From sunset to eternity | Tae...

By Only_Taekook_

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Jungkook è un ragazzo problematico che frequenta l'Accademia d'Arte di Busan, facoltà mal vista dal suo patri... More

2- «Migliori amici»
3 - «Facciamo colazione»
4 - «Ne sei in grado?»
5 - «Cosa ti piace?»
6 - «Parla con me»
7 - «C'è altro?»
8 - «Io ti aiuto?»
9 - «L'ha detto davvero?»
10 - «Ti va?»
11 - «È lui»
12 - «Gli piacerà»
13 - «Cosa hai sentito?»
14 - «Cosa significa?»
15 - «Per sempre»
16 - «Ricominciare»
17 - «Non doveva succedere»
18 - «Non voglio»
19 - «Voglio saperlo»
20 - «Come stai?»
21 - «Noi»

1- «È la mia vita»

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By Only_Taekook_


Salve gente! Nuova storia, altro giro altra corsa. Qualche avvertimento prima di leggere la storia:

- trama con tematiche forti ⚠️ se siete sensibili non leggetela

- scene smut 🔥

- ho scritto questa storia di getto, non ci saranno censure di nessun tipo e ho cercato di trasmettere tutte le sensazioni dei personaggi. Ci ho messo tanto impegno e non nego che in alcuni punti mi sono anche messa a piangere 💜 spero vi possa trasmettere delle emozioni

- i capitoli sono di media lunghezza

Detto ciò, spero vi piaccia e BUONA LETTURA! 💜

*Lasciate tante stelline e commenti, ve ne sarò grata* 👍🏻👏🏻💜

Jungkook pov

Quella mattina mi svegliai di soprassalto, il suono di quella sveglia era davvero infernale e ogni volta che mi ripromettevo di cambiarlo poi finivo per non fare niente. Era un periodo in cui non me la passavo bene: da quando ero iscritto all'università si può dire che avevo dato pochissimi esami perché la motivazione era andata a farsi fottere, così come la mia voglia di studiare. Mia madre e il mio patrigno Jinsoo smisero di darmi i soldi per gli studi e mi dissero chiaramente che se avessi voluto continuare a frequentare l'Accademia dovevo pagarmela io, loro non avrebbero più messo un centesimo sul mio conto.

Secondo me la verità era un'altra. Loro non mi appoggiarono quando esternai che il disegno e la pittura sarebbero stati la mia strada; Jinsoo avrebbe voluto che lavorassi con lui e per lui nella sua azienda edile ma avevo sempre rifiutato.

"Cosa pensi di combinare andando a pitturare quadri? Che futuro vuoi che ti aspetti!?" - mi disse ad un pranzo di famiglia davanti a una decina di parenti. Ricordo ancora che calò un silenzio tombale e mia madre cercò di sviare il discorso parlando d'altro ma non glielo permisi.

Quella volta fui sul punto di piangere ma resistetti, non volevo dargliela vinta. "Perlomeno mi dedico a qualcosa che mi piace, cosa che non hai fatto tu. Hai preso in mano l'eredità di tuo padre e hai deciso di portare avanti la sua attività senza alcuna voglia, nessuno ti ha costretto a farlo!" - sbottai acidamente.

Rimase incredulo e per una volta nella vita ero riuscito a farmi rispettare. Ogni occasione per lui era buona per umiliarmi e tentare di sopraffarmi coi suoi modi arroganti e rudi. Non avrei mai permesso che prendesse delle decisioni sul mio futuro al mio posto, anche perché non era il mio vero padre. In quel contesto, dopo quella furiosa litigata e gli sguardi imbarazzati degli ospiti successe la cosa peggiore: mi prese a schiaffi, dicendomi che non mi dovevo permettere di contestare ciò che lui diceva. Mia madre cercò di mediare ma caratterialmente lei era fragile, lasciava sempre che lui la passasse liscia nonostante sapesse benissimo che i suoi erano insulti nei miei confronti, di certo non parole che si potevano pronunciare in una normale conversazione.

"Tu pensi di potermi dire quello che devo fare, vero? È così che tratti tuo figliastro?" - gli dissi tutto d'un fiato senza staccare il mio sguardo dal suo.

"Sei un fallimento! Su di te puntavo alto e avevo aspettative enormi! Non ti ho cresciuto così, non è questa l'educazione che ti ho impartito, mi sono sempre fatto in quattro per questa famiglia e tu mi ripaghi così?"

"Tu, tu, sempre tu e nient'altro che tu! Parli solo di te stesso, cazzo, te ne rendi conto?" - gli chiesi esasperato - "ma non vedi che pure mamma ne ha piene le palle di te?" - la indicai e constatai che il mio corpo tremava.

"Basta così voi due! Jungkook finiscila!" - esternò mia madre, mentre una lacrima le rigava il volto.

"Tua madre sta dalla mia parte e la pensa come me! Fine della storia! Eravamo contrari fin dal principio di iscriverti in quel posto di drogati e falliti!"

Eccoli. Gli stereotipi su chi frequenta un'Accademia d'arte: una massa di nullafacenti che, secondo il pensiero comune, si drogano e finiscono per fare tutt'altro. E riguardo mia madre, al contrario di ciò che lui diceva, ero sicuro che nel profondo lei mi sostenesse di nascosto; davanti a mio padre si mostrava contrariata e dall'altro mi diceva chiaramente che era giusto che io seguissi la mia strada e che in me riconosceva del talento. Le chiesi più volte perché lasciasse che suo marito trattasse così tutti noi e lei tirava fuori la storia che stavano insieme da molto tempo, che lui in fondo era un buon uomo e che era contento per me. Lei non accettava la realtà dei fatti, ossia che era un frustrato egocentrico e che non era normale comportarsi così con me.

"Un padre dovrebbe essere contento che il figlio persegui i suoi obiettivi"- più di una volta le avevo ripetuto questa frase. Lei finiva per abbracciarmi e mi rassicurò dicendo che avrebbe continuato a pagarmi gli studi.

Ma la verità è che da quel momento, dopo quella brutta sfuriata, mio patrigno mi disse chiaro e tondo che non voleva più pagare la retta universitaria, che dovevo cercarmi un lavoro. Mia madre era una casalinga quindi a mantenere la famiglia era solo lui. Lei aveva accesso al conto del marito e fino a quell'istante era sempre stata solo lei ad eseguire i bonifici per continuare a studiare. Ciò che accadde dopo divenne un problema, perché mi rivelò che non poteva più prelevare in quanto il marito l'avrebbe scoperta.

Ricordo ancora il giorno in cui me lo disse.

Era un sabato ed io ero nella mia camera ad abbozzare qualche schizzo col mio carboncino. Entrò senza bussare e richiuse la porta alle sue spalle, probabilmente perché non voleva che lui sentisse.

"Ti devo parlare, figliolo"- mi disse mentre si sedeva sul mio letto.

La guardai per qualche istante e la raggiunsi, sedendomi a mia volta. "Che c'è, mamma?"

"Da ora in poi dovrai badare a te stesso"- era sul punto di piangere ma resistette.

"C-che intendi?"- le chiesi, temendo di sapere già la risposta.

"Tuo padre ha deciso così, Jungkook. Lui non ha mai condiviso la tua scelta di fare arte, lo sai. Dovrai cercarti un lavoro se vuoi continuare, altrimenti puoi sempre lavorare per lui e..."

"Non è mio padre e in ogni caso NON SE NE PARLA!" - urlai, alzandomi bruscamente dal letto.

Conobbe Jinsoo e si sposarono quando ero adolescente, da lì le cose presero una brutta piega. Fin dal primo giorno non mi piacque e mia madre col tempo se ne accorse.

Mamma si portò le mani sul viso e constatai che forse l'avevo spaventata, per cui cercai di correggere il tiro risedendomi e appoggiandole una mano sulla spalla.

"Scusa, non volevo spaventarti"

"Hai capito quello che ti ho detto?" - mi domandò seria.

"Sì, credo di sì" - sospirai.

"Io non posso più darteli, se ne accorgerebbe, sai che controlla la sua lista movimenti sul suo conto"

"Non è il SUO conto, mamma, possibile che non lo capisci? Sei sua moglie e ciò che è suo è anche tuo!" - ci tenevo a rimarcare il suo ruolo ma era troppo debole per reagire. Nonostante lui fosse un verme lei lo amava.

"Figlio mio, non ti arrabbiare ti prego..."

"No mamma, non sono arrabbiato ma deluso. Dove lo trovo un lavoro? Non ho neanche esperienza e il mio curriculum fa schifo"

"Dovrai pur cominciare prima o poi, no?"

Non condividevo questa decisione perché se andavo in Accademia era per imparare un mestiere; solo una volta laureato avevo in mente di cercare lavoro inerente all'arte.

"C'è un amico di tuo padre che sta cercando qualcuno che gli pitturi casa, magari potresti provare a..."

"No"- affermai in modo categorico - "non sono un imbianchino e in ogni caso si tratterebbe di due volte o poco più, non sarebbe qualcosa di stabile"

Mia madre si alzò e la sua espressione cambiò repentinamente. "Ascoltami bene, Jungkook, non costringermi a dare retta a tuo padre! Se vuoi proseguire gli studi devi arrangiarti, non te lo ripeto più". Il suo tono di voce decisamente cambiò e potevo percepire il suo fastidio. "Piuttosto, da quanto è che non dai un esame?"

Quella domanda mi spiazzò. Si era accorta che ero fermo da un po' e dopotutto la cosa non mi sorprese; non l'avevo più messa a conoscenza di quello che stavo preparando, mi limitavo a disegnare e ad accumulare pile di fogli scarabocchiati. A me piaceva davvero quello che studiavo ma un blocco mi sovrastava e non sapevo neanche io il perché.

Starmi a presso non doveva essere facile per lei, non volevo bocciare la sua proposta ma ragionando la mia affermazione non fu sbagliata. Con pochi spiccioli di certo non sarei riuscito a pagare il corso. L'Accademia era troppo importante per me, era tutto ciò che avevo e non intendevo per nessuna ragione mollarla.

Sospirai nuovamente e quando fui sul punto di risponderle alzò i tacchi e uscì dalla stanza.

"Fanculo!" - sbraitai tutto d'un fiato.

Mi portai le mani sulle tempie e mi ripiegai su me stesso. Avevo una gran voglia di piangere ed ebbi l'impulso di prendere la lametta e tagliarmi. Da quanto lo facevo? Da un po'. Non lo sapeva nessuno, non l'avevo detto nemmeno ai miei migliori amici e feci in modo che non lo venissero a sapere, per quello portavo sempre vestiti a maniche lunghe. Ero consapevole che facendo così non avrei risolto nulla ma ogni volta lo facevo per sentire qualcosa, anche se a prevalere era il dolore e in qualche modo questo era un sollievo. Dopo una breve esitazione presi il telefono e mi sdraiai. Decisi di scrivere al mio amico Taemin. Quella sera sarei uscito perché avevo una gran voglia di sbronzarmi.

JK: ehi...

Taemin sta scrivendo...

TMN: ciao bro, come stai?

JK: stasera andate al Deor?

TMN: credo di sì, perché?

JK: vengo anche io, vi raggiungo

TMN: sei sicuro?

JK: sì, cazzo. Perché!?

TMN: l'ultima volta hai esagerato con l'alcol, a malapena ti sei trascinato a casa.

Non sopportavo quando mi faceva la paternale. Avevo 25 anni e anche il diritto di fare quello che volevo, così sbottai.

JK: non rompere il cazzo, Taemin. Basta il mio patrigno per quello.

Visualizzò il messaggio ma non rispose. Forse c'era rimasto male ma poco mi importava, avevo solo bisogno di svagarmi e quella notte sarei rimasto al locale fino all'alba pur di non restare a casa. Il Deor era il nostro punto di ritrovo abituale, tutti i weekend andavamo lì, era una sorta di discopub, si mangiava, si beveva e si ballava. Quella sera mi sarei scatenato. Buttai un'occhiata all'orologio appeso alla parete.

"Già le 20:00" - dissi ad alta voce.

Mi alzai dal letto e aprii l'armadio alla ricerca di qualcosa da mettermi. Optai per un outfit decisamente dark: maglietta color burro con sopra chiodo di pelle, jeans neri strappati e aderenti, anfibi e accessori a volontà. Decisi di mettermi anche la matita nera negli occhi e lo smalto, ribellandomi contro Jinsoo che svariate volte, quando mi vedeva le unghie laccate, disse che sembravo un frocio. Ero omosessuale ma a saperlo erano solo i miei amici.


Mi preparai di tutta fretta e sgattaiolai fuori dalla finestra per poi rinchiuderla piano per non farmi sentire. Mi diressi verso la fermata dell'autobus che era a pochi metri da casa mia e aspettai. Iniziò a piovere e cercai riparo sotto la pensilina che constatai pochi secondi dopo essere rotta. Alzai lo sguardo, chiusi gli occhi e lasciai che la pioggia scorresse sul mio viso.

"Che bello" - sussurrai. Attesi il mezzo che arrivò praticamente subito.

Durante il tragitto guardai fuori dal finestrino per tutto il tempo. Luci, gente intenta a ripararsi dalla pioggia scrosciante, senzatetto ai margini delle strade. Mi sono sempre chiesto: chissà com'è la vita di ognuno; ogni persona che incrociamo per strada chissà come se la passa, che problemi ha, che lavoro fa... Era in una fase in cui pensavo molto, scrutavo ogni dettaglio e mi interrogavo sull'esistenza. Mi ero chiuso molto in me stesso come mai prima d'ora, sentivo di non stare bene già da diverso tempo e sfogavo questo mio malessere dipingendo, disegnando, bevendo e tagliandomi. Avevo una gran voglia di piangere ma non lo feci, quella sera l'avrei dedicata a bere a dismisura, almeno l'alcol mi avrebbe aiutato a dimenticare e ad evadere dalla mia routine fatta di disperazione e rancore.

Pigiai il bottone rosso per prenotare la fermata successiva e mi alzai dal posto in cui ero seduto tenendomi alla maniglia. Nell'autobus c'erano poche persone e poco più in là un gruppetto di quattro ragazzi mi guardava e rideva. Non potei fare a meno di sentire i loro discorsi e constatai che mi stavano prendendo in giro.

"Ha anche lo smalto come le femmine"

"Già, che schifo"

"Sarà sicuramente frocio"

Ecco, non bastava quella testa di cazzo di Jinsoo a darmi quell'appellativo, no, ci si mettevano anche dei ragazzini. Portai la testa da un lato e dall'altro cercando di contenermi ma all'ennesima offesa, poco prima di scendere, dissi a gran voce:

"MEGLIO FINOCCHIO CHE STRONZO, TESTE DI CAZZO!"

Ne avevo abbastanza di quei teatrini. Uno di loro fu sul punto di replicare ma ecco che il mezzo si fermò e aprì le porte. Scesi dal veicolo e ad accogliermi fu la pioggia che iniziò nuovamente a scendere con forza. Fredda e sprezzante lasciai che mi inumidisse il volto finché non ebbi l'impeto di liberarmi e urlare

"VAFFANCULO! E ANDATE A FANCULO TUTTI QUANTI!!!!!" - sbraitai.

***
Angolo autrice:

18 giugno 2023 - Siamo già a 764 letture in pochissimo tempo 😍
Grazie 💜

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