Perché mi sono fatto convincere da quei due?
Certo, voglio ovviamente sapere cosa davvero succede con Amalie, ma non so quanto questo "esperimento" possa far bene alla mia piccola Mina.
Okay, sì, sono giorni che mi chiede di vedere la sua adorata bionda, e sono giorni che invento terribili scuse per ovviare il problema di doverla rivedere direttamente e doverle parlare, quindi l'occasione si presta a pennello, ma non voglio comunque che in tutto ciò Mina soffra, proprio per niente.
Quindi, quando passiamo a prenderla, decido di provare quanto meno a prepararla, in qualche modo, a spiegarle che potrebbe restare delusa, che potrebbe non ritrovare esattamente la sua Amalie. Ma il mio discorso ha poco effetto su di lei che, determinata com'è, è solo ancora più motivata ad incontrare quella che ormai considera una parte fondamentale della sua vita.
Mina sembra totalmente sicura di sé, quando arriviamo al posto in cui Amalie lavora. Abbiamo deciso di non aspettare che terminasse il turno e di venire direttamente qui, anche se tuttora non sono completamente convinto di questa scelta. Mia figlia mi tiene la mano, come se volesse essere lei ad infondere coraggio a me, e non come dovrebbe invece essere, cioè viceversa.
Lydia e Stiles vanno a mettersi seduti ad un tavolo poco lontano dal bancone a cui ci fermiamo, per poter osservare senza dover necessariamente intervenire, mentre io e Mina restiamo in attesa di vedere la testolina bionda di Amalie sbucare da qualche parte.
Quando la vediamo uscire dalla cucina, un colpo al cuore mi lascia esterrefatto.
I suoi bellissimi, lunghi capelli biondi, non sono più lunghi. Li ha tagliati, fin sopra le spalle, e la cosa mi destabilizza un po'. Certo, è sempre e comunque bellissima, ma ha un'aria diversa.. più dura, più adulta. Decisamente meno ingenua.
<Amalie!> urla Mina, anche lei sorpresa da questo suo cambio di look, ma le corre comunque incontro, abbracciandole le gambe, sinceramente felice di poterla finalmente vedere.
Istintivamente guardo il viso della ragazza che amo, per captare le sue espressioni e le sue emozioni, e resto allibito quando lo vedo contorcersi in una smorfia di fastidio, mista a disgusto.
Amalie non farebbe mai questa faccia ad un abbraccio di Mina, mi dico.
<Ehi.. ehm, ehi piccoletta.> dice quasi impacciata, mentre mi avvicino a loro. Sembra quasi che il comportamento della mia lupetta gli sia nuovo, o comunque poco familiare.
Si stacca abbastanza velocemente Mina di dosso e mi guarda, più rigida del dovuto.
<Siete qui per mangiare? Vi posso mostrare un tavolo?>
Il fatto che a malapena ci sorride, mi raggela e fa sprofondare nello sconforto più assoluto, ma esternamente tengo una facciata solida ed impassibile. Mina mi guarda, un po' triste, e si rifugia nuovamente accanto a me, più stretta di prima. Chiaramente ci è rimasta male, a seguito del comportamento di Amalie, e non posso proprio darle torto.
<No, no, eravamo solo passati a salutarti. Mina aveva voglia di vederti, passare del tempo con te. Quindi, visto che ora stai lavorando, ci chiedevamo se stasera fossi libera e avessi per caso voglia di venire a cena da noi.>
La guardo negli occhi, ma è come se non la vedessi. Non più, almeno.
Si guarda appena intorno, disorientata e come alla ricerca di una fuga. So perfettamente che non accetterà mai l'invito, ma dovevo pur trovare una scusa plausibile per poterla avvicinare senza insospettirla di nulla.
<Ehm.. come, scusa?> sembra quasi non abbia davvero sentito, o addirittura non abbia proprio capito.
Sospiro appena, mostrandomi appena infastidito, poi ripeto <Stasera. A cena da noi. Vieni?>
Fa un passo indietro e afferra la penna che tiene nel taschino del grembiule che le fascia i fianchi stretti: ha capito cosa fare.
<Scusate, ora non.. sto lavorando, non posso proprio fermarmi. Ti scrivo più tardi e ti dico la mia risposta, d'accordo?>
Forza il più falso dei sorrisi che possa possedere, uno di quelli che di solito si rivolgono a persone che si considerano particolarmente fastidiose, poi si divincola veloce da noi e si dilegua tra i tavoli, a proseguire il suo lavoro senza nemmeno accennare a voltarsi o guardare nella nostra direzione.
<Non è più la nostra Amalie.. che le è successo?> dice la mia piccolina non appena anche Lydia e Stiles ci raggiungono in auto.
Subito la stringo a me e guardo i due ragazzi, sospirando.
<Voi due l'avete pedinata per letteralmente 10 giorni. Possibile non abbiate notato niente o nessuno di sospetto intorno a lei?>
Lydia sospira, scuotendo piano il capo.
<No.. era praticamente sempre a lavoro, a volte parte del branco e Victor sono andati a trovarla, ma anche con loro non era molto espansiva. Poi tornava a casa e ci restava fino al mattino successivo. Ha seguito tre lezioni di yoga, è andata a correre nel bosco... Tutto qui. Tutto.. normale.>
<Aspetta.> Stiles si sposta velocemente in avanti, poggiando una mano sul cruscotto.
<Non so se può essere importante, ma.. tra i clienti che serviva.. c'era sempre quest'uomo, anziano, sempre da solo e sempre in disparte. Ogni giorno si sedeva al solito tavolo e si faceva avvicinare solo e soltanto da lei. E con lui è sempre, sempre stata gentile.>
Lo osservo, esasperato. Credevo avesse avuto sul serio un'illuminazione, invece nulla, niente di importante.
<E cosa dovrebbe esserci di strano, Stiles.> borbotto appena, accarezzando piano i capelli di Mina, che ho ancora tra le braccia e che non accenna minimamente a staccarsi da me.
Lui mi guarda, serio.
<Beh, per esempio il fatto che Beacon Hills non è una cittadina così grande, né raccoglie un'ingente presenza di anziani che non siano chiusi nelle case di riposo. Bene o male qui ci conosciamo tutti. E sappiamo quali anziani vivono qui e chi invece viene a trovare figli o nipoti. Posso assicurartelo, Derek: non ho mai visto quell'uomo in città nei miei 19 anni di vita nemmeno una dannata volta.>
Lo guardo, sospettoso e confuso. Tutto sommato il suo ragionamento potrebbe avere senso.
<Se adesso noi tornassimo lì dentro, sapresti identificarlo?>
Stiles annuisce senza accennare il minimo segno di dubbio o incertezza.
<Beh, in realtà senza volerlo l'ho già cercato prima, mentre scrutavo tra i vari tavoli: oggi non c'è.>
Appena arriviamo alla clinica veterinaria del Dr. Deaton, non so bene come sentirmi, né tantomeno cosa aspettarmi.
Sono preoccupato, perché ho il terrore che in qualche modo Amalie stia soffrendo, nonostante all'apparenza sembri costantemente così serena - vuota, ma serena-. Sono spaventato, perché se non riuscissi a trovare un modo per farla tornare in sé, la perderei davvero per sempre, ed ora che ho capito che non posso più fare a meno di lei, ne uscirei più che distrutto.
Deaton ci ascolta attentamente tutti e quattro - anche Mina ha voluto dare a tutti i costi la sua versione-, poi ci osserva silenzioso per qualche secondo.
<Se provaste a parlarle o avvicinarla, o addirittura farla venire qui.. beh, non credo reagirebbe bene, o tantomeno che si lasci condizionare da questi vostri pensieri. Di certo c'è che abbiamo bisogno che Lydia la tocchi. A tutti i costi.>
<Crede possa riuscire a vedere qualcosa..?> chiede incerta la Banshee.
Deaton annuisce <Ne sono sicuro. Posso prepararvi un intruglio da somministrarle. In parte veleno di Kanima, in parte una variante speciale di Strozzalupo. La stordirà abbastanza da renderci possibile che Lydia la tocchi ed eventualmente esplorare la sua mente.>
<Non le farà del male, vero?> chiede subito Mina, preoccupata nel sentire il piano di Deaton.
Lui le sorride dolcemente.
<No piccolina, si farà solo una lunga dormita, che ci permetterà però nel frattempo di capire come poterla aiutare.>
Mina sospira sollevata dalle parole del druido e annuisce, ora del tutto convinta.
Quando arriviamo finalmente a casa, è distrutta e si è addormentata nel tragitto. La prendo tra le braccia e la porto in camera sua, a letto, per farla riposare un po', poi decido di andare a stendermi un po' anche io, prima di svegliarla per la cena.
Ultimamente sono riuscito a chiudere occhio raramente, e quelle poche volte che ci riuscivo, la pace durava ben poco, perché continuavo a svegliarmi agitato per sogni che riuscivo a ricordare decisamente ben poco.
Prima di rendermene conto, il sonno prende il sopravvento su di me e mi fa sprofondare in un abisso profondissimo.
Cammino tranquillo per la distesa verde e boschiva di Beacon Hills, precisamente quella che circonda la vecchia casa bruciata della mia famiglia, in quello che sembra un primo pomeriggio assolato d'estate. Ma non ho affatto caldo, anzi, è piuttosto un calore piacevole e anestetico quello che sento. Sono a piedi nudi, senza maglietta, con solo i miei jeans neri addosso, e so che non bisogno di altro, per ora.
Non mi sento nervoso, né spaventato, ma mi muovo verso una meta ben precisa, anche se ancora non so esattamente qual è.
Arrivato sulla struttura che resta del porticato di casa Hale però, tentenno un po', non sapendo bene se dover entrare o meno.
<Derek!>
La voce melodiosa di Amalie arriva dal mio lato sinistro, il che mi fa voltare lentamente il viso in quella direzione per osservarla: indossa soltanto un vestitino lungo e bianco, leggero, anche lei è a piedi nudi ed ha i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle. Mi sorride felice, mentre mi corre veloce incontro. Sembra così radiosa.. come se splendesse di luce propria.
Mi lancia le braccia al collo e mi stringe forte, visibilmente felice. Felice di vedere me. La stringo subito, forte, finalmente completamente calmo ed appagato.
<Credevo non arrivassi più..> mi sussurra, prima di staccare il viso dal mio petto e sollevarlo, per potermi guardare negli occhi con i suoi, meravigliosi e lucidi come sempre.
<Sai che non posso starti troppo lontano..> sussurro a mia volta, facendola sorride. Il più dolce dei suoi sorrisi, quelli che solitamente riserva a me e a me soltanto.
Si alza sulle punte e mi bacia sulle labbra, con dolcezza. Un gesto semplice, delicato, così tanto suo.
<Andiamo, ho preparato il nostro pic-nic sul retro, e sai quanto benissimo io abbia dovuto resistere per evitare di iniziare a mangiare senza di te!>
Ride e mi tira con sé sul retro, spensierata e, come sempre, affamata. Io mi faccio trascinare tranquillamente, anche perché non c'è altro posto al mondo in cui vorrei essere ora, se non qui e con lei.
Ci sediamo e parliamo, parliamo tantissimo, nel tanto mangiamo, e talvolta ci baciamo, baci brevi o anche molto più lunghi; stiamo abbracciati, ridiamo. Siamo felici, sereni, spensierati. Viviamo quella che sembra essere la nostra giornata perfetta, priva di tutti gli altri pensieri o preoccupazioni.
Trovo incredibile come io riesca a sorridere con una naturalezza totale quando le sono accanto, come lei possa essere la causa della mia calma più assoluta e al tempo stesso della mia tempesta più feroce.
La stringo e sfioro più che posso, spaventato dal poter dover dimenticare questi nostri brevi, ma intensi attimi di felicità. O che lei possa improvvisamente, inaspettatamente sparire da un momento all'altro, senza una valida ragione, senza che io possa fare molto per impedirlo.
La bacio, mi riempio le narici del suo buonissimo odore, cerco di imprimerla il più possibile nella mente.
<Come vorrei poter restare così con te per sempre..> sussurra piano, sorridendo, con gli occhi chiusi e la testa poggiata sul mio petto. Ora siamo entrambi stesi sulla coperta a quadri sulla quale abbiamo fatto il nostro pic-nic, rilassati e abbracciati.
<Abbiamo tutta la vita davanti, e se non dovesse bastare.. beh, avremo anche quella dopo, e quella dopo ancora. Perché io e te siamo fatti per stare insieme, Amalie, non dimenticarlo. Perché questo non cambierà mai.>
Lei sorride ancora, aprendo un solo occhio, giusto per guardarmi, poi rimarca in un mormorio <Mai.>