Come ogni mattina apro gli occhi esattamente sessanta secondi prima che la mia sveglia a forma di Kero-chan inizi a trillare. Sono le 07:19 del mattino, e la giornata di oggi si prospetta come una delle più brutte della mia vita.
<< Sì sì, sono sveglio! Che diamine >> borbotto contro quel suono fastidioso come se quel leoncino giallo fosse un essere vivente capace di capire quello che gli dico.
Di solito mi piace restare tra le lenzuola più tempo del necessario in attesa che qualcuno arrivi a svegliarmi con coccole e carezze (che negherò categoricamente di apprezzare per preservare la mia integrità di UOMO), ma per questa mattina devo passare. Non ho voglia di vedere nessuno, men che meno il carnefice della tragedia che si consumerà di qui a qualche ora.
Tempo cinque minuti e sono già in bagno. Il riflesso che mi dà il buongiorno è quello di un Taehyung con la faccia gonfia, i capelli sparati in tutte le direzioni e un bel brufolo bianco e pulsante sulla fronte.
Com'è che si dice? Le sventure non vengono mai sole o roba simile: beh qualunque sia il detto corretto, sicuramente chi l'ha inventato aveva ragione, e io ne sono la prova vivente.
Guardo indeciso quell'imprevisto dai bordi rossastri, e più lo fisso e più lo vedo allargarsi a dismisura. A breve sembrerà un terzo occhio, quindi è più che naturale che il mio primo pensiero sia quello di eliminarlo. Eppure mi è sempre stato detto di non farlo, che devo "aspettare che scompaia, o c'è la possibilità che io faccia ancora più danni".
Wow, bella filosofia di merda quella di aspettare che i problemi spariscano da soli senza affrontarli. Ha sicuramente funzionato per molta gente restarsene in attesa di un miracolo, sì sì.
Sollevo gli occhi al cielo e mi metto in posizione di combattimento. L'infame ci mette poco ad esplodere schizzando pus dappertutto e provocandomi un dolore che ha però retrogusto di trionfo. La zona dell'impatto è ancora più arrossata di prima, ma sono sicuro che tornerà a posto in men che non si dica. È tutto risolto, alla faccia dell'aspettare e sperare.
Ho quasi finito di spazzolarmi i capelli quando sento la porta della mia camera da letto aprirsi. Non sono nudo, eppure, il fatto che qualcuno sia entrato nella mia stanza e ora si stia avvicinando alla porta aperta del mio bagno, mi mette incredibilmente a disagio.
Anche se quel qualcuno è mia madre.
<< Taetae? Pensavo fossi ancora a letto! Sei pronto, amore mio? >>
Quanto può essere smielata la mamma? Possibile che non si renda conto che ho quindici anni? Non sono più un bambino!
<< Mamma, devi bussare! >>
La risatina che avverto così vicina fa da cornice al suo riflesso che appare immediatamente vicino al mio nel grande specchio del bagno. Non solo se ne frega bellamente del mio pudore, ma si prende gioco di me anche in quel modo così sfacciato.
<< Certo piccolo mio, scusami. Ad ogni modo non c'è niente di te che io non abbia visto, perché ti vergogni? >>
Adolescenza, questa sconosciuta. Sono più che sicuro che anche lei abbia avuto la mia età ad un certo punto (o è nata già così? I genitori sono mai stati dei bambini ragazzi quasi adulti con la barba come me?), eppure sembrano non ricordare assolutamente nulla di quello che proviamo e di come ci sentiamo. Se quel commento così inopportuno doveva servire ad alleviare il mio imbarazzo, allora è stato l'epic fail più grande della storia perché sono diventato di un colore improponibile.
<< Ma che state facendo chiusi in bagno? Sono quasi le otto! Dobbiamo andare o non riuscirò a liberarmi per pranzo >>
<< Siamo pronti, caro. E comunque avresti dovuto bussare, Taetae ci tiene molto alla sua privacy >>
Ecco, mancava giusto mio padre.
Com'è che ho detto prima? Le disgrazie non vengono mai sole, soprattutto quelle legate da una bella fede d'oro luccicante.
Incredibile come il mio sia un bagno "privato" all'interno della mia camera da letto, ma abbia l'aspetto di un wc pubblico di quelli che si trovano nelle stazioni della metro. Chiunque può entrare quando gli pare nel mio maledetto bagno! Coraggio, perché non andiamo a chiamare anche i domestici e i vicini, tanto c'è spazio e tutti possono vedere che spazzolino uso e quanta carta igienica è rimasta attorno al rotolo!
Genitori, puah! A volte li odio così tanto che vorrei non esistessero. Non è che i miei siano tremendi, è solo che sono troppo presenti? E dire che sono entrambi degli importanti imprenditori, quindi di impegni e viaggi di lavoro ne avrebbero a bizzeffe. Non si sa perché facciano così tanti sacrifici per liberarsi e riuscire a starmi col fiato sul collo quando nessuno gliel'ha mai chiesto.
<< Non importa, papà. Non c'è bisogno che tu ci sia! E neanche tu mamma >>
Lo so perfettamente che il mio tentativo di dissuaderli è stupido e non porterà a niente, ma al momento farei qualunque cosa per impedire ad entrambi di assistere allo scempio che mi aspetterà nel pomeriggio.
<< Certo >> risponde mio padre con sguardo scettico << non succederà mai. E adesso muoviti così posso accompagnarti a scuola >>
La mamma continua a ridere, e presto alla sua risata si unisce anche quella di papà. Sono sempre stati complici quando si tratta di tormentarmi, anzi sono sempre stati complici e basta. Sono una bella coppia, spesso mi chiedo perché abbiano avuto un figlio solo. Non che mi dispiaccia non avere un fratello con cui condividere tutto o che mi stia sempre tra i piedi, però ho sempre trovato quella mancanza strana.
E poi sono bellissimi, su questo ho poco da discutere. La mamma sembra un angelo con i suoi tratti gentili e delicati, e papà sembra un modello famoso o un attore del cinema.
Io posso solo sperare di diventare bello la metà di loro un giorno; anche se il brufolo dal quale è sgorgato il mio cervello spappolato sembra garantirmi che il gene della perfezione abbia saltato una generazione nella mia famiglia.
Ti pareva.
<< Potete venire a vedermi come se foste due genitori normali? Magari con una macchina normale e senza guardie del corpo? >>
Per me quelle cose sono all'ordine del giorno, così come lo sono anche per i miei compagni di classe della scuola privata. Ma la scuola di teatro è diversa.
Lì cerco di essere solo Taehyung, per quanto ovviamente chiunque sappia che sono ricco sfondato. È solo che cerco di ostentarlo il meno possibile dopo che la prima settimana nessuno è riuscito a concentrarsi per via dello sguardo inquisitore del mio bodyguard che li fissava da dietro il palco. Ci ho messo un po' a far capire ai miei che il mondo è un posto meno orribile e meno pericoloso di quanto vedono nei loro film da vecchi, ma alla fine sono riuscito a convincerli e adesso seguo il mio corso da solo, a patto che all'uscita io torni insieme all'autista. Ma oggi ci saranno loro per vedere la nostra esibizione allo Youth Performing Arts Festival, quindi...?
<< E va bene, verremo da soli e guiderò io. Ora forza però, la colazione è pronta e io sto morendo di fame >> conclude mio padre dandomi una pacca sulla spalla e avviandosi finalmente verso la porta della mia camera.
Inutile dire che ad accompagnare la sua uscita di scena ci sono le mie urla e le risate di mia madre.
------------
Ci metto un po' a realizzare di non essere nella mia stanza, e altrettanto a realizzare di essere solo.
Cerco a tentoni di raggiungere con il braccio il piccolo comodino alla ricerca del mio cellulare; non faccio in tempo ad accendere lo schermo che già mi sono pentito di non aver aspettato ancora un po', per lasciare ai miei occhi il tempo di abituarsi piano piano alla luce.
L'orologio digitale segna le 09:30 del mattino su uno sfondo che non è decisamente il mio. Un cane con addosso un...un pigiama, o forse un maglione sta posando come se fosse un signore della guerra d'età medievale, e per quanto tutto ciò mi sembri solo un brutto scherzo del mio cervello assonnato, in qualche modo sento che quell'immagine così assurda è decisamente da Jungkook.
Ho preso il suo telefono per sbaglio, e questa cosa così stupida basta a far arrossare leggermente le mie guance. Flash della notte prima mi tornano in mente, e non posso fare a meno di sfiorarmi le labbra alla ricerca del suo sapore di cui, purtroppo, non trovo già più traccia. Potrebbe essere benissimo stato solo frutto della mia fantasia, se non fosse che sono nel suo letto e questo è un fatto innegabile.
È la prima volta che ho modo di guardare la sua stanza alla luce del giorno. Non che ci sia molto da osservare visto quanto è piccola, però mi concedo comunque del tempo per dare un'occhiata in giro. Sulla scrivania ci sono solo una vecchia playstation e un mini televisore, alle pareti un paio di poster di videogiochi, qualche moto e tante braccia tatuate. C'è anche una foto di quella che immagino sia la sua famiglia (riconosco sua madre) qualche anno fa. Il suo sguardo è sempre lo stesso anche se sembra avere al massimo dodici anni. Mi intenerisce notare come il sorriso da coniglietto non l'abbia mai abbandonato.
Mi avvolgo nella felpa che mi ha gentilmente prestato ieri (i miei vestiti saranno asciutti ormai?) e concedo un'ultima occhiata al letto che mi sembra improvvisamente troppo piccolo per ospitare due persone. Le mie guance si colorano subito di rosso al pensiero di come abbiamo dormito, praticamente schiacciati uno sull'altro con braccia e gambe intrecciate.
Credo di essere stato il primo ad addormentarmi, e, a giudicare da quanto mi sento riposato dopo quelle poche ore di sonno, posso affermare con certezza che Jeon Jungkook non russi e che abbia il petto-cuscino più comodo dell'intero universo.
Chissà se sono stato io a dargli fastidio. Sono ormai anni che non dormo con qualcuno, quindi nessuno può dirmi se scalcio nel sonno o se ronfo fino a spaccare i timpani di chi ha la sfortuna di condividere un letto con me. Che sia andato a dormire sul divano perché non riusciva a dormire per colpa mia?
Mi decido ad uscire dalla sua stanza solo dopo aver accuratamente demolito ogni pensiero felice grazie al film mentale che mi ritrae come un mostro rumoroso ed ingombrante. Ad attendermi sul divano non c'è nessuno, e dato che posso vedere la porta del bagno completamente aperta, le possibilità rimaste sono solo due: è scappato di casa pur di allontanarsi da me, oppure è in cucina. Prego con ogni fibra del mio essere che sia la seconda ipotesi quella corretta.
<< Oh, sei già sveglio >> e il suo sorriso è così luminoso da riuscire a spazzare via ogni mia paura.
Quel piccolissimo cucinino sembra un campo di battaglia, con pentole ed ingredienti di ogni tipo ad occuparla; e al centro esatto di questo scenario c'è lui, con un grembiule sporchissimo e della farina tra i capelli.
Credo sia la scena più adorabile che io abbia mai visto in vita mia.
<< Speravo di avere ancora un po' di tempo, avrei voluto mettere in ordine >> aggiunge passandosi una mano super sporca tra i capelli così da continuare l'opera di insozzamento della sua persona << ti faccio spazio! >>
Inutile dire che la sua idea di "farmi spazio" è accantonare con una bracciata tutto quanto in un angolino del tavolo, così da ritagliarmi uno spazio che subito apparecchia con due tovagliette e due bicchieri. L'idea che abbia pensato di preparare la colazione per entrambi e che si sia dato così tanto da fare quasi mi commuove. Mi sembra di essere il protagonista di uno dei duemila libri che ho letto con tutto lo scetticismo del mondo, dando per scontato che quelle fossero tutte storie inventate, impossibili da replicare nella vita vera.
<< Eccoci qua. Attento, scotta >>
E mi accorgo di non aver ancora detto una parola da quando l'ho visto. Immagino che le vecchie abitudini siano dure a morire.
<< Grazie >> gli dico << è stato carino da parte tua preparare questi...jjajangmyun >>
Non avevo prestato attenzione a cosa ci fosse nel piatto che mi aveva messo davanti fino a quel momento: una porzione gigante di noodles con salsa di fagioli dolci, non esattamente il mio tipo di colazione ad essere sincero.
Forse qualcosa nel mio sguardo tradisce i miei pensieri, perché subito posa le bacchette (sì, stava già mangiando) e mi fissa ad occhi sgranati, quasi temendo di aver fatto qualcosa di male.
<< Non ti piacciono? Sei allergico ai fagioli? >>
Come spiegargli che di solito non mangio tre etti di noodles alle dieci di mattina senza offenderlo? Tra l'altro i jjajangmyun sono così neri che non c'è possibilità di riuscire a mangiarli senza sporcarsi, quindi temo di assomigliare presto ad un clown se non farò attenzione. Lui d'altra parte, sembra ignorare del tutto il problema visto il baffo di salsa nera che gli scende giù dal lato destro delle labbra.
<< Certo che mi piacciono! Stavo solo aspettando che si freddassero, non volevo scottarmi >> e il mio sorriso magari è un po' incerto, ma decido comunque di tuffarmi su quel piatto, che gli è costato così tanta fatica, solo per fargli piacere.
Quel sapore così forte, la consistenza della pasta e i rumori che provengono da Jungkook mentre mangia sono degli elementi così strani e nuovi per me, eppure non gustavo una colazione così buona da almeno dieci anni. Inutile dire che non riuscirò mai a finire quel piatto, ma vedere invece quanto Jungkook stia mangiando con gusto basta a farmene ingerire quasi la metà.
<< Lo sapevo, non ti piacciono. Dai qua >> mi dice prima di sbuffare appena e appropriarsi anche di ciò che resta della mia porzione di cibo.
Passo almeno tre minuti a giustificarmi e a spiegargli quanto la sua cucina sia perfetta, e, solo quando ha ripulito anche il mio piatto fin quasi a leccarlo, decide di lasciar perdere e accettare che "la prossima volta cucinerà per me una quantità per bambini".
<< Tra l'altro come hai fatto a sporcarti così tanto? Pensavo che a voi ricchi insegnassero il galateo! >>
Lo so che mi sta prendendo in giro perché gli piace farmi innervosire, e infatti mi limito a rispondergli con una smorfia e a fargli il verso facendo finta che il suo commento non mi abbia minimamente sfiorato.
Un secondo dopo ho tirato fuori il cellulare e mi sto specchiando per controllare quanto sia effettivamente grave la situazione della mia faccia.
<< E comunque senti chi parla >> dico mentre ancora la mia attenzione è del tutto concentrata sul riflesso del mio viso << sei riuscito a sporcarti addirittura il naso! Non pensavo che voi poveri mangiaste dalle narici >>
Non credo mi stancherò mai di sentirlo ridere. Basta il suo della sua risata a mettermi allegria, e sapere di essere stato io a provocarlo non fa che donarmi ancora più gioia. Continuiamo così per qualche minuto, fino a che, impegnato com'è a piegarsi in avanti e battere i pugni sul tavolo, non riesce più a controllarsi e...rutta. Sì, rutta.
Direi che è più che normale dopo la quantità di cibo che ha mangiato, eppure si tappa immediatamente la bocca con una mano e mi guarda con tanto d'occhi, mentre il suo viso si tinge di una sfumatura quasi violacea.
Riesco a sostenere quello sguardo per appena qualche secondo, prima di riprendere a ridere ancora più di prima. Sono praticamente in lacrime mentre lui tenta di "scusarsi" senza però riuscire a trattenere a sua volta una risata incontrollata.
Stiamo bene.
Sono felice.
<< Vieni qui >> mi dice quando, dopo essere riusciti entrambi a calmarci, ho iniziato a cercare di mettere un po' d'ordine in quel disastro di cucina.
<< Dobbiamo andare in hotel. Ho un miliardo di messaggi e chiamate da parte di Hwasa e credo che a breve manderà l'esercito a cercarmi se non torno immediatamente >>
Per quanto Jungkook sia in grado di farmi dimenticare qualunque cosa, è da quando mi sono svegliato che mi sento in colpa nei confronti della mia migliore amica. Ieri sera è stata così gentile da ascoltarmi, come sempre, e si è addirittura offerta di darmi una mano; e com'è che l'ho ripagata io? Scappando nel cuore della notte sotto il diluvio universale senza neanche mandarle un messaggio. Sarò fortunato se non mi pesterà a sangue non appena mi vedrà, o meglio: lo sarò se non ordinerà a Dooyon di sparare a Jungkook seduta stante.
<< Ti prometto che andiamo subito. Voglio solo il mio buongiorno >>
Il modo in cui ammicca non lascia adito a dubbi su quale sia questo "buongiorno" che tanto vuole ottenere. Il problema è che sono letteralmente inguardabile visto che non ho fatto skincare, ho la faccia gonfia e l'alito che sa di fagioli dolci. E lui invece è bellissimo come sempre, forse solo con i cappelli un po' più scompigliati del solito che però non fanno altro che renderlo ancora più sexy.
<< Sono bruttissimo, scusami >> gli dico mentre mi siedo sulle sue gambe assecondando la guida delle sue braccia intorno alla mia vita.
<< Scemo >> così, senza mezza termini, prima che mi prenda il viso tra le mani e lo schiacci facendomi apparire ancora più brutto se possibile.
<< Che shtai faschendo >> chiedo, senza però provare a liberarmi da quella presa affettuosa.
<< Ti guardo. E sei bellissimo >> le sue dita mollano le mie guance e prende ad accarezzarmi con dolcezza, prima di posare un leggerissimo bacio sulle mie labbra << Buongiorno, Taehyung >>
C'è qualcosa di incredibile nel modo in cui mi guarda. Forse è perché è il mio cervello l'interprete di quello sguardo, ma mi pare che dietro ogni sua parola ci sia qualcosa di più di quello che mi mostra. Anche il modo in cui pronuncia il mio nome è così...singolare. Suona così diverso se è lui ad utilizzarlo.
<< Buongiorno, Jungkook >>
E mentre ci guardiamo negli occhi senza aggiungere altro, mi chiedo se per lui sia la stessa cosa.
--------
Voglio morire.
Non per modo di dire: voglio morire per davvero. Voglio sprofondare negli Inferi, lasciare che la terra mi inghiotta così da nascondermi per sempre agli occhi di chiunque. In primis i miei genitori, che mi staranno sicuramente aspettando qui fuori pieni di belle parole e rassicurazioni utili solo a loro.
Prendo un respiro profondo prima di uscire dal camerino. Le mie cose le ho già recuperate, sono tutte nello zaino che ho in spalla, ora non mi resta che fuggire senza rivolgere la parola a nessuno.
Non voglio più parlare con nessuno per il resto della mia vita.
Esco da lì a testa bassa, eppure sento addosso ogni singolo sguardo dei miei compagni e anche le loro risatine trattenute. Non appena sarò uscito inizieranno a parlare di quanto io sia stato ridicolo, poco ma sicuro.
<< Piccolo mio, finalmente. Andiamo a casa? >>
La mamma, appena fuori dalla porta dello spogliatoio. Non sono neanche riuscito a chiuderla prima che parlasse, sicuramente l'hanno vista e sentita tutti quanti.
L'unica cosa più umiliante che sbagliare l'assolo durante l'esibizione della tua compagnia teatrale al festival delle arti, è essere trattato come un bambino dell'asilo da tua madre davanti a tutti quanti. Quindi non solo sarò il fallito che non sa cantare, ma anche il bamboccione che a quindici anni ha ancora bisogno che mamma e papà lo portino a casa e vengano a prelevarlo appena fuori dal camerino, sia mai che si perda.
<< Potevi almeno aspettare fuori >> le dico superandola senza quasi guardarla.
Non è una donna severa, ma non è nemmeno il tipo da supportare la maleducazione giovanile; soprattutto se proviene dal proprio figlio. In qualunque altro caso mi avrebbe ripreso per quel mio atteggiamento così scontroso, ma grazie a Dio sembra aver capito quanto sia difficile per me quel momento e ha deciso di soprassedere.
Ho giusto il tempo di percorre qualche metro prima di incrociare lo sguardo di papà. E dire che ha spostato degli impegni lavorativi importantissimi pur di essere qui per vedermi, e io ho fatto la figura dello scemo davanti a tutto il paese. È stato lui a spronarmi ad iscrivermi qualche anno fa; è a lui che piace sentirmi cantare.
È con lui, più che con chiunque altro, che sognavo di fare bella figura.
Non è uno di quei genitori che pretendono il massimo, né tantomeno è un padre-padrone come il nonno (o almeno è così che lo descriveva, io non l'ho mai conosciuto), eppure ho sempre sentito la pressione delle sue aspettative in ogni cosa che faccio. Me la impone la sua figura, più che la sua persona. Sono pur sempre il figlio di uno degli uomini più in vista della Corea, quindi ci tengo a dare il massimo a prescindere che mi sia esplicitamente richiesto o no.
Sono terrorizzato dall'idea di guardarlo negli occhi e leggervi dentro il suo disappunto.
Supero anche lui senza troppi convenevoli, e sono sicuro di dover ringraziare la mamma, che ho visto avvicinarglisi con la coda dell'occhio, per questo lascia passare.
Una volta fuori da quell'enorme teatro in cui sicuramente non metterò mai più piede, cerco di individuare la nostra macchina e l'autista, ma senza alcun risultato. Sarà perché c'è un grande viavai di gente che mi blocca la visuale? Ad ogni modo non mi resta che fermare quella mia fuga durata cinque secondi e puntare la mia attenzione sulle figure dei miei genitori che mi stanno raggiungendo proprio in quel momento.
<< La macchina? >> chiedo, pronto a fuggire nella direzione che mi indicheranno.
<< È in un parcheggio >> risponde mio padre << a parecchi metri da qui. Siamo venuti guidando, come ci hai chiesto, e abbiamo anche deciso di fare a meno dell'autista e della scorta proprio come volevi >>
Ah, già.
Che palle.
Hanno deciso di ascoltarmi proprio l'unica volta in cui avevo bisogno di sparire il più velocemente possibile alla vista di tutti.
<< Che rottura >> aggiungo sbuffando, proprio prima che lo schiaffo di mio padre mi colpisca in piena guancia.
Credo sia il primo schiaffo che mi abbia mai dato in tutta la mia vita, e ammetto di essere molto più colpito per la sorpresa che per il dolore. Lo guardo e mi aspetterei di trovare un'espressione adirata a dipingergli il viso, e invece sembra addirittura più triste di quanto non mi senta io per tutto quello che sta succedendo in questa orrenda giornata.
<< Non ti permettere di usare questo tono con noi, né di avere questo atteggiamento nei nostri confronti. Pretendi sempre che ti trattiamo come un adulto, e allora dimostra di esserlo, Taehyung >>
Mancava giusto la lezioncina di vita, come se non ne avessi già passate abbastanza. Come se mi meritassi di essere sgridato solo perché sono deluso per il casino che ho fatto. Come se non avesse appena confermato la mia paura più grande.
<< Vi chiedo scusa >> dico con un filo di voce, prima di abbassare lo sguardo.
Non piangere, Taehyung. Non piangere.
Non piangere o gli dimostrerai che fanno bene a trattarti come il moccioso che sei.
Devi solo resistere fino a quando non sarete a casa, poi ti chiuderai in camera e potrai sfogarti. Ora però tieni duro e non piangere.
Sono ancora a testa bassa con gli occhi fissi sui piedi dei miei genitori, nell'attesa che si muovano così che io possa iniziare a seguirli. Sono solo quelli di mio padre a farlo però, perché quelli di mia madre invece sono sempre più vicini alla mia prospettiva.
<< Camminiamo insieme, ti va? >>
No che non mi va onestamente, ma che scelta ho? Annuisco ed entrambi iniziamo a seguire la figura di mio padre che ci ha già distanziati di qualche metro, forse accelerando di proposito proprio per lasciarci quello spazio per parlare.
<< Come ti senti, Taetae? >>
Come vuole che mi senta? Cos'è che si aspetta che le dica? Forse per loro quello che è successo è una cosa da nulla, ma loro sono adulti, e gli adulti non capiscono mai nulla di quello che succede a noi ragazzi. Tendono a sminuire i nostri problemi e a pensare che siamo melodrammatici, invece che concentrarsi sul capire che cosa proviamo. Mia madre è una donna di successo che tiene conferenze in giro per il mondo e tratta affari in cinque lingue diverse; che cosa ne può sapere lei di ansia da palcoscenico?
<< Come se stessi per esplodere da un momento all'altro >> rispondo cercando di essere il più sincero possibile con lei.
Sento la rabbia per quell'errore così sciocco, la frustrazione per aver sbagliato, la delusione per tutte le ore di prove andate in fumo, la tristezza per aver fatto brutta figura davanti a loro due, la vergogna per quello che penseranno di me i miei compagni, il disgusto verso di me e la mia inadeguatezza in qualsiasi contesto.
Tutto concentrato dentro il mio cervello che proprio non ce la fa ad elaborare dei pensieri coerenti ora come ora.
<< Sei stato bravo prima >> mi dice lei, spiazzandomi completamente << anche papà lo pensa. Aveva gli occhi lucidi quando hai iniziato a cantare, e anche se hai sbagliato una sola nota non importa perché per lui e per me sei stato incredibile. Tutti possiamo fare degli errori, l'importante è come gestiamo le conseguenze di questi errori >>
E so che questa è la parte in cui io dovrei capire che ha ragione e che da domani dovrò impegnarmi ancora di più per migliorare e lasciarmi alle spalle questo brutto momento, ma con me non funziona. Io trovo questo discorso solo privo di valore, soprattutto perché a farmelo è mia madre che è sicuramente di parte. Lei non è razionale perché mi vuole bene, non mi vede e non mi vedrà mai come fa il resto del mondo.
<< Grazie, mamma >> rispondo con tutta la sincerità di cui dispongo << Però purtroppo io mi sento esplodere comunque >>
La sua risata mi arriva dritta e acuta nelle orecchie, e solo adesso mi accorgo che stiamo camminando praticamente a braccetto come quando facevamo quand'ero un po' più piccolo. Vedo anche la nostra auto e mio padre che sta trafficando nelle sue tasche alla ricerca delle chiavi, mentre noi lo raggiungiamo.
<< Sai come si ferma un uomo che esplode? >>
No, mamma, non lo so e non potrò mai saperlo.
Non mi accorgo nemmeno del primo colpo di pistola, forse perché non ho mai ascoltato quel suono prima. È diverso da come appare nei film, è più sordo, ma forse è la lana del pesante cappotto di papà ad attutire quel rumore di morte.
Insieme al secondo e al terzo scompare ogni ricordo della risata di mia madre che fino ad un attimo fa mi stava riempiendo il cuore. Papà è a terra ad appena quattro metri da noi, e l'uomo che gli ha sparato ci sta guardando da dietro il suo passamontagna.
Che sta succedendo?
Non riesco a muovermi.
Chi mi sta strattonando?
Chi è che mi chiama?
<< Corri, Tae! Corri! >>
La mamma mi sta urlando di correre.
Correre per andare dove?
Perché mi si è parata davanti?
Perché quell'uomo ha puntato la pistola anche davanti a lei?
1
2
3
Anche questa volta lo stesso rumore per tre volte.
Io sono per terra, in ginocchio.
Le gambe mi tremano. Mi accorgo di aver rovinato i pantaloni della divisa.
Ora i suoi occhi stanno guardando me. Sembra soppesare le sue possibilità, prima di voltarsi dal lato opposto ed iniziare a correre via velocemente.
Anche la mia giacca è rovinata, chiazzata di un rosso vermiglio in più punti.
Ma non sono ferito, non sento dolore.
Mamma, tu come stai?
Mi tocco piano il viso mentre rumori di passi si fanno sempre più vicini. Mi aspetto di sentire le dita bagnate dalle mie lacrime, ma non c'è nulla.
Non devi piangere, Taehyung. Resisti solo un altro po'.
Urla di tantissime persone si fanno sempre più alte intorno a me, sento che qualcuno mi chiede qualcosa che non capisco. Alcuni parlano di chiamare la polizia, altri un'ambulanza.
Altri ancora dicono ai secondi di non farlo, perché non serve a niente.
Decido che anche io voglio urlare, dire qualcosa.
Apro la bocca dopo aver preso un enorme respiro.
Dalle mie labbra non viene fuori nessun suono.
----------
<< Hwasa è....terrificante >>
Ci ha messo decisamente più di quanto mi aspettassi, ma alla fine Jungkook sembra essersi ripreso dalla sfuriata più grande a cui abbia mai avuto la sfortuna di assistere.
Quando siamo arrivati in hotel (con la macchina di Namjoon che, a parer mio, Jk sta iniziando ad amare un po' troppo) la mia assistente era in reception, indaffarata a parlare contemporaneamente con tre sconosciuti e Dooyon, come se tutti e cinque volessero pianificare la riconquista della Corea del Nord. Il primo ad accorgersi del nostro arrivo è stato proprio il mio bodyguard che, giuro, ha alternato sorpresa, sollievo e furia omicida ad una velocità che definirei anormale.
È seguita un'ora di interminabili lamentele da parte di Hwasa, che quantomeno ha avuto l'accortezza di trascinarci in camera sua piuttosto che dare spettacolo in pubblica piazza. Gli insulti rivolti a me e a Jungkook si sono sprecati, e mi è toccato chiederle scusa circa quindici volte prima di riuscire a calmarla.
Il mio accompagnatore, quel cuor di leone che mi ritrovo accanto in questo momento, non è stato in grado di dire neanche una parola per tutto il tempo. Ha solo subito passivamente e annuito mentre io mostravo il cellulare alla mia assistente, senza neanche sapere che cosa ci avessi scritto.
Ah già, chissà perché non ho avuto il coraggio di parlarle. Forse esordire facendole ascoltare la mia voce sarebbe stato utile, anche solo per stordirla e spostare l'attenzione su qualcos'altro. Eppure non me l'ero sentita.
Avevo continuato a scrivere come se non fosse cambiato nulla, anche se fino a qualche minuto prima io e Jungkook avevamo amabilmente parlato di cosa volessimo fare per il resto della giornata.
<< Lo è. Perché credi che lasci a lei il compito di occuparsi di tutti gli affari? >>
Siamo di nuovo in macchina, diretti verso un posto che solo Jungkook conosce e che si è categoricamente rifiutato di rivelarmi.
Ha dovuto farlo a Hwasa però, che ovviamente non avrebbe mai acconsentito a farmi nuovamente andare via senza Dooyon. A dire il vero è quasi un miracolo che l'abbia fatto, soprattutto vista la faccia che aveva mentre Jungkook le rivelava il suo grande piano segreto.
Avevo avuto solo modo di guardarli da lontano, ma mi era sembrata decisamente scontenta di quella proposta, tant'è che mi ero quasi rassegnato a mettere il pigiama e restare ai domiciliari per il resto della vita.
E invece alla fine erano venuti da me e lei mi aveva detto che "potevo cambiarmi" e che "ero libero di andare a patto che la informassi se avessi deciso di dormire nuovamente fuori".
Tipico di Hwasa trattarmi come se fosse la mia sorella maggiore preoccupata.
Mentre recuperavo dei vestiti puliti era anche riuscita ad avvicinarsi per minacciarmi di non so quale follia, se no le avessi raccontato ogni singolo dettaglio di quella nottata al mio rientro. L'avrei fatto.
Avrei tralasciato moltissimi dettagli, ma l'avrei fatto.
<< Comunque è assurdo che tu sia riuscito a convincerla a lasciarci andare. Sei sicuro che non ci stia seguendo? >>
I suoi occhi si fanno incredibilmente più grandi e posso notare ad occhio nudo le gocce di sudore che gli imperlano la fronte. Aggiungerei che stavo scherzando, ma ormai ha già controllato in ogni specchietto che non ci siano "macchine sospette" quindi varrebbe a poco fermarlo.
E comunque è divertente.
<< No, non ci seguono >> risponde serissimo << Non riuscirai a farmi dire nulla, se è questo che vuoi. Ti dico solo che ti conviene dormire se ne hai voglia, perché ci metteremo almeno due ore >>
Decisamente più di quanto mi aspettassi. Pensavo si sarebbe limitato a riportarmi a casa sua per passare una serata tranquilla (forse ci speravo ad essere sincero) e invece sembra aver organizzato qualcosa di veramente grandioso se si sta prendendo la briga di guidare fin lì. Tra l'altro con tutta questa strada davanti a noi, le possibilità che saremo presto fuori da Seul sono altissime. Dannazione che curiosità.
<< Ma figurati, ti tengo compagnia >>
Anche perché voglio farmi un'idea della nostra destinazione cercando di basarmi sulla segnaletica e magari su qualche punto di riferimento in particolare lungo il nostro cammino. Accendo anche la radio, giusto per riempire quei rari ma comunque presenti momenti di silenzio tra di noi.
Io e Jungkook parliamo sempre un sacco a dire il vero; lui mi fa centinaia di domande al secondo perché è un tipo super curioso e io rispondo più che volentieri a tutto quello che mi chiede. Il risultato delle mie parole spesso è una faccia sconvolta da parte sua, e questo non fa che divertirmi ed invogliarmi a tenere viva quella conversazione sempre di più.
Però, che comodi i sedili di quest'auto! Kim Namjoon si tratta proprio bene.
La pelle è così morbida, e i poggiatesta sono proprio della misura giusta, come se fossero stati creati apposta per me. La guida di Jungkook è più calma di quello che credevo; è costante, senza scossoni o frenate brusche, come un dondolio. Il riscaldamento a palla poi mi sta quasi rintronando; le mie guance sono rosse e mi sento quasi intorpidito per tutto l'insieme di cose.
<< Taehyung? Taehyung >> sussurra piano Jungkook, scuotendomi << scusami tanto, ma siamo arrivati >>
Arrivati dove? Non eravamo appena partiti?
La luce, nemmeno così forte a dirla tutta, mi ferisce le palpebre nell'esatto momento in cui realizzo il mio fallimento: ho dormito per tutto il viaggio.
<< Io... >> inizio col dire prima di sbadigliare senza pietà dietro la mia mano << ho dormito per tutto il tempo vero? >>
La sua risata accennata basta e avanza come risposta.
<< Siamo arrivati dieci minuti fa in realtà, e avrei voluto che potessi continuare a dormire ancora, ma temo che non faremo in tempo se non ci muoviamo immediatamente >>
Le sue parole e le carezze che mi sta facendo tra i capelli mi sciolgono il cuore in un modo che non credevo nemmeno possibile. Jungkook è la dolcezza fatta a persona, e io non sono mai sazio dei suoi zuccheri.
<< Avresti dovuto svegliami molto prima. Non solo hai organizzato questo ancora-non-so-cosa, ma ti ho anche lasciato guidare da solo...>>
Quando la sua mano si ferma all'altezza della mia fronte, la afferro tra le mie e ci poso su un bacino leggero. Una cosa da nulla, un gesto affettuoso come un altro che mi riesce del tutto spontaneo.
Eppure lui è appena diventato color pomodoro maturo.
È incredibile come quando sono io a dire o fare una qualunque cosa vagamente romantica lui diventi subito un pezzo di ghiaccio con le guance ardenti. Più continuo a conoscere la persona dietro quell'apparenza così audace e mascolina, e più mi rendo conto di avere a che fare con un enorme bambino con dei muscoli un po' troppo cresciuti.
<< Non è niente... E comunque aspetta a parlare. Potrebbe non essere "l'appuntamento" che ti aspetti >>
Qualcosa nel suo tono di voce lo fa improvvisamente apparire nervoso e agitato. Forse teme che non apprezzerò la sua idea, o forse è solo emozionato perché ha organizzato qualcosa di straordinario.
Faccio spallucce e decido di uscire da quella macchina per fargli capire che sì, sono pronto a lasciarmi condurre da lui dovunque vorrà. Mi raggiunge quasi subito dopo aver chiuso l'auto con il radiocomando, e la sua mano sinistra si stringe immediatamente attorno alla mia destra; la sua presa è più forte e meno delicata del solito, e la cosa inizia leggermente a turbarmi.
Il tratto di strada che percorriamo mano nella mano è insolitamente lungo, ma almeno ho riconosciuto il posto in cui siamo: Daegu, la mia città natale.
La zona non mi è molto familiare però. È un viale silenzioso, pieno di alberi altissimi e quasi praticamente deserto. Certo non sono mai stato una persona che esce molto (mi sposto praticamente sempre in auto e quasi sempre per raggiungere ristoranti), però quella non mi sembra una via particolarmente trafficata o adatta ad un'uscita tra ragazzi della nostra età.
Che abbia preventivamente deciso di non portarmi in qualche locale particolarmente in voga per evitare i paparazzi? È possibile, visto quello che ci è successo qualche giorno fa.
<< Perché hai parcheggiato così lontano? Fa un po' freddo >> gli chiedo, più per spezzare la tensione che per puro spirito critico.
<< Perché è irrispettoso verso chi sta dormendo >>
Ok, adesso ho paura.
Che abbia sbagliato tutto quanto e Jeon Jungkook sia soltanto un pazzo criminale che sta per portarmi in una cascina abbandonata per poi uccidermi? Queste sono le classiche cose che "non possono mai succedere a me", ma chissà perché alla fine succedono sempre e solo a me. No ok, scherzi a parte, cos'è tutto quel cripticismo da parte sua? Chi è che sta dormendo? Siamo praticamente da soli in mezzo al nulla! Ci sono solo questi orrendi alberi di cui non ricordo il nome e un enorme cancello metallico e...oh.
La targa vicino a quella recinzione non lascia più adito a dubbi, ma in realtà l'ho già capito da solo dove siamo.
Il cimitero di Daegu.
<< Jungkook- >>
<< So che ti sembrerà del tutto folle da parte mia che io ti abbia portato qui senza chiedertelo. So che sono un pazzo, credimi lo so. È che ieri...tu mi hai detto di non aver mai trovato il coraggio per passare a salutarli, e io volevo solo che tu potessi farlo in compagnia di qualcuno che ti stesse vicino se ne avessi avuto bisogno. E...beh, sarei io >>
Il modo in cui solleva la mano come a sottolineare la sua presenza lì, unito alla sua espressione bambinesca e piena di sensi di colpa, basterebbe a farmi accettare qualunque cosa.
Qualunque, ad eccezione di questa cosa.
<< Jungkook io non posso, veramente >> rispondo scuotendo nervosamente la testa, senza però riuscire a mollare la presa sulla sua mano << Andiamo via. Torniamo a casa tua >>
Sento la mia voce incrinarsi a metà frase, e per un orribile momento temo che decida nuovamente di abbandonarmi come ha fatto quel giorno di tanti anni fa. Vorrei supplicarlo di portarmi via da lì all'istante, ma qualcosa dentro di me mi impedisce di farlo.
Non lo odio per quello che ha fatto, né per la decisione assurda che ha preso senza consultarmi. Ho capito dove vuole arrivare, sono grande abbastanza da sapere che questa cosa non potrà che farmi bene alla fine e forse mi aiuterà a mettere un punto ad un capitolo terribile e mai realmente chiuso della mia vita. Il problema è che io non ho nessuna voglia di ricominciare, soprattutto perché non sono abbastanza forte per farlo.
<< Io... >> dice guardandomi con tristezza prima di abbassare lo sguardo << ...non posso, mi dispiace. Non voglio obbligarti a farlo però. Se non te la senti va bene così, ma io, col tuo permesso, andrò comunque a porgere i miei saluti. Scusami >>
E la mia mano resta improvvisamente sola, privata del caldo abbraccio della sua gemella, ora che lui ha deciso di lasciarmi lì ed entrare. La cappella dei Kim è una delle più grandi e appariscenti, la ricordo perché quando ero piccolo ci sono stato per trovare i nonni. Jungkook non avrà certo problemi a trovarla, anche se...spero ancora che torni indietro. Che non mi lasci qui così.
<< Jungkook! Jungkook, torna indietro per favore >> dico alzando la voce, mentre alcune lacrime fanno capolino dagli angoli dei miei occhi << Non capisci, io non posso farlo! Quando li vedrò i-io...io... >>
Cado sulle mie ginocchia nell'esatte istante in cui realizzo il vero motivo per cui non sono mai riuscito ad avere il coraggio di entrare in questo posto: guardare le loro foto su quella lapide, renderà tutto vero e definitivo.
Mi accorgo di aver macchiato i pantaloni chiari che avevo deciso di indossare per lui, per essere carino, e dopo un secondo mi ritrovo nuovamente in quel parcheggio. Il mio corpo è pesante, la mia testa è invece troppo leggera.
Sono completamente in balia dell'oblio, non ho più le forze per fare o dire nulla di sensato. Tutto è nuovamente troppo per me, a tal punto che mi sento ancora una volta esplodere.
Com'è che si ferma un uomo che esplode? Per favore, mamma, dimmelo tu.
<< Taehyung, alzati... >>
La presa delle sue mani sulle mie spalle mi riporta alla realtà. Piano piano le lacrime si dissipano, lasciando spazio alla figura sfocata di Jungkook.
Credo di aver avuto un attacco di panico o qualcosa di simile. Non so neanche per quanto tempo sono rimasto a piangere seduto qui per terra, ma non mi interessa.
Lui è tornato indietro per me.
<< Perché mi stai facendo del male? >> la mia voce è un flebile sussurro mentre gli rivolgo quella domanda.
Ogni traccia di sangue semba svanire dalla sua faccia fino a quando di lui non resta che un involucro innaturalmente pallido.
<< Non è...non è mia intenzione >> risponde mentre riesce, con enorme sforzo, a rimettermi in piedi << Tu mi piaci veramente tanto, Tae. Io voglio solo aiutarti. Per favore, fidati di me. Lì dentro ci sono le persone che ti hanno voluto più bene al mondo, nessuno ti farà del male >>
Tu mi stai facendo del male.
Tu che mi hai portato qui contro la mia volontà e stai continuando ad insistere e a spronarmi.
Tu che parli come se li conoscessi, quando a stento conosci me.
Tu che non sai che sono morti per colpa mia.
Per colpa del mio stupido concerto, della mia stupida pretesa di essere un ragazzo normale senza scorta e autista. Mio padre mi ha odiato negli ultimi istanti della sua vita. L'ultima cosa che ha fatto è stata schiaffeggiarmi. L'ultima cosa che i miei genitori hanno sentito dalle mie labbra sono stati versi scocciati che non volevano fare altro che allontanarli.
E io in realtà li amavo. Li amavo più della mia vita e loro non lo sapranno mai perché non ho avuto il tempo di dirglielo.
Come speri che io possa guardarli negli occhi dopo tutto questo tempo?
<< Siamo arrivati >> dice, e solo in quel momento mi accorgo di aver camminato tenendomi a lui senza neanche rendermene conto << Io...entro >>
Tutto questo è assurdo.
Guardo sconvolto Jungkook entrare nella cappella privata della mia famiglia, e l'unica cosa che riesco a pensare è che tutta questa storia non abbia senso. Ogni fibra del mio essere mi sta ordinando di scappare di lì a gambe levate, ma allo stesso tempo non riesco a muovere un passo. Ho appena accusato Jk di volermi ferire, quando in realtà le sue intenzioni sono chiare come il sole. È la persona migliore del pianeta a conti fatti, ma non è un pensiero su cui ho la possibilità di soffermarmi in questo preciso momento.
Devo entrare.
<< ...mi dispiace di aver fatto piangere vostro figlio, credetemi volevo solo aiutarlo. Non ci conosciamo da molto ma...io ci tengo tanto a lui. E comunque siamo parecchio intimi ormai. C-Cioè, NON INTIMI IN QUEL SENSO, non...i-io...io non...cioè....prima o poi magari, spero che succederà ma...sempre con il massimo rispetto, Signori Kim. Perdonatemi >>
È la scena più imbarazzante a cui abbia mai assistito in tutta la mia vita, eppure non posso fare a meno di sorridere. I miei occhi sono ancora pieni di lacrime e sto tremando, ma come sempre il suo "essere così Jungkook" basta ad alleviare parte del mio dolore per lasciare spazio ad un senso di pace che sono capace di provare solo in sua presenza.
<< Incontri i miei genitori, e la prima cosa di cui parli è che vuoi portarmi a letto? >>
L'inchino che stava rivolgendo alle loro foto è spaventosamente profondo, tanto che temo che presto finirà per sbattere la faccia sul pavimento. Ovviamente il mio commento ironico non ha fatto che metterlo ulteriormente a disagio. Forse non si aspettava che entrassi (e come avrebbe potuto, non me l'aspettavo neanche io) o forse è tutta quella situazione a spaventarlo più di quanto non si aspettasse, ma fatto sta che sembra essere ancora più in difficoltà di me.
<< Tae... >> dice cercando di ricomporsi << Sei uguale a tuo padre. Anche tua madre era bellissima... >>
E lo era davvero, lo ricordo perfettamente.
Un sorriso dolce e malinconico mi solca il viso mentre deciso finalmente di avvicinarmi alle loro foto. Non so chi le abbia scelte, forse lo zio, ma trovo che siano entrambe molto belle. Loro due sono esattamente come li ricordavo, a discapito del fatto che credevo di averli lentamente dimenticati.
<< Ciao, mamma... >> dico accarezzando lentamente il bordo della cornice dorata che circonda il suo viso << Ciao, papà >>
Jungkook ha fatto un passo indietro, come a volermi lasciare uno spazio che in realtà non voglio resti vuoto. Cerco la sua mano senza togliere gli occhi di dosso ai miei, e sono felice di trovarla subito vicina non appena ne ho bisogno.
<< Sto abbastanza bene... Ho ripreso a parlare da poco, solo con Jungkook. Jungkook è lui, anche se credo si sia già presentato >>
La sua espressione si fa ancora colpevole e piena di imbarazzo.
<< Lui è una persona incredibile. È bellissimo, come potete vedere anche voi, ma soprattutto è molto buono. Riesce a farmi stare bene come solo voi riuscivate a fare. È grazie a lui se sono qui, ed è grazie a lui se ho ripreso a parlare... Sapete, nessuno è mai riuscito a farmelo fare prima d'ora. Sono molto fortunato ad averlo conosciuto, ora vi racconterò qualcosa di noi... >>
------------
Solo il tramonto e l'orario di chiusura del cimitero riescono a convincerci ad uscire da lì.
Abbiamo parlato entrambi, anche Jungkook dopo un po', seduti per terra in quel posto così insolito ma pieno di significato. Ho notato solo dopo essermi rilassato che l'ambiente è immacolato, pieno di fiori freschi e colorati come se ci fosse sempre qualcuno ad occuparsene quasi giornalmente. Probabilmente qualche collaboratore della nostra famiglia di cui cercherò sicuramente di scoprire il nome. I fiori preferiti di mia madre erano le camelie, quindi farò in modo che di portarne moltissime durante la mia prossima visita.
<< Che cosa c'è? >> chiedo a Jungkook che, pur continuando a guidare, alterna delle veloci occhiate nella mia direzione come se temesse un mio nuovo crollo da un momento all'altro.
<< Niente >> risponde lui velocemente << No ok, in realtà vorrei sapere se sei ancora arrabbiato con me >>
Porto subito una mano sulla sua gamba e la accarezzo piano, provocando un improvviso quanto giustificato irrigidimento di tutto il suo corpo. Non c'era assolutamente malizia in questo gesto, ma posso capire che sia risultato inconsueto da parte mia.
<< A proposito di questo, ti chiedo scusa. È stata molto dura per me, ma ho capito. Non devi dire niente, stai tranquillo. E per quanto riguarda quello che mi hai detto prima...anche tu mi piaci tanto. Veramente, veramente tanto >>
Prima che possa rispondere qualsiasi cosa, il suono di una chiamata in entrata e il nome Ricco Sfondato sullo schermo dell'auto interrompono la nostra conversazione.
<< Ma chi...? >>
Kim Namjoon, a giudicare dalla voce che proviene dalle casse tutte intorno a noi.
<< Namjoon, dimmi tutto >>
<< Jungkook, ho bisogno di una mano. Mi servono l'auto e la carta di credito >>
Ah già, il loro patto e la storia di Park Bogum.
Sembra una cosa pazzesca e lontanissima a ripensarci adesso.
<< Sono a quasi due ore di distanza...con la tua macchina e la tua carta di credito. So che mi avevi chiesto di usare tutto solo per le emergenze ma ecco io dovevo... >>
<< Cavolo. Ok, puoi raggiungermi all'Hotel non appena sarai a Seul? Che ne dici di una festa di compleanno? Hai preso impegni? >>
Il suo sguardo mi fa capire che neanche lui ha la più pallida idea di cosa sta succedendo e di cosa voglia Namjoon da lui. Non so neanche se avesse in mente altro per questa giornata oppure no.
Mima un "che facciamo?" al quale rispondo con un cenno della mano, come a dirgli che può andare dai suoi amici e accettare quell'invito così strano. Il fatto che io sia un asociale non vuole dire che debba esserlo anche lui.
<< No, non ho altri impegni >> risponde a Namjoon << Ti raggiungerò il prima possibile. Posso portare anche il mio....>>
Oh no.
Oh no no no no no.
<< ...posso portare anche un'altra persona? >>
E nell'istante in cui si volta verso di me con la sua espressione da cucciolo, ho già capito che non ho speranze di salvarmi da quella situazione.
---------------------------------------------------------------------------------
La cosa più difficile scritta in questa fic fino a questo momento.
Piccolo Taehyung, il mondo non ti merita e tu non ti meriti questo schifo di mondo.