Scendemmo dal mezzo e Adrian, James e Elèna ci fecero strada lungo un sentiero mattonellato, alla fine del quale si ergeva un cancello in ferro battuto gigantesco. Una enorme "P" legava le due parti della chiusura ed era ornata di foglie d'oro. Sia io che Freia restammo a bocca aperta, scioccate da tutto quel lusso. Qualcuno premette un pulsante e il cancello si aprì, ci incamminammo lungo il continuo del sentiero, costeggiato da lanterne luminescenti, che durante la notte avrebbero sicuramente fatto una luce pazzesca.
Davanti a noi si mostrò una villa ad un solo piano, completamente trasparente se non per il tetto nero. Il giardino era ricoperto di margherite e aiuole delicatamente colmate da tulipani e rosi.
Adrian aprì la porta principale, usando l'impronta del suo indice. Non appena dentro, si accesero tutte le luci e una voce meccanica ci dette il buongiorno e annunciò quanto gradi ci fossero all'esterno. Deglutii più volte, credendo di essere in una di quelle puntate in cui fanno vedere le case di lusso. -Tutto questo è vostro?- Boccheggiò Freia, carezzando il busto di un uomo in marmo. -Non lo toccare e no, non è nostro. È mio.-
Sbattei più volte le ciglia.
-Che teatralità.- Commentò, stufato, James. Adrian non gli rispose, ma digitò velocemente un messaggio e si passò la mano sul cenno di barba che gli stava ricrescendo sul viso. Per la prima volta mi parve esausto, decisamente stanco. Non avevo notato quelle occhiaie e quegli occhi stanchi prima di allora. Sentii Elèna scivolare accanto a me. -Ha fatto il palo tutta la notte davanti alla tua camera.- Bisbigliò.
Io trasalii. -Cosa?-
Lei annuì, con la faccia soddisfatta. -Non ha chiuso occhio perché aveva paura per te. Non lo hai sentito?-
Io mi strinsi tra le mie braccia. Ero così stanca la notte prima, che non appena la mia testa aveva toccato cuscino, la mia anima era direttamente scesa nel mondo dei sogni. -Mh, no.-
Una voce stridula, e decisamente oltre la mia già provata pazienza, fece eco da lontano, accompagnato da qualche sbuffo. La mia amica Freia roteò gli occhi verso il cielo e pregò dentro di sé che non fosse chi tutti temevamo. Ma quell'inconfondibile profumo di vaniglia, talmente dolciastro e acre da far girare la testa, non poteva che essere di Megan. Elèna sospirò, toccandosi le tempie sensibili.
Io indietreggiai, boccheggiando. La sua entrata fu abbastanza plateale, gridò un "ecco che arriva il divertimento" e tirò un calcio ad un pouf di morbida pelle vicino a lei, il quale rotolò, schiacciandosi su un lato. -Porca puttana, Meg! Costa trecento dollari quel coso!- Ribatté Elèna, andando a ridare una forma a quella seduta del salotto. -Ah ci sei anche tu, mostriciattolo.- Disse con aria vagamente seccata, Megan. Beh, capii subito che non scorreva buon sangue tra le due. -Dov'è Adrian?- Iniziò, poi, ad ansimare. Io inarcai le sopracciglia. O era scema o era cieca, perché Adrian era proprio accanto a lei, intento ad inviare una serie di messaggi al cellulare. Lui si accorse finalmente della sua presenza e tirò su con il naso. Lei fece un piccolo salto sul posto e gli tirò il braccio, strattonandolo. -Sono ore che ti chiamo! Dove eri finito? Sono dovuta andare a scegliere la torta nuziale da sola!-
Il mio cuore si gelò in meno di mezzo secondo e mi morsi le labbra per non piangere. Era una reazione più forte di me, la psicologa mi aveva insegnato a mostrare le emozioni, ad essere in pace con esse. Ma io odiavo piangere e far vedere quanto qualcosa mi facesse male. Una sorta di stupido orgoglio, duro a morire. Gli anni passati con mio padre con la paura che potessi ritrovarlo senza vita sul ciglio della strada oppure con una bottiglia piena di alcool in bocca mi avevano portata a chiudermi in me stessa, a non far vedere ciò che provavo agli altri. -E voi due cosa ci fate qui?- Quella domanda mi riscosse dai miei pensieri e alzai lo sguardo. Freia aveva già l'espressione di chi stava per dirgliene quattro, ma io intervenni prima di lei. -Chiedilo al tuo fidanzato.- Adrian girò velocemente la testa verso di me, con ancora il cellulare fra le mani. Sembrò sorpreso da quella mia affermazione. Ma era la verità. Avrebbe dovuto spiegarglielo lui perché ci trovavamo in quei casini.
Megan accavallò le gambe sul posto, mantenendo un'espressione corrucciata sul viso. Ma anche lei aspettava la risposta del suo amato. -I Toy e i Sullivan si sono alleati.- Disse Adrian, tutto di un tratto.
Non appena sentii il cognome "Toy" bruttissimi ricordi invasero la mia mente. Ero stata picchiata selvaggiamente proprio da uno di loro, mi avevano perseguitata. E adesso? Adesso erano tornati. -P-pensavo non esistessero più.- Esclamai. Le mani mi tremavano. Adrian sembrò accorgersene e la sua espressione divenne, almeno a me parve così, dispiaciuta. -Brian semmai.- Intervenne James. -Il resto della famiglia è ancora molto attiva.-
Sospirai, affranta. -E i Sullivan chi sono?-
-Cartello della droga del nord degli Stati Uniti.- Mi spiegò Megan, incredibilmente informata sui fatti. Si vedeva che passava molto tempo con i Priest. -E cosa vogliono da noi?-
Megan sbuffò. -Da noi vogliono la nostra zona di scommesse e un bel bottino. Da te e dalla tua amica hippie non lo so proprio.- Incrociò le braccia sul petto prosperoso, ruotando la testa verso il suo futuro marito, in cerca di risposte.
Elèna fece un passo in avanti. -Cercano qualsiasi tipo di legame con il capo per raggiungere quello che vogliono e visto che Melahel e Adrian stav...- La sua bocca fu immediatamente tappata dalla mano di James, che con un sorriso imbarazzato la portò via momentaneamente, contro la sua volontà, dalla stanza. Megan si spazientì. -Cosa voleva dire?-
-No. Intendeva che, siccome lei lavorava per Jack, che ha poi passato a me...è un facile bersaglio. Freia, invece, ci è capitata perché vive insieme a lei.-
La mia amica alzò le braccia in aria. -Ti pareva! Mi sembrava strano non mi infilassi in situazioni estranee alla mia vita.- Scosse la testa.
Megan non si convinse molto della sua spiegazione, ma decise di farsela andare bene per ora.
Improvvisamente la porta fu spalancata e fecero il loro ingresso Patrick e Jack, entrambi coinvolti in un'abile conversazione. Adrian mi superò e andò a salutarli. -Ho fatto stanziare diversi uomini agli ingressi, non dovrebbero esserci problemi.- Disse Adrian. Patrick annuì, ma aveva l'espressione seria. -Non dovevamo trovarci in questa situazione. Perché vogliono la tua parte delle scommesse? Cosa c'entra con il loro giro di affari?-
Adrian sospirò e una vena si fletté lungo il suo collo. -Hanno capito che possono guadagnarci il doppio.-
Jack sbuffò. -Dobbiamo bloccare gli investimenti. Lo sai.-
Lui scosse la testa. -Finché ci fruttano un bel po' di soldi, quelli li lasciamo stare. Non preoccuparti, avrai il tuo nuovo grattacielo entro due anni.-
Il mio ex-capo distolse lo sguardo. -Sono preoccupato. Sai come sono, sono sanguinari. Non si fanno problemi a fare stragi intere.-
Patrick intervenne, deciso. -Dobbiamo battere il pugno anche noi. Non possiamo stare a guardare mentre ci minacciano.-
Anche lui era nel giro? Avevo capito avesse a che fare con gli affari dei Priest, ma non credevo in maniera così...losca.
Adrian si grattò la nuca, i muscoli del suo braccio destro si gonfiarono.
-Adesso dobbiamo stare in allerta e nascosti il più possibile. Ho già messo all'opera Timothy e gli altri miei informatici per installare telecamere e cimici in ogni nostro magazzino e in ogni punto scommesse.-
Patrick si schiarì la voce. -Ho già avvertito l'équipe di investimento di stare in guardia, ci potrebbero essere dei tentativi di manomissione.-
Adrian imprecò. -Io temo di più possano manomettere noi e chi amiamo.- Mi lanciò un'occhiata veloce ed io fui attraversata dai brividi. Buttai giù la saliva e cercai di far calmare il cuore già agitato. Lui distolse immediatamente lo sguardo, come se gli facesse male.
La mia amica sbuffò. -Che situazione di merda! Come possiamo uscirne? È impossibile! Casini del genere ci mettono decine di anni a risolversi.- Si passò le mani tra i capelli, esasperata. Elèna si avvicinò a lei, carezzandole una spalla. -Non preoccuparti, Freia.- Le sorrise. -Ci siamo trovati in guai ben peggiori nell'ultimo anno.-
Mi accigliai. -Ah sì?-
Lei annuì. -Adrian stava per essere arrestato e condannato a chissà quanti anni.-
Mi irrigidii immediatamente. Iniziai a balbettare frasi sconnesse e senza senso, ma lei mi calmò. -Stai tranquilla! Si è risolto tutto per fortuna. È per questo che deve sposarsi. Deve dare l'idea di aver messo la testa a posto e di essere un leader adeguato alla nostra famiglia e agli affari.- Abbassò la voce. -Le altre famiglie non vedono l'ora di approfittarsi di un momento di debolezza per soffiarci via tutto da sotto il naso.-
Lo stomaco aveva iniziato a farmi male. Pensavo che, nel tempo, fossero diventati più "legali" e, invece, le cose erano peggiorate. Freia guardò la ragazza con aria di disappunto e le tolse la mano dalla spalla. -No, grazie. Vorrei tornare a casa.-
La sorella Priest fece una leggera smorfia con la bocca e alzò le spalle. -Adesso non puoi. Ti toccherà restare con noi ancora un po'...- Terminò la frase con un accennato sorriso malizioso. La mia amica la osservò e poi rivolse lo sguardo, attonito, verso di me. Io cercai di strozzare una risata. -Ci stai provando Elèna?-
Sbarrai gli occhi. Io e Freia facevamo spesso conversazioni su quanto lei fosse diretta e talvolta eccessivamente esplicita mentre parlava, ma i miei consigli non venivano mai presi in considerazione da lei e si vedeva. -No. E adesso che me l'hai fatto notare, ti sottolineo che non mi piaci nemmeno un po'.- Elèna mentì spudoratamente. Non toglieva gli occhi di dosso da Freia da quando l'aveva vista la prima volta. La mia amica spostò il peso su una gamba e strizzò gli occhi. -Nemmeno tu mi piaci.-
-Perfetto. Problema risolto.- Disse l'altra, scrollando le spalle. Stava sorridendo però. Io le guardai, convinta che entrambe si piacessero.
-Ma almeno ti piacciono le donne?- Continuò Freia. Le diedi una botta sulla spalla, facendole capire che era fin troppo diretta. Ma la ragazza non parve infastidita, anzi. -Mi piacciono soltanto le ragazze. Gli uomini li trovo così banali e bruttini...- Freia scoppiò a ridere e cominciò ad annuire con veemenza. -Sì, abbiamo qualcosa in comune allora.-
La sorella di Adrian sorrise di gusto. -Già lo sapevo.- E le strizzò l'occhio, per poi allontanarsi. La mia amica rimase ferma a guardarla andarsene. Io mi parai davanti a lei. -Sai cos'ho capito?-
Lei scosse la testa.
-Ho capito che è proprio la sorella di Adrian. Ha lo stesso modo di atteggiarsi e ti lascia con quell'amaro in bocca che ti verrebbe da gridare che cosa intendono con quei comportamenti o con quelle parole.- Freia deglutì. -Hai proprio ragione. È irritante.-
Sospirai. -Benvenuta nel club.-
Qualcosa mi toccò la spalla. Mi voltai immediatamente e due occhi azzurro ghiaccio mi colpirono in pieno. Un sorriso mozzafiato si distese davanti a me. -Ciao, Mela.- Disse semplicemente.
Io mi guardai le punte dei piedi. Quello sguardo così profondo era impossibile da sostenere. -Ciao, Patrick.- Risposi semplicemente.
-Mi dispiace per quello che sta succedendo. Non pensavo saresti stata coinvolta, ma sono contento che stai bene...e che sei qui con noi.- Quel "noi" mi sembrò tanto un "me". Arrossii leggermente. -Grazie, io non sono molto contenta invece.- Ammisi. Lui rimise la mano sulla mia spalla. -Non devi preoccuparti di nulla. Sia io che Adrian disponiamo di una milizia abbastanza numerosa e preparata. Non devi temere per la tua vita o per quella della tua amica.-
Scossi la testa, facendo un passo indietro. -Non è quello...è che vorrei vivere una vita normale.-
Lui mi guardò intensamente. -Ti capisco.-
Poi cercò di avvicinarmi, sospingendomi verso il suo petto. Voleva abbracciarmi? Mi lasciai trascinare, poggiando la testa sui suoi pettorali. Sentii il suo cuore leggermente accelerato. Le mie gote si tinsero di rosso. Ricambiai l'abbraccio e spostai lo sguardo più in fondo. Incrociai immediatamente quello di Adrian, che mi stava fissando. Cambiai immediatamente visuale, strizzando gli occhi.
-Amore, mi aiuti ad allacciare questi sandali?- La voce di Megan interruppe quel momento carico di tensione per lo sguardo di Adrian su di me e le mani di Patrick attorno al mio corpo. -Allacciatele da sola.- Rispose freddamente.
Patrick si distaccò da me e sghignazzò. -Dai, Adrian. Sarà tua moglie tra qualche settimana, assecondala almeno in qualcosa.- Disse, divertito.
Megan parve soddisfatta di quell'intervento.
Il tatuato si accese una sigaretta e tirò su una gamba, poggiando il piede alla parete dietro di sé. -Fatti i cazzi tuoi, Patrick.-
L'intero gruppo di persone trasalì. -Stavo scherzando.- Ribatté lo svedese, facendo schioccare la lingua sul palato.
Freia mi si avvicinò. -Nervoso il ragazzo.-
Io presi un bel respiro. Non volevo credere che quel cambiamento di umore fosse dovuto a quell'abbraccio innocente di prima. Era impossibile.
-Comunque ho bisogno di una mano.- Riprese Megan, mentre agitava il laccio del sandalo. Adrian imprecò e premette il mozzicone della sigaretta sul posacenere, poggiato sopra al piccolo tavolino accanto a lui. -Sei proprio una scassapalle.- Bisbigliò abbastanza forte da farsi sentire. Megan sorrise, contenta che lui facesse qualcosa per lei. Le legò la scarpa e si alzò di scatto, senza nemmeno degnarla di uno sguardo. -La riunione inizia tra poco. Voi altri vi annoierete.- Si rivolse a noi. -Avete due tv a disposizione, qualche libro, un computer portatile e credo nient'altro.- Sembrò rifletterci su. -Non prenderanno la vostra posizione, non preoccupatevi. Questa casa funziona da bunker.- Poi fece un cenno al fratello, che scattò dietro di lui. Jack e Patrick lo seguirono, ma non prima che Patrick mi lasciasse un bacio sulla fronte.
-Mi sono persa qualcosa?- Chiese Freia, confusa.