Era chiaro che la sua assenza non fosse passata inosservata e avesse lasciato un segno indelebile dentro di lei, forse molto di più di quello che aveva fatto Adrien con l'andarsene, per poi tornare e amarla con tutto sé stesso e andarsene di nuovo.
Chat Noir ritrasse la mano e accettò quella condizione.
"Come intendi procedere?" Le chiese mestamente con un filo di voce.
"Sei bravo a distrarre le persone, tu fallo mentre io creo un portale proprio dietro di lei, e quando te lo dico la spedisci al di là." Rispose con lo stesso tono.
"Non ti sembra un po' banale?"
"Non mi viene in mente altro, spero funzioni, anche perché avremo solo una possibilità." Si strinse nelle spalle.
Ladybug prese dallo yo-yo il Miraculous del cavallo e ne attivò subito il potere.
Chat Noir la prese per un polso "Dopo parleremo, vero?"
Ladybug sospirò, non aveva niente da dirgli, oppure molte cose. Dipendeva dai punti di vista, fatto che le prudevano le mani e un sonoro ceffone non glielo avrebbe tolto nessuno.
"Sì." Sapeva già che non avrebbe potuto fare finta di niente e sparire, quel confronto era d'obbligo.
"Ti chiedo un favore: metti da parte il risentimento nei miei confronti e torna lucida, ho bisogno di te per concludere il tuo piano. Non posso farcela da solo." Chat Noir poteva percepire indistintamente sotto la Battle suite di Ladybug, la pelle diventare d'oca e tremare.
"I-io..."
"Lo so. Mi vorresti spaccare la testa, ma al momento non puoi."
"Ma come fai..."
"Non è difficile leggere la tua mente, i tuoi occhi esprimono tutta la tua rabbia, ma è anche vero che non avresti mai mandato Plagg da me se non fossi stata certa che io potessi aiutarti."
Ladybug deglutì il nulla. Chat Noir aveva ragione su tutto ed era per questo che funzionavano bene come duo, ma un particolare stava mettendo a dura prova i nervi di Ladybug e di conseguenza la riuscita della missione.
Scrollò le spalle e fece un bel respiro profondo oltre che un sorriso un po' forzato, sentendosi più leggera, ma lo stesso con un macigno nel petto, disse a Chat Noir di tenersi pronto.
*
Tutto sommato era andata bene.
Ignoblia non brillava d'acume ed era stato piuttosto facile per Ladybug e Chat Noir attuare il loro piano, rispedendo così l'aliena direttamente a New York tra le braccia della sorella Majestia, la quale si sarebbe occupata di lei.
La newyorkese si era portata due dita sulla tempia e aveva salutato i due ragazzi, ringraziandoli per la collaborazione.
Ladybug lanciò così in aria il Lucky charm riportando così tutto alla normalità, anche i palazzi crollati per primi.
"Ben fatto, Milady." Aveva detto Chat Noir tenendo le braccia lungo i fianchi.
"Ben fatto, Chaton." Ripeté Ladybug sorridendo e protendendo un pugno che Chat Noir batté poco dopo in ricordo dei vecchi tempi.
Neanche il tempo di pronunciare qualcosa che i due super eroi vennero attorniati da giornalisti che fremevano per lo scoop.
"Chat Noir sei tornato?"
"Dove sei stato in tutto questo tempo?"
"Perché non ti sei più fatto vedere?"
"È stato difficile per te tornare a combattere al fianco di Chat Noir?"
"Vi rivedremo ancora?"
Erano le domande più gettonate a cui nessuno dei due aveva dato risposta perché gliene venivano poste subito altre di seguito e in più erano impegnati a schivare i flash accecanti delle macchine fotografiche puntati sui loro volti.
Ladybug e Chat Noir, imbarazzati, non sapevano da che parte tendere e a quali microfoni rispondere, le curiosità erano molteplici, giustamente, si potrebbe aggiungere, in quanto i super eroi erano spariti da anni dalla circolazione portandosi dietro anche il famigerato Papillon, ormai caduto nel dimenticatoio.
"Milady, dobbiamo trovare un modo per sgattaiolare via da qui." Bisbigliò al suo orecchio facendo finta di niente.
"Sono d'accordo con te." Rispose Ladybug.
"Oh! Scusate! Ci stiamo per ritrasformare." Chat Noir tirò fuori tutta la sua sfrontatezza toccandosi i capelli biondi "... Io e Ladybug saremo felici di rispondere alle vostre domande... Un'altra volta." Fu la prima cosa che gli venne in mente.
Prese poi Ladybug per un fianco e la trascinò sul tetto più vicino, nascondendosi da quegli inutili seccatori.
*
Ladybug scrutava l'orizzonte dandogli le spalle stringendosi in un abbraccio a causa del senso di disagio che l'aveva assalita.
Voleva voltarsi e sperare fosse sparito, ma lo sentiva avvicinarsi sempre di più a piccoli passi.
Chat Noir avanzava lentamente con lo stomaco in subbuglio e intanto protendeva una mano in avanti nel tentativo di agganciarle una spalla.
Ladybug inspirò profondamente ma non parlò ancora, le parole le morivano in gola quando provava a pronunciare qualcosa; Chat Noir invece, aveva molte cose da dirle, ma ognuna di essere gli sembrò superficiale e finiva così con lo starsene in silenzio.
"Milady..." Osò dire, lei si voltò di scatto verso di lui con gli occhi lucidi mordendosi le labbra fino a farle diventare rosse.
"Sbrigati a dirmi quello che devi." Grugnì scalpitante. Ladybug voleva solo tornarsene a casa e abbracciare suo figlio e farsi coccolare dal suo amore incondizionato, quella giornata era stata abbastanza piena per lei e la paura di non farcela, di non vedere più quel visino dolce e non ricevere più quei baci umidi, le avevano dato la forza di combattere quella battaglia e soprattutto di accettare l'aiuto di Chat Noir.
Ma ora, tutto stava prendendo una piega inaspettata e il mondo attorno a lei si colorava di mille sfumature diverse, proprio come i sentimenti contrastanti che albergavano all'interno del suo cuore.
Da una parte vorrebbe corrergli incontro e baciarlo, per poi urlargli che lo amava, dall'altra strangolarlo e gettarlo giù dal palazzo in modo che il suo corpo si sfracellasse al suolo.
Sì, lo amava ancora, e forse più di prima. Per questo non riusciva a scegliere da che parte stare e l'unica cosa che le premeva era sapere se il suo ritorno a Parigi sarebbe stato in pianta stabile.
Al contrario, Chat Noir non aveva dubbi sui suoi sentimenti rimasti lì, custoditi all'interno del suo cuore per così tanto tempo, ed era determinato più che mai a riportarla nella sua vita.
C'era sempre stata lei e chissà se quel maledetto giorno non avesse scoperto lo sporco segreto di suo padre, ora starebbero insieme e forse già con una famiglia di cui prendersene cura.
"I-io..." Provò a dire farfugliando frasi sconnesse tra loro.
"Un biglietto!" Disse Ladybug anticipandolo richiamando il suo sguardo attonito. "Mi hai lasciato un biglietto!" Continuò scoppiando a piangere battendo i pugni sul suo petto.
"M-mi dispiace... non potevo... non conoscevo la tua identità... e sono dovuto partire."
"Un biglietto..." Mormorò più forte rimarcando il disprezzo per un gesto così ignobile. "... non me lo meritavo." Tirò su con il naso continuando a singhiozzare.
"No!" Puntualizzò lui "... non era così che volevo che finisse tra noi."
"Hai mandato Plagg a fare tutto il lavoro per te..." Ladybug continuò a sputare odio e veleno rimasti latenti per quasi vent'anni. Sperava in qualche modo di averla superata e di esserselo lasciato alle spalle in quella clinica privata, ma in qualche modo l'aveva seguita ed era rimasta in attesa di uscire da lei come un demone infernale.
Ora che il pianto si era calmato, gli occhi di Ladybug erano iniettati di sangue, e a Chat Noir ricordò molto quella sera in cui Marinette lo aveva cacciato via di casa e gli aveva intimato di non farsi più vedere.
"Milady..." Mormorò con un filo di voce abbassando lo sguardo malinconico, avrebbe voluto raccontarle tutto in quel momento perché lei meritava di sapere ogni cosa: del perché se ne era andato, chi fosse Papillon, chi si nascondeva dietro la sua maschera, ma questo avrebbe solo alimentato l'odio che stava provando e manifestando.
L'unica cosa saggia da fare era assecondare i suoi sentimenti, sentiva che Ladybug aveva bisogno di sfogarsi e che in realtà quell'astio era dovuto a una serie di coincidenze e incomprensioni dettate da parole non dette o non ascoltate.
Ladybug, inaspettatamente schiaffeggiò la gita di Chat Noir con tutta la forza che aveva in corpo "Non chiamarmi mai più così, hai perso quel diritto lo stesso giorno in cui mi hai restituito il Miraculous."
Detto questo, e senza aggiungere altro, la super eroina coccinella iniziò a correre e saltare di tetto in tetto. Chat Noir non la seguì, si lasciò cadere sulle ginocchia e abbassò la testa: riacquistare la sua fiducia sarebbe stato più difficile del previsto.
*
Ladybug corse a perdifiato per un tempo indefinito ancora incredula di avergli lasciato cinque dita sulla sua guancia, non voleva farlo, ma l'istinto aveva prevalso sulla ragione finendo così per attaccarlo.
Si nascose dentro un vicolo e sciolse la trasformazione iniziando a piangere a dirotto confortata dalla sua kwami.
"Non fare così, Marinette."
"Ti-tikki..." Singhiozzò "... perché lo amo ancora?"
Tikki chiuse gli occhi lentamente dopo quella sconcertante rivelazione.
"Forse è per questo che non sono più riuscita a innamorarmi, ma non posso tenere così a lui dopo tutto il male che mi ha fatto."
"In cuor tuo sai che non lo ha fatto volutamente ed è per questo che lo ami ancora."
"No. Io lo odio... lo odio!" Pianse più forte per autoconvincersi di quello che stava dicendo.
"Marinette... senti quello che ti dice il cuore e abbandonati alle sue note."
"Basterà evitarlo... e tutto andrà bene. Non posso fare lo stesso errore due volte."
"Pensi sia tornato per te?"
"Sarebbe assurdo... dopo tutti questi anni."
"Magari anche lui prova le stesse cose nei tuoi confronti."
"Andiamo... non dire scemenze. Oggi si voleva solo scusare e basta perché si sentiva in obbligo di farlo." Disse velocemente tirando fuori dalla borsetta un fazzoletto di carta per soffiare via il moccio dal naso.
"Marinette!" La rimproverò la kwami tirando gli occhi "... l'unico modo per scoprirlo e quello di rivedervi."
"Oh! No, no e poi no. C'è Louis ora di mezzo e non voglio che lo venga a sapere."
La kwami scosse la testa un paio di volte, quello sarebbe stato l'inizio della fine.
*
Marinette ritornò a casa un'ora dopo che le acque si erano calmate e dopo aver ricevuto una chiamata dal suo capo ufficio chiedendole se stava bene e che aveva dato a tutti il pomeriggio libero.
"Sono a casa!" Aveva detto aprendo la porta venendo accolta a braccia aperte da quel frugoletto di quattro anni e mezzo.
"Ciao, mamma! Ho avuto tanta paura!" Disse il piccolo Louis poggiando la testa sul suo petto.
"Naa! E che fine ha fatto il mio ometto coraggioso?" Chiese con aria incredula per schernirlo.
"Ma poi..." Louis tirò fuori dal pigiama i due pupazzi di Ladybug e Chat Noir "... ho visto loro in televisione e sono stato sicuro che avrebbero vinto." Spiegò andando poi a giocare con i due pupazzi.
"Stai bene?" Le domandò Manon avvicinandosi a lei e solo dopo che fosse stata sicura che Louis era in camera sua.
"Sì... ma questo nemico era molto forte."
"Non sei poi così arrugginita." Ammiccò dandole una pacca sulla spalla; Marinette tempo fa le aveva confessato di essere Ladybug, doveva assicurarsi che Manon potesse correre da lei se ne avesse avuto bisogno e infatti era stata la stessa ragazza che si era prodigata nell' andare a prelevare il bambino a scuola dopo lo scoppio del caos in città.
"Insomma... mi ci vuole un po' di allenamento." Sogghignò sotto i baffi.
"Sei sempre straordinaria... e chi pensava che la ragazza svampita con cui passavo i miei pomeriggi si potesse rivelare essere Ladybug." Bisbigliò felice come una Pasqua.
"E chi pensava che la ragazzina rompiscatole che ero costretta a tenere potesse un giorno diventare la mia di babysitter?"
Entrambe scoppiarono a ridere richiamando l'attenzione di Louis.
"Voglio ridere anch'io!" Protestò mettendo il broncio.
"No!" Esclamarono all'unisono ritornando a ridere nuovamente.
*
continua
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