Capitolo 31
Quando tornò a casa, Alice si rese conto che mancavano ancora quattro giorni prima di poter raggiungere Edoardo al mare. "Chissà cosa sta facendo ora?" Si chiese, pensando che doveva decidere cosa mettere nello zaino, è solo un week-end ma per lui voleva essere al massimo. Aprì i cassetti e trovò il costume che aveva comprato l'estate prima quando con le sue amiche era andata una settimana al mare. Le ritornarono in mente i discorsi sul futuro, su Giulio, sul loro rapporto, chi l'avrebbe detto che in meno di un anno la sua vita sarebbe cambiata in questo modo. Si era trattenuta dall'essere corteggiata, era l'unica sotto l'ombrellone a leggere e ad aspettare una telefonata che non era mai arrivata. Si stava riprendendo la sua vita ma una strana sensazione di inquietudine le martellava l'anima come se qualcuno o qualcosa le stesse dicendo di non andare, di non vedere, di non aspettarsi niente di buono. Il telefono l'avvisò che era arrivato un messaggio, una foto ritraeva Edoardo con un cappello buffo accanto a Filippa, sembrava che stessero facendo una scenetta divertente. Sorrise e posò il telefono, si sedette sulla sua poltrona e guardò fuori dalla porta finestra, il caldo e il venticello le diedero un po' di sollievo e il suo cuore si emozionò al ricordo di loro due che facevano l'amore.
Davide e Laura stavano chiudendo il negozio e le luci gialle della città li accompagnavano al loro desiderato incontro. Ivano gli aveva telefonato chiedendogli di andare a cena fuori e lui, anche se stanchissimo non gli aveva potuto dire di n0. Era quasi una settimana che non si vedevano e aveva voglia di passare un po' di tempo con lui. Chiamò Ivano mentre scendeva in metropolitana.
«Ciao, vado a casa, faccio una doccia e ti raggiungo.»
«Non prendere la macchina, passo io a prenderti.»
Davide era felice, non gli andava di guidare né di prendere i mezzi per raggiungerlo da qualche parte, Ivano forse lo conosceva già molto bene.
Daniela sorseggiava un tè freddo e si era buttata sul letto pensando che non vedeva l'ora che riprendessero le prove in teatro, Lorenzo sembrava oberato di impegni ed erano giorni che non uscivano insieme, lei avrebbe voluto rendere la loro relazione reale, lui invece a volte sembrava non volerlo fare. "È il classico uomo che ha paura di impegnarsi troppo" pensò mentre si alzava. Ma a sua discolpa il telefono squillò.
«Sono qua sotto, andiamo a cena?»
«Come qua sotto?»
«Si volevo vederti, dai non dirmi di no!»
«Vuoi salire? Mi devo vestire.»
«Si a che piano?»
«Il settimo.»
In ascensore Lorenzo pensava a come sarebbe stato bello vederla tutte le sere, mangiare insieme, fare tutte quelle piccole e bellissime cose che fanno le coppie quando si amano. Quando Daniela aprì il sorriso si allargò sul suo viso e la prese fra le braccia baciandola con trasporto, al confine tra la porta e l'appartamento.
La moto rombò e Davide capi che Ivano era arrivato, si affacciò alla finestra e gli gridò: «Scendo.»
Lui aveva l'abitudine di tenere il casco in mano e quando Davide si avvicinò gli spostò i capelli e l'aiutò a indossarlo, gli chiuse la sicura sotto il mento e poi lo baciò.
«Dai Sali, ti porto in un posto nuovo.»
«Dove?»
«Rilassati ci vorrà un po'. Spero che ti piaccia.»
Quando salì dietro di lui, Ivano gli prese la mano e se la portò davanti per farsi stringere. Davide seguì il suo consiglio, si rilassò guardando il paesaggio che cambiava, Ivano aveva preso le strade interne e non la superstrada. Non andava veloce, voleva godersi quel momento, chiacchieravano attraverso il microfono del casco e Davide gli raccontò della sua giornata, risero e lui si strinse più forte al suo ragazzo, ricevendo in cambio una magnifica sensazione, gli sembrava di volare e ringraziò il cielo per averlo incontrato. Quando arrivarono Ivano parcheggiò e spinse il cavalletto della moto, scese e gli slacciò il casco.
«Cosa ne pensi?»
«È bellissimo, il lago e così calmo.»
Il ristorante era poco distante, dopo mangiato avrebbero potuto fare una passeggiata sul lungo lago magari mangiando un gelato.
Anche se nei loro cuori tremava ancora la paura di incontrare gente che li avrebbe additati, che li avrebbe derisi o scherniti, avrebbero condiviso tutto per diventare più forti e per far valere il loro amore. Ivano se ne accorse, gli strinse la mano per fargli capire che non doveva avere paura, ora c'era lui e nessuno gli avrebbe fatto del male, nessuno.
A casa di Daniela, Lorenzo tentava di non dare a vedere che gli sarebbe piaciuto restare a lì con lei, ordinare una pizza, guardare un film, coccolarsi. Si era seduto sul divano osservando i pochi colori che sprizzavano da un paio di pareti. La casa di Daniela le assomigliava molto, solo pochi colori ma decisi e inequivocabili.
«Bello questo quadro?»
Gli urlò dal salotto Lorenzo mentre si avvicinava per poterlo osservare meglio.
«Quale?» rispose lei.
«Quello sulla parete sopra il divano.»
«Ah, l'ho fatto io.»
«Davvero?»
«Si. Mi piace dipingere mi rilasso e entro in un'altra dimensione.»
"E che dimensione" pensò lui, osservando i tratti delle pennellate.
«Possiamo andare se vuoi?» disse lei sorridendo.
Quel "se vuoi" lo schiaffeggiò a piene mani. E se non avesse voluto, come avrebbe potuto farglielo capire?
«Ok.»
Edoardo si era cambiato, sembrava ritornato bambino, anche se la sua infanzia non era stata come quella di un qualsiasi altro bambino, si stava divertendo molto, forse era per questo che non aveva chiamato Alice. Stava parlando con Filippa organizzandosi per il giorno dopo e nell'anfiteatro all'aperto, i ragazzi dell'animazione si preparavano per intrattenere gli ospiti. Filippa venne prelevata insieme ad altri bambini per partecipare alla sfilata di moda anni sessanta. "È per questo che mi ha fatto girare per i negozi." Pensò Edoardo mentre la guardava sorridente. Il microfono emise un suono squillante e iniziarono la passeggiata sulla passerella, quando Filippa passò davanti a Edoardo, lo salutò con la mano procurandogli una dolce sensazione di affetto e orgoglio. Filippa era davvero bella nel suo vestito colorato e corto, nei capelli aveva messo una margherita che passava dal giallo all'arancione, quando erano stati nel negozio che vendeva fiori, aveva insistito per farsela comprare. Dopo circa tre quarti d'ora fu il momento di annunciare chi aveva vinto, Edoardo perse un battito. Non era la sua Filippa ma un'altra ragazzina che con il suo stile aveva conquistato i giudici. La bambina non sembrava dispiaciuta, si era divertita molto e questo le bastava.
«Andiamo a mangiare un gelato?»
«Certo, qui o facciamo una passeggiata sul lungo mare?»
«Sul lungo mare» asserì lei soddisfatta.
«Edo, Edo?» lo chiamò Brigida.
Lui si girò colto da una piacevole e pericolosa emozione, quella ragazza era un dolce diversivo.
«Si?»
«Dove andate di bello?»
«A mangiare un gelato» le rispose Filippa accigliata.
«Buon divertimento» e si allontanò.
«Perché sei stata così sgarbata?» chiese Edoardo fermandosi a guardarla negli occhi.
Filippa era gelosa di suo fratello, non voleva condividerlo con nessuno, aveva accettato Alice perché aveva la sensazione che a suo fratello piacesse molto e per il fatto che lei non era invadente ma Brigida, cercava in tutti i modi di catturare la sua attenzione, pensava che Edoardo l'avrebbe messa da parte per godersi qualche momento di spensieratezza e questo proprio non le andava giù.
«Mi sta antipatica.»
Edoardo rise e le scompigliò i capelli facendole cadere la margherita. La raccolse e un dolce pensiero gli scosse l'anima.
«Andiamo allora?»
«Voglio un gelato enorme» le disse la bambina finalmente più serena.
«Ah Filippa, tu sei la mia sorellina e questo nessuno può cambiarlo.»
«Allora anche con la panna» rimarcò lei. Finalmente felice.
"Meno tre" pensò Alice, assorta nei suoi pensieri prendendo dalla borsa il cellullare. Voleva vedere le ultime foto che le aveva mandato Edoardo con Filippa. Sembravano divertirsi un mondo e lei si sentì distante, come se quel momento e quel mondo non le appartenesse. Una strana sensazione di solitudine l'afferrò alle spalle procurandole un brivido. E se fosse andata e avesse scoperto qualcosa di brutto? Ma ora non voleva pensarci, scacciò la sensazione e si concentrò pensando ad altro. Il lavoro, Paolo e Claudio, i suoi fiori preferiti.
Paolo era al lavoro, si era alzato presto e aveva preparato la colazione a Claudio che più tardi sarebbe andato in ufficio per una presentazione, il suo lavoro ultimamente aveva avuto un buon incremento, il modellino sul tavolo rappresentava un palazzo basso, un giardino, una piscina e tanti alberi. Era tutto in scala e Paolo l'osservava orgoglioso.
"Se non l'accettano sono proprio dei cretini" pensò sorseggiando il suo caffè. Non fece rumore quando uscì, sapeva che Claudio si sarebbe svegliato tra circa mezz'ora e voleva farlo dormire ancora un po'. Però il profumo del caffè lo svegliò prima e si diresse in bagno, si guardò allo specchio e sorrise, oggi sarebbe stato un giorno importante, il cliente aveva commissionato allo studio per il quale lavorava il progetto di un piccolo palazzo, il terreno era poco distante dalla città e voleva trasferirci tutta la sua famiglia. Le richieste erano precise e Claudio aveva tenuto presente ogni minimo particolare. Si vestì di tutto punto mettendo in evidenza il suo corpo scolpito dall'attività fisica e si spruzzò qualche goccia di profumo. La camicia bianca lo avvolgeva facendogli tirare il piccolo bottone sull'addome dove gli addominali gli si spingevano contro. "Terrò su la giacca" rifletté. Prese il caffè che era ancora caldo guardando con soddisfazione il modellino e infilata la giacca, raccolse le chiavi della macchina dal porta oggetti sulla mensola e uscì all'aria calda. Quando raggiunse l'ufficio si sentì agitato, il cliente sarebbe arrivato da lì a poco e i colleghi fremevano eccitati per guardare il lavoro che aveva fatto.
«È bellissimo, c'è tutto?» gli chiese il capo, un uomo severo e brillante.
«Si. Tutto quello che ha chiesto. A proposito a che ora arriva?»
«Eccolo» disse sentendo il campanello suonare e la segretaria salutarlo pronunciando il suo cognome.
L'uomo di mezza età assomigliava ad un attore famoso, elegante e raffinato, il profumo che Claudio sentì era uguale al suo. "Strano", pensò "É un edizione limitata." Quando entrò nella stanza delle riunioni Claudio l'osservò dalla testa ai piedi e si rese conto che forse, l'aveva già conosciuto.
Filippa era ai piedi del letto seduta comodamente con le gambe incrociate e aspettava pazientemente che suo fratello si svegliasse. Erano rientrati tardi, almeno per lei era tardi e Edoardo aveva fatto fatica ad addormentarsi. Pensava ad Alice, gli sarebbe piaciuto che li raggiungesse per passare qualche giorno insieme ma non se la sentiva di chiederglielo, soprattutto perché aveva fatto una promessa a sua sorella. Ma Filippa involontariamente o forse volontariamente, aveva ascoltato una telefonata solo poche ore prima della sfilata e secondo lei forse era meglio se Alice li avesse raggiunti. L'alternativa era, avere addosso sempre le attenzioni di Brigida e questo non le andava giù. Non aveva il numero di telefono di Alice e se ne dispiacque, le piaceva, anche se suo fratello non le aveva raccontato niente di troppo personale, lei credeva che ne fosse innamorato. Si ricordò della seconda volta che la vide, accaldata e sorridente, un po' in imbarazzo per la situazione ma Edoardo gliela aveva presentata dicendole, che oltre a essere una sua affidabile collaboratrice era anche una persona importante.
«Ciao, cosa ci fai lì in silenzio?»
«Stavo aspettando che ti svegliassi.»
«Hai fame?»
«Non tanto e tu?»
«Io si. Mi preparo e andiamo a fare colazione.»
«Ok.»
Edoardo si alzò con calma e la baciò sulla guancia sorridendo. Gli era venuta un'idea su come passare la giornata e sapeva che a Filippa avrebbe fatto molto piacere. Al ristorante si servirono, prendendo: cornetti alla crema e pane al cioccolato, un cappuccino per lui e un latte caldo con il cacao per lei. Si sedettero e lui le domandò se le faceva piacere andare a vedere l'acquario.
«Certo» rispose Filippa eccitata.
«Allora dopo ci organizziamo e poi nel pomeriggio ci riposiamo in spiaggia. Che ne dici?»
Filippa fece di sì con la testa e si stiracchiò facendo delle facce buffe, procurando una risata sommessa in suo fratello.