À la tombée du jour

By Blacksteel21

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Parigi e amore, un binomio quasi indissolubile secondo l'opinione comune. Eppure il leitmotiv che muove i pro... More

1. Intruso
2. Inizio
3. Ostile
4. Diverso
5. Notturno
6. Ambizione
7. Conseguenza
8. Resistenza
9. Empasse
10. Contraccolpo
11. Cerchia
12. Incontaminato
14. Fiducia
15. Ricordo
16. Tragedia
17. Inganno
18. Scissione
19. Mostro
20. Ossessione
21. Passato
22. Compulsione
23. Veleno
24. Splendente
25. Abnegazione
26. Trionfo
27. Relitto
28. Vero
29. Siderale
30. Dilemma
31. Oppressione
32. Inesorabile
33. Disordine
34. Resa
35. Contatto
36. Perdono
37. Intrepido
38. Proposito
39. Frastuono
40. Colpa
41. Squarcio
42. Rimorso
43. Fedele
44. Istinto
45. Azzardo
46. Conforto
47. Crescendo
48. Crepuscolo
49. Fragile
50. Corrotto
51. Catarsi
52. Ciclone
53. Lampo
54. Impatto
55. Via
56. Angoscia

13. Vuoto

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By Blacksteel21

Che non ha nulla dentro di sè.

L'arrivo del fine settimana coincise con la prima festa francese a cui Andrea era stato invitato. Lo stupì sapere che Yves aveva potuto fare ben poco per arrestare la sua popolarità con le donne, tanto che qualcuna lo aveva effettivamente voluto alla festa. Andrea era certo che sarebbe riuscito a trascinarsi dietro Manech se solo l'altro non avesse voluto trascorrere il fine settimana a Plaisir, nella dolce compagnia del suo ragazzo con cui di recente aveva avuto qualche incomprensione.

Il povero Manech non se la passava bene per niente, mentre per Andrea le cose sembravano iniziare a funzionare: aveva qualcuno da tormentare fino alla fine dei suoi giorni e, allo stesso tempo, aveva anche qualcuno da portarsi a letto per ammazzare la noia. Quel giorno, fu con una certa allegria che tornò a casa dopo le lezioni. Solitamente non c'era mai nessuno in giro a quell'ora del pomeriggio, Yves sembrava intenzionato ad evitarlo il più possibile dopo il loro incontro ravvicinato, mentre Lydia e Jacques lavoravano fino allo sfinimento.

Quella volta però c'era già qualcuno in casa. Andrea fu stupito di sentire le voci basse dei suoi zii in salotto. Non ci voleva molto a capire che stessero avendo una discussione importante, parlavano in fretta e con un tono concitato. Andrea fu costretto ad accostarsi il più possibile alla porta per captare qualche parola.

"Non vuole testimoniare, Lydia. Ci ho parlato ... sai come si comporta quando tiro fuori qualcosa che non vuole sentirsi dire. Dovresti provarci anche tu, forse con te sarebbe diverso ..." stava dicendo Jacques con un tono preoccupato che raramente gli apparteneva.

"Io? Jacques, andiamo. Sei tu suo padre. Sono sicura che se ci parlassi io Yves la vedrebbe come un'intromissione. E se chiamassi su madre, invece?"

"Lascia perdere. Non so neanche dove sia in questo momento."

"Vale la pena provare. Yves la adora. Sai anche tu che la sua testimonianza potrebbe cambiare ogni cosa. I-io credo che lo farebbe sentire anche meglio, potrebbe tirare fuori tutto, vedere quella gente essere punita come merita" diceva Lydia e mentre parlava sembrava muoversi lungo la stanza con passi nervosi.

"Non gli importa o forse è quello che vuole farci credere. Non lo capisco e tutti i miei tentativi di parlarci finiscono così. Questa storia va avanti da sei anni. Non ha mai voluto farsi seguire da un terapeuta ... io non so più cosa fare. Vorrei solo che lui trovasse la forza di testimoniare e chiudere per sempre con il passato."

Era stato un rumore all'entrata ad allarmare i due che avevano smesso subito di parlare. Anche Andrea lo aveva sentito, erano le ruote della BMW sul selciato di casa, un chiaro segno del rientro di Yves. Così l'italiano aveva camminato piano verso le scale per evitare di ritrovarsi tra il cugino e gli zii.

Andrea era stato assalito da una marea di domande. Che storia era quella? Aveva a che fare con un processo e una testimonianza che Yves rifiutava di fare. Cosa poteva essere successo nella vita del cugino per metterlo di fronte a un problema del genere? Qualsiasi cosa fosse, Andrea era deciso a scoprirla. Doveva essere un segreto sporco, di cui nessuno voleva parlare, qualcosa di grosso e pericoloso che forse aveva a che fare con quello che faceva anche adesso. I suoi zii ne parlavano come se quella situazione avesse fatto del male a Yves e quello, per Andrea, era un motivo in più per andare fino in fondo nelle sue indagini.

"Ti spedisco io dal terapeuta, figlio di puttana." Disse a denti stretti, mentre accendeva il suo portatile e andava a sedersi alla scrivania, folgorato da un'idea.

Aprì il motore di ricerca e scrisse in fretta il nome e il cognome del cugino, aspettandosi di trovare un mondo nuovo da scoprire, ma bastò poco più di qualche secondo per far capire ad Andrea che non avrebbe trovato nulla.

Niente processi, niente notizie importanti, solo qualche omonimo di Yves e delle pagine inutili.

L'italiano crollò con le spalle sulla sedia e si portò una mano sugli occhi stanchi. Le tracce c'erano tutte, ma seguirle era quasi impossibile senza avere con sé una comprensione più profonda di quello che stava succedendo. Decise che anche quella sera gli sarebbe stato col fiato sul collo, sicuro che prima o poi avrebbe trovato una pista da seguire.

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L'umore di Yves era tetro più che mai, ogni singola cellula del suo corpo lo spingeva a starsene a casa, ma sapeva bene che uno come lui non poteva permettersi quel genere di lusso. Così aveva indossato una camicia bianca di alta sartoria e un pantalone scuro che gli cadeva a pennello, abbinato a un paio di mocassini pregiati, avrebbe completato il tutto con uno spolverino nero.

Si era vestito con un certo fastidio crescente, mentre immaginava già gli scenari disgustosi e assolutamente prevedibili che sarebbe stato costretto a vedere. E, ciliegina sulla torta, c'era anche Andrea quella sera.

Lo incrociò proprio sulla cima delle scale che lo avrebbero portato all'entrata. Bastò incontrare il suo sguardo arrogante per fargli tornare in mente quello che era successo un paio di pomeriggi primi. Yves rabbrividì, mentre veniva pervaso da un disagio allo stomaco che non riusciva a spiegarsi. Era pronto a tirare fuori il peggio e stava per farlo se qualcuno non lo avesse interrotto.

"Voi due, vedete di stare attenti, eh? Non esagerate con gli alcolici e non fate troppo tardi!" la voce di Lydia li aveva fatti sobbalzare entrambi. La donna era venuta fuori dalla sua stanza da letto e li fissava con sguardo materno.

"Tranquilla, zia. Ci penso io a lui ... lo terrò sotto stretta sorveglianza" Andrea aveva riso, apparentemente divertito da quella che doveva essere soltanto una semplice battuta e fu così che Lydia la intese. Per Yves le cose stavano in modo diverso però. Quella volta non riuscì a fingere, si limitò a oltrepassare Andrea senza degnarlo di uno sguardo o di una parola, ma questo non gli impedì di venire investito dal profumo intenso dell'altro. Era la prima volta che lo sentiva in modo così chiaro, era lo stesso profumo che aveva sentito in camera sua, due pomeriggi fa.

Smettila di pensarci. Perché non riesci a essere un po' meno patetico di così?

Yves rabbrividì di nuovo. Forse quella festa gli avrebbe fatto bene, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non pensare più a quel dannato incontro e all'effetto che aveva avuto su di lui. Così si diresse fuori e rimase lì, in attesa di Gaspard e Victoria, nella speranza che quella smania passasse.

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 L'entrata de Les Folies era stipata di gente in fila, come ogni venerdì in un club esclusivo come quello. Monique e le altre avevano prenotato un'intera ala del locale, ai tre ragazzi bastò mostrare i loro documenti per entrare senza alcun problema. Quella era una prassi ben nota per il trio. Yves e Gaspard andarono subito ad accomodarsi su uno dei divanetti centrali, mentre Victoria si univa al resto dei ragazzi in pista. Anche Lucille era tra quelli, notarono i due, osservando il drastico cambiamento che aveva fatto nella manciata di un paio di giorni. Victoria l'aveva messa a nuovo, le aveva dato una posizione e bei vestiti da sfoggiare, tutto quello aveva influito parecchio sul suo umore. Sembrava godersela da matti mentre tirava fuori il cellulare e iniziava a riprendere la pista da ballo. Anche Adrien era lì ovviamente, il ragazzo fece un cenno di saluto ai due, poi afferrò un secondo bicchiere di Champagne e si diresse verso Lucille che lo osservò con occhi stupiti e affascinati allo stesso tempo.

"Guarda chi è appena arrivato." Gaspard dovette parlare all'orecchio di Yves per farsi sentire sopra la musica. Il moro seguì lo sguardo dell'altro per poi notare il cugino proprio all'entrata, accompagnato da un secondo ragazzo, lo stesso che aveva visto nella sua stanza. Quella visione gli provocò un nuovo senso di fastidio al petto, un frocio era già troppo per i suoi gusti, ma due sarebbero stati tutta un'altra storia. Andrea rivolse uno dei suoi soliti sorrisi sghembi alla sala, poi si diresse subito verso gli altri ragazzi, seguito dal suo accompagnatore.

"Meglio averlo qui dove possiamo controllarlo. Non mi piace quando rimane solo a casa" ammise Yves, andando con la mente alla sua cassaforte in stanza. Era impossibile tentare di aprirla senza conoscerne il codice, ma allo stesso tempo non gli andava che suo cugino ficcanasasse nel palazzo.

"E si è portato dietro un amichetto. Le ragazze rimarranno deluse."

Yves tenne a freno la lingua. Fare commenti arditi di fronte a Gaspard non era più una buona idea dopo il litigio della scorsa settimana. Rimase a sorvegliare il cugino, seguendolo con lo sguardo per tutta la stanza, giudicando i suoi vestiti fin troppo casual.

"Sua madre deve essersi accoppiata con un maiale per concepire uno come quello" parlò giusto in tempo, perché la sua frase fu seguita da un avvicinamento da parte di Andrea e il suo accompagnatore. Stavano bevendo dallo stesso bicchiere, mentre il moro lasciava scivolare una mano sul fondoschiena dell'altro e lo attirava a sé. Yves guardò subito altrove.

"Questo posto mi dà la nausea" ammise Gaspard, anche se non sembrava riferirsi a niente di quanto stesse succedendo tra Andrea e lo sconosciuto. Era semplicemente quello che pensava riguardo quel genere di posto, con quel genere di musica e quella gente inutile.

"Siamo qui per affari, come sempre. Mi faccio un bicchierino, forse mi aiuterà a sopportare questo schifo."

Yves mandò giù un sorso di Champagne e bastò quello per provocargli un brivido di disgusto lungo il corpo. Aveva ancora una sorta di repulsione all'alcol a causa di quello che aveva dovuto trangugiare solo la settimana scorsa. Poi tornò a lanciare un'occhiata al cugino, adesso su uno dei divanetti, intento a pomiciare senza alcun riguardo con il biondo. Yves rimase a guardare, così come molti altri dei suoi compagni, assolutamente impreparati a quel risvolto. Si sollevarono anche alcuni applausi tra le ragazze. Andrea aprì gli occhi per un attimo, giusto per puntarli dritti sul cugino. Poi afferrò più saldamente la testa del biondo e lo baciò come se avesse voluto divorarlo, senza smettere di guardare Yves..

"Credo che te lo stia dedicando." Gli fece notare Gaspard, quasi divertito.

"Se vuole farmi vomitare ci sta riuscendo." Yves portò una mano al colletto e sbottonò la sua camicia per sopportare la vampata provocata dal calore di quel posto e dall'alcol, "comunque hai parlato con Amir? Passerà di qui per il pagamento?"

"Sta arrivando ... hai fatto un bel casino con Rémy. Non mi piace doverlo incontrare in giro, non è sicuro, soprattutto con Andrea tra i piedi."

"Ci penso io" tagliò secco Yves, stupendo l'altro. Doveva parlarci personalmente, aveva bisogno di avere quella stanza e anche subito, ma era ovvio che Gaspard fosse confuso da quel comportamento, così il moro si trovò a spiegare, "sono stato io a creare dei problemi, quindi li risolvo io. Tutto qui."

"Credevo non ti piacessero le sue attenzioni."

"E' solo lavoro. Non era quello che continuavate a ripetermi tu e Victoria?" gli ricordò Yves, poi portò lo sguardo sulla pista, dove la conoscenza tra Adrien e Lucille sembrava andare piuttosto bene, mentre quella tra Andrea e lo sconosciuto stava diventando quasi oscena. Il moro si mise in piedi, deciso ad allontanarsi per qualche istante da lì, voleva uscire, prendere una boccata d'aria e fu la telefonata di Amir a Gaspard a permetterglielo.

"E' già fuori. Io rimango qui a controllare la situazione" lo avvertì il biondo, poi passò una busta all'altro che la infilò direttamente nella tasca del pantalone e lasciò la sala.

L'aria fredda della sera lo investì subito dopo, dandogli una strana sensazione rinvigorente. Il locale di Amir si trovava in una di quelle vie secondarie, ma il ragazzo era già lì, in evidente attesa. Yves sentì il suo sguardo penetrante addosso, lo passava in rassegna come sempre, mettendolo a disagio.

"Stai bene stasera, più del solito" si lasciò sfuggire il più grande.

"Come se avesse qualcosa a che fare con i nostri affari" disse in fretta l'altro, poi gli si avvicinò per passargli la busta con il denaro "con questo è tutto."

"Sempre puntuale." considerò Amir, con un sorrisetto sulle labbra che fece irritare Yves.

"Ti stupisce sapere che sappiamo svolgere il nostro lavoro? Beh, è ovvio ... non tutti posseggono la nostra serietà" quella era una frecciatina bella e buona, Amir la colse.

"Sto sistemando le cose, ti ho detto" chiarì, facendosi più vicino, tanto che l'altro fu costretto ad allontanarsi di qualche passo. "Siete di festa stasera?"

"A te che sembra?" mormorò burbero Yves, "allora fatti sentire quando riesci a risolvere i tuoi problemi adolescenziali. Per farti perdonare potresti comprargli un anello o portarlo a visitare la Tour Eiffel di notte ... a quelli come voi piace, no?" lo schernì.

"Quelli come noi ... mi piacerebbe saperne di più su quelli come te, invece."

Yves era sul punto di ribattere con qualcosa di cattivo, quando improvvisamente vide Gaspard apparire accanto a lui. Il biondo lanciò un'occhiata ai due, poi abbassò la voce " tuo cugino è venuto a dare un'occhiata, datevi una mossa. Non mi piace."

"Tuo cugino? Non sapevo ci fosse un altro Clairmont a Parigi."

"Non avrai il tempo di conoscerlo, temo. I suoi giorni francesi sono contati." Chiarì il moro, poi rivolse un'altra occhiata ad Amir " per domani è tutto sotto controllo?"

"Come sempre" gli garantì l'arabo.

L'unico problema rimaneva Andrea. Yves doveva trovare un modo per liberarsene al più presto. Costringere il direttore della Saint-Anthèlme a buttarlo fuori significava precludere qualsiasi altro favore avrebbe potuto fare al trio. Da sei mesi a quella parte lo tenevano sotto scacco con delle foto particolarmente scandalose che lo vedevano in atteggiamenti intimi con la sua amante. Lui faceva tutto quello che gli chiedevano e in cambio aveva l'assicurazione che le sue foto compromettenti non sarebbero circolate in giro. Ovviamente l'uomo non aveva idea di chi lo stesse ricattando.

"Ci aggiorniamo." disse secco il biondo, poi salutò Amir e trascinò dentro l'amico. 

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Manech era salito sul treno per Plaisir quel pomeriggio, nonostante la discussione con Gael, sentiva di dover tornare e risolvere le cose con Baptiste. Quella situazione era complicata per entrambi e parlarne faccia a faccia poteva essere l'unica occasione di risolvere le cose.

E forse mi farà bene prendermi una pausa da Parigi.

Quando scese dal treno era ancora più sicuro di quanto non fosse alla partenza, il solo vedere quel luogo familiare lo fece sentire subito meglio, più al sicuro. Guardò l'orologio e in quel momento Baptiste doveva essere all'allenamento di calcio, così non perse altro tempo e andò alla stazione degli autobus.

Il cuore di Manech aveva cominciato a battere forte quando aveva visto i primi ragazzi uscire dagli spogliatoi, non dovette attendere troppo, Baptiste venne fuori qualche minuto dopo, con il borsone in spalla e l'aria stanca. Gli ci volle qualche secondo per comprendere a pieno quello che i suoi occhi avevano distrattamente notato.

"Manech" aveva pronunciato quel nome pervaso dallo stupore e si era avvicinato velocemente al moro.

"Sorpresa!"

Baptiste accelerò il passo e si gettò fra le braccia dell'altro stringendolo forte, gli era mancato più di quanto avrebbe mai ammesso, inspirare nuovamente il profumo di Manech gli provocò un brivido.

"Dio, mi sembra sia passata una vita" mormorò quello.

Manech gli accarezzò il viso, beandosi di quell'espressione adorante e di quegli occhi verdi così intensi.

"Sono qui adesso" mormorò prima di intrappolare le labbra del ragazzo in un bacio travolgente.

Baptiste si lasciò stringere, crollando totalmente sotto quelle attenzioni, le loro labbra si divorano a vicenda fino a quando non rimasero entrambi senza fiato. Poi si staccarono e Baptiste prese l'altro per mano, cominciando a camminare svelto in direzione di casa sua.

Manech non riusciva a smettere di sorridere, si sentiva un completo idiota ma seguiva il suo ragazzo con passo svelto e il cuore che sembrava volergli scoppiare dal petto. Entrarono in casa e dopo una rapida occhiata si accorsero che non c'era nessuno, senza indugiare Baptiste trascino Manech al secondo piano, dritto verso la sua camera.

Quando Manech varcò quella soglia si sentì ancora più nostalgico, persino quella camera gli era mancata, tutti i poster dei film di fantascienza che adornavano le pareti e il copriletto di Star Wars. Rise, lui e Baptiste erano totalmente diversi sulla carta, l'altro era uno sportivo, sempre pronto a partire in campeggio, appassionato di fantascienza e spazio. Manech era più concreto, amava l'arte e la musica ma restava sempre affascinato dai racconti di Baptiste.

In quel momento però, non c'era molto spazio per le chiacchiere, Manech crollò sul letto sotto il peso del corpo di Baptiste e dei suoi baci. Le mani tremanti del ragazzo lo stavano liberando dai suoi vestiti mentre lui faceva altrettanto, le loro labbra continuavano a divorarsi e inseguirsi, distanziandosi solo il tempo necessario ad una boccata di ossigeno.

Baptiste rimase a fissare per un momento il corpo seminudo di Manech, il suo torace magro, quel volto scavato e pieno di lentiggini e la linea tremendamente invitante dei suoi boxer. Mentre si lasciava distrarre dalla bellezza del moro, Manech ne approfittò per ribaltare le posizioni con un colpo di reni.

Adesso era lui a fissare dall'alto il suo ragazzo e non indugiò oltre, scese con le labbra al suo addome cominciando a riempirlo di baci. Tracciò una scia con la lingua fin sotto la linea dello slip e alla fine, con un gesto secco liberò la sua erezione.

"Qualcuno qui è già pronto!" esclamò ridendo.

"Lo trovi strano? Mi sembra sia passata una cazzo di eternità" replicò Baptiste con un mezzo sorriso, poi allungò una mano a sfiorare il tessuto dell'intimo di Manech "e non sono il solo"

Il moro scese con le labbra sull'erezione dell'altro, cominciando a leccarla lentamente, quel massaggio era terribilmente piacevole, il corpo sotto di sé stava fremendo ed i gemiti uscivano con prepotenza sempre maggiore dalle labbra di Baptiste.

"Manech ..." mormorò con voce roca " non voglio aspettare"

L'altro si staccò, lanciò lo sguardo verso il comodino e si sporse, conosceva quella camera come le sue tasche e non faticò a trovare i preservativi e la lozione nel terzo cassetto, nascosti sotto i calzini. Sorrise e ne prese uno indossandolo sotto gli occhi famelici dell'altro che lo stava letteralmente divorando.

Baptiste aveva allargato le gambe, sistemandosi meglio in modo da essere pronto per quello che sarebbe successo e bastarono le dita di Manech dentro di lui per provocargli un brivido che scosse le sue viscere.

"Sei sempre strettissimo" mormorò il moro al suo orecchio e questo ebbe solo l'effetto di fare eccitare il ragazzo ancora di più.

Baptiste afferrò il polso di Manech per guidarlo e fargli aumentare quel massaggio.

"Più veloce" soffiò a pochi millimetri dalle sue labbra.

Manech era sempre più eccitato, sentiva la sua erezione fremere fra le gambe ed il pensiero di scivolare dentro di lui stava diventando un bisogno stringente.

Allontanò le dita, portando la sua erezione a strofinare l'apertura del ragazzo, poi lentamente spinse, facendosi strada dentro di lui.

Ancora un tremendo brivido scosse entrambi, Manech sentiva ogni cellula della sua epidermide tremendamente tesa e sensibile. Sentiva le braccia di Baptiste che si avvinghiavano a lui e le sue cosce che gli serravano i fianchi.

Cominciò a spingere ritmicamente, i gemiti di entrambi avevano inondato la stanza mentre il piacere aumentava ad ogni affondo.

"Ancora" mormorò Baptiste fra un gemito e l'altro.

Manech rise " Sei sempre il solito avido ..." gli sussurrò all'orecchio mentre lo accontentava e sveltiva il suo movimento.

Poi spostò una mano e cominciò a massaggiare anche la sua erezione e questo procurò a Baptiste un piacere sempre più ingestibile. Divaricò ancora di più le gambe, in un chiaro invito, si sporse a mordere e succhiare una spalla di Manech. Il moro sussultò mentre sentiva che la sua erezione era ormai al limite, aumentò ancora il ritmo e con un ultimo affondo vide l'altro raggiungere l'orgasmo sporcandosi il petto e la sua mano. Osservare lo sguardo perso nel piacere di Baptiste fu troppo per lui, vedere lo sperma luccicare sulla sua pelle diede a Manech il colpo di grazia e anche lui finì per liberarsi pochi istanti dopo.

Il ragazzo crollò su Baptiste ma quando cercò di spostarsi e sfilarsi dal suo corpo lui non glielo permise, stringendosi il più possibile.

"Non allontanarti subito" mormorò " restiamo così"

Manech sorrise candidamente mentre accarezzava il volto del ragazzo "Sono stato perdonato?"

L'altro si strinse ancora di più, affondando il volto nell'incavo del suo collo " Ora sì. Domani andiamo insieme alla festa di Marie?"

Ci fu un momento di silenzio, Manech si sentì improvvisamente un verme perchè dopo quei minuti di infinita dolcezza nella sua mente si stava già formando un altro tipo di pensiero.

Se prendessi il treno delle 18 arriverei in tempo da Gael.

Baptiste si aspettava che lui si fermasse lì per qualche giorno o che forse avesse intenzione di tornare il giorno dopo ma Manech pensava già a rientrare a Parigi il pomeriggio stesso.

"Ma suppongo di essermi fatto male i conti" disse ad un tratto con voce bassa " a giudicare dalla tua faccia"

Per la seconda volta il moro si sentì uno stronzo, non sapeva che genere di espressione avesse fatto ma vide immediatamente Baptiste staccarsi da lui.

"Quando pensi di andartene?" chiese freddo.

"Baptiste ..."

"Non raccontarmi stronzate, dimmi chiaramente quando pensavi di andartene" ripetè secco.

"In tempo per il treno delle 18" confessò l'altro con tono smorto.

Vide il volto di Baptiste rabbuiarsi sempre di più mentre si staccava e si sollevava dal letto, come se non fosse più in grado di restare accanto a lui.

"Cristo, io ero persino felice che fossi qui. Ci ero cascato dannazione" ringhiò " ho pensato, cazzo, è tornato perché gli manco. Nonostante la distanza e tutto il cazzo di mondo che offre Parigi lui mi pensa ancora! Mi vuole ancora, che patetico imbecille"

"Baptiste ma è così" si precipitò a dire Manech " mi manchi da morire, sono qui perchè volevo stare con te"

"Stronzate" sbottò l'altro " sei venuto qui il tempo di una scopata, per farmi due moine e tenermi buono prima di prendere un fottuto treno per stasera. Non resti nemmeno un fottuto giorno"

"Io ... devo presentarmi per un lavoro. Potrei cominciare a suonare in un locale e devo arrivare alle otto"

"Ci sarà sempre qualcosa, più il tempo passerà e più tu non avrai tempo per tornare qui" mormorò amaramente "è meglio dire che hai già scelto"

Manech scosse la testa " andiamo Baptiste ma di che stai parlando? Ok, mi sono trasferito ma non vuol dire che dobbiamo lasciarci. Avevamo detto che ci avremmo provato, hai detto che andava bene"

Gli occhi del ragazzo cominciarono a riempirsi di lacrime anche se cercò di trattenerle "potrei aver mentito ... perchè ... forse speravo che tu non ti trovassi bene e che alla fine..." cercava di non tradirsi con un tono troppo disperato ma faticava a parlare " quando mi hai raccontato di tutto quello che ti fanno passare a scuola ero felice. Cazzo, speravo che ti facesse pensare che era questo il tuo posto, qui con me."

Manech era senza parole ma allo stesso tempo non riusciva ad arrabbiarsi con lui, d'altronde non era il solo ad aver mentito, forse anche il moro non era stato onesto con se stesso e con Baptiste.

"Loro possono farmi qualsiasi cosa, io continuerò a lottare per quello che voglio" disse

quasi con rammarico.

"E quello che vuoi è il violino, non me" concluse l'altro.

"Tu sei importante per me, non deve finire così. Potresti venire a studiare a Parigi l'anno prossimo, eri d'accordo, avevi detto che ti sarebbe piaciuto"

"L'ho detto perchè sapevo che ti avrebbe tranquillizzato" ammise " non sono un completo stronzo come piace dire a Gael. Avevi bisogno di un incoraggiamento, eri agitato e ti ho detto che alla fine sarei venuto anche io, che mi sarei trasferito ma sappiamo entrambi che non succederà"

"Perché! Perché non può succedere? Sei brillante e hai delle passioni che potresti rendere il tuo lavoro. Lo sport, l'astronomia, lo vedo come ti animi quando ne parli, perchè devi rinunciare? A Parigi potresti studiare e diventare quello che vuoi"

"Lo sai che non succederà, sono figlio unico e i miei hanno bisogno di me qui. Lo sappiamo entrambi che lavorerò nel negozio di ferramenta di mio padre, lui conta su questo e io non ci trovo niente di male"

"Dovresti volere di più" confessò alla fine Manech amaramente.

"Secondo quale giudizio? Il tuo o quello di Gael?" chiese l'altro con un velo di disprezzo nella voce "stai attento a non diventare troppo come lui adesso che vi siete di nuovo riuniti"

"Se te lo stessi chiedendo, Gael non c'entra niente. Lo avete sempre giudicato troppo duramente, tutti quanti"

"Per come la vedo io ci sono due tipi di ambizione, Manech" disse interrompendolo " quella sana, che ti fa trovare il tuo posto nel mondo. E quella che sfocia nell'ossessione, che ti rende instabile e ti fa perdere tutto. Penso che tu sappia esattamente quale è quella che muove Gael, non credo tu sia tanto ingenuo da ignorarlo" poi gli lanciò un'occhiata molto intensa "la cosa peggiore è che è in grado di trasmetterla agli altri, quello che è successo a Lèon non è stato un caso"

Quelle parole gli fecero male, Manech abbassò lo sguardo, non poteva ribattere perchè solo il giorno precedente aveva usato lo stesso aneddoto proprio contro Gael. Lèon, erano passati due anni ma il suo ricordo era impresso nella mente di tutti, il moro passò le dita sul tatuaggio nel suo polso. Anche Lèon ne aveva uno, erano un fantastico trio, tutti con gli stessi sogni e con la stessa fame di farli avverare.

Per quanto Gael ostentasse il suo distacco nei confronti di chiunque, c'era stata una persona che aveva amato visceralmente ed era Lèon. Anche lui era un pianista e i loro pezzi a quattro mani erano di un'armonia che aveva sempre lasciato Manech senza fiato, la loro intesa era viscerale.

Fino a quel fottutissimo pomeriggio.

Manech chiuse gli occhi e gli sembrò quasi di poter sentire nuovamente squillare il suo telefono, quando dall'altro lato della cornetta la madre di Lèon aveva avvisato tutti che il figlio aveva avuto un incidente. Stava tornando a casa con la bici ed un'auto lo aveva preso in pieno.

Brividi, si erano precipitati tutti lì, Gael era fuori di testa ma dopo un lungo intervento durato ore alla fine si era stabilizzato, sarebbe sopravvissuto. Solo qualche settimana dopo una seconda chiamata aveva fatto correre Manech in quella stanza di ospedale. Ricordava ancora lo sguardo totalmente apatico di Gael mentre Lèon dava ad entrambi la notizia che gli era stata comunicata ore prima.

Il braccio destro resterà paralizzato, non ci sono possibilità di recupero. Non potrò più suonare.

Lèon non era stato più lo stesso da quel giorno e nemmeno Gael, Manech non riusciva a capire per quale motivo, forse perchè si sentiva in colpa perchè lui era sano e stava bene mentre l'altro non poteva più suonare. Gael era un muro sull'argomento, era impossibile parlare di Lèon anche se passava da lui intere ore.

Poi ci fu la terza telefonata, quella che mai al mondo Manech si sarebbe aspettato di ricevere. La madre di Lèon gli aveva comunicato che nella notte il figlio si era alzato dalla stanza, si era recato sul tetto dell'ospedale, dove la porta sembrava essere inspiegabilmente aperta, e si era buttato di sotto.

Mi hanno detto che è morto sul colpo, non ha sofferto ...

"Non finirò come Lèon" disse alla fine Manech dopo quel silenzio interminabile.

"Lo spero. Non voglio perderti, anche se è quello che sta succedendo" replicò Baptiste " insomma ... hai capito. Certe cose accadono quando finisci per non avere un piano B nella vita."

"Allora penserò al piano B se questo ti farà stare più tranquillo. Dico davvero Baptiste, non voglio che tu abbia paura per me"

L'altro abbassò lo sguardo annuendo leggermente.

Il moro si avvicinò di un passo e gli accarezzò una guancia " quindi è la fine"

"Penso che ci siamo illusi abbastanza Manech" confessò l'altro " con le speranze e le mezze verità non andiamo da nessuna parte. Finiremo solo per odiarci e io non voglio odiarti, non voglio essere quello che frena i tuoi sogni"

"Cazzo" mormorò il moro passandosi una mano sul volto, sentiva un terribile peso al petto.

"Fammi avere i biglietti per il tuo primo grande concerto" disse l'altro con un mezzo sorriso "dirò a tutti che sei stato il mio ragazzo, mi vanterò un po'"

Manech si gettò ad abbracciarlo e lo strinse per un lungo momento, ripensò a tutti i momenti felici che avevano vissuto. Il modo timido e impacciato con cui era iniziata la loro storia e quanto Manech fosse diventato sicuro di sé stanco al fianco di Baptiste.

E tutto questo deve finire. Un altro sacrificio all'altare dell'ambizione.

Si rivestì lentamente, non aveva senso restare lì ancora a lungo e torturare entrambi, era meglio un'uscita di scena veloce e dignitosa.

"Abbi cura di te, Manech" mormorò Baptiste sulla soglia della porta, poco prima che l'altro andasse via per sempre.

"E tu di te, fatti valere"

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Per la seconda volta quel giorno Manech si era ritrovato a scendere da un treno, quella volta era la stazione di Parigi. Il suo passo era sicuro e il suo sguardo fermo quando aveva cominciato ad incamminarsi verso casa.

L'abitazione era deserta, la sorella era andata ad una festa alla quale anche Andrea aveva cercato di trascinarlo. Nonostante avrebbe fatto in tempo a raggiungerlo aveva ben altro in mente per quella serata, qualcosa che gli era costato persino la sua relazione.

Ora devi davvero fare il culo al mondo, lo devi a te stesso.

Recuperò il violino ben sigillato nella custodia e poi partì alla volta di un locale che non conosceva, Hermès era il nome. Gael ci lavorava abitualmente e sembrava che fossero interessati a un violinista che suonasse qualche sera e quel posto doveva essere suo.

Quando arrivò davanti all'ingresso del locale si rese conto che Gael era già lì, perfettamente in ordine e sull'attenti. Si accorse immediatamente di lui ma il suo volto non tradì alcuna emozione, nessuna traccia di stupore o compiacimento.

"Sei arrivato" disse semplicemente constatando che mancavano ancora dieci minuti alle otto.

"Sono arrivato, il tipo è già dentro?"

"Sì, si chiama Rémy. Amministra lui il locale, ti farà qualche domanda e ti vorrà sentire suonare, sa già che hai ottime referenze "

"Fammi strada"

Poi i due sparirono all'interno del lussuoso palazzo d'epoca.

ANGOLO AUTRICI:

E siamo sopravvissuti anche oggi XD la situazione si smuove sempre di più mentre le vite dei nostri protagonisti si fanno sempre più complicate ed intrecciate. Andrea ormai è un cane da tartufo ( o da Yves). Mentre la vita del nostro Manech viene ancora una volta stravolta, ma questa volta dalla sua stessa ambizione. Avete anche scoperto dell'altro su Gael e sul perchè Baptiste non sembra vederlo di buon occhio. Chissà cos'altro vi aspetta, lasciamo a voi la parola. Alla prossima.

BLACKSTEEL

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