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By soulfullofharry

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By soulfullofharry

La giornata lavorativa si rivela un disastro a partire dal caffè versato sulla gonna fino allo sguardo perso nel vuoto tutte le volte che il ricordo della busta che giace sul tavolo della cucina da ieri sera fa capolino nella mia mente.

All'ora di pranzo Jack mi dice di chiudere tutto quanto e di tornarmene a casa perché in ufficio sono inutile se ho la testa altrove. Non ha tutti i torti. Perciò, intorno all'una e mezza torno nel posto che dovrebbe essere il mio rifugio e, dopo aver recuperato la lettera, la conservo all'interno della scatola di scarpe dove si trovano il resto dei bigliettini. In questi sei mesi ho stampato ogni singolo messaggio ricevuto ma, nonostante la paura, mi ero sempre detta che avrebbe smesso. La cosa, però, sta iniziando a degenerare e se si è spinto fino alla mia porta di casa allora nulla gli impedirà la prossima volta di entrare e attuare ciò che ha scritto.

Devo scrivere a Tim e informarlo. Ma non oggi. Spencer sta molto meglio e ho deciso di portarlo allo zoo, come avremmo già dovuto fare giorni prima.

Lego i capelli in una coda bassa e mi cambio, indosso un paio di jeans e un maglioncino che lascia una spalla scoperta. Filo in cucina e preparo due semplici toast visto che non ho molta fame. Metto su il bollitore per il tè e tiro fuori dalla dispensa una tazza. Magari un buon tè mi aiutare a mantenere i nervi saldi. Penso anche che dovrei far installare un allarme, dei sensori di movimento quando non ci sono o mi trovo in un punto preciso della casa. Non lo so... dovrei averci pensato sei mesi fa, invece, ecco tutto. Ma sono stata un'idiota convinta che l'avrebbe piantata, che voleva solo spaventarmi, adesso però... è troppo.

Afferro giacca e borsa, mi assicuro di avere un aspetto decente e dopo aver buttato gli avanzi dei toast nel cestino dei rifiuti ed essermi scolata il tè come fosse uno shottino, mi avvio all'uscita.

Dovrei dire che sono sorpresa, ma ormai sembra che il destino me lo metta sempre tra i piedi – non che mi lamenti – dunque, raggiungo Ronan davanti al portone e mi piazzo al suo fianco.

«Ehi, buongiorno» mi saluta, prima di esaminare il mio outfit.

Faccio la stessa cosa e rimango più che sorpresa quando realizzo che sta indossando dei jeans. Ronan Maxwell ha addosso un paio di jeans e un maglioncino di cashmere nero. «Sei molto casual oggi.»

«Già, pensavo che non sarebbe stato molto comodo stare accanto agli animali con un Armani» fa spallucce.

Aggrotto la fronte, confusa. «Non ho capito. Animali?»

«Sì», mi fissa come se fossi io la scema. «Aspetta, non dirmi che Anita si è dimenticata di avvisarti» borbotta.

«Ah... direi proprio di sì» annuisco ovvia.

Verrà anche lui allo zoo? E perché accidenti Anita non me l'ha detto?

«Scusa. Me l'ha menzionato stamattina quando ci siamo sentiti e visto che oggi non avevo molto da fare gli ho chiesto se potessi unirmi a voi. Lei mi ha detto che ti avrebbe avvisata e che non ci sarebbe stato nessun problema» spiega mentre apre il portone e mi fa cenno di uscire fuori, all'aria aperta.

«Suppongo che lo abbia dimenticato perché non ho ricevuto alcun avviso» rispondo. «Beh, non importa. Più siamo meglio è, no?»

«E poi non sono mai stato allo zoo, sarà divertente» sorride.

Io sbatto le palpebre, sconvolta da questa rivelazione. «Sono anni che vivi a Boston e non sei mai andato allo zoo?»

«Ho lavorato e fatto altre cose e lavorato e... altre cose» annuisce soddisfatto della sua spiegazione pietosa.

«Va a prendere la tua auto, non ho più voglia di guidare» sbuffo, ignorando il suo precedente asserimento.

«Sono certo che Spencer vorrà fare un giro sulla tua, visto che è una decappottabile» ribatte.

«Ha avuto la febbre. Starà al chiuso. Guidi tu» gli punto un dito sul petto.

Lui posa lo sguardo sulla mia mano che lo sta toccando, poi alza lo sguardo per posarlo su di me. «Posso guidare la tua.»

«Perché mai dovresti guidare la mia quando la tua è centomila volte meglio?» sbuffo, ritirando il dito e incrociando le braccia al petto.

«Non lo so, è carina.»

«Ronan, prenderemo la tua auto. È una Tesla, deve essere guidata e se non vorrai farlo tu, ci penserò io!»

Lui ghigna soddisfatto. «Ma non hai detto un attimo fa che non ti andava di guidare?»

«Bene, visto che abbiamo deciso di parlare chiaramente: se prendiamo la tua e non hai voglia di guidare lo faccio io perché non mi lascerò mai sfuggire l'occasione. Se prendiamo la mia guidi tu perché io non ho più voglia. Ecco fatto.»

«Lo sai, punzecchiarti è diventato il mio passatempo preferito» ridacchia.

Sì, peccato che ci limitiamo a questo da... tipo un mese e oggi sono piuttosto scattante a causa di quello che è successo ieri sera. Dunque, mi limito a fare un respiro profondo e riflettere prima di parlare. In fondo, lui non c'entra niente con il casino in cui mi sono ritrovata e oggi doveva essere una giornata di svago, no? È inutile arrabbiarsi con qualcuno che non ha colpe – a parte essere un dannato fotomodello.

La verità è che avrei tanto bisogno di un suo abbraccio adesso, di affondare il viso nell'incavo del suo collo e sentirgli dire che andrà tutto bene, ma non posso perché continuiamo a danzarci intorno senza mai superare un limite che ci siamo silenziosamente imposti.

«Possiamo, per favore, prendere la tua macchina? Sono innamorata e vorrei tanto, tanto farci un giro» la mia esce fuori come una supplica.

Vorrei fare un giro anche su di lui, ma questo non lo dico.

Ronan rilascia un profondo respiro e si avvicina. Poi, scioccandomi, mi solleva il mento con due dita in modo da potermi guardare negli occhi. «Vado a prendere la macchina. Però preferirei guidare io. C'è Spencer e non voglio che succeda nulla. Non che io non mi fidi di te al volante, semplicemente non voglio che ci sia un singolo problema quando c'è mio nipote seduto nei sedili posteriori. Ti va bene?»

«Sono d'accordo» mormoro.

«Ti prometto che ti faccio fare un giro questo fine settimana. E ti insegno anche a fare i biscotti.»

«Promesso?»

«L'ho appena fatto, signorina» mi sorride e si scosta, non prima di avermi lasciato una sottile carezza sul mento. «Torno fra pochissimo.»

E mentre si allontana, realizzo che della preoccupazione che mi attanagliava fino a tre secondi fa non ce n'è più traccia perché gli è bastato toccarmi per rasserenarmi.

Anita si presenta dopo pochi minuti e si scusa ripetutamente con la sottoscritta perché credeva di avermi mandato un messaggio – che invece è rimasto nelle bozze – e dopo aver scambiato un paio di chiacchiere, ci mettiamo finalmente in macchina.

Il Franklin Park Zoo dista una ventina di minuti dal nostro palazzo, ma c'è traffico e quindi impieghiamo una mezz'oretta. Negli anni sono stata qui un paio di volte, sia con la mia famiglia che con i miei cugini. È bello poterci passare un pomeriggio diverso, soprattutto quando non si ha nulla da fare.

«Ho fatto i biglietti online, possiamo andare all'entrata e mostrarli lì» ci informa Ronan.

Tenendo Spencer per mano, annuisco e lo seguiamo verso l'entrata.

«Non vedo l'ora di vedere i leoni africani!» esclama Spencer da sotto la visiera del suo cappellino.

Oggi è una giornata splendida, il sole picchia, e Anita ha fatto benissimo a farglielo indossare.

Ronan pensa ai biglietti e poco dopo ci ritroviamo dentro il grande zoo.

«Seguiamo il percorso o vuoi subito andare dai leoni?» chiede Ronan al bambino.

«Mmh, voglio vedere tutto quanto. Seguiamo il percorso. Giusto, Lay?»

«Giustissimo» annuisco in approvazione.

Ronan guarda la mappa che ha preso all'entrata. «Bene, come prima cosa abbiamo la pianura di Serengeti. Vedremo l'istrice, gli gnu, gli struzzi, le zebre e...i cinghiali.»

«Non ho mai visto gli gnu o i cinghiali» riflette a voce alta Spencer mentre ci spostiamo verso il primo settore.

È enorme e... stupendo. Gli animali sono divisi da ampie vetrate, l'ambiente è pulito e curato, cosa che mi fa sospirare di sollievo.

Spencer scatta un sacco di foto mentre ammira gli animali. Dice che le farà vedere tutte ad Anita.

«Ma... è gigante!» esclama fermandosi davanti a uno struzzo impegnato a guardarsi intorno.

«Anche inquietante aggiungerei» rabbrividisce Ronan.

Lo guardo divertita e lo affianco mentre Spence si sposta verso gli gnu. «Hai paura di un piccolo struzzo?» ridacchio.

«No, sono solo... inquietanti» ripete in un sussurro la parola di prima.

Annuisco e reprimo un'altra risata. «Tra poco vedremo i maiali del fiume rosso. Quelli sono decisamente inquietanti» lo informo prima di superarlo e affiancare Spencer. «Forza, adesso abbiamo i leoni da vedere!»

Ronan si avvicina subito dopo, un alone biancastro sul volto. Non avrà mica paura?

Sghignazzo e gli rubo la mappa dalla mano. «Prossima fermata: il regno di Kalahari!» esclamo con voce degna di un combattente pronto a battersi nello stesso momento in cui afferro la mano di uno Spencer in preda alle risate e lo trascino via.

Sono più rilassata e di sicurotrascorrere del tempo con due delle mie persone preferite aiuta parecchio. 

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