The Magician - We Won't Hide

By fraanz_

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✨DA LUNEDÌ 8 Novembre online su Amazon✨ Il nuovo millennio, l'anno 3000 e un'epoca del tutto nuova. La caduta... More

☾Booktrailer ☽
☾Dedica☽
☾Characters☽
☾Incipit☽
Prologue
1: Mhei Bet
2: You're part of the M-Fighters
3: Start Again
5: Don't Understimate Her
✨ANNUNCIO✨

4: I'm not Afraid

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By fraanz_

''L'importante non è stabilire se uno ha paura o meno. È saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza.''

-Giovanni Falcone

Song to listen: Train Wreck – James Arthur.

La notizia di Camille sconvolse Alyssa, e fino alla fine del turno di lavoro costrinse sé stessa a mantenere la calma. Ma non fu per nulla semplice.

Ogni volta che si accendeva la televisione, i telegiornali esistenti parlavano dell'accaduto, ed erano sempre neutri nell'esprimere possibili sospettati. Non vennero più di tanti clienti nel bar, e chi entrava squadrava Alyssa dalla testa ai piedi, cercando di capire se fosse una Magician oppure no. Ma lei rimaneva impassibile. Non diceva una parola, né esprimeva emozioni.

La situazione era affilata come la lama d'un coltello. Una sola mossa azzardata, un minimo errore e tutto sarebbe potuto collidere.

Quella poca gente che varcava le soglie del locale non faceva altro che parlare dell'accaduto, incolpando i Magician.

''Sono esseri dotati di magia, figurati se non sarebbe possibile per loro uccidere un loro simile. Quei simboli poi, tutta roba che puzza di magico da lontano un miglio.'' Così dicevano.

Per ogni commento del genere, Alyssa chiudeva gli occhi e contava fino a dieci, ripetendo a sé stessa che le parole non contavano nulla se dette da ignoranti come loro.

Per lei erano come polvere che si disperdeva nel vento.

La fine del turno arrivò presto, e Alyssa si propose di buon grado di aiutare Roshelle con la chiusura del locale.

«Sei davvero gentile, ma non voglio farti tornare tardi a casa. Corrono brutti tempi.» disse Roshelle, guardandola con occhi quasi materni.

Alyssa scosse il capo. La aiutò ad alzare le sedie nella sala.

«Non ti preoccupare, Roshelle. So difendermi bene. E ho la mia amica che mi sta aspettando fuori. Non sottovaluterei neanche lei.» ammise divertita.

La donna annuì, riservandole un sorriso e guardandola con dolcezza.

Finirono di rassettare tutto e si salutarono dandosi appuntamento all'indomani, sempre alla stessa ora.

Alyssa vide Camille fuori dal locale, con le braccia incrociate al petto e lo skate sotto al piede, leggermente inclinato per tenerlo ben saldo al terreno.

«Ce ne hai messo di tempo, pensavo rimanessi a dormire lì!» borbottò sottovoce Camille, un po' annoiata.

«Volevo mostrarmi gentile. Non è che avessi chissà quali impegni. Ormai sono single. Non mi ricordo più cosa si fa, sono passati un paio di anni.» ammise un po' malinconica.

Fingere che Leon non le mancasse era una bugia troppo grande e Alyssa non era mai stata una grande bugiarda. La verità le si leggeva in faccia, con gli occhi che parlavano ancor prima delle parole.

Non era semplice dimenticare tutti gli anni passati insieme. Non succedeva da un momento all'altro, e una parte di lei probabilmente non ci sarebbe mai riuscita.

Camille riusciva a leggere spesso nella mente dell'amica. Se Alyssa camminava a testa bassa e senza parlare di nulla, poteva solo significare che stava ripensando a ciò che erano stati lei e Leon. Una cinica come Camille in quel momento non seppe cosa dire, e preferì lasciarle i suoi spazi. La presenza di Camille l'aiutava sempre, ma per Alyssa era ancora una ferita difficile da rimarginare.

«Ehi, Yssa. Andrà meglio domani, e farà meno male il giorno dopo ancora.» disse Camille, posando il braccio sulla sua spalla.

Il tragitto verso casa fu silenzioso. Il gatto Jordan aspettò seduto sul bancone della cucina, miagolando dolcemente quando le sentì rincasare. Balzò vicino alla sua padrona.

«Jordan! Unico uomo della mia vita!» urlò ironicamente Alyssa, accarezzando il pelo.

La donna posò la borsa vicino all'attaccapanni al lato della porta, poi accese distratta la televisione per avere un po' di compagnia.

Pochi istanti dopo, sentì Camille sbraitare e chiamarla dal salone.

Alyssa corse da lei. Quando tornò nella sala principale, per poco non le venne un infarto. In diretta televisiva c'era il Comandante degli M-Fighters pronto a prendere parola; in fondo alla cinepresa, Alyssa riconobbe Leon, e il cuore perse un battito.

Il volto era serio. Inespressivo. Una maschera d'indifferenza. Non era tipico di Leon. Lui era sempre allegro e pieno di vita. E invece, in quell'istante parve che la felicità gliel'avessero risucchiata via.

Alyssa deglutì, incapace di dire nulla. Prestò la massima attenzione alle parole del Comandante.

«Buonasera, cittadini. Sono costernato dal darvi queste tristi notizie, ma abbiamo chiaramente un assassino a piede libero, e ciò non deve essere ignorato. Verrà istituito un coprifuoco alle dieci di sera, weekend inclusi. Le cause delle due morti sono alquanto sospette e intrise di magia, ed è per questo che ai Magician sarà assolutamente vietato usare i propri poteri, e non dovranno palesare la propria origine in qualsiasi situazione.»

Era una barbaria, pensò Alyssa. Un controllo remoto che volevano esercitare su di loro. Stavano solo aspettando l'occasione giusta, ma le loro intenzioni erano quelle dal principio. Nonostante tutto, Alyssa continuò a guardare solo Leon, e cercò di cogliere ogni minimo cambiamento o emozione sul suo volto. Ma non ci fu nulla. Il viso era grigio e spento come la sua divisa. Perfettamente omologato.

Quell'istante confermò ad Alyssa che si era illusa ancora una volta, e che dell'uomo che amava non era rimasto nulla. Completamente annullato.

Camille le fu accanto in un secondo. Le strinse dolcemente tra le braccia, e notò come le sue mani stessero di nuovo iniziando a brillare.

«Io non riconosco più la persona di cui ero innamorata...» sussurrò Alyssa.

Camille non parlò, ma sospirò e continuò ad accarezzarle la schiena.

«Dovreste reagire. Fare qualcosa. Non è giusto che vi trattino così, come se foste voi quelli sbagliati. È ingiusto.» mormorò Camille, con un tono severo.

«Purtroppo è la realtà in cui siamo costretti a vivere, Cami.» mormorò Alyssa, spegnendo la televisione.

Camille chiamò subito la madre, e le disse che per quella notte sarebbe rimasta da Alyssa. Sapeva quanto la sua amica non potesse rimanere sola in un momento del genere.

Alyssa non parlò per minuti. Mille pensieri le frullarono in testa. Tante domande, nessuna risposta. Troppi dubbi e nessuno che li mettesse a tacere.

Leon le mancava. Ma le mancava il ragazzo dolce, premuroso, accorto e sarcastico d'un tempo, non l'automa in cui lo avevano trasformato.

Alyssa camminò in direzione della sua stanza buia, e prese uno scatolone dal ripostiglio. Aveva bisogno di fare pulizia per distrarsi. Si avventò sulla scrivania in quercia bianca sul lato destro della stanza, e osservò tutte le foto di lei e Leon: il loro giorno del diploma, il primo viaggio, il primo compleanno insieme. Erano felici. Si amavano.

Alyssa tolse tutto, ripose ogni cosa e pianse in silenzio. Non fece rumore, non aggiunse una parola. Per ogni foto che tolse, Alyssa sentì una pugnalata al cuore. Per ogni suo regalo che gettò in quello scatolone freddo, una parte di lei urlò.

Ma doveva essere così. Lontano dagli occhi e lontano dal cuore.

Alyssa non si rese neanche conto di quanto stesse singhiozzando. Le ginocchia caddero sul pavimento in parquet con un tonfo secco, e quel silenzio intorno disintegrò la donna.

Fece così male che le si mozzò il fiato. Il dolore che fino a quel momento aveva cercato di controllare, le scoppiò nel petto come una fiamma ardente.

Quando Camille udì i suoi singhiozzi, corse in un baleno nella stanza. La strinse forte, lasciò che l'amica affondasse la testa nell'incavo del suo collo e le accarezzò piano i capelli scuri.

«Passa tutto, Yssa. Piano piano, una cosa alla volta. Non ti ha mai meritato.» disse Camille, con un tono malinconico.

«Mi sarebbe bastata una ragione. Un solo valido motivo. Ma a quanto pare chiedevo troppo.»

Quella sera, fu l'ultima cosa che Alyssa disse di lui.

Il giorno dopo, la ragazza si alzò con un leggero dolore alla testa. Ricordò il pianto fatto a tarda notte e comprese la situazione. Ma Alyssa non si sarebbe concessa altri momenti simili. Non sarebbe più stata la ragazza che affogava nel suo stesso dolore, ma quella che alla sofferenza reagiva, si rialzava e combatteva con più forza della volta precedente.

Sarebbe stata un Alyssa migliore.

Camille dormì ancora al suo fianco, strinse un cuscino sopra al capo, e mugugnò in disapprovazione quando Alyssa spalancò la finestra.

«Ti odio quando sei così mattiniera, Yssa.» borbottò assonnata, girandosi sul lato opposto.

Alyssa rise e finì di prepararsi.

«Ti ricordo che il mio lavoro è proprio così. Stasera mi farai allenare un po'? È da un bel pezzo che non lo facciamo» propose Alyssa.

Camille annuì, nascose la testa sotto il cuscino e si alzò le coperte fino al mento.

«Io devo andare, tu resta pure quanto vuoi. Tanto Tysha torna domani. Ti aspetto per la colazione.» le urlò Alyssa, fuori dalla camera. Poi, la donna salutò il suo gatto e si lasciò la porta di casa alle spalle.

Quel giorno, il clima fu abbastanza freddo. L'aria che si respirava fu fin troppo pesante. E dati i disguidi che c'erano in città, Alyssa comprese che non sarebbe stato il caso di mostrare liberamente in giro le potenzialità del suo skate. Cercò di rimanere nell'ombra. Passò per dei viali, e si rese conto di come fossero stati completamente ribaltati quelli più frequentati dai Magician nelle ore notturne. Erano stati ispezionati da cima a fondo. Non erano rimasti che cumuli d'immondizia. Sui muri di mattoni c'era scritto in nero e a caratteri cubitali la scritta "Mostri''. Ad Alyssa, a quella visione, si strinse lo stomaco. Non era giusto. Gli uomini incolpavano gli esseri magici, quando loro stessi si erano uccisi tra di loro per millenni.

Per Alyssa era solo l'invidia di ciò che non potevano ottenere. E sempre secondo lei, gli umani volevano tenere tutto sotto controllo per la stessa motivazione.

Alyssa iniziò a esserne davvero stanca. I Magician non potevano rispondere alle loro minacce e ai loro abusi. Erano sempre stati costretti a chinare il capo e a rispondere sì. Ma Alyssa sentiva che prima o poi la corda, se tirata troppo, si sarebbe spezzata. La loro pazienza era al limite.

Alyssa arrivò al locale in silenzio. Trovò Roshelle dietro al bancone, intenta a ripulire il vetro.

«Buongiorno, cara. Oggi più presto del solito?» domandò Roshelle. Alyssa si limitò ad annuire.

Non aveva molta voglia di parlare, e quasi tutta la maggior parte della giornata la passò così. Restò assorta nei suoi pensieri, nelle sue ipotesi e in quel suo mondo invalicabile che nessuno aveva mai capito fino in fondo. Un mondo fatto di dubbi e insicurezze, ma anche con una voglia di riscattarsi e di cambiare le carte in tavola. Di alzare la testa e dire no.

Il suono tintinnante della porta la fece voltare. Il bicchiere le cadde dalle mani e finì nel cestino, attutendo il colpo. Il cuore iniziò a martellarle in petto, il fiato si accorciò e la saliva si seccò.

Non poteva essere possibile, pensò.

Non quella mattina.

Il Comandante degli M-Fighters, insieme ai suoi cadetti,varcò la soglia del locale. Con loro, ci fu anche Leon.

Ma Alyssa non fu l'unica a reagire male. Per Leon fu lo stesso. Forse anche peggio.

Leon sgranò gli occhi. E per la prima volta dopo giorni, la sua maschera calò. I loro occhi mostrarono rabbia e tristezza, dolore e felicità. I ricordi tormentarono entrambi. Leon ricordò il sapore di tutti i suoi baci, e ne sentì la mancanza come non mai. Il tocco elettrico della sua pelle, le parole dolci che si erano sempre scambiati.

Gli si strinse il cuore a capire che era stato gettato tutto così, senza una possibilità di spiegare. Senza una possibilità di dirle, ancora un'ultima volta, ciò che provava.

I due si guardarono per un breve istante, ma a loro parve un'eternità.

Poi, Edwin prese parola e spezzò il silenzio..

«Buongiorno, ci fermiamo per il pranzo.» disse, risoluto e impassibile.

Roshelle comprese il disagio della ragazza. Corse in sua difesa e le lasciò il tempo per prendere aria.

«Ma certo, ci fa piacere. Vi lascio un secondo per decidere.»

«Ottimo» rispose Edwin, sedendosi con movenze teatrali sulla poltrona e sfogliando distrattamente il menù.

Poi, alzò distratto lo sguardo verso Leon, e rise leggermente sotto i baffi. A lui non sfuggiva mai niente, e sapeva benissimo in che rapporto fossero i due che si fissavano da quando erano entrati. Edwin aveva fatto ricerche su di lui, e la relazione che Leon stringeva con la Magician era stata la prima cosa che aveva trovato sul suo conto.

«Ehi, carina. Io e i miei cadetti saremmo pronti per ordinare, devo aspettare ancora?» provocò Edwin, tagliente e curioso della risposta.

Alyssa aveva passato una vita intera con tipi come lui. Non si sarebbe lasciata intimorire per così poco. Alyssa sorrise convinta, e si avvicinò con nonchalance al loro tavolo. Appoggiò una mano sullo schienale di una sedia e lo guardò indifferente.

«Ditemi pure. I protettori di questa città meritano un trattamento speciale. Bel discorso ieri sera, a tal proposito. Non vi avevo ancora fatto i complimenti.» ironizzò, e pensò che Camille sarebbe stata fiera di quella risposta.

«Che lingua lunga. Spero tu la sappia usare bene anche per altro.» rispose uno dei cadetti, facendo sputare l'acqua a Leon. Senza neanche rendersene conto, Leon lo fulminò con lo sguardo.

''Maiali.'' pensò Alyssa.

«Credo proprio che non lo saprai mai. Ora volete ordinare, sì o no? Non siete gli unici clienti.» rispose scocciata. Era stanca di abbassare il capo, ma tenne sotto controllo il respiro per gestire la rabbia.

Edwin rise amaro. Diede un ultimo sguardo al menù e ordinò. Alyssa li salutò con freddezza, si avviò verso il retro e prese il necessario per preparare il pranzo.

Lontana da loro, Alyssa chiuse leggermente la porta alle sue spalle, appoggiò la schiena sulla vetrata gelida del freezer e provò a riprendere fiato. Il cuore le pulsò così veloce nella cassa toracica che ebbe il timore di farlo esplodere da un momento all'altro.

Per provare a ritrovare la calma, Alyssa si ricordò delle parole di suo padre.

Ma l'intento fallì quando sentì quella voce alle sue spalle.

«Rimani sempre una piccola peste, c'è poco da fare.» sussurrò lui, toccandole la spalla. Lei lo sentì tremare.

Alyssa si voltò di scatto, e il suo volto si ritrovò a un palmo dal suo. La figura di Leon, come sempre, la sovrastava di qualche centimetro. Alyssa riconobbe anche le spalle larghe e quei dannati ricci che cadevano spettinati sul volto squadrato di Leon.

Era bello come sempre, pensò, ma meno spensierato di come lo ricordava.

«E così, adesso mi parli. Mi chiami piccola peste, come se fosse tutto normale.» replicò. Di amorevole non ci fu nulla nelle sue parole.

Alyssa era arrabbiata, delusa e con il cuore spezzato.

Lui la guardò vuoto, distrutto. Non avrebbe mai voluto vederla così. Faceva troppo male. Era insopportabile. Si morse il labbro, si dondolò un po' sui piedi e abbassò lo sguardo.

«Niente è più normale, Aly. Ma io dovevo dirtelo. Dovevo dirti che ho sacrificato tutto per la mia famiglia. Morivano di fame. E tu lo sai.» sibilò, a denti stretti. «Mi è costato tutto. Ogni cosa che avevo di bello. E soprattutto, mi è costato te.»

Al suono di quelle parole, Alyssa portò le mani alla bocca e trattenne un singhiozzo. Forse sarebbe stato meglio non sapere, pensò, piuttosto che avere la cruda verità sbattuta in faccia. Era stata una doccia gelida. Alyssa non riuscì a parlare, il labbro le tremò e le mani scintillarono, provocando bagliori azzurri che si diffusero nello stanzino.

In fondo era sempre Leon. E lei era stata così cieca ed egoista da non rendersi conto che la ragione di tutto quello era palese. Alyssa pensò alla sorella di lui, e alla madre sempre stanca quando tornava dai turni sfiancanti di lavoro.

E Alyssa lo capiva. Lei avrebbe fatto lo stesso per proteggere chi amava. E per quanto avesse voluto odiare Leon, Alyssa capì in quel preciso istante che non avrebbe mai potuto farlo. Perché lui era stato spezzato proprio come lei.

Alyssa strozzò un singhiozzo, non riuscì più a trattenere le lacrime e a sopportare di vederlo così. Lo scansò veloce e uscì di corsa dalla porta che dava sul retro. Sbucò in un lungo vialetto, stretto e scarsamente illuminato, dove era parcheggiata una fila ordinata di macchine. Aveva bisogno di stare sola, di respirare e di riprendere il controllo di sé stessa.

Non era pronta a rivedere Leon. La sua era stata una scelta che Alyssa non poteva condannare. Non poteva odiare.

Urlò.

Alyssa fece un grido così forte e disperato da spaccare i finestrini delle macchine. Essi si frantumarono con un suono acuto, mentre un lampo elettrico cadde sul viale illuminando d'azzurro ogni cosa nei paraggi. L'elettricità intorno a lei creò una bolla d'energia letale.

«Forse dovresti calmarti. Lo so che sei spaventata, ma non è un buon periodo per fare queste sparate.»

Alyssa non si aspettò compagnia. Pensava di essere sola.

E invece quella voce così calma e pacata la fece voltare subito. Alyssa ritrovò di nuovo quegli occhi verdi e vagamente familiari. La scrutarono lenti. Lui era appoggiato con una spalla al muro, e la guardava leggermente divertito.

«Adesso sei anche uno stalker di merda? E no, io non sono spaventata.» ringhiò. Si avvicinò a lui, e le mani le tremarono.

Lui schioccò la lingua sotto il palato, allungò lo sguardo sulla macchina nera dietro di lei e con le mani alzò un paio di chiavi per dondolarle davanti agli occhi di Alyssa. Poi, il ragazzo cliccò un bottone per sbloccare le aperture del veicolo.

«Ora sono un uomo senza finestrini, altro che stalker.» disse, trattenendo una risata. I suoi occhi verdi scintillarono.

Alyssa si girò di scatto, guardò la fila di macchine distrutte e sospirò. Non ci voleva un incidente del genere. Non avrebbe potuto spiegarlo.

La forza nelle gambe le venne meno quando notò, oltre quelle mura, una fila di Fighters. Loro non aspettavano altro che un passo falso di un Magician, e lei aveva appena servito ciò che volevano su un piatto d'argento.

Lui sussultò e le afferrò le braccia quando la vide crollare. Il ragazzo restò sorpreso delle emozioni contrastanti di Alyssa. Il suo potere consisteva anche in quello.

«Prima di tutto, respira. Volevo solo fare una battuta. Poi, sappi che ho mandato un amico fidato a tenere un po' a bada i Fighters. Non si renderanno conto di qualche finestrino rotto.» cercò di rassicurarla.

Il battito del cuore di Alyssa rallentò, e le mani iniziarono a tornare normali.

Alyssa lo guardò senza dire niente, ma sorrise. Non capitava spesso che qualcuno la aiutasse senza chiedere qualcosa in cambio.

«La macchina te la pago, non sapevo che fosse la tua. Scusami.» borbottò lei, sottovoce.

Il ragazzo sorrise, alzò un sopracciglio e si appoggiò di nuovo al muro.

«Hai un grande potenziale. Potrei aiutarti, se me lo lasciassi fare.» le disse serio, guardandola negli occhi.

«Che cosa vorresti dire?»

Lui si spostò con un balzo dal muro e si posizionò frontale lei. La differenza di altezza fu abbastanza evidente. Alyssa alzò il mento e incrociò il suo sguardo. Gli occhi di entrambi scintillarono.

«Non sei stanca di nasconderti? Di avere paura? Di trovarti sempre costretta a trattenerti, a non saperti controllare? Di non poter rispondere al fuoco con il fuoco? Perché, a me, sembra proprio di sì.»

Alyssa non rispose subito, rimase a guardarlo con uno sguardo stupido e la bocca semiaperta. Poi, incrociò le braccia al petto e sostenne le sue occhiate con un'aria di sfida.

«E se così fosse, cosa potresti mai fare per me?» rispose, alzando il suo solito muro di difese.

Lui sorrise compiaciuto, poi le lasciò tra le mani un piccolo foglio con su scritto un indirizzo. Le fece un occhiolino prima di allontanarsi.

«Potrai vederlo con i tuoi stessi occhi. Ti aspetto domani. Se ti fa stare più tranquilla, porta pure qualcuno di cui ti fidi.»

Lei aggrottò le sopracciglia. Si voltò verso di lui un'ultima volta e gli urlò: «Non so neanche come ti chiami, stalker!»

Lui si fermò e rise, mostrando i suoi denti bianchi.

«Sono Kyran. Il tuo nome invece dimmelo domani

Alyssa rise e roteò gli occhi al cielo di risposta. Era una vera e propria sfida, e lei non si sarebbe tirata indietro. Aveva smesso di nascondersi.

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