Cioccolato Fondente

By _Anteros_

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Ci troviamo nel college di Armony, dove gli studenti vivono vite avvincenti piene di intrighi, amori e incomp... More

Capitolo 2
Capitolo 3

Capito 1

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By _Anteros_

Rose

La sveglia continuava a suonare, come ogni mattina, da più di dieci minuti ma io, ovviamente, la ignorai imperterrita. Non scesi dal letto neppure quando la voce di Ariana Grande venne sovrastata dalle grida e i pugni sulla porta che la mia coinquilina, Luce, emetteva per costringermi ad alzarmi, ammonendomi che altrimenti avremo fatto tardi anche a quel giorno di lezione.
Alexis Carter, meglio nota come Luce, era la mia migliore amica da quando avevamo circa sei anni, dai tempi delle Giovani Marmotte, ma ancora sembrava non essersi abituata ai miei ritardi e al mio sonno pesante; finalmente, dopo quasi mezz'ora dall'inizio di quel concerto caotico, sentì una macchina parcheggiarsi rumorosamente nel vialetto di casa e, dopo i due colpi di clacson, scivolai fuori dalle coperte e pigiai violentemente sullo schermo del cellulare per farlo tacere.
«Sorgete e splendete mie belle!» la voce calda di Morgan si diffuse in tutta la casa assieme al profumo di caffè e paste appena sfornate. Anche lui, ormai più un fratello che un amico, era stato una giovane marmotta insieme a me e Luce, ma il motivo per cui possedesse una coppia delle nostre chiavi di casa ci era del tutto estraneo.

Quando uscì dalla stanza e gli raggiunsi in cucina avevano già spazzolato tutte le paste migliori, e a me era rimasto solo metà croissant alla marmellata -io odio la marmellata-. Luce mi ignorò mentre sorseggiava il suo caffellatte, mentre Morgan, seduto sul bancone della cucina coi tacchetti degli stivali di cuoio nero appoggiati sul bordo del tavolo, mi lanciò un'occhiata dalla testa ai piedi tra lo scettico e lo schifato.
«È solo il pigiama tranquillo, non andrò a scuola vestita così!» lo informai con la voce ancora assonnata e i capelli castani incollati alla fronte madida di sudore.
«Lo spero bene. Non ti avrei fatta salire sulla mia macchina vestita così!» mi rispose lui, senza però togliersi quella smorfia disgustata dal viso.
«Anche oggi prenderai una multa per eccesso di velocità!» constatò Luce in maniera pacata, osservando preoccupata l'orologio.
Aldilà di ogni aspettativa, grazie alla guida spericolata di Morgan arrivammo nella nostra scuola prima del suono dell'ultima campanella. Il prestigioso college di Armony, fondato nel 1887 da non-mi-ricordo-chi, era circondato da un campus tanto grande da possedere interi quartieri e strade labirintiche, per questo motivo ci muovevamo in automobile anche al suo interno e, molto spesso, neanche questo bastava a impedirci di saltare completamente la prima ora di lezione.

La struttura era quella classica di un'enorme istituto a cubi di mattoni ormai scoloriti e di un rosa pallido, caratterizzata da busti bronzei di ex allievi illustri (attori pluripremiati, giudici della Corte Suprema e anche un Presidente degli USA) e una grande piazzetta marmorea che, di giorno, era affollata da studenti perfetti nei loro completi eleganti mentre, durante la notte, si riempiva di quelli stessi studenti sbronzi e fatti di qualunque sostanza immaginabile; parcheggiamo la Mercedes decapottabile color argento in uno spiazzo ombreggiato poco distante e ci avviamo controvoglia verso le nostri classi. Ormai l'anno scolastico era cominciato da più di un mese e, a novembre inoltrato, tutta l'enfasi e l'entusiasmo dei primi giorni si era consumato del tutto.
«Coraggio ragazze, tra sei settimane precise a oggi ci sarà il veglione per festeggiare l'inizio delle vacanze di Natale!» ci salutò Morgan prima di svoltare l'angolo e dirigersi verso la sua classe.

Io e Luce camminammo sole e in silenzio fino all'aula di matematica mentre il rimbombo dei suoi tacchi svaniva in lontananza.
Le tre ore della professoressa Mush trascorsero lente e inesorabili, mentre quella donna mezza calva e tarchiata continuava a blaterale qualcosa su formule che, a mio avviso, erano troppo complicate per il programma del secondo anno. Per questo motivo io rimasi tutto il tempo incantata ad un punto indefinito del vuoto mentre Alexis messaggiava con l'ennesimo ragazzo col quale, alla fine, non avrebbe concluso nulla per troppo pudore o incomprensioni reciproche:
una volta, per esempio, verso il finire dell'anno prima aveva messaggiato intere settimane con un bellissimo ragazzo conosciuto su Instagram, ma al loro primo incontro era venuto fuori che si trattasse di un professore quarantenne. Per quanto noi provassimo a spiegarglielo, Morgan non capiva né cosa ci fosse di strano e né perché lei era andata subito via da quell'appuntamento al buio.

Quando finalmente suonò la campanella che segnalava l'inizio della pausa, io e tutti i miei compagni scattammo in piedi e abbandonammo la stanza ignorando quello che la docente stava dicendo; percorsi lunghi corridoi affollati di studenti e professori e una rampa di scale metalliche, ed entrai nella mensa dell'Armony, un enorme stanzone rettangolare con le pareti di piastrelle gialle che profumava di cibo precotto, e dopo aver riempito i vassoi con tutto quello che ci sembrava più economico ma ugualmente buono ci recammo al nostro solito tavolo, un banco semicircolare posizionato accanto a una grande finestra che dava al terrazzo. Non passarono nemmeno dieci minuti di attesa che anche Morgan varcò l'ingresso e si diresse verso di noi, pulendosi i lati della bocca col dorso della mano.
«Henry?» gli chiese Luce non appena il nostro amico prese posto accanto a lei.
«Come fai a saperlo?» rispose l'altro arcuando un sopracciglio, con un tono di finto stupore.
«Sai com'è, è l'unico disposto a farselo succhiare nei bagni della scuola di prima mattina!» spiegò ridendo.
«Non capisco come fai a scopare con uno così brutto.» m'intromisi dopo qualche istante, osservando il ragazzo in questione, una matricola scheletrica e col naso aquilino, entrare lentamente nella mensa con la patta dei pantaloni ancora abbassata e la camicia abbottonata male.
Il mio amico fece spallucce. «Lo sai che mi attraggono i ragazzi bruttini, senza contare che questo in particolare ha un cazzo non indifferente!»
«Allora stavolta sei perdonato!» dissi sorridendo, allungando la mano in sua direzione per sfiorarci le punte delle lunghe unghie ricostruite e laccate.
«Io non riuscirei mai a fare sesso con qualcuno nei bagni della scuola, in pieno giorno per giunta.» constatò Luce scostandosi una ciocca di capelli castani dal viso.
«Sporca bugiarda...» la apostrofò Morgan, piegando i latti della bocca in una smorfia scettica, per poi cambiare improvvisamente espressione. «Sta arrivando Marylin!» ci avvertì con un sussurro, voltandosi rapidamente a scrutare il panorama fuori dalla vetrata.
«Ciao ragazzi!» la sua voce da stronza fastidiosa ci pervase le orecchie, e lentamente ci voltammo a salutare con un finto sorriso a trentadue denti la ragazza avvolta da un cappotto nero che ora si stagliava alle nostre spalle.
«Ciao Marylin, come stai?» chiese Luce con finto entusiasmo, l'unica di noi tre che si preoccupava di fingere di esserle amica.
La stronza iniziò a parlare senza che nessuno la ascoltasse realmente, e con la stessa rapidità con cui era apparsa si voltò allontanandosi. Rimasi ad osservare quella cascata di voluminosi capelli corvini raggiungere un ragazzo alto e bellissimo e infilandogli la lingua infima fino alla gola. «Cosa ci troverà di bello in lei proprio non lo so...» dissi lentamente, riiniziando a mangiare il mio pasto ormai freddo.
«Parli di Alex? Lo sai che sta con lei solo per avere qualcuno con cui scopare ogni notte!» mi rispose Luce, allungando il collo per scrutare anche lei quella scena pietosa.
«Perché più le cagne sono bastarde e più sono fortunate coi ragazzi?» borbottò Morgan mentre sbucciava un mandarino rubato dal vassoio della nostra amica.
Una volta finito di mangiare ci spostammo sul terrazzo a fumare in attesa che le lezioni ricominciassero, e mentre io e Morgan commentavamo e davamo voti ai culi delle matricole e dei ragazzi dell'ultimo anno Luce si guardava intorno con fare interrogativo:
«Avete notato che sono già tre giorni che Roxanne non si fa viva?» domandò preoccupata a bassa voce.
«Stai tranquilla, sicuramente sarà a casa di Benjamin Ice a scopare notte e giorno finché a lui non si consumerà il prepuzio!» rispose Morgan poco interessato, senza togliere il suo sguardo da predatore dalle natiche tondeggianti di un ragazzo della mia classe.

Roxanne de' La Nora era una ragazza dolce e simpatica di origine italiana che avevamo conosciuto l'anno prima perché compagna di banco di Morgan. Pur non avendo fatto parte delle Giovani Marmotte originali, l'avevamo integrata rapidamente nel gruppo e fatta sedere al nostro tavolo, coinvolgendola in ogni nostra uscita notturna; «Non ha un buon gusto in fatto di ragazzi!» commentai tra un tiro e l'altro di sigaretta.
«Quando la volpe non arriva all'uva dice che è acerba!» mi sussurrò Morgan lanciando il mozzicone di sigaretta giù dal terrazzo e allontanandosi verso un possibile nuovo ragazzo da sedurre prima che io potessi ribattere.
Quando la campanella suonò aspettai che gran parte della folla urlante abbandonasse la mensa prima di uscire anch'io. Luce, essendo iscritta a un qualche corso extrascolastico, non mi seguì e si disperse chissà dove mentre io camminai da sola verso il laboratorio di scienze, dove avrei trascorso le ultime due lunghissime ore di quella giornata in compagnia di compagni puzzolenti e compagne troppo stupide per compiere anche la più semplice delle procedure base. Durante il tragitto non riuscì a non osservare un bellissimo ragazzo dai capelli neri tagliati a spazzola e il mento quadrato, appoggiato al suo armadietto con la fidanzata tenuta stretta sottobraccio. Marylin lo osservava dal basso verso l'alto nel modo in cui un cane osserva il suo osso e nel frattempo le due migliori amiche di quest'ultima, l'inseparabile duo di Clara e Zara, chiacchierava rumorosamente lì affianco di chissà quale gossip dell'ultimo minuto.
Il professore di scienze, Timothy Lavander, era un uomo sulla trentina di bell'aspetto, molto apprezzato da noi studentesse per il suo bell'aspetto e caratterizzato da un senso dell'umorismo che lo rendeva simpatico a tutti. Quando entrai nel laboratorio stava ancora sistemando tutti i libri e gli attrezzi utili per la lezione sulla cattedra, eppure tutti i miei compagni di corso erano già arrivati e mi avevano rubato i posti migliori. Mentalmente imprecai dirigendomi nell'ultimo posto rimasto, ovviamente in prima fila, ma mi consolai col fatto di essermi ritrovata assieme ad Isaac Bounce, il classico gigante buono afro discendente membro della squadra scolastica di football. Presi posto salutandolo con un tacito sorriso mentre prof. Lavander iniziava ad introdurre l'argomento della lezione.

Dopo più di mezzora ci ritrovammo a mischiare liquidi colorati dentro una grande ampolla di vetro, e alle mie spalle si sentivano di tanto in tanto rumori di vetri rotti e le risate sguaiate di alcune ragazze, ma il docente si limitava a ripetere un «Ragazzi!» poco convinto e divertito, senza distogliere lo sguardo dal documento che stava leggendo.
«Chissà se si rende conto di star svolgendo una lezione!» sussurrò Isaac grattandosi la testa liscia, probabilmente si era rasato i capelli il giorno prima.
«Lo sa fidati, ma non gli importa.» risposi ridendo mentre segnavo degli appunti sul mio quaderno.
La conversazione proseguii coi racconti delle rispettive novità. Lui mi spiegò che gli allenamenti stavano diventando sempre più frequenti, io mi limitai a informarlo di non aver fatto nulla di interessante negli ultimi giorni e raccontai che Morgan non stava più nella pelle per organizzare il Veglione d'Inverno.
«A proposito di veglioni -disse col tono di chi si è appena ricordato qualcosa di importante- Lucas ha organizzato un party per il suo compleanno, questo sabato. Siccome sa che ci saremo visti oggi per scienze, mi ha chiesto di invitare te, Morgan e Luce, gli farebbe piacere se veniste!»
«Dopodomani?» domandai corrugando la fronte.
«Si, non dirmi che avete già altri programmi?» chiese preoccupato.
«No figurati, sai che adoriamo le feste esclusive di voi atleti!» dissi facendo l'occhiolino.

Finimmo il compito assegnato in anticipo rispetto a gran parte della classe e perciò trascorremmo l'ultima ora di lezione usando i cellulari o vagando annoiati dal posto al cestino o dal posto alla finestra, senza che ovviamente il docente si accorgesse di nulla.
Dopo la fine delle lezioni raggiunsi Morgan accanto alla sua macchina e aspettammo impazienti la nostra amica. Poiché lei all'ultima ora aveva lezione di attività fisica, arrivò quando il cortile e i parcheggi si erano quasi del tutto svuotati coi capelli ancora bagnati.
«Per sabato notte non prendete impegni, siamo invitati ad una festa della squadra di baseball!» gli avvertì chiudendo lo sportello.
«Già c'è il compleanno della Tigre, ne stavano parlando delle ragazze nelle docce.» mi fece eco Luce dai sedili posteriori.
«Proprio sabato? Io ho un appuntamento quel giorno...» disse Morgan in tono piuttosto infantile, sbuffando.
«Ora le botta-e-via si definiscono "appuntamento"? Vieni alla festa senza rompere il cazzo, troverai carne fresca anche lì!» lo zittì sollevando l'audio dello stereo per non dover ascoltare la sua risposta.
Dopo aver messo in moto il veicolo, Morgan uscì rapidamente dai parcheggi riportandoci a casa nostra, il più lontano possibile da quell'edificio color zucchero filato.

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