Quarto giorno....
Andrea...
"Voglio te!"
Non posso ancora credere che lo abbia detto davvero. Soprattutto non dopo aver conosciuto quella carogna di mio padre.
Ma ciò che più mi sorprende, è il fatto che sia rimasta lì, a fiancheggiarmi. A farmi sentire appoggiato e al sicuro. Lo ha sfidato senza estrenare alcuna ombra di dubbio neanche per un fottuto istante.
Mai nessuno, nemmeno mia madre, lo aveva mai fatto.
Sono sempre stato solo ad affrontare la furia distruttiva di mio padre. E ormai mi ci sono pure abituato.
Ma lei, cazzo... pensavo fuggisse a gambe levate alla vista di quel farabutto, e invece mi ha sorpreso. Di nuovo.
Come farò a continuare a tenermi alla larga dal farla mia se lei continua a essere così piacevolmente perfetta?
Se non fa altro che avvicinarsi al mio tipo di donna ideale?
Come farò a ingannarla, seducendola per poi abbandonarla? Io non sono così, merda!
Lei merita qualcuno che sia in grado di rispettarla e quale rispetto potrei darle io, avendola addescata con l'inganno?
Ma, cazzo! Ha saputo tener testa a mio padre e una parte di me lo ha trovato eccitante!
Nessuno, fino a oggi, si era mai permesso di rivolgersi a Ernesto Bernardi così.
Soltanto il sottoscritto che, per l'appunto, si è beccato diverse querele e una denuncia dopo averlo ridotto come lui era solito fare con mia madre.
Ma quella ragazzina, wow... non sembrava avere nemmeno un briciolo di paura. Anzi... era come se a tenere il coltello dalla parte del manico fosse lei invece del vecchio.
E, anche se questa sua imprudenza mi ha fatto perdere dieci anni di vita, adesso, con mente lucida, mi rendo conto che mio padre non avrebbe mai potuto toccarla nemmeno con un dito, sebbene la sua espressione non richiamasse nient'altro che vendetta.
Lei rimarrà intoccabile per lui, innanzitutto perchè è una Serafini, e suo padre potrebbe benissimo seppellire il mio, anche con un semplice schiocco di dita, ma anche perché senza di lei il mio vecchio è fottuto.
E questo pensiero mi rincuora. Perché, cazzo, non voglio che nessuno la tocchi. E adesso più che mai mi rendo conto che non mi riferisco soltanto a mio padre ma a chiunque altro.
Quella sua bocca impertinente; la sua tenacia. Diamine, anche la sua goffaggine mi attrae. Che cazzo mi succede?
Possibile che, inconsciamente, stia iniziando a rispettare questa borghesina così maledettamente perfetta?
Merda...
Tuttavia non posso farmi trascinare da queste inutili considerazioni. Non devo legarmi a quella ragazza. Lei deve essere solo il mezzo per raggiungere l'obiettivo.
Un obiettivo che non posso permettermi di fallire.
Ed ecco che, come un boomerang, un ricordo mi salta subito in mente.
"Ti sta ricattando..."
Cosa diavolo ha sentito di tutto il discorso che ha fatto mio padre?
Dannazione! Sapevo che la venuta del vecchio avrebbe portato scompiglio... e se avesse capito che la stiamo ingannando?
Però non avrebbe detto voglio te, se avesse capito del sotterfugio. No?
Cazzo!
Passo una mano tra i capelli mentre passeggio dentro il labirinto di siepi, facendo attenzione alle linee guida indicatemi da Hoang.
L'orologio digitale, sul mio polso, segna le 17:00, emettendo il classico bip di avviso a ogni rintocco dell'ora.
Devo trovare un modo per farla parlare. Così da capire cosa ha origliato stamattina.
Sa che Ernesto mi ricatta. Ma cos'altro?
Non posso restare con le mani in mano a cruciarmi, devo correre a cercarla.
Perciò senza pensarci due volte, esco da quei corridoi d'arbusti e vado in giardino dove trovo gente che sonnecchia sotto il tiepido sole primaverile, ma di lei nessuna traccia.
Dunque, mi incammino, con l'ansia che sale sempre più a ogni passo che muovo, verso la fontana dell'elefante ma anche lì nulla.
Possibile che sia in camera?
Senza indugiare, prendo l'ascensore e mi dirigo davanti l'uscio della sua stanza. Busso più e più volte ma il silenzio che travalica dalla porta mi porta a pensare che non sia nemmeno lì, perciò faccio un altro tentativo dirigendomi nella camera della sua amica, anche quella purtroppo vuota.
Dove cavolo sarà finita?
Esco dalla villa, pensando di trovarla nell'ultimo posto che mi è rimasto da perlustrare: il viale delle rose o, come dico io, delle pomiciate.
Spero di trovarla seduta in una panchina e, soprattutto, spero che sia disposta a parlarmi, visto il modo in cui ci siamo separati stamani.
Muovo, dunque, un paio di passi ma, ancora prima di potermi inoltrare lì, una mano forte e decisa mi serra il braccio, obbligando ad arrestare la mia falcata.
<<Bernardi, come mai tutta questa fretta? Hai perso qualcosa?>>
Il sorriso beffardo che mi riserva il coglione del musicista fa alzare di parecchie volture la mia incazzatura.
Ci mancava solo lui. È proprio la mia giornata fortunata.
<< Goffredi, qual buon vento ti porta qui? Non mi dire che anche questa volta Carlotta ti ha mollato per me?>> mi burlo, ricordandogli il bidone che gli ha riservato la Rosellina la sera del ballo.
E come avevo immaginato, la mia battuta gli strappa quel fastidioso sorriso, trasformandolo nel brutto ranocchio che è.
<< Non so cosa cazzo ti porta qui, ma lo scoprirò, Bernardi. Ti tengo d'occhio.>>
<< Le tue attenzioni mi lusingano. Se ne riservassi, anche solo la metà, alla gente che conta veramente, riusciresti a farti notare.>>
<<Non preoccuparti, idiota. So farmi notare quando voglio e da chi voglio. Questo non è affar tuo. E adesso va a elemosinare qualche attenzione da Carlotta. Perché hai fretta per questo, no?>>
Sto rincoglionito sta cominciando a urtarmi di brutto. È meglio mandarlo a fanculo con la delicatezza che mi contraddistingue.
Perciò indosso la mia solita faccia di bronzo e mi burlo di lui: << Cos'è, Goffredi, ti infastidisce non essere più il centro delle sue attenzioni?>>
La sua espressione si indurisce leggermente ma dura davvero pochi attimi. Forse ha finalmente capito che non mi farò intimidire dalle sue ciance.
<< Non ti rallegrare, Bernardi, puoi spassartela quanto ti pare ma lei tornerà sempre da me. Sono anni che mi viene dietro, come un cagnolino, e non saranno le tue premure a farle dimenticare il sottoscritto...>>, dice sicuro di sé e della faccia da culo che si ritrova: << ... non importa quello che le dirai o che le farai, al mio segnale, anche piccolo e insignificante, tornerà da me.>>
Ride sommesso come se ciò che mi ha rivelato fosse l'unica verità inconfutabile che esista. Ma non credo che i sentimenti della Rosellina verso di lui siano tanto forti.
"Voglio te."
Se così fosse non lo avrebbe detto.
"Voglio te."
Andiamo, una donna follemente innamorata non direbbe mai certe parole a un altro uomo.
Perciò, sicuro delle mie supposizioni, gli riservo un'occhiata divertita: << D'accordo, Goffredi, l'importante è crederci. Comunque, sì, credo proprio che andrò a elemosinare un pò di attenzioni. Ho già perso troppo tempo inutilmente>>, e senza indugiare un attimo di più, lo mollo lì, come un mammalucco, e vado a cercare Carlotta.
E come avevo presupposto, la trovo seduta su una panchina, appartata e semichiusa da dei cespugli di rose. Un posto perfetto per limonare duro, in santa pace.
È insieme alla sua amica, totalmente ignare della mia presenza.
<< Carlotta, possiamo parlare?>> Annuncio il mio arrivo, al solito, senza salutare, e poi rivolgo il mio sguardo a Lilya: <<... magari da soli?>>
L'amica salta in piedi come una molla e saluta frettolosamente Carlotta, per nulla entusiata di stare in mia compagnia.
Cazzo, questo non promette bene.
<<Cosa c'è, hai paura di rimanere da sola con l'uomo nero?>>
Neanche mi guarda. Ma il suo corpo, dannatamente provocante, parla meglio della sua lingua muta.
Ha le braccia posate sulle cosce e sta stringendo le mani sui bordi del suo vestitino floreale striminzito, che le copre a malapena metà coscia. È rigida come un tronco e questo mi fa capire che la mia vicinanza la percuote.
Ma si ostina a ignorarmi.
Adesso, come mai prima d'ora, mi rendo conto di una cosa. La sua indifferenza brucia come fuoco. Non credevo potesse suscitarmi tutto questo trambusto dentro.
E in questo momento, se me lo chiedesse, sarei anche pronto a prenderla e baciarla fino allo sfinimento, mandando all'aria tutti i buoni propositi di non toccarla nemmeno con un dito.
Ma lei non solo continua a ostentare indifferenza, come se non esistessi, ma pare addirittura arrabbiata. Furiosa.
Cazzo!
<<Mi vuoi dire cosa c'è che non va?>> chiedo, cercando di mantenere la calma, senza pensare troppo al peggio. Mi accomodo dove pochi attimi prima era seduta la sua amica e avvicino la mia gamba sfiorando la sua:<< È successo qualcosa? Parliamo, Rosellina, non voglio la tua indifferenza.>>
Questo suo atteggiamento non promette bene.
Che sappia davvero qualcosa?