORTANT
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Sono un po' cretina e nel capitolo XII ho scritto che i tre baci che Choi ha rubato a Jimin sono stati i primi baci di Jimin, ma non è vero. Sono stati i primi con Choi pezzo di cacca putrefatta. Nella revisione del capitolo ho corretto :)
Inoltre Jungkook è al quarto anno di Lettere, non al terzo come invece diceva in uno dei primi capitoli. Niente, è appurato quanto io sia stupida. Scusate per questi inconvenienti :/
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capitolo 13
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Sì, Lorenzo! – dinanzi io meditai di tacertelo – Or odilo, la mia bocca è tuttavia rugiadosa – d'un suo bacio – e le mie guance sono state innondate dalle lagrime di Teresa. Mi ama – lasciami, Lorenzo, lasciami in tutta l'estasi di questo giorno di paradiso.
Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis, di Ugo Foscolo
»»---- ★ jungkook's p.o.v. ★ ----««
Sono passati dieci giorni da quando ho visto Jimin l'ultima volta. Da quella sera in cui mi ha detto di soffrire di emicrania non l'ho più visto, neanche di sfuggita in qualche corridoio e sono tremendamente preoccupato. Temo che possa avere ancora qualcosa a che fare con quello stronzo che lo aveva fermato nei corridoi per picchiarlo. Non so il motivo per cui volesse farlo, o almeno... non so di che soldi parlasse quando l'ha terrorizzato a quel modo, però solitamente quando si è inguaiati con i soldi se ne esce molto, ma dico molto, difficilmente.
Oggi ho deciso che interverrò, ho deciso che mi farò dare informazioni su quello stronzo che ha provato a picchiarlo nel momento sbagliato. Ho questo assurdo presentimento che la sua strada non si sia ancora separata da quella di Jimin e questo mi fa imbestialire, perché deve starne fuori. Un bullo del genere, uno che usa la violenza per farsi ridare dei soldi, non si merita metà della dolcezza che possiede il biondino.
Mi infilo al volo un paio di jeans neri e mi avvio al Campus, estremamente deciso a parlare con Jimin. Questa storia deve finire. Capisco assentarsi un giorno ogni tanto, ma adesso sta capitando troppo spesso e questo non mi fa stare per niente tranquillo. Soprattutto quando mi aspetto di trovarmi di fronte un Jimin pieno di lividi che sta solo aspettando che gli scompaiano in modo da farsi vivo solo successivamente per paura che io mi accorga di qualcosa. I primi tre giorni ho aspettato, pensando che il biondo avesse un mal di testa talmente orribile da non riuscire neanche a uscire di casa o rispondere al telefono. Ma poi la questione è peggiorata e si è fatta seria. Non sarò un medico, ma un'emicrania non ti dura dieci giorni.
Arrivo davanti alla porta della stanza di Jimin e prendo tre bei respiri profondi, riempiendo i polmoni di aria fino al loro limite massimo – il quale è stato abbastanza compromesso dal mio continuo inspirare nicotina – e ributtandola fuori lentamente, cercando di contare fino a dieci, poi venti, poi cento. Se mi viene ad aprire e gli vedo anche mezzo livido sulla faccia o qualsiasi altra parte del corpo vado a spaccare la faccia a quel bastardo. Quando penso di essere pronto busso alla porta e subito dopo me ne pento, assalito dall'ansia di non essermi preparato abbastanza, ma ormai è fatta. Aspetto quelli che mi paiono essere dieci secondi, ma niente. Quindi busso ancora e stavolta aspetto di più. Quando sto per bussare la terza volta la porta si apre e davanti a me si staglia un Jimin che non avrei mai voluto vedere. Pensavo di essere abbastanza pronto a quello che avrei visto, alle condizioni in cui lo avrei trovato, ma i miei pensieri non erano niente in confronto alla realtà che mi si sta parando di fronte. I suoi capelli sono di un disordine unico, arruffati e increspati, tutti aggrovigliati e annodati come un gomitolo di lana messo via male. Le sue labbra fantastiche sono secche e screpolate. Le sue guance, solitamente paffute e di un tenero rosa pallido, sono adesso asciutte e incavate, come se negli ultimi giorni si fosse lasciato morire di fame. Infine gli occhi, quando il mio sguardo si posa nei suoi occhi è la fine. Questi, che sono sempre stato abituato a vedere come vispi e luminosi, sono ora gonfi e... spenti. I suoi occhi sono spenti. Per non parlare poi delle occhiaie che li circondano, che fanno intendere che non si sono mai chiusi per un lungo periodo di tempo.
«Oh, Cristo» dico buttandomi subito verso di lui per tenerlo in piedi, siccome le gambe gli stanno tremando come foglie. Lui tira su col naso e si lascia andare tra le mie braccia e io ne approfitto per trascinarlo sul suo letto. «Jimin, perché stai così?»
«J-Jungkook» mi chiama lui con gli occhi lucidi, balbettando. «V-vattene» aggiunge con voce talmente flebile da impedirmi di prenderlo sul serio. E comunque non me ne andrei mai, non dopo averlo visto in queste condizione, dove a malapena si regge in piedi.
«Cosa ti è successo?» dico invece cercando di non scoppiare a piangere proprio lì davanti a lui. In questo momento non posso abbandonarmi ai sentimentalismi, la rabbia sta montando e sta vincendo su qualsiasi altra emozione. Vedendo che lui distoglie lo sguardo e non mi risponde, lo incalzo: «C'entra quel Choi che ti voleva picchiare?» Esita. Lui esita, perché sa che ho capito.
«No» mormora senza voce e dal tono con lui pronuncia questa negazione capisco che non ha il tono di voce basso perché sta male e non vuole sforzarsi di parlare normalmente. Ha il tono di voce basso perché semplicemente l'ha persa. Che abbia urlato troppo dal dolore? O dalla paura?
«Jimin, devi dirmi dove abita» gli dico accarezzandogli i capelli. I suoi occhi schizzano nuovamente nei miei e subito risponde: «No. No, per favore, non immischiarti» mi supplica e questa è la prova definitiva che c'entri quel... ho finito gli epiteti per quel deficiente.
«Dimmi dove abita» mi impongo senza alzare troppo il tono di voce. È talmente fragile e debole in questo momento che devo andarci cauto, anche se mi sta montando la rabbia. Non sono arrabbiato per colpa sua, ovviamente, ma in questo momento devo dosare molto bene le parole e i toni perché non voglio che Jimin si spaventi.
«Non posso» dice con la voce spezzata. «Vai a casa» aggiunge dopo debolmente. Me ne andrò tra pochissimo, ma a casa sua.
«Jimin, per favore, ti voglio aiutare» addolcisco il tono accarezzandogli i capelli crespi; le mie dita si muovono con difficoltà tra essi a causa di tutti i nodi. «Fidati di me» aggiungo avvicinandomi a lui. Il mio sguardo cade sulle sue labbra. Queste sono strette fra loro e hanno perso parte della pienezza che le caratterizzava, ma ai miei occhi rimangono invitanti come quando le ho viste la prima volta.
«J-Jungkook, per favore, vattene» insiste lui, ma in questo momento ho zero intenzione di mollare, e infatti rispondo con un: «No» forse un po' troppo secco, cercando poi di rimediare con un: «Non me ne posso andare se stai così. Non posso abbandonarti. Lascia che ti aiuti» continuo ad intestardirmi e, quando vedo che lui tentenna, faccio quello che avrei voluto fare da tempo: mi sporgo in avanti adagiando le mie labbra sottili sulle sue, sentendone finalmente la morbidezza – nonostante la loro secchezza – che tanto mi aspettavo di trovare. Non lo sto baciando per puro piacere personale, ma per trasmettergli quello che sto provando, per provare a fargli capire a gesti che per me lui conta davvero tanto e che voglio stargli vicino, che voglio aiutarlo con qualsiasi mezzo possibile, impiegando tutte le mie forze se necessario. Mi godo gli ultimi istanti della nostra unione e poi, con enorme dispiacere, separo le nostre labbra, anche perché sento una lacrima di Jimin bagnarmi la pelle, segno che ha iniziato a piangere.
«Non piangere, okay?» mormoro trattenendo le lacrime io stesso. «Si sistemerà tutto, devi solo dirmi dove cercarlo.»
Finalmente il biondino dagli occhi lucidi si arrende e, con la voce tremolante di chi sta piangendo, mi rivela dove abita Choi Taewon. Ottenuta l'informazione non impiego tanto a elaborarla, capendo immediatamente dove si trovi l'abitazione. Lo ringrazio e lo rassicuro ancora una volta che tutto andrà bene, poi senza perdere altro tempo esco dalla sua stanza e mi precipito all'esterno del dormitorio correndo verso i giardini del Campus e immettendomi in strada, per poi dirigere i passi verso la mia meta. Vedere Jimin in quelle condizioni mi ha buttato a terra, ma allo stesso tempo mi ha dato la carica sufficiente per ribaltare il mondo. Lui è un angelo sceso dal cielo per salvarmi dalla solitudine e dal rifiuto, in qualche modo siamo legati e lo saremo per sempre, non posso permettere ad anima viva di fargli del male.
Quando sono nei pressi della casa di Choi mi blocco all'improvviso. Che cosa penso di fare? Di andare lì e prenderlo a pugni fino a farlo smettere di fare il bullo con Jimin? Per prima cosa mi abbasserei al suo stesso livello e poi Omero mi ha insegnato che è sempre meglio usare l'ingegno che la forza. O vado lì e lo uccido, cosa che non farò assolutamente, oppure la violenza peggiorerà solo la situazione. Una volta che si sarà ripreso io ci andrò di mezzo a livello penale e quel bastardo tornerà ancora più incattivito nei confronti di Jimin quando io non potrò neanche proteggerlo perché sarò dentro. Con i tatuaggi che mi porto addosso poi sarei facilmente sospettabile, penso con l'amaro in bocca. Decido quindi di fermarmi un secondo e nascondermi dietro un angolo per pensare al piano da mettere in pratica.
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Volevo scrivere di più, ma oggi giornata di merda finita anche peggio perché io sono una persona del cazzo egoista e ipocrita. Spero che sto schifo vi sia piaciuto.
Words: 1464
Published: 27012021 - giornata della memoria, non scordatelo mai. NEANCHE GLI ALTRI GIORNI, MI RACCOMANDO!!!
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