Carboncini

By nanniswritings

37.4K 2.6K 2.4K

[...] «Gnossienne No. 1 di Erik Satie partì in quel momento. Simone si avvicinò lento al ragazzo: le ciglia... More

Prologo - Decostruirsi
1. Scontri e incontri
2. Il kimono di seta
3. Un fattore inquinante
4. Gnossienne No. 1
5. Dolce Amaro
6. Disordine
7. L'erba è secca in Primavera
9. Tempera secca e quadri incompleti
10. Nessuno si salva da solo
11. Le onde che si infrangono su di noi
12. L'inverno porta via le lucciole
13. Il museo dei pezzi rotti
Epilogo. La leggerezza dell'Estate

8. Le lucciole sono luminose in Autunno

2.5K 181 257
By nanniswritings

[tw: violenza, abusi fisici,
utilizzo di sostanze alcoliche]

-Voi non dovete avere paura di tentare. Di buttarvi, di credere in voi stessi. È la paura di sbagliare che non fa vivere. Dovete gettarvi dai dirupi e dispiegare le vostre ali -.

Il professore di disegno dal vero camminava tra i cavalletti posizionati simmetricamente nella sala.

La luce bassa accarezzava le tele imbrattate, mentre la voce profonda di Alessandro era accompagnata dal rumore dei carboncini che strusciavano contro la superficie come un fruscio di foglie nel vento.

Manuel era nudo davanti a tutti: la luce lo colpiva come quel lontano primo giorno, proiettando ombre profonde sulla parte del viso in penombra.

Simone questa volta lo guardava senza imbarazzo. Un filo trasparente collegava le pupille dei due. Quel corpo l'aveva sfiorato con delicatezza, l'aveva toccato. La sua pelle, un tempo così remota, poteva ancora sentirla sotto i polpastrelli. Morbida.

- Non dovete pensare: io non sarò mai come Raffaello. Perché lui era proprio come voi. Giovane, spaventato... Voi dovete essere come lui, ma dovete essere anche meglio di lui -.

Il professore si posizionò per un attimo a fianco a Simone, rubandogli l'attenzione. Ma solo per un momento. Gli lasciò una pacca incoraggiante sulla spalla e, un passo dopo l'altro, raggiunse il cavalletto di Chicca accanto al suo.

Simone tornò a guardare Manuel che non aveva smesso neanche un secondo di scrutarlo. Non era importante il fatto che ci fosse Alice in prima fila a tentare disperatamente di cogliere la sua attenzione accavallando le gambe e spostando i capelli ricci da una parte all'altra senza un motivo apparente. Manuel vedeva solo Simone.

- Raffaello, un ragazzo tanto giovane che ha realizzato la Stanza della Segnatura appena giunto a Roma, perlopiù sconosciuto e circondato da tanti artisti rinomati. Lui si è gettato, e indovinate? Tutti gli altri sono stati licenziati - Alessandro enfatizzò l'ultima parola scandendola lentamente.

A Simone sfuggì un sorriso al ricordo della mattinata passata al museo solo una settimana prima. Pensò a tutte le cose che erano cambiate in quel lasso di tempo così breve.

Dall'appuntamento ai Vaticani tutti i giorni Manuel aveva bussato alla porta di Simone allo stesso identico orario.

Simone non l'aveva notato subito, ci aveva fatto caso solo la terza volta che era accaduto.

Il quarto giorno aveva notato come fosse diverso il suo nome pronunciato dalle labbra di Manuel dopo aver fatto l'amore.

Il quinto giorno aveva capito che il ragazzo gracile che giaceva nel suo letto adorava farsi accarezzare i capelli mentre fingeva di dormire, tradito da un sorriso beato che non riusciva a nascondere sotto l'accenno di barba incolta che stava lasciando crescere.

La passione di Manuel per la musica del passato Simone l'aveva scoperta solo il sesto giorno. Quanto l'aveva stupito sentirgli dire - Io quando faccio la doccia ascolto sempre Tenco -.

Gli aveva raccontato del suo amore per gli uccelli, - da piccolo volevo volare - aveva detto in uno dei loro incontri clandestini, - volevo essere libero come un uccello nel cielo, volare via da tutto e da tutti sul mare -.
Perché proprio sul mare? Gli aveva chiesto Simone.
- Perché il mare riflette il cielo così bene che sarebbe stato come fluttuare nel nulla, tra le nuvole -.
- E poi ho paura di nuotare - aveva aggiunto, - però il mare è così bello -.

Ora in quella classe Manuel lo osservava tanto intensamente che in quel momento, mentre il professore continuava a passeggiare tra i cavalletti, ebbe l'impressione che di lì a poco avrebbe potuto vedergli tutti i segreti dell'anima.

Simone tornò ad ascoltare Alessandro, le cui mani non avevano smesso un attimo di accompagnare le parole che stava sparpagliando per l'aula.

-...E lui è diventato il più celebre artista del suo tempo. Ma perché Raffaello ci ha creduto. Perché Raffaello ha avuto un cuore leggero. Per vivere bisogna avere un cuore leggero, per provare passioni, bisogna avere un cuore leggero, lasciatevi andare...-.

Simone fu catapultato nei ricordi di suo padre e in un attimo lo rivide accanto a lui, in piedi, con le solite mani dietro la schiena.

Gli occhi lo scrutavano da sotto la fronte segnata da profonde rughe, accompagnando la curva del sorriso incoraggiante che gli abitava il viso.

Appoggiò una mano sulla sua spalla, stringendola leggermente. Simone poteva sentire l'assenza del suo peso, che era più forte della presenza stessa.

"Per amare, bisogna avere un cuore leggero" mimò con le labbra, ma la sua voce non arrivò alle orecchie del figlio, sostituita invece da quella di Alessandro.

La mano di Dante passò sulla nuca di Simone, in un gesto che era familiare ad entrambi. Poi, lentamente, voltò il capo nella direzione di Manuel, e sorrise.

Simone seguì il suo sguardo, poi si voltò di nuovo. Un ragazzo disegnava indisturbato sulla sua tela la figura nuda che stava osservando.

L'immagine di Dante era tornata ad essere un ricordo lontano. Si voltò nuovamente verso il modello da studiare.

A Simone parve che Manuel stesse sorridendo, ma fu un movimento tanto impercettibile da svanire in un secondo, lasciandolo con la convinzione che fosse stato solo un gioco della sua mente.

Quando la lezione terminò Simone si incamminò verso di lui, ma Alice lo anticipò andandogli incontro.

Cercò di capire cosa si stessero dicendo, ma il vocio della classe e il via vai di gente che si incamminava verso l'uscita gli rese l'impresa molto più difficile.

Posizionò meglio lo zaino sulla spalla e cercò di scostarsi e avvicinarsi. Ma quando il campo visivo si liberò, vide le mani piccole e chiare di Alice stringere il collo di Manuel, per poi notare le loro bocche unite in un bacio vuoto e rapido.

Simone rimase lì, per qualche istante, e quando Manuel alzò lo sguardo verso di lui, si voltò per uscire dalla stanza. I piedi presero ad accelerare il ritmo, ma una voce che chiamava il suo nome si fece sempre più vicina.

- Simò, te sto a chiamà da un pezzo, m'hai fatto fa' 'na corsa - esordì Chicca con l'affanno.

- Scusami, volevo scappare da quella classe - disse, continuando a camminare.

- È per Manuel vero? - chiese l'amica, tirandolo per un braccio per farlo fermare.

Simone sospirò, la testa bassa.

- Sì - rispose, - ma non posso aspettarmi altro, lo sapevo a cosa stessi andando incontro. È solo che non li avevo mai visti insieme, in quel modo intendo - con una mano indicò la classe.

Chicca annuì, con un sorriso di comprensione sulle labbra.

- Poi non voglio spaventarlo, fino ad ora è andata così bene che non voglio che finisca. Magari ha paura, o magari non gli sono mai piaciuti i ragazzi e ora non vuole pensarci troppo - disse tutto d'un fiato, per poi sospirare alla fine.

Chicca gli afferrò una mano.

- Devi parlarne con lui, non potete continuare così. Deve prendere una decisione - gli disse, guardandolo dritto negli occhi. Dovette abbassarsi perché la testa di Simone era di nuovo rivolta al pavimento.

- Hai capito? - continuò, sollevandogli il mento con la mano.

Simone annuì e un sorriso amaro gli increspò le labbra.

Come sentendolo arrivare, Simone voltò il capo verso l'aula di disegno e vide Manuel raggiungerli con fare indeciso. Si era rivestito rapidamente, il collo della felpa era abbassato e lasciava intravedere una piccola porzione del suo petto. Il bomber lo teneva stretto tra le mani, in una palla indistinta di tessuto.

- Disturbo? - chiese titubante, guardando Chicca.

- No, io stavo per andarmene - rispose la ragazza, - comunque piacere, Chicca -.

Allungò la mano, che fu afferrata con decisione dal ragazzo.

- Piacere, io sono... -.

- Manuel - lo interruppe lei.

Il suo sguardo confuso passò su Simone e allora - Ti presentò Alessandro a lezione - rispose calma Chicca, il solito sorriso affabile sul volto.

Manuel si sentì sollevato e annuì, ricambiando il sorriso.

- Non c'è bisogno che vai, te lo rubo solo un minuto -.

- Stavo andando comunque, ho delle cose da fare, ci vediamo Simone - disse, allungando un bacio sulle labbra del ragazzo, il quale sgranò gli occhi stupito.

- Ciao Manuel, è stato un piacere - disse poi, lasciandolo esterrefatto e senza nemmeno aspettare una sua risposta.

- Ma che t'ha baciato? - chiese Manuel non appena Chicca si fu allontanata. Il suo sguardo era infuocato dalla gelosia, ma non l'avrebbe mai ammesso.

- E a te che t'importa? - domandò Simone, voltandosi per andarsene.

Manuel afferrò il braccio del ragazzo con fermezza.

-M'importa - sussurrò a denti stretti, l'espressione allarmata.

Simone provò a divincolarsi ma Manuel lo trascinò con sé nei bagni dell'Istituto. Una volta entrati nel locale umido, aprì con una spallata gli sportelli dei singoli bagni per verificare che non ci fosse nessuno. Nonostante l'orario frenetico e il cambio d'ora, erano tutti vuoti. Si avvicinò a passo svelto alla porta del locale e la sbarrò.

-Manuel, non puoi chiudere l'accesso al bagno - lo rimproverò Simone, ma ignorò con incuranza il suo tono preoccupato.

In un attimo gli fu addosso: la schiena fu spinta contro il muro, mentre Manuel gli sollevava le braccia sulla testa, tenendolo fermo.

Una scia di baci bagnati seguì la curva del collo fin sotto la mascella, per poi risalire e giungere sulle sue labbra. I loro occhi si sfiorarono, per un attimo, prima delle loro bocche.

Il respiro di Manuel, che era rimasto incastrato nel suo petto per tutta la mattinata, trovò finalmente la via d'uscita di fronte al ragazzo che lo stava osservando con gli occhi spalancati in un'espressione indecisa.

- Solo io te posso bacià - sussurrò Manuel, tra i sospiri che si erano impossessati di lui.

- Tu baci Alice, ma io non posso baciare altre persone - esordì Simone, incupito, mentre l'altro gli baciava il collo, l'orecchio, le guance. Manuel rallentò, fino a cessare qualsiasi movimento.

- Co' Alice è diverso... - disse, allontanandosi repentinamente.

- Perché non la lasci? - fu la domanda improvvisa di Simone.

Il silenzio pesò come un quintale sulle mattonelle scheggiate di quel bagno desolato. Per un minuto intero si sentirono solo i rumori degli scarichi rotti e il gocciolio di un lavandino che perdeva.

- Non posso farlo... -.

Altro silenzio.

Si dice che quando un bicchiere di cristallo cade, toccando violentemente il pavimento, esploda in mille pezzi minuscoli, come una bolla di sapone che scoppia. Un suono molto simile si generò nel petto di Simone. Nessuno poté sentirlo, nemmeno lui.

- Puoi farlo invece, puoi lasciarla e stare con me - disse, mentre una vena di malinconia indeboliva il suo tono.

Simone avanzò di un passo, ma Manuel guardava il pavimento, una mano a coprirgli il viso improvvisamente serio.

- Non posso stare con te - fu la sua risposta secca.

- Perché? -. Chiese Simone un secondo dopo. Perché non puoi stare con me? Pensò.
Perché non sono abbastanza?

- Perché è troppo complicato. Io non so... Io... - Manuel si coprì il volto con entrambe le mani. Sollevò la testa, si guardò intorno prima di appoggiarsi ad uno dei lavandini sporchi. I ricci chiari gli ricaddero sul volto.

Simone lo osservò per qualche attimo; il nervosismo prese il sopravvento allorché si voltò e cercò di togliere la sbarra dalle porte rotte del bagno. Manuel gli fu dietro in un attimo, impedendogli i movimenti.

- Lasciami uscire - esclamò con durezza.

Manuel non rispose, ma con il capo chino continuò a tenere fermo il ragazzo, evitando che le porte lo lasciassero libero. Libero di scappare via da lui. E magari di baciare altre labbra che non fossero le sue.

- Lasciami stare Manuel - urlò Simone, girandosi per guardarlo in volto, gli occhi pieni di astio.

Manuel sembrava così piccolo nella sua felpa larga. Gli occhi, appena visibili sotto i ricci increspati, lo supplicavano di restare.

- Ti prego... - provò a dire, ma la sua voce si ruppe in un lamento.

- Ti prego... - riprovò, questa volta con più decisione.

Un uccellino si avvicinò al davanzale della finestra, sbattendo rapidamente le ali. Li osservò, tentennando con la testa. Due saltelli e fu di nuovo in cielo, libero di volar via. Magari fin sul mare.

Manuel si avvicinò cauto al ragazzo che ora si era fermato, arrendendosi al tentativo di evadere da quella gabbia.

- Stasera ti passo a prendere... e ti porto in un posto, va bene? - chiese, allungando una mano sul viso di Simone; il quale evitò quel contatto, ma lo guardò dritto negli occhi, acconsentendo senza dire una parola.

Non si rese conto, Simone, di quanto Manuel stesse imparando a decifrare tutti i suoi silenzi.

***

Il prato umido non sembrava disturbarli.
Simone e Manuel erano stesi su un letto morbido di erba; sopra di loro, le stelle scintillanti coprivano le teste, danzando con i loro pensieri.

La campagna fuori città era vasta e disabitata. Di tanto in tanto un rudere punteggiava la distesa verde sotto di loro, che si trovavano in una zona di collina.

Lì alcune masse boscose macchiavano il paesaggio di un buio profondo ed inquietante. Dalla boscaglia fitta dietro le loro teste arrivavano spifferi di umidità.

Eppure, la serata non era particolarmente fredda. Nonostante l'autunno fosse ormai inoltrato, una piacevole brezza calda faceva vibrare i capelli di entrambi, insieme alle macchie informi degli ellebori che li circondavano di un profumo leggero. Qui e lì, sprazzi di colore chiaro illuminavano la piattezza del manto erboso.

Manuel fumava silenzioso, i suoi occhi erano chiusi. La luce lattea della luna gli accarezzava timidamente la pelle, schiarendola. Simone lo guardava con discrezione, cercando di non farsi notare.

- Mi stai fissando - esordì Manuel con gli occhi ancora chiusi.

Simone si girò di scatto verso le stelle sopra di loro. Guardò poi dal lato opposto, dove la moto dell'altro ragazzo era stata parcheggiata lungo la via, a qualche metro di distanza da loro.

- Non smettere, mi piace quando mi fissi - continuò, gli occhi sempre chiusi. Simone si chiese come facesse a vederlo.

Senza farselo ripetere due volte si voltò per guardarlo, e, nello stesso momento, Manuel aprì gli occhi e si girò verso di lui.

- Mi fai sentire come se fossi qualcosa di prezioso, quando mi guardi -.

- Tu per me lo sei - si lasciò sfuggire Simone.

Manuel strinse le labbra in un sorriso rassegnato, sospirando. Abbassò lo sguardo. Proprio in quel momento una piccola pallina luminosa si avvicinò al suo viso, illuminandoglielo. Arricciò il naso allontanandosi. Simone scoppiò a ridere.

Dopo qualche secondo, dalla zona boscosa dietro di loro, si levarono a mezz'aria fili luminosi di lucciole: volavano lentamente, illuminandosi ad intermittenza.

Non erano particolarmente luminose, sembravano stanche, ma in coro la loro luce riusciva ad illuminare i volti di un giallo chiaro. Si guardarono, sorridendo.

- Ti ho portato qui perché era il mio posto preferito quando ero piccolo - disse Manuel, accostando la testa a quella di Simone. Le lucciole danzavano sopra di loro, mescolandosi alle stelle.

- Ci venivo d'estate, mi sdraiavo nel buio e contavo le lucciole che uscivano -.

- Da solo? - chiese Simone, voltandosi per guardarlo. I ricci dell'altro gli pizzicarono il naso.

- Sì - rispose Manuel, sospirando nuovamente, - da solo -.

Un breve silenzio si insinuò tra i due, infranto presto da Simone.

- Ma le lucciole vanno in letargo in questo periodo - gli fece notare.

- Se so' svegliate pe' noi - disse Manuel, per poi voltarsi e guardarlo, - so' il nostro cielo stellato -.

Un sorriso riscaldò il volto di Simone.

- Che c'è? Nun me credi? E invece ti dico: le lucciole so' qui pe' noi. Io c'ho 'na teoria, che quando due anime affini si incontrano, qui, in questo preciso posto - Manuel indicò con un dito il terreno sottostante, - proprio qui... le lucciole, che de questi tempi stanno dormendo la notte più lunga dell'anno, si svegliano ed allietano i sognatori stesi sui campi di elleboro... -.

Simone rise per il registro elevato ed aulico dell'altro.

- Al massimo è il riscaldamento globale - disse con tono saccente.

Manuel roteò gli occhi infastidito e - A Simò, e che palle - esclamò, posizionandosi a cavalcioni sopra di lui.

- M'ammazzi 'a poesia così -.

I ricci di Manuel ricadevano sulla fronte di Simone, mentre i loro bacini si scontrarono timidi. Simone schiuse le labbra, ma nessun suono fuoriuscì.

-Anime affini eh? - osò chiedere, infine.

Manuel non rispose, ma un angolo della bocca si sollevò in un timido sorriso.

- Ora ci sei tu tra le stelle e le lucciole - disse Simone in un filo di voce, - Sei bello come una lucciola di notte -.

Manuel fece incontrare i loro nasi, mentre le mani di Simone salirono lungo le sue gambe, per sfiorare le natiche ed insinuarsi sotto la maglia fin troppo leggera.

A contatto con le mani fredde di Simone Manuel rabbrividì, ma una sensazione di disagio lo attraversò più irruenta quando le dita sfiorarono il suo fondo schiena.

Lì, dove Simone si imbatté con la ruvidità della sua pelle che si alzava in maniera irregolare, rompendo con la morbidezza e l'omogeneità del resto del corpo.

Un'irregolarità che non aveva mai notato prima.

Simone accarezzò di nuovo quel lembo di pelle, con un'espressione confusa sul volto.
Tornò indietro con le dita, insoddisfatto, e ricalcò quelle cicatrici tanto profonde quanto in rilievo che ricoprivano parte della sua schiena.

Manuel era immobile, sopra di lui, gli occhi chiusi. Simone non riusciva a leggere nessuna emozione sul suo volto.

Quando cercò di liberarsi dalla presa di Simone, venne immobilizzato e stretto in un abbraccio: Manuel ricadde sul suo petto, inerme, stringendosi nel suo collo, aggrappandosi con forza alla felpa calda dell'altro.

- So' di quando ero più piccolo - proferì, sussurrando all'orecchio di Simone, quasi leggendo i mille dubbi e quesiti che si erano insinuati nella sua mente.

Simone accarezzò i suoi capelli, aspettando, e sperando, che l'altro continuasse. Manuel respirava in maniera irregolare, cercando un modo per articolare i pensieri, invano.

Passarono alcuni minuti di totale silenzio, in cui solo il canto degli alberi attraversati dal vento giunse alle orecchie dei due ragazzi.

Le lucciole continuavano ad aleggiare su di loro, come spettri di un mondo lontano. Sopra ancora, le stelle tremolanti saturavano l'immensità oscura della notte, spettri a loro volta di qualcosa che era cessato d'esistere.

- Me li ha fatti mi' padre - continuò, e una mano si strinse ancora più forte alla felpa di Simone.

- Potrà sembrarti strano, ma so' contento che sia morto. So che tu stai male per la morte di tuo padre, e ce credo pure, era uno incredibile... - prese una pausa, per poi continuare - ma mi' padre era un mostro, e la sua morte è stata la più bella delle liberazioni per me -.

Simone lasciò un bacio sulla testa di Manuel, restando con le labbra sui suoi capelli.

- Era uno violento. Gli uomini a volte so' dei mostri. Penso fosse molto infelice della sua vita. Ha conosciuto mi' madre quando erano al liceo. L'ha messa incinta e ha dovuto abbandonare tutti i suoi sogni futuri. Io credo che m'odiasse pe' questo. Me so' sentito sempre un peso - una lacrima scivolò via dal viso di Manuel, inumidendo il collo di Simone. Lo strinse più forte al petto, per paura che potesse disintegrarsi in mille pezzi e volare via da lui, tra le stelle.

- Penso che a 'na certa abbia iniziato a bere troppo, questo ha portato all'inizio dei miei tormenti e alla fine della sua lurida vita -.

Prese una pausa, sospirò. Simone non sembrava lasciare la presa intorno a lui, ancorato al suo corpo come una catena indistruttibile.

- Ha distrutto il sorriso de 'mi madre. Com'era bella quando rideva. Ora non lo fa quasi più.
Quando ero bimbo, credevo che fosse quella la normalità. Credevo che fosse normale ricevere uno schiaffo per una parola di troppo. Ma poi dallo schiaffo s'è passati al pugno, poi... alla cintura, che me faceva sti segni qui... - con la mano indicò la sua schiena. Simone tornò ad accarezzargli le cicatrici.

- Da piccolo sognavo lui che entrava nella mia camera e mi fissava con gli occhi tutti neri, lo sguardo cattivo. Era un incubo che avevo quasi tutte le notti. Io restavo fermo, immobile, in attesa del mio destino. Era il sogno di un codardo. Perché, nella vita reale, quando iniziava ad essere troppo violento, io scappavo via. Me sentivo un perdente a lascià mi' madre co' quel mostro, ma avevo paura. Ed ero un bambino. Scappavo via, pure de notte, e venivo qui. Ce stavano ste lucciole, le stelle, me pareva 'na favola. Per un attimo chiudevo gli occhi e sentivo solo il vento leggero, il canto notturno dei gufi, l'erba sotto le mie mani. E me potevo immaginà n'altra vita... ma in verità volevo solo che qualcuno me salvasse... -.

- Con me ce stava sempre il lettore de dischi, de quelli vecchi, te ricordi? - chiese, accennando un sorriso e alzando leggermente il capo per guardare Simone.

- Ti dimentichi che io sono più piccolo di te, ce stavano già quei cosetti touchscreen -.

- E c'hai ragione, so n'vecchio - rispose Manuel, rimettendosi al suo posto.

- E che ascoltavi? - chiese Simone, riportando il discorso sui binari precedenti.

- Ascoltavo Tenco -.

Simone sollevò la testa per guardarlo meglio.

- Fammi ascoltare qualcosa, allora - gli disse, con un sorriso caldo ed incoraggiante.

Manuel si sollevò lentamente e si mise a sedere. Tastò l'erba con le mani, alla ricerca del suo cellulare. Il display troppo luminoso lo accecò per un attimo. Simone restò a contemplare i lineamenti di quel ragazzo in religioso silenzio, ragionando su ciò che gli aveva confessato.

Dopo alcuni istanti, le prime note uscirono basse dall'altoparlante dell'apparecchio. Il canto delicato dei violini si unì subito a quello deciso di un pianoforte. Simone riconobbe quella canzone, gliel'aveva fatta ascoltare il padre. La voce di Tenco seguì le prime note della melodia, dolcemente.

"Se stasera sono qui, è perché ti voglio bene, è perché tu hai bisogno di me, anche se non lo sai...".

Manuel gettò il cellulare sull'erba, per poi accoccolarsi sul petto di Simone, che prese ad accarezzargli i capelli ed il collo.

"Se stasera sono qui è perché so perdonare, e non voglio gettar via così il mio amore per te..."

- Grazie... - sussurrò Simone, stringendolo a sé.

- De che? - Manuel alzò la testa per guardarlo, l'espressione sul volto confusa.

- Per esserti aperto a me... - rispose.

"Per me venire qui è stato come scalare la montagna più alta del mondo"

Le sopracciglia di Manuel si avvicinarono in un'espressione corrugata, mentre gli occhi si scioglievano in lacrime dense. Era il disegno di Simone a prendere vita, in quel momento, di fronte ai suoi occhi.

"E ora che son qui, voglio dimenticare i ricordi più tristi giù in fondo"

Manuel si avvicinò alle labbra di Simone, in un bacio così disperato da stupire lo stesso ragazzo, che strinse le lunghe dita intorno al suo collo snello.

"Se stasera sono qui, è perché ti voglio bene, è perché tu hai bisogno di me, anche se non lo sai"

Simone e Manuel rimasero così, avvinghiati l'uno all'altro. Nudi, per la prima volta, ma senza spogliarsi. E continuarono, per tutta la notte, a dedicarsi piccole attenzioni, baci rubati al fato, sospirati. Dimenticandosi del domani, della luce che da dietro la collina, in lontananza, avrebbe cancellato via tutte le confessioni. La notte è la custode dei segreti; quei segreti che svolazzavano un po' ovunque, luminosi, sulle loro sagome in movimento tra l'erba. Sui prati, e poi oltre, nel bosco.

Lì, nel silenzio della notte, lontana da quella musica ormai ovattata, una rana saltava tranquilla tra un ramo spezzato e l'altro. Il suo gracidare stridulo si sovrapponeva alle note delicate di Tenco, appartenenti ad un mondo lontano. Una lucciola, luminosa come la luna, le passò sulla testa. Fu un attimo, e la sua lingua si liberò dalle fauci per avvinghiarla e trascinarla dentro di sì. In un attimo fu nel suo stomaco. Le lucciole, tanto belle quanto maledette. Era ignara, la rana, della strategia che aveva appena attuato. Nel giro di pochi minuti, iniziò a contorcersi emettendo versi incomprensibili: un ultimo salto, e si accasciò tra la terra umida del sottobosco, inerme.

La luce di una lucciola è pregna di vitalità; ma quando ingerita, il veleno che rilascia è capace di spegnere la luce d'altri.

"È perché tu hai bisogno di me, anche se non lo sai..."

___________________________________

Spazio autrice

Salve.

Chiedo scusa se alcune tematiche sono troppo forti per voi, e spero di non aver trattato superficialmente o banalmente un argomento tanto importante.

Non ho molto da dire. Volevo solo avvisarvi che siamo prossimi alla fine. Non so quanti capitoli manchino precisamente, ma non molti.

Spero di non aver scritto sciocchezze, anche se sto imparando a convivere con la sensazione di averlo fatto ad ogni pubblicazione (l'esperienza fa maestra).

Come sempre, grazie a tutti per i commenti meravigliosi, spero di potervi leggere ancora.

Ah, mi auguro che leggerete la parte finale del testo ascoltando la canzone di Tenco, che personalmente amo.

Vi saluto con affetto,

vostra Nanni.

Continue Reading

You'll Also Like

45.4K 2.4K 12
Storia basata sulla serie "Un professore": contiene SPOILER sulla prima stagione. [Long-Fic in cui Simone dopo l'incidente causato da Sbarra finisce...
wilted By ♡

Fanfiction

52.9K 3.2K 32
Durante il suo sesto anno a Hogwarts, Draco Malfoy riceve un terribile incarico che segnerà il suo futuro. Prima di cedere ufficialmente al male, per...
21.4K 2.2K 23
(ATTENZIONE: ho scritto questa Jyatt quando avevo 14/15 anni ed il livello di CRINGE all'interno é disarmante. All'interno c'é una dose massiccia di...
13.4K 827 22
Per Manuel la pioggia significa una cosa sola: cambiamento. Quale sarà il suo?