L'Alpha e l'Omega

By _Aka_ri_

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Stare in cima alla vetta può essere solitario se sei un Alpha che tutti vorrebbero. Lo è ancora di più se l'u... More

Prologo
Capitolo Uno
Capitolo Due
Capitolo Tre
Capitolo Quattro
Capitolo Cinque
Capitolo Sei
Capitolo Sette
Capitolo Otto
Capitolo Nove
Capitolo Dieci
Capitolo Undici
Capitolo Dodici
Capitolo Tredici
Capitolo Quattordici
Capitolo Quindici
Capitolo Diciassette
Capitolo Diciotto
Capitolo Diciannove
Capitolo Venti
Capitolo Ventuno
Capitolo Ventidue
Capitolo Ventitré
Capitolo Ventiquattro: il Numero Uno
Capitolo Venticinque: l'Ex Numero Uno
Capitolo Ventisei
Epilogo
Ringraziamenti

Capitolo Sedici

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By _Aka_ri_

IZUKU POV

Uno stronzo.
Un ipocrita.
Un bugiardo.
Ecco cos'ero: uno stronzo ipocrita bugiardo.
Dopo tutto quello che lui aveva fatto per me, dopo tutti i miei rifiuti, dopo tutto quello che gli avevo detto nel suo giardino, ero riuscito a rovinare tutto con la mia linguaccia.
I suoi ringhi, gli ululati e le esplosioni mi riempivano le orecchie anche se lui era andato via da ormai più di due ore.
Le mie dita passarono sopra il segno fresco di quel marchio tanto desiderato quanto temuto. Potevo sentire il leggero odore di caramello che riempiva i miei pensieri, ma non era così intenso come avrebbe dovuto essere.
Era debole come me. Era rotto come il cuore di Kacchan. E tutto per colpa mia. Sempre per colpa mia.
In fondo lui mi chiedeva solo di aspettare. Aspettare di essere in forze e che il legame fosse saldo. Mi chiedeva solo di mettere me stesso al primo posto per una volta. Non era la fine del mondo dargli ascolto, non era la fine del mondo godermi una cosa bella. Non era la fine del mondo allentare la presa, anche solo per una volta.
Aprii la porta e scesi lentamente le scale: il salotto era un completo disastro. Il divano era da buttare, i mobili erano distrutti e i pochi quadri appesi erano finiti in cenere. Vetri rotti riempivano il pavimento e l'aria era satura di rabbia e tristezza. Quell'odore di bruciato avrebbe riempito la casa per settimane.
Andai ad aprire la finestra ma l'aria pulita non voleva entrare, era come se avesse voluto dirmi "Se vuoi aria pulita dovrai respirare tutto il suo dolore.". Inspirai a fondo e non riuscii a trattenere le lacrime, alla fine ero sempre il solito piagnucolone combina guai.
Piansi per un'ora buona, aspettando davanti alla porta che lui tornasse. Ma non si era ancora fatto vivo, Kacchan non stava tornando.

Ho fatto un casino. Non mi vorrà più. Nessuno vorrebbe mai un omega del genere. Mi lascerà solo e me lo merito.

Kacchan... Kacchan...

Ripresi a piangere mentre il suo nome usciva dalla mia bocca come una litania. I miei uggiolati potevano essere sentiti per tutto il quartiere, ma nessuno osò avvicinarsi alla casa carica di feromoni territoriali del noto Alpha biondo.
Ero così preso a disperarmi che non mi accorsi nemmeno che la porta si aprì e un paio di braccia grandi mi abbracciarono. Quelle braccia mi strinsero forte e mi sollevarono dal pavimento sporco. Aprii gli occhi e vidi solo una spalla coperta da una maglietta scura. Alzai lo sguardo e vidi il suo viso: mandibola scolpita ma tesa, occhi rossi taglienti ma tristi.

— Ka-Kacchan!

Mi strinsi a lui come se potesse svanire. Mi arrampicai sul suo corpo come se avesse potuto lasciarmi cadere da un momento all'altro. Lui non disse nulla, mi appoggiò delicatamente sul letto e mi avvolse in una coperta per poi sparire dalla stanza. Tornò dopo cinque minuti con del Katsudon caldo in una ciotola e me lo porse, sempre senza dire nulla. Non mi guardò in faccia nemmeno una volta, nemmeno quando lo chiamai. Uscì dalla stanza e mi lasciò solo a mangiare. Il riso era caldo, la carne croccante e mangiai in silenzio ascoltando i rumori che venivano dal salotto: Kacchan stava riordinando, per quanto fosse possibile, e spostando nel giardino sul retro i mobili.

Mi avvicinai alla finestra e lo vidi nel centro del giardino. Mi dava le spalle, ma era ovvio cosa i suoi occhi fissassero: il gelsomino. Quella scena mi distruggeva. Avevo distrutto Kacchan.

Lasciai la ciotola mezza piena sul comodino e mi precipitai da lui. Dovevo spiegarmi, dovevo scusarmi. Dovevo fargli capire che io lo volevo davvero.

— KACCHAN! Ti prego, as-ascoltami. Io... io sono uno stupido. Mi dispiace! Non intendevo, non volevo dire quelle cose, io...
— Non preoccuparti. È normale che tu cercassi un alpha per proteggerti dopo quello che ti è successo. Ma non serviva mentirmi. Non serviva dirmi che mi amassi se volevi solo soddisfare un bisogno biologico.
— Co-cosa? Io- Non ho mentito! Ti-ti amo Kacchan! So che ho sbagliato, so che mi sono comportato da idiota ma, ti prego! Credimi.

Si voltò e finalmente mi guardò: i suoi occhi erano vuoti.

— Quando vorrai potrai andartene. Quando vorrai potrai tornare. Ormai io sono legato a te. Lo sono sempre stato, che ti piaccia o meno. So che non mi vuoi, non mi hai mai voluto davvero, perciò sentiti libero di vivere la tua vita come vuoi. Ti preparo la stanza degli ospiti.

Mi superò rientrando in casa, prestando attenzione a non toccarmi. Rimasi in giardino a fissare il nulla.
Avevo rovinato tutto.
Inutile dire che piansi di nuovo, ma quella volta nessuno venne ad abbracciarmi.
Quando entrai lui stava trafficando ai fornelli. Sul bancone della cucina erano già pronti due piatti in cui mettere le porzioni calde e, accanto ad uno di questi, si poteva vedere una scatoletta con dentro varie pillole colorate. Le mie medicine. Mi misi seduto in una sedia e lo guardai cucinare nel silenzio più totale.

— Vai pure a stenderti. Quando è pronto ti porto la roba. Domani verranno a portare i mobili nuovi.

Mi stava cacciando dalla cucina e io feci come mi disse. Feci il bravo omega e obbedii all'alpha.
Dopo dieci minuti che ero steso sul letto singolo nella stanza degli ospiti mi portò il piatto con verdure e cereali. Appoggiò sul comodino una bottiglietta d'acqua e le medicine. Sostò un momento sulla porta e sospirò per poi andarsene, chiudendo la porta alle sue spalle.

I giorni presero a passare e Kacchan continuava a ignorarmi. Si comportava da bravo Alpha: mi nutriva, lavava, controllava che prendessi le medicine, mi allenava. Ma non parlava con me o non mi toccava se non obbligato, non mi urlava nemmeno più contro. E io mi sentivo sempre più colpevole. Dovevo fare qualcosa per fargli capire che volevo lui, che rivolevo il solito Kacchan.
Mentre stavo sul freddo letto singolo ripensai alle parole che mi aveva detto un paio di giorni prima, quando lo avevo obbligato a parlarmi.

Smettila. Stai reagendo così solo perché è la biologia ad importelo. Col tempo riuscirai ad ignorare questo bisogno di starmi vicino.
Cosa? Ka-Kacchan! Io... Non è biologia! Voglio davvero stare nella tua stessa stanza, voglio davvero tenerti la mano, voglio davvero abbracciarti... Voglio...

Ma lui non aspettò che io finissi di parlare e se ne andò chiudendosi la porta della sua stanza alle spalle, impedendomi di seguirlo.
Era davvero così convinto che fosse solo biologia? Era davvero sicuro che io gli avessi mentito solo per potermi approfittare di lui?

Aspettai che si addormentasse dopo un allenamento intensivo, mi intrufolai nella sua stanza e inspirai a fondo quell'odore che mi mancava: caramello speziato. Cercai con gli occhi pesanti di sonno la sua figura sul letto. Era in mutande sopra le coperte che dava la schiena alla porta. Presi il coraggio a due mani e mi avvicinai all'alpha addormentato, mi sedetti sul bordo del letto e mi sistemai vicino a lui iniziando a disperdere il mio odore di gelsomino e pioggia. Cercando di non svegliarlo mi misi comodo e mi stesi accanto a lui, ma non lo toccai per non svegliarlo.
Il cuore mi si fermò in petto quando Kacchan si voltò, ma i suoi occhi restarono chiusi, così sospirai sollevato e mi misi a fissare il suo viso rilassato.

— Kacchan... ti prego, perdonami.

Avvicinai le mie labbra alle sue semi schiuse, ma non riuscii a colmare la distanza, sembrava violare i suoi spazi. Mi sembrava di violare lui.

— Izuku...

Trattenni il fiato e alzai velocemente lo sguardo sui suoi occhi. Chiusi. Stava ancora dormendo. Mi accoccolai al suo petto e lui strinse istintivamente le braccia mugugnando soddisfatto nel sonno.
Sarei dovuto sparire da lì prima che si svegliasse, non volevo litigare con lui di prima mattina, anche se almeno così mi avrebbe degnato di qualsiasi cosa, visto che mi ignorava ormai da non sapevo più quanto.
Chiusi gli occhi beandomi del suo profumo e mi addormentai.

Qualcosa di fastidioso stava disturbando il mio sonno.
Qualcosa che suonava a ripetizione, come una sveglia, ma più forte.
Mi rigirai nel letto cercando la fonte del rumore, ma caddi col sedere a terra. Il tonfo sordo dell'impatto fece svegliare anche qualcun altro, che si sporse dal letto e mi fissò, per un attimo stupito, con due occhi rossi assonnati.

— Pensi di rispondere a quella merda di telefono?

Il suo tono freddo veniva tradito dal suo sguardo. Sorrisi appena e raggiunsi il cellulare abbandonato sul comodino e misi in vivavoce.

— Pronto?
— Midoriya, scusa l'insistenza, ma non possiamo più aspettare. Devi venire a parlare con Chisaki oggi.

La fronte di Kacchan si corrucciò, ma non disse nulla continuando ad ascoltare.

— Si, lo so. Ma come risolviamo la questione marchiatura? So di non correre più-

Kacchan mi mise la mano sulla bocca per fermarmi dal continuare la mia frase. Lo guardai con le sopracciglia leggermente alzate. Perché non potevo dire a Shōto che ero marchiato?

— Non preoccuparti. Chisaki è stato trasferito al Tartaro questa mattina, perciò sarai protetto dal vetro al centro della stanza colloqui. Bakugō è con te?
— Che cazzo vuoi da me?
— Riesci a portarlo al Tartaro oggi alle 12:00? Altrimenti vengo a prenderlo io, forse è meglio in effetti...
— No. Lo porto io.

Kacchan chiuse la chiamata e si alzò come se non fosse mai avvenuta. Il suo sguardo tagliente si posò sulla sveglia: segnava le 9:00.

— Fai colazione e preparati. Dobbiamo passare da te a prenderti dei vestiti decenti. E non pensare di passarla liscia. Non ti ho detto che puoi dormire con me per soddisfare i tuoi bisogni da omega.

Il poco colore che avevo sul viso defluì e mi lasciò pallido. Lui credeva davvero che lo stessi usando solo perché mi faceva comodo?
Stava per uscire dalla stanza, ma mi alzai in piedi e lo fermai con il Black Wip.

— Katsuki, ora basta. Non puoi continuare a ignorarmi per sempre! Cosa devo fare per farti capire che sono sincero quando dico che ti amo e che ti voglio, non solo come Alpha ma anche come compagno? Ti prego, parlami.

Lui mi fissava dalla porta, intrappolato nel mio quirk, senza vie di fuga. Ma dalla bocca di Kacchan non uscì nulla.

— Tu... Tu vuoi, vuoi... Cosa vuoi tu?
— Tsk!

Si liberò velocemente dalla mia presa e si fiondò su di me facendomi cadere all'indietro sul letto. I suoi occhi erano sottili e taglienti come lame, arrabbiati e tristi insieme.

— Cosa voglio?! La stessa cazzo di cosa che voglio da quando ricordo! Voglio te, idiota! Voglio stare con te, avere una famiglia con te, combattere con te, vincere con te! Ma tu? Le vuoi queste cose?

Continuava a starmi sopra, bloccandomi il petto con un ginocchio. Il sole filtrava dalle tende e alcuni raggi lo colpivano rendendolo simile ad una divinità greca. Il suo petto si alzava e abbassava velocemente mentre aspettava una mia risposta.
Io avevo mai pensato di desiderare quelle cose?

No.

Ma io volevo quelle cose? Le volevo con Kacchan?

— Si.

Era un sussurro, ma lui mi sentì. Espirò, facendomi arrivare in faccia il suo odore sollevato. Mi tolse il ginocchio di dosso e mi porse la mano per aiutarmi ad alzarmi. La accettai più che volentieri e una volta in piedi, davanti a lui, usai Float per arrivare all'altezza del suo viso e, finalmente, lasciare un bacio a fior di labbra sulla sua bocca.
Lui mi strinse e poco dopo uscì dalla stanza per andare a preparare la colazione, caffè e una barretta ai cereali.
Prima dell'incontro Kacchan mi obbligò a fare alcuni esercizi per tenere il fisico allenato e poi mi aiutò a fare una doccia, non senza le mie lamentele -potevo farla benissimo da solo- e non senza le sue sfuriate e occhiate al cielo.

Erano le 11 quando finalmente uscimmo dal mio appartamento in cui mi ero cambiato. Sotto la rigida osservazione di Kacchan, avevo optato per una maglia a collo alto e dei jeans, il tutto accompagnato dalle famigerate scarpe rosse e un cappello con visiera. La maglia a collo alto l'aveva voluta Kacchan.

— Mettila, così quello psicopatico non vedrà il marchio.

Quella era la sua scusa, ma io non potevo non chiedermi se lui volesse che qualcuno lo vedesse davvero...
Salimmo in macchina, con Kacchan alla guida. L'auto sfrecciava indisturbata per le vie della città rendendo il paesaggio un'unica macchia di colori. La macchina era piena del nostro silenzio e dalla musica della radio, nessuno dei due sembrava intenzionato a dire nulla, ma i nostri odori mescolati parlavano per noi: eravamo entrambi preoccupati per questo incontro. Chisaki avrebbe collaborato? Ci avrebbe detto quello che volevamo sapere? Avrebbe davvero tradito il suo compare solo perché mi ero presentato? O non avrebbe detto nulla e ci avrebbe riso in faccia?
Queste domande dovettero aspettare perché salimmo sul ponte che conduceva alla famigerata prigione dove i Villain più malvagi erano rinchiusi. Mi mossi agitato sul sedile e subito una zaffata degli ormoni calmi e caldi di Kacchan mi arrivò al naso. Sorrisi e lasciai che il gelsomino si facesse strada fra i miei pori per poter raggiungere il naso dell'Alpha al mio fianco.
Quando la vettura si fermò scesi subito e mi feci strada verso il portone d'ingresso, dove un paio di figure in divisa ci attendevamo.
Le guardie ci controllarono velocemente e ci condussero verso una saletta d'aspetto dove Todoroki e Kirishima aspettavano.

— Midobro! Bakubro! Bello vedervi.

Il sorriso appuntito di Kirishima mi fece ridere leggermente e ricambiai il saluto per poi salutare Shōto, che non aveva una bella cera.

— Todoroki, ti senti bene?
— Eh? Ah si... solo, Momo è un po'... e i gemelli sono... eh, ma ce la caveremo. In fondo siamo eroi.

Sul viso del bicolore comparve un sorriso sincero. Ero contento per lui. Girai lo sguardo e notai Kacchan e Kirishima parlottare fitto-fitto fra loro. Mi avvicinai di soppiatto e riuscii a cogliere la fine della conversazione.

— Sono contento per te amico, te lo avevamo detto. Dovevi solo dargli tempo!
— Si... certo che mi ha fatto perdere diec'anni di vita quel nerd del cazzo. Ora devo solo... Che cazzo stai facendo, Deku?

Kacchan posò gli occhi rossi su di me e io arrossii vistosamente. Così tanto che Kirishima si mise a ridere, mentre Todoroki sghignazzò cercando di non farsi notare.

— N-niente Ka-Kacchan! Giuro!
— Tsk! Muoviamoci, così possiamo tornare ad allenarci.
— Bene, da questa parte allora.

Seguimmo Todoroki, che si fermò poco dopo davanti ad una porta grigio scuro. Si girò a guardarmi e poi spostò lo sguardo bicromatico su Kacchan.

— Bene. Entrerai da solo, ma le telecamere e i microfoni ci terranno informati di tutto. Cerca di ottenere tutte le informazioni che puoi senza promettere nulla. Sei fortunato che non potrà sentire il tuo odore o saremmo nei guai. La puzza del biondo esplosivo ti ricopre come un guanto.

Riuscii a trattenere Kacchan per un braccio prima che facesse esplodere il mio amico troppo diretto.

— Va bene, ho capito. Entro.

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