[1] 𝙐𝙣𝙞𝙩𝙮 » Percy Jackson

By Ginwalker_

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Come sono passata da fiacche giornate passate a fare l'assoluto nulla (dopo aver salvato il mondo da quello s... More

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- 𝙏𝘩𝘦 𝘖𝘤𝘵𝘢𝘨𝘰𝘯 𝘚𝘦𝘳𝘪𝘦𝘴.
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🔱 NOTA FINALE

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By Ginwalker_


LO ZIO LEO CI PORTA A FARE UN GIRO


Prendere in prestito l'elicottero fu semplice. Bastarono poche parole di Piper nel megafono improvvisato di Leo per convincere la donna che pilotava il velivolo ad atterrare sulla montagna. L'elicottero di servizio del parco nazionale era grande a sufficienza per le evacuazioni mediche e le operazioni di salvataggio, e quando Piper suggerì alla pilota che sarebbe stata un'idea fantastica portarli all'aeroporto di Oakland, la donna accettò subito.

Il problema fu farci salire Tristan McLean. «No...» protestò mentre veniva sollevato da terra «Piper, cosa... c'erano i mostri... c'erano i mostri...»

Aiutammo Piper a farlo salire sull'elicottero mentre Gleeson raccoglieva l'attrezzatura. Era chiaro che non stesse bene a vedere il padre traumatizzato e in lacrime. «Ehi, ce la fai?» le domandai.

Piper annuì. «Devo per forza» bofonchiò in risposta.

Le offrii un debole sorriso. «Siamo tutti qui con te» le dissi «e se la caverà. Ma forse è meglio se lo calmi»

Piper trasse un profondo respiro. «Andrà tutto bene, papà» disse con il tono di voce più suadente possibile. Si vedeva che non aveva piacere ad usare la sua lingua ammaliatrice su di lui, ma lo faceva per un buon motivo. «Questi sono amici miei. Ti aiuteremo noi. Adesso sei al sicuro»

Tristan sbatté le palpebre e guardò i rotori dell'elicottero. «Le lame.... Avevano una macchina con tantissime lame. Avevano sei braccia...»

Quando lo portammo davanti allo sportello, la pilota si avvicinò per aiutarli. «Cosa gli è successo?»

«Ha inalato troppo fumo» rispose pronto Jason «o forse è stato un colpo di calore»

«Dovremmo portarlo all'ospedale»

«Non importa, va bene l'aeroporto» disse Piper.

«Sì, va bene l'aeroporto» concordò subito la donna. Poi strizzò gli occhi, come se non capisse come mai aveva cambiato idea. «Non è Tristan McLean, il divo del cinema?»

«No, si figuri. Gli assomiglia e basta»

«Gli assomiglia e basta. Io...». La pilota sbattè le palpebre, perplessa. «Non ricordo più che cosa stavo dicendo. Diamoci una mossa»

Jason inarcò le sopracciglia e guardò Piper, evidentemente colpito. Lei, però, incurvò le spalle e tornò ad occuparsi di suo padre.

Finalmente riuscimmo a issarlo a bordo, e l'elicottero decollò. Via radio richiesero più volte la rotta, ma la pilota ignorò quelle domande. Ci lasciammo alle spalle la montagna in fiamme e ci dirigemmo verso le colline di Berkeley.

Mi accasciai sul sedile, lasciando andare un sospiro tremante. Dire che ero stanca sarebbe stato un eufemismo: ero a dir poco esausta. Niente di paragonabile alla stanchezza data dal sorreggere la volta del cielo, ma sicuramente faceva parte della mia personalissima Top Five.

Avevo rischiato molto contro Encelado. Per la maggior parte dello scontro mi ero sentita svenire a causa della massiccia perdita di sangue dalla spalla -colpa di uno stupido cespuglio di rovi. Poi mi ero beccata un colpo d'ascia dritto dritto nelle costole, e a momenti morivo lì dov'ero. Se non ci fossero stati Piper (che mi aveva dato subito dell'ambrosia), Orion e Greer, probabilmente in quel momento sarei stata un cadavere completamente carbonizzato.

La rabbia cieca che avevo provato quando ero rinvenuta non era propriamente causata da Encelado -almeno, non tutta. Era tutto il resto, maledizione: la lontananza da Percy e lo scoprire il mio passato schifoso mi avevano resa debole, cosa che odiavo essere.

Io non ero debole, mannaggia agli dei! Ero la figlia del Re dell'Olimpo, mica di qualche divinità minore di cui non si ricordava nessuno. Ero una guerriera e sì, ero pure una principessa, al Tartaro tutti i mostri del creato! Avevo schiacciato Encelado come meritava di essere schiacciato: come un verme che non doveva permettersi di strisciare fuori dal suo dannato buco.

Sì, papà mi aveva dato una mano (e per poco non mi aveva pure ammazzata), ma il resto era tutta farina del mio sacco. Dovevo smetterla di considerarmi debole: non lo ero.

«Stai bene?» mi domandò Jason.

Gli lanciai un'occhiata. Mi fissava con un'apprensione nei limpidi occhi celesti che mi strinse un po' il cuore. «Sono stata peggio» risposi sincera «non preoccuparti per me. Cercherò di aiutarti come posso con Porfirio, ma dovrai pensarci prevalentemente tu. Encelado era un osso duro, e mi ha scaricato un po' le batterie»

Jason annuì. «Lo so. Sei stata incredibile, Allie, davvero. Una vera guerriera»

Gli rivolsi un piccolo sorriso stanco. Di fronte a noi, intanto, Tristan McLean stava iniziando a riprendersi un po'. Afferrò la mano di Piper e gliela strinse come se avesse paura di cadere. «Piper, sei tu? Mi hanno detto... mi hanno detto che saresti morta. Hanno detto che sarebbero successe... cose terribili»

Piper deglutì a fatica. «Sono io, papà. Andrà tutto bene»

«Erano mostri, veri e propri mostri... spiriti della terra. Sembravano usciti dalle storie di nonno Tom... e la Madre Terra era arrabbiata con me. E il gigante Tsul'kälû sputava fuoco...». L'uomo si concentrò di nuovo sulla figlia, gli occhi come vetri rotti che riflettevano una luce folle. «Hanno detto che sei una semidea. Tua madre è...»

«Afrodite». Piper annuì. «La dea dell'amore»

Tristan trasse un respiro tremante, ma sembrò dimenticarsi di espirare. Con molto tatto, noialtri evitammo di guardarli (anche se lo spazio era ristretto, e avremmo sentito tutto comunque). Leo giocherellava con un bullone tirato fuori dalla cintura degli attrezzi. Jason osservava la valle sottostante, gli ingorghi che intasavano a poco a poco le strade mentre i mortali si fermavano a guardare inebetiti la montagna in fiamme. Io posai la testa sulla spalla di Leo e chiusi gli occhi, cercando di recuperare un po' di energie. Gleeson, invece, continuava a masticare il gambo del garofano, e una volta tanto sembrava non avere alcuna voglia di gridare o di vantarsi a vuoto.

Nessuno avrebbe dovuto vedere Tristan McLean in quello stato. Era un divo. Un uomo sicuro, elegante, garbato, che aveva sempre tutto sotto controllo. Era questa l'immagine pubblica che dava di sé, ma in quel momento era diverso. Quell'immagine era sgretolata, svanita... l'uomo nel poster che avevo in camera sembrava un'altra persona.

«Non sapevo della mamma finché non ti hanno preso» disse Piper «quando abbiamo scoperto dov'eri, siamo venuti subito. I miei amici mi hanno aiutato. Nessuno ti farà più del male»

Il padre, però, non riusciva a smettere di tremare. «Siete degli eroi, tu e i tuoi amici. Non ci posso credere. Sei una vera eroina, non come me. Non reciti un ruolo. Sono così orgoglioso di te, Pip». Pronunciò le parole in tono apatico, quasi in uno stato di trance. Fissò la valle sotto di noi con aria assente. «Tua madre non me l'aveva mai detto»

«Credeva che fosse meglio così»

Piper infilò una mano nella tasca del giubbotto. La sua espressione si fece scura, come se stesse decidendo il da farsi. Poi cominciò a raccontare: il periodo alla Scuola della Natura, la capanna al Campo Mezzosangue, Gleeson che mangiava garofani ed era finito con il sedere per terra sul Monte Diablo, Leo che aveva ammaestrato un drago di bronzo, Jason che aveva fatto arretrare i lupi parlando in latino, io e Jason che ci eravamo ritrovati dopo tanto...

Tristan sembrò rilassarsi, ma non sorrideva. Mi domandai se stesse ascoltando.

Ad un certo punto, mentre sorvolavamo le colline in direzione della East Bay, Jason si irrigidì e si sporse verso il vano dello sportello. Il cuore mi schizzò in gola; temetti volesse buttarsi di sotto. Mi raddrizzai di botto e allungai una mano, afferrandolo per la maglietta viola. «Che cavolo fai, cretino?!» sibilai.

Jason non mi rispose, ma si tirò un po' indietro. Indicò un punto fuori, e domandò: «cos'è quella?».

Guardai giù, ma non vidi nulla di interessante, solo colline, boschi, case e stradine che si snodavano fra i canyon. Un'autostrada passava sotto una galleria che collegava la East Bay alle città nell'entroterra. «Dove?» chiese Piper, perplessa.

«Quella strada là» rispose Jason «quella che passa tra le colline»

Piper prese il casco con la cuffia che la pilota le aveva dato e riferì la domanda via radio. «E' la Highway 24» ci informò «e mi dicono che quella invece è la galleria Caldecott. Perché?»

Jason fissò intensamente l'ingresso del tunnel, in silenzio. La galleria scomparve dalla visuale mentre volavamo sopra il centro di Oakland, ma lui continuava a fissare in lontananza, con un'espressione sconvolta quasi come quella del padre di Piper. «Jace, cosa-»

«Mostri!» esclamò Tristan all'improvviso, mentre una lacrima gli rigava una guancia «Vivo in un mondo di mostri!».


─────── ⋆⋅✶⋅⋆ ───────


La torre di controllo aereo vietò l'atterraggio non programmato dell'elicottero nell'aeroporto di Oakland finché Piper non prese in mano la radio. A quel punto non ci furono più problemi. Arrivati sulla pista, ci girammo tutti a guardarla. «E adesso?» le domandò Jason.

Piper esitò. Spostò il peso da un piede all'altro a disagio. Probabilmente, da una parte non voleva abbandonare il padre in quelle condizioni (e potevo benissimo capirla), ma dall'altra non voleva abbandonare noi.

«Una cosa per volta. Prima devo... portare a casa mio padre. Mi dispiace, ragazzi»

Jason e Leo ci rimasero malissimo, e non fecero niente per nasconderlo. Alzai gli occhi al cielo. Che due teste di rapa che erano. Il solito tatto maschile... «Piper, va benissimo. Tuo padre, adesso, ha bisogno di te. Capiamo che tu non voglia abbandonarlo». Fulminai con lo sguardo Leo e Jason. «Vero, ragazzi?»

Quasi mi misi a sogghignare quando li vidi trasalire alla mia occhiataccia. «Sì, sì, certo» si affrettò a dire Leo «da qui in poi possiamo andare avanti noi. Fai quello che devi, Miss Mondo»

«Pip, no». Tristan era seduto nel vano dell'elicottero, con una coperta sulle spalle. Anche se a fatica, si alzò. «Hai una missione da portare a termine. Un'Impresa eroica. Non posso-»

«Mi prenderò io cura di lui» intervenne Gleeson.

Piper fissò il satiro, stranita. «Lei...?»

«Sono un protettore. È questo il mio lavoro, non combattere.

Sembrava un po' dispiaciuto, a dire la verità. Piper lo scrutò incerta, e io decisi di intervenire. «Piper, Gleeson si è preso cura di me quando avevo sette anni» le dissi «se non ci fosse stato lui, probabilmente starei ancora accanto al falò a piagnucolare. Sa quello che fa, credimi, ed è straordinario»

Gleeson drizzò la schiena e strinse la mascella. «Ma naturalmente! Sono anche bravo a combattere, però»

Ci guardò tutti di traverso, sfidandoci a controbattere.

«Certo» disse Jason.

«Da far paura» concordò Leo.

«Il migliore» confermai io.

Il satiro grugnì, fiero. «Ma sono un protettore, e posso occuparmene io. Tuo padre ha ragione, Piper. Devi andare avanti con la missione»

Piper strizzò forte gli occhi. «Papà...»

Lo abbracciò forte con un piccolo singhiozzo. «Lasciamoli soli un attimo» propose Jason.

Ci allontanammo per dar loro modo di salutarsi. Mi stiracchiai, trattenendo a stento uno sbadiglio; non era il momento di crollare, quello. Ci attendeva Porfirio, e intendevo tenere fede a ciò che avevo detto a Jason: supportarlo al meglio.

Gleeson si appartò a parlare con la pilota. Leo si girò verso di me. «Ehi, Crudelia, posso farti una domanda?» fece Leo.

«Solo se non è cretina»

Lui scosse la testa. «No, non lo è. E' da quando hai detto di aver retto il peso del cielo che me lo sto domandando...»

«Fammi indovinare: vuoi sapere com'è stato». Leo annuì. «E' una cosa che è difficile descrivere a parole, credo. E' stato come se la terra avesse concentrato tutto il suo potere gravitazionale sul cercare di schiacciarmi. Mi sentivo come se stessi cercando di sorreggere sulle spalle l'Empire State Building e l'Olimpo insieme. Non rende affatto l'idea, comunque. E badate bene, ho condiviso il peso con Percy... non voglio neanche immaginare come abbia fatto Annabeth a farlo da sola...»

«Annabeth l'ha sorretto da sola?!» ripetè Jason sconcertato.

Sorrisi. «Sì. La mia migliore amica è più cazzuta di me»

Leo fece per commentare, ma fummo distratti dal padre di Piper che si accasciò all'improvviso. Scattammo in avanti, pronti a darle una mano a sorreggerlo.

«Lo reggo io» disse Gleeson. Il satiro barcollò, ma era abbastanza forte da tenere in piedi il prestante attore. «Ho già chiesto alla nostra cara amica pilota di avvisare l'aereo di tuo padre. Sta arrivando. L'indirizzo di casa»

Piper frugò nelle tasche del padre, ed estrasse un telefono. «Qui c'è tutto. Indirizzo, numero di telefono dell'autista... Stia solo attento a Jane»

Gli occhi di Gleeson si illuminarono, come se avesse fiutato un possibile combattimento. «Chi è Jane?»

«Una a cui sarebbe bello tirare le ghiande» replicai.

Quando Piper ebbe finito di spiegarglielo, un elegante Gulfstream bianco era già arrivato accanto all'elicottero. Gleeson e l'assistente di volo portarono a bordo Tristan. Poi il satiro scese un'ultima volta per salutarci. Abbracciò me e Piper, e lanciò un'occhiata torva a Jason e Leo. «Prendetevi cura delle mie bambine, mi avete sentito, angioletti? O non sapete quante flessioni vi aspettano»

«Affare fatto, coach» replicò Leo, trattenendo a stento un sorriso.

«Niente flessioni» promise Jason.

Piper abbracciò di nuovo il vecchio satiro. «Grazie, coach. Abbia cura di lui, per favore»

«Ci penso io, McLean. Ehi, ho sentito che servono birra alle erbe ed enchiladas vegetariane a bordo... e hanno pure i tovaglioli di lino... Slurp! Mi ci potrei abituare...»

Trotterellando sulla scaletta, Gleeson perse una scarpa, e per un attimo si intravide uno zoccolo. L'assistente di volo sgranò gli occhi, ma distolse subito lo sguardo fingendo che non ci fosse nulla di strano. Probabilmente aveva visto cose ben più bizzarre lavorando per Tristan McLean.

L'aereo prese a rollare sulla pista, e Piper cominciò a piangere. Si era trattenuta fin troppo e non ne poteva più.

In meno di un secondo Jason era già lì che l'abbracciava, mentre io e Leo restavamo nei paraggi, imbarazzati. Almeno lui si rese utile, tirando fuori fazzoletti di carta dalla cintura degli attrezzi; io me ne stavo lì a fare la bella statuina semidivina.

«Tuo padre è in buone mani» la rassicurò Jason «sei stata fantastica»

Piper singhiozzò sulla sua maglietta. Prese un paio di respiri profondi, poi si riprese. «Grazie, ragazzi. Io...»

Piper sembrò non riuscire a trovare le parole, ma non ce ne fu bisogno. Ci era grata e ci voleva bene, e il modo in cui ci guardava ce lo confermò.

Intanto la pilota dell'elicottero sembrava a disagio, come se avesse cominciato a chiedersi il motivo per cui li aveva portati fin lì. Poi, proprio fra me e Jason, l'aria cominciò a scintillare. Un messaggio–Iride.

Nell'aria comparve un'immagine: una ragazza dai capelli neri, con una mimetica invernale color argento e un arco in mano. Jason trasalì e barcollò all'indietro per la sorpresa. «Lia!» esclamai allarmata «Che succede?»

«Grazie agli dei!» esclamò lei. La scena alle sue spalle era confusa, ma si sentirono delle grida, il rumore del metallo che cozzava contro il metallo, diverse esplosioni. «L'abbiamo trovata. Voi dove siete?»

«A Oakland. E tu?» ribattè Jason

«Alla casa del Lupo! Oakland non è male. Siete abbastanza vicini. Stiamo tenendo a bada i tirapiedi del gigante, ma non riusciremo a trattenerli all'infinito. Dovete arrivare prima del tramonto, o la partita è chiusa»

«Allora non è troppo tardi?» chiese Piper, in un moto di speranza.

«Ancora no» rispose Talia. La sua espressione era cupa. «Però... è peggio di quanto pensassi. Porfirio sta risorgendo. Sbrigatevi»

«Ma dov'è la casa del Lupo?» domandò Jason.

«La nostra ultima gita!» rispose Talia, mentre la sua immagine cominciava a tremolare. «Il parco... Jake London... non vi ricordate?»

Mi sembrò di aver ricevuto un repentino cazzotto in testa. Improvvisamente ricordai un altro pezzo della mia infanzia, e non uno tanto piacevole. «Oddio» mormorai.

«Allie, nella valle di Sonoma» mi disse Jason mentre il messaggio-Iride svaniva.

Lo guardai; era pallido e stralunato, probabilmente come lo ero io. «Sì, è lì»

«Sapete dov'è?» domandò Leo.

«Sì, e non è lontano se ci andiamo in volo» dissi.

Piper si girò verso la guardia forestale, che era rimasta a guardare con un'espressione sempre più perplessa sul viso. «Signora...» disse, con il suo sorriso più smagliante. «Non le dispiacerebbe aiutarci ancora una volta, vero?»

«Certo che no»

«No, no. Niente mortali in battaglia» affermai. L'esperienza della battaglia di Manhattan mi era bastata e avanzata pure.

«Giusto. E' troppo pericoloso» concordò Jason. Si girò verso Leo. «Credi di riuscire a pilotare questo aggeggio?»

«Mmh... non so...»

«Toccalo e concentrati» lo esortai.

Leo fece come gli avevo detto; mise una mano sul fianco dell'elicottero, concentrandosi a fondo, come per ascoltare l'apparecchio. «Elicottero Utility Bell 412HP. Rotore principale in composito, quadripala, velocità di crociera ventiquattro nodi, quota massima operativa ventiquattro piedi. Il serbatoio è quasi pieno». Ci rivolse un sorrisone. «Certo che ci riesco!»

Piper sorrise di nuovo alla guardia forestale. «Non è un problema per lei se un minorenne senza brevetto prende in prestito il suo elicottero, vero? Glielo restituiremo»

La donna per poco non si strozzò, ma alla fine disse: «No... non è un problema»

Leo fece un gran sorriso. «Saltate su, ragazzi! Lo zio Leo vi porta a fare un giro».

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