Pov's Chanel
Ieri sono stata bene con Ciro, su quella prua della barca, eravamo tranquilli a fumare, come se non fosse successo nulla, come se fossimo sempre noi, anche se la verità purtroppo non è questa.
È un altro giorno qui all'IPM, e oggi ho di nuovo il colloquio con mia madre, e spero di vedere anche mio padre e mio fratello stavolta, ma non ne sono sicura.
"Buongiorno amo'!", mi dice Naditza dandomi un bacio sulla guancia, seguita anche da Silvia.
Le sorrido e ricambio il loro buongiorno.
"Che tien?", mi dice Silvia preoccupandosi.
"Nun teng tant genij oggi, tutto qua. Song nu poc stanc.", dico in parte la verità, e loro annuiscono comprensive.
"Jamm e t magn qualcosa per colazione.", mi prende sottobraccio Naditza e insieme ci dirigiamo verso la mensa, dove già erano tutti seduti.
Come sempre appena entriamo tutti gli occhi della sala finiscono su di me, compresi i suoi occhi neri, quei dannati occhi neri..
La gente continua a guardare a sento qualche ragazzo fare battute poco desiderate sul mio fisico.
Sono pronta a rispondere a tono, quando una mano sbatte con forza sul tavolo e la sua voce.
"Avit finit rè fa battut su a uagliona mij?!"
Si rigirano tutti, tornando a fare quello che stavano facendo prima della mia entrata.
In risposta alla sua frase lo guardo male, e lui mi manda un bacio volante, che faccio finta di schivare, per poi sorridergli da stronza. Mi guarda male, ed io mi giro e con Naditza e Silvia andiamo a prendere qualcosa da sgranocchiare al bancone.
Mentre prendo un bicchiere di latte con un po' di frutta sento prendermi i fianchi da dietro, e voltando di poco lo sguardo noto un caschetto di capelli biondi e due occhi azzurri, Pino.
"Buongiorno pinù.", gli sorrido.
"Buongiorno vita mij!", mi abbraccia.
Quant'è carino, mi fa veramente stare bene questo ragazzo.
"T'agg ric na cos aropp, ricuordm.", mi dice, io annuisco e lui torna al tavolo di Ciro, dove anche Edoardo alza la mano in segno di saluto ed io gli sorrido in cambio.
Vedo che fa un'espressione sorpresa e io e Ciro nel vederlo ridiamo.
"Jamm a sedè amo'.", mi prende per un braccio Silvia e mi trascina al tavolo dietro quello di Ciro.
Mi siedo proprio sulla sedia che permette a me e lui di stare schiena contro schiena, e permette anche ad entrambi di ascoltare i discorsi sia dell'uno che dell'altro.
Comincio a mangiare una mela, mentre Naditza e Silvia parlano del Natale, che poco a poco si avvicinava, e parlano dei permessi e di dove sarebbero andate se l'avessero avuto. Io me ne stavo sulle mie a pensare al primo Natale senza Francesco, e al primo Natale qui, senza la mia famiglia.
Non mi accorgo che quella clown di Viola si è avvicinata al nostro tavolo, e mi rivolge parola con un sorrisetto fastidioso in volto.
"Cosa chiederai a Babbo Natale, un nuovo migliore amico?"
E ess comm cazz fa a sapè sta cos? Il mio respiro si fa irregolare, non penso di riuscire a trattenermi.
In un millisecondo sento la sedia di Ciro stridere e lui prende Viola per il collo, tirandogli uno schiaffo subito dopo. Mi viene poi vicino, seguito dalle mie 2 amiche, Edoardo e Pino, che mi tiene la mano.
La guardo, e lei continua a stare davanti a me e a sorridere.
Provo ad alzarmi con un impeto di rabbia, ma Ciro mi prende la faccia e mi gira verso di lui. Lo sta facendo per farmi calmare, e lo so, ma guardare gli stessi occhi della persona che ha ucciso Francesco, non mi fa bene e non mi aiuta. Lo sposto e vado faccia a faccia con Viola, prendendogli la faccia.
"Iss nun o tien ra tnè ind a uocc toj, aie capit!
Rind a uocc toj sul e cazz c ponn sta, e mo' vatten prim c t'accir cu e man mie! Zoccl e merd."
Prova a prendermi i capelli, ma con uno schiaffo la stendo a terra e mi butto su di lei, colpendola in più punti, fin quando non sento due braccia che mi staccano da lei.
"Nennè bast. C stong ij.", mi sussurra Pino al mio orecchio mentre mi stringe forte a sè.
Vedo Ciro incapace di fare qualcosa, guarda solo malissimo Viola, e 2 secondi dopo, sparisce dalla mia vista.
Nel mentre, arriva il comandante che mi fa un cazziatone sulla violenza, sul perché ero qui, e altre cazzate, ma il mio unico pensiero è se Ciro stava bene.
Pov's Ciro
Quella strunz e Viola.. non sa mai starsi zitta, un altro motivo per il quale l'ho lasciata.
Mi ha fatto male vedere come lei si scostava dalle mie braccia, ma capisco bene che farsi proteggere da quello che ha ucciso Francesco non le faccia bene e non sia producente per la sua sanità mentale. Lo rispetto e capisco, ma c so rimast mal.
Torno in cella e mi giro una canna, seguito da Edoardo.
"Cirù nun c rimanè mal, ja famm pavà a Viola p avè itt chell cos."
"Eduà non è chest o punt, o punt è che Chanel nun s fid e me, e ij a capisc, manc ij me fiderei di lei se avesse fatto na cos e sto gener.", confesso rammaricato e in tono amaro.
Lui mi dà una pacca sulla spalla.
"Se tu hai fatto chell c'aie fatt ce sta nu motiv Cirù, è ver, aviss potut nun farl, ma chest fa vrè che pur si aviss fatt na cazzat, tien e pall. Francesco t'a infamat, a infamat a famigl toj, u sapv a che annav contr."
"Si, ma lei nu capisc eduà, ij m sent nu mostr to giur.", faccio un tiro a pieni polmoni di quella magica sigaretta, che subito mi faceva rilassare.
"Fratm sientm a me, Chanel si comporta come chiunque si comporterebbe se avesse pers nu frat, è normal ca è accecat ra rabbia, ma sott sott sa' ca nun tien tutt a colp tu."
"Grazie fratm.", gli sorrido e gli dò una pacca sulla spalla, ma lui mi abbraccia. Rido e lo stringo a me.
"Nun t c abituà eduà.", dico mentre mi stacco.
Prende la canna e fa diversi tiri prima di ripassarmela. Cominciamo a parlare di affari e di spaccio, ma arriva Lino a interrompere la nostra chiacchierata.
"Cirù colloquio."
Annuisco e lo seguo verso la sala colloqui, con ancora la canna in bocca.
Lì vedo già Chanel, seduta con sua madre, mentre fissa un punto davanti a sè. Seduto ad un tavolo c'è infatti suo fratello, Nazario. Perché non è seduto di fianco a lei?
Giro lo sguardo nella stanza, ma non vedo nè mio padre, nè Pietro.
Non sarà che..?
E invece sì. Nazario mi fa un cenno e mi avvicino al suo tavolo. Chanel ci guarda, guarda Nazario, ma non con rimprovero come mi sarei aspettato, quasi contenta di vederlo.
"Ciao Ciro.", mi saluta.
Gli faccio un cenno e mi siedo.
"Accussì s salut nu cumpagn?", si alza e mi abbraccia.
Che cazzo succede? Anche lui, insieme alla sorella, aveva detto più volte che ero un infame e che non mi voleva più vedere.
"Assiett, parlamm nu poc."
Mi risiedo.
"C vuò?", domando non fidandomi di lui.
"M dispiac Cirù, ij sto annan contr a sorm che sta dietr nuje p parlà cu te. Nun t'agg rat mai mod e spiegà comm song andat e cos che Francesco, mo' vogl sapill, me manc u cumpagn mij. Agg pers nu frat, e co iss pur sorm nun c sta cchiù, ma s ce sta nu mod p pigliamm di nuov a te lo faccio."
Lo guardo fisso negli occhi, e il mio scudo di cemento sembra quasi cedere.
È il primo. Il primo a perdonarmi, il primo a credere di nuovo in me, ancor prima che lo faccia io. Mi perdonerò solo quando lei perdonerà mai, ossia mai in pratica.
"Sij sicur nazà? Ij nun t vogl mett contr sort. Ra quann sta cà sto facenn mal pur a ess, m vir ogn juorn e le facc schif. Capì nazà? Ess m schif.", asserisco in tono freddo, finendo la mia canna e buttandola dalla finestra lì vicino.
Qua posso fa come voglio, ognuno ha un suo ruolo qua, ed io sono il capo e come tale faccio ciò che mi va, come fumare.
"Cirù ess prim o poi capirà, p mo' piens a nuje. Ij te pozz aiutà pur cu l'affar, putimm magnass Napule insiem a fratt e a Eduard, che sacc c pur iss sta cà rind."
"Sta cà pur iss, ma ess nun c vuò fa amicizia p nun sta vicin a me.", sbuffo una risata sarcastica.
Lui scuote la testa ridendo.
"Sorm è na cap tost, e so sicur c mo' già che ij song di nuov ra part toj, ess cambierà idea su di te. Francesco non ce lo ridarà nisciun, ma ess addà vivr. E se è nnamurat e te, e tu e ess, nun tnit ra sta luntan."
Mi giro e la guardo. Lei si alza e viene verso di noi, abbassandosi leggermente e guardando il fratello.
"T si schierat a fin?", gli dice.
La madre gli tiene il braccio, ma lei lo guarda fissa aspettando una sua risposta.
"Miett a cap a post Chanè, iss è mort. Nisciun to può purtà aret. Vai avanti, comm stong facenn ij e impara ad ascoltare.", la riprende, come se fosse una bambina.
Lei sorride sarcastica e volta lo sguardo verso di me, ma come se fosse punta da qualcosa, si rivolta subito verso suo fratello, e tirandosi su, dice: "A scelt è a toj nazà, non m ric c'agg fa, pcché u sacc buon ra sul. Già è tant si nun agg fatt giustiz pe iss e m stong buon."
Se ne va, e così me ne vado anch'io salutando Nazario, e sua madre, che mi fa un leggero sorriso spento, che io ricambio educatamente.
La sua famiglia mi sta perdonando, non so se suo padre sappia che loro mi hanno perdonato, tutti, tranne ess.
La raggiungo e la prendo per un braccio.
"Staser ric a Linu e venitt a piglià e t port addù me. A mezzanotte vien.", e senza lasciarle il tempo di rispondermi, vado via.