"Confusione è una parola che abbiamo inventato per un ordine che non si comprende"
-Henry Valentine Miller
Tra gli dei e i comuni mortali più appassionati, si narrava il mito di Europa, la bellissima figlia del re fenicio Agenore.
Un giorno Zeus, padre di tutti gli dei, vide la giovane fanciulla giocare con delle amiche nella spiaggia di Tiro e se ne innamorò all'istante.
Ricorse allora alla metamorfosi, tecnica che utilizzava spesso per sedurre le donne e si trasformò in un bellissimo toro bianco, andando a stendersi ai piedi di Europa e comportandosi in maniera così docile da conquistare la ragazza.
Europa cessò di avere paura e prima accarezzò il mantello della bestia per poi salire sulla sua groppa. Il toro si gettò allora nelle acque del mare con la fanciulla sul dorso e nuotò fino a raggiungere l'isola di Creta.
Arrivati nell'isola i due celebrarono la loro unione nella grotta Dittea, dove Zeus era stato allevato secoli prima.
Europa diede al dio tre figli, uno dei quali era Minosse.
«La costellazione del Toro, tutt'ora, è una delle più importanti e studiate e sapete perché?» domandò il professor Wolfric.
«Signorina Chang vuole illuminarci?»
Fu in quel momento che Gwen diede una gomitata alla sua amica mora, risvegliandola dalla sua trance mentale.
Era difficile, se non impossibile, che Moon non ascoltasse una lezione di astronomia. Ancora più strano era il fatto che si fosse totalmente estraniata.
«Signorina Chang?» ritentò il professore, salendo la scalinata stretta e centrale dell'aula universitaria.
«Moon, maledizione!» esclamò a bassa voce Gwen e finalmente funzionò. Moon si ridestò dai suoi pensieri e si trovò gli sguardi di tutti gli studenti addosso. Gwen era sbalordita e perplessa mentre il professore Wolfric aspettava ancora una risposta.
«S-si?» balbettò in totale imbarazzo.
«Benvenuta nel mondo reale» ironizzò con un cipiglio divertito, facendo ridere gli altri studenti.
«Sa dirmi perché la costellazione del Toro è così importante?»
«È importante perché contiene l'ammasso delle stelle delle Pleiadi. Sono le più luminose della volta celeste e sono visibili anche ad occhio nudo» rispose con risoluzione ma con ancora un cenno di disagio per aver fatto una simile figuraccia. Un comportamento non da lei.
«Risposta corretta, la condono per questa volta» sorrise tranquillo il professore prima di tornare davanti alla cattedra per continuare la lezione.
«Ebbene si, la costellazione del Toro contiene l'ammasso delle Pleiadi: Omero le chiamava le Sette Sorelle; per i Vichinghi rappresentavano le galline di Freyja, dea dell'amore e della seduzione; il poeta italiano Gabriele d'Annunzio ebbe la geniale idea di intitolare le sue Laudi, divise in 7 volumi, con ognuna delle stelle delle Pleiadi ma fece in tempo a scriverne solo 5.»
«Dov'eri finita mh?» volle sapere la bionda, accostando la bocca all'orecchio dell'amica.
«Bella domanda» sbuffò Moon, accasciandosi per qualche secondo sul lungo banco unito.
Avrebbe tanto voluto dire che la colpa delle sue immersioni nel suo spazio mentale, fossero per colpa degli esami finali prima del periodo natalizio ma in realtà la colpa era da attribuire a Seokjin.
Chi altri sennò?
Il trentenne occupava tutti i suoi pensieri, dalla mattina quando apriva gli occhi alla notte quando crollava nel sonno e anche lì, sfortunatamente, i suoi sogni si proiettavano sempre su di lui.
Erano passati 3 giorni dall'anteprima del film in cui Seokjin aveva partecipato attivamente.
Moon era andato a vederlo nuovamente al cinema, accompagnata da Gwen stavolta e anche la bionda era rimasta molto contenta del finale.
Come Moon, anche Gwen odiava i finali tragici, tristi e con morti improvvise dei personaggi quindi entrambe selezionavano solo il meglio degli happy ending.
Il giorno dopo la notte di fuoco passata tra le braccia, o meglio gambe, di Seokjin, e dopo la notizia di Givenchy, Moon non era più riuscita a combinare niente per tutto il giorno.
Non che Seokjin le avesse dato molto spazio.
L'aveva tenuta prigioniera tutto il giorno nel suo attico, annullando qualsiasi altro impegno e avevano passato la mattinata a preparare un pranzo da favola tra un orgasmo e un altro.
Era insaziabile e Moon non aveva mai vissuto una cosa così.
Era vergognoso per lei la poca tolleranza e la molta sensibilità che aveva quando Seokjin la toccava. Aveva una resistenza minima.
Non appena le sue dita lunghe e affusolate si avvicinavano a lei, sfiorando la sua pelle, precipitava in un limbo di piacevole sofferenza da cui non usciva fino a quando non raggiungeva il culmine.
Seokjin non le aveva dato pace, torturandola in ogni modo possibile e portandola talmente in alto da raggiungere le stelle.
Il corpo di Moon portava ancora i marchi della sua bocca vorace e i segni delle sue mani sul fondoschiena.
Non era riuscita ad appoggiare la natica sinistra per quarantotto ore.
Fare attività fisica non era mai rientrato nei piani di Moon. Certo, camminava molto. O almeno prima lo faceva perché adesso aveva sempre un passaggio da Gwen o da Seokjin ma in programma non aveva comunque preliminari, orgasmi intensi e baci da capogiro.
Quella era un attività fisica molto intensa, fin troppo intensa.
Aveva fatto ritorno a casa, la sera, con i muscoli doloranti, una natica sensibilizzata e la faccia sfatta ma felice.
Sua madre aveva capito subito cos'era successo e le era saltata al collo, volendo sapere tutti i dettagli. Dettagli che Moon non le aveva dato.
Categoricamente no.
Non ne aveva parlato neanche con Gwen ancora ed erano passati giorni. Non che avesse paura di un suo giudizio negativo, Gwen non era tipa ma si vergognava nel parlare di certe cose.
Con Seokjin ancora non riusciva a spiccicare parola dopo gli amplessi. Difficilmente riusciva a guardarlo negli occhi anche se lui impazziva nel vedere la sua espressione mentre veniva.
Cosa che Moon usava a suo pieno vantaggio quando era lui il protagonista passivo delle sue fantasie.
Stare tra le sue gambe lunghe e muscolose, non le faceva provare vergogna o disagio ma bensì un grande potere.
Aveva iniziato a giocare allo stesso gioco del più grande, provocandolo lentamente e portandolo infine a pregarla di toccarlo, ormai al limite.
Quella era la sua rivincita. Un uomo come Seokjin che la implorava di essere toccato, baciato era la più grande soddisfazione di Moon.
Continuava a pensare ad un momento in particolare, avvenuto in un pomeriggio a casa di Seokjin mentre lui parlava al telefono nel suo studio.
Avevano dovuto interrompere il film che stavano vedendo proprio per quell'urgente chiamata e Moon si era fatta venire un idea, precedentemente vista nel film.
Mentre Seokjin parlava al telefono e faceva smorfie invisibili al suo interlocutore, Moon aveva gattonato come un gatto nel bel mezzo di un agguato per tutto il tappeto, infilandosi poi sotto la scrivania.
Seokjin la notò solo dopo, quando sentì il tocco leggero delle sue dita sul cavallo dei pantaloni da ginnastica che aveva indosso.
Fu estremamente complicato continuare la telefonata facendo finta di nulla. Però se la prese come sfida, soprattutto per Moon. Voleva vedere fino a dove si sarebbe spinto il suo coraggio e sbagliò a sottovalutarla.
«Non provarci» le aveva mimato con le labbra quando la ragazza aveva tirato fuori il suo membro per trasformarlo nel suo giocattolo.
«Te ne pentirai» aveva continuato quando ormai per lui non c'era più via di scampo.
Aveva soffocato il microfono del telefono per rilasciare un basso gemito e dopo aver capovolto la testa all'indietro dal piacere, aveva stretto i capelli di Moon in un pugno e aveva agognato l'orgasmo per ben 10 minuti.
10 lunghissimi minuti in cui Mister Bengley l'aveva trattenuto con le sue moine su un nuovo progetto che voleva portare a termine con l'aiuto di Seokjin.
Peccato che lui fosse già fottuto dagli occhi grandi di Moon e dalla sua bocca dannata.
Solo al termine della telefonata, era arrivato il suo turno di vendicarsi e la natica di Moon ancora ne risentiva.
Era stato bello però. Avrebbe dovuto avvertire sua madre di non avvicinarsi mai alla scrivania dello studio con le sue colleghe però era stato bello.
«Qual è il problema quindi?» chiese ancora Gwen.
Il problema?
Il problema era che Moon era diventata il suo giocattolo e purtroppo non giocavano insieme. Era più un gioco con due soli individui ma senza che uno di loro ne fosse consapevole.
Quando erano da soli, Seokjin faceva di Moon il centro del suo universo. Le riservava attenzioni anche dolci, era premuroso, gentile. Guardavano film, lui cercava sempre le sue mani tra le coperte, dormivano abbracciati e tutto sembrava una favola.
Poi uscivano dal portone del palazzo e improvvisamente Seokjin tornava alla realtà e si ricordava che Moon non era l'unica persona al mondo.
Non che la trattasse male o altro ma le discussioni erano sempre lì in agguato e lui si comportava come se non le avesse regalato un orgasmo appena 5 minuti prima.
Era altamente bipolare con serie manie di protagonismo e tanti misteri celati che Moon non riusciva a scoprire.
Credeva di essere riuscita a fare breccia nella cupola densa e nera del carattere che plasmava la persona che Seokjin era ma aveva preso un abbaglio.
Conosceva forse solo la punta dell'iceberg.
Niente di più.
Apprendere di non essere abbastanza per lui da essere considerata molto di più, le recava un dolore da allucinazioni.
Non solo fisico con crampi allo stomaco, mal di testa atroce e occhi sempre lucidi ma anche mentale. Non riusciva a concentrarsi in niente e per quelle poche volte in cui seguiva qualcosa, la sua soglia massima dell'attenzione era di 2 minuti.
Si ritrovavano sempre al punto di partenza.
Certi giorni sembrava che le cose si stessero evolvendo, nel verso giusto. Che stessero crescendo e maturando e poi...buio.
Zero più assoluto.
Moon si ritrovava a precipitare in caduta libera, senza paracadute, verso l'asfalto massiccio.
«Moon, mi ascolti?!» esclamò a quel punto Gwen, dandole l'ennesima e sperava ultima, gomitata sul fianco. Stavolta ci mise talmente tanta forza che Moon gemette dal dolore e la guardò male.
«Scusami ma continui ad ignorarmi da 3 ore» borbottò offesa e Moon si rese conto che, come un automa, aveva affrontato due lezioni, di cui non ricordava assolutamente niente, e si era perfino messa in fila per il pranzo.
Dove si trovava con la bionda in quel momento.
«È tutto un casino» sbuffò piagnucolando, sbattendosi il vassoio ancora vuoto sulla fronte.
«Prima si comporta come il migliore fidanzato del mondo e poi, improvvisamente, non sono più niente per lui.»
«Parli di Jin? Non mi hai ancora detto niente sui giorni che hai passato da lui» continuò, mantenendo sempre quel tono da "sono offesa perché non mi rendi partecipe", tipico di Gwen.
«Oh non c'è molto da dire. Solo orgasmi. Tanti, tantissimi orgasmi in ogni angolo del suo costosissimo appartamento del cavolo!» esclamò stizzita la mora e quando un tonfo sopraggiunse alle sue orecchie, si girò con estremo imbarazzo verso una delle signore che servivano i pasti che la guardava con aria basita e divertita.
Moon arrossì fino alla punta delle orecchie e chinò il capo, aspettando la sua porzione di zuppa di manzo.
Dopo averla presa, e sotto le risatine di Gwen, ringraziò in un sussurro appena udibile e proseguì lungo il bancone allestito di ogni cibo possibile della tradizione culinaria coreana.
«Orgasmi? Intendi quelli che arrivano dopo del sano e buon sesso?»
«N-non l'abbiamo fatto» bisbigliò a disagio, evitando di guardarla negli occhi.
«Abbiamo solo...s-solo...si, ecco...»
«Preliminari a gogò, ho capito. Il primo periodo funziona sempre così» concluse per lei Gwen, con un gesto della mano che sembrava minimizzare il tutto.
«Il primo periodo?»
«Si, certo» annuì mentre cercavano un tavolo vuoto dove parlare in tranquillità.
«Quando due persone si frequentano, dopo i baci arrivano quasi sempre i preliminari. Per farla breve: io e Jimin siamo rimasti quasi 4 mesi sui preliminari perché io non mi sentivo sicura, lui era il migliore amico di mio fratello, era popolare e io avevo paura che mi mollasse.»
«Eri davvero così insicura?» sussurrò sorpresa Moon. Gwen non si poteva certo dire una che avesse paura, tantomeno di un ragazzo.
Camminava sempre a testa alta per le strade, ignorava gli sguardi languidi su di sé oppure storceva il naso e guardava tutti male.
Ma era una che ti teneva testa, sempre.
«Ero molto di più, ero terrorizzata da Jimin» ammise con un piccolo sorriso sghembo. Quello di chi sta ritornando indietro con il tempo per rivivere certi momenti.
«Avevo paura in primis di rovinare il mio rapporto con Yoongi o che il loro si rovinasse. E poi avevo paura di non essere abbastanza per Jimin.»
«Io con Seokjin...non lo so» sospirò, prendendosi la testa tra le mani.
«Come ti senti? Tira tutto fuori con me» le propose Gwen.
«Ho paura di lui, non di quello che provo. Lui mi piace, in tutti i sensi. Mi piace quando è dolce, premuroso e quando fa quei piccoli gesti che mi lasciano sempre senza fiato. Mi piace anche...anche quando siamo da soli e lui mi tocca o ci baciamo» spiegò sempre con un tono di voce basso.
«Mi fa arrabbiare perché credevo di conoscerlo ma no, non lo capisco. Non riesco a capirlo.»
«Hai paura?»
«Si ma di lui» sussurrò, di nuovo con gli occhi lucidi.
«Ho paura che non sarò mai abbastanza per lui, che non mi veda mai come io vedo lui e che...»
«Che?»
«Che trovi qualcuna migliore di me» disse con la gola gonfia del pianto che stava trattenendo.
Credeva di essere ormai immune ai suoi pensieri deleteri sulle donne con cui Seokjin aveva avuto a che fare ma ultimamente, erano ritornati più prepotenti di prima.
L'ultima cosa a cui aveva pensato era che forse aveva sbagliato a concedersi a lui così velocemente.
Aveva lasciato che lui si buttasse su di lei e non appena aveva sentito le sue mani, aveva ceduto. Era la prima volta che qualcuno la toccava e l'eccitazione, i sentimenti avevano rovinato tutto.
Seokjin l'aveva avuta, aveva vinto e ora si era stufato di lei.
Sarebbe passato alla prossima donna, magari molto più dotata di lei. O forse l'aveva già fatto ma non voleva farglielo sapere.
«Scordatelo. Categoricamente. Lui non lo farebbe» dichiarò Gwen quando Moon le espose le sue paranoie.
«Jin è pazzo di te e il fatto che sia misterioso e un completo idiota, non vuol dire che voglia un'altra.»
«Ma io non so se sia pazzo di me!» sbottò furiosa.
«Non credo che dirmelo quando sono mezza nuda valga.»
«E io credo che tu ti stia solo facendo condizionare dalla paura, proprio come facevo io» sospirò, accarezzandole una spalla.
«Se hai dei dubbi, tira fuori le palle e parlane con lui. Seriamente.»
«In che senso seriamente?»
«Che invece di discutere per le cazzate, stavolta discuterete per qualcosa di veramente importante» replicò, alzando poi una mano per sventolarla in aria.
«Arrivano» aggiunse, facendo gli occhi dolci al suo fidanzato.
«Signorine» ammiccò Jimin, prendendo posto al tavolo seguito da Yoongi.
«Ciao Minou» aggiunse, lasciando un bacio sulle labbra della ragazza. Moon si sciolse davanti a quella scena. Il cartone preferito di Gwen era gli Aristogatti e Jimin la chiamava proprio come la piccola gattina bianca francese, Minou.
Seokjin la chiamava ragazzina, mocciosa o Luna. Il primo e il secondo erano sempre ironici e il terzo sembrava più una presa in giro.
Non la chiamava in modo dolce o come qualcosa che solo loro due potevano capire e sapere.
Era anonimo.
Loro erano anonimi.
«Di che parlavate?» volle sapere Yoongi, vedendo la faccia sconvolta di Moon.
«Un piano top secret che Moon dovrà mettere in atto presto.»
Si faceva in fretta a far uscire dalla bocca, parole piene di rabbia, di vendetta e di malignità ma metterle in pratica era tutta un'altra storia.
E per quanto Moon fosse stata intenzionata a mettere Seokjin ai ferri corti, quando lo vide scendere dalla sua macchina, si ammutolì.
Non si aspettava di trovarselo davanti una volta finite le lezioni extra curricolari.
Gwen, Jimin e Yoongi erano andati via dopo il pranzo in mensa, avendo terminato tutte le lezioni del giorno mentre Moon era rimasta nell'ateneo per presenziare alle lezioni extra di letteratura contemporanea.
«Cosa ci f-...?»
«Ti ho regalato un telefono per usarlo, non per sport» furono le parole taglienti di lui a zittirla e lasciarla con l'amaro in bocca.
Non un saluto, non un sorriso.
Seokjin era incazzato, teso come una corda di violino e pieno come una bomba ad orologeria.
Udire quel tono di voce, fu come una stilettata nel cuore fragile di Moon e il fatto di aver sottolineato che era stato lui a procurarle il telefono che portava in tasca, era una pura presa di potere.
Come per farle capire che lui poteva permettersi certe cose e lei no.
Fu tentata di rispondergli con la sincera verità, ovvero che era a lezione e il telefono era nella sua tasca con il silenzioso attivato ma poi si ricordò le parole di Gwen quella mattina, pensò nuovamente ai suoi dubbi e a come si sentiva umiliata e usata come un bambola gonfiabile e decise di prendere un'altra via.
«Se ti urta così tanto aver fatto un bel gesto per qualcun altro, il tuo stupido telefono puoi anche riprendertelo» sbottò innervosita e, tirato fuori il telefono dalla tasca, glielo sbatté sul petto, aspettandosi che Seokjin lo prendesse.
Peccato che il maggiore era rimasto così spiazzato dalla sua uscita che non fece in tempo ad afferrarlo ed esso cadde per terra.
Moon però non vide la scena perché aveva già iniziato a marciare a passo di carica verso la prima pensilina utile dell'autobus.
Seokjin respirò a fatica dal naso e pensò alle parole di Hoseok. Doveva controllarsi, non essere maleducato e contare.
Così lo fece.
Uno.
Due.
Sette.
Dodici.
E poi perse la pazienza.
La inseguì a muso dritto e spalle chiuse e con poche falcate, che coprivano 300 piccoli passi di Moon, le afferrò la spalla e la spinse contro la parete di plastica dura della pensilina.
«Sentimi bene mocciosa» sibilò scocciato ma Moon non gli diede altro tempo.
«No, sentimo tu, grandissimo stronzo» strillò, dando sfogo a tutta la sua rabbia.
«Se hai problemi di egocentrismo e credi di essere superiore a tutti, non mi interessa. Non sono la tua bambola gonfiabile che puoi usare a tuo piacimento fino all'orgasmo» esclamò, fregandosene di quello che la gente per strada avrebbe pensato sentendola parlare di certe cose.
«Dove sei stato in questi giorni mh? Te lo dico io» continuò mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
«Mi hai soggiogata, hai ottenuto quello che volevi, hai capito che non ero abbastanza e hai deciso di passare alla prossima. Non è così?»
Tredici.
Diciassette.
Diciotto.
Ventidue, contò ancora Seokjin.
«Mi cerchi solo quando ti fa comodo, quando sai che riceverai le mie attenzioni. Quando siamo soli è tutto bellissimo e poi rovini tutto. Rovini sempre tutto non appena apri la porta del tuo appartamento» singhiozzò Moon, stavolta reggendo il suo sguardo imperturbabile.
Anche in quel momento, che voleva odiare Seokjin più di tutto, trovò le sfumature dei suoi occhi incredibilmente belle.
Quel nocciola che incontrava il miele e si fondeva con la terra calda e rovente. Uno spettacolo della natura.
Ventiquattro.
Ventisei.
Trenta.
Poi rise.
Seokjin buttò il capo all'indietro ed esplose in una risata sarcastica e puramente falsa.
Come solo un perfetto attore potrebbe fare. O solo come una persona estremamente arrabbiata.
«È questo che credi? Che io abbia ottenuto quello che volevo da te?» le chiese ironico.
«Tu, non hai neanche una cazzo di idea di quello che io vorrei da te. E uso vorrei, perché neanche il più sporco degli dei approverebbe mai i pensieri che faccio ogni maledetta volta che ti guardo» ringhiò, scoprendo i denti come un animale pronto ad attaccare.
«Quando siamo a casa, da soli, l'unica cosa a cui penso è che finalmente mi piace stare con qualcuno, che posso fare il cazzo che mi pare senza che qualcuno me lo ordini o senza che qualche videocamera filmi tutto e quando apro la porta del mio appartamento, quando tu te ne vai, tutto ritorna ad essere la merda che è la mia vita» continuò, tenendo Moon con le spalle al muro e le gambe cedevoli.
«Detesto quando le persone si fanno gli affari miei, odio quando traggono conclusioni sbagliate o quando pensano di conoscere tutto della mia fottuta vita. Ecco perché non avrai mai mani intrecciate, appuntamenti romantici o baci plateali al pubblico da me. Se è questo che vuoi, trovati un altro ragazzo» concluse, lasciandola andare con così tanta irruenza e fretta che Moon si ritrovò accucciata sulle sue stesse ginocchia.
Lo guardò con le guance umide di lacrime e il cuore in tumulto, pensando che per la prima volta Seokjin si era aperto con lei.
Nel peggiore dei modi ma l'aveva fatto. Forse non aveva mai parlato così tanto con lei, tantomeno di sé stesso o dei suoi sentimenti. Se così si potevano chiamare.
«Ma non pensare di...cazzo Moon, non pensare per neanche un istante che potrei stare tra le cosce di qualcun altra dopo essere stato tra le tue» replicò ancora prima di porgerle il telefono che aveva raccolto dalla strada, fortunatamente ancora intatto.
Fece poi dietro front e si diresse verso la sua macchina, salendoci sopra e partendo a tutto gas.
L'aveva lasciata lì.
«Brutta stronza» gridò nuovamente, pestando il volante con un pugno.
«Stupida, testarda, ragazzina mocciosa» continuò, insultando la povera Moon in tutte le lingue.
«Con chi cazzo credeva di parlare eh? Con un tredicenne arrapato che lo ficca nel primo buco disponibile? Come se le altre potessero soddisfarmi davvero» rise sguaiatamente.
Non come lei, gli ricordò la sua mente.
«Maledetta» imprecò ancora, sputando sentenze e bestemmie nell'abitacolo della sua macchina.
Non si sentiva neanche un po' in colpa per averla lasciata sul marciapiede con lo sgomento sul viso.
Che si arrangi, aveva pensato. Se l'avesse caricata in macchina probabilmente poi l'avrebbe portata nei sedili posteriori per punirla per la sfuriata che aveva fatto.
Non si aspettava una spiazzata del genere. Non da Moon. E tantomeno si aspettava che il suo cuore bastardo avrebbe sofferto come un cane vedendola piangere.
"Rovini sempre tutto."
«Si Luna, rovino sempre tutto. Specialmente se si tratta di te» sussurrò a sé stesso, passandosi una mano sul viso sconvolto.
Le aveva parlato con il cuore in mano e mai, neanche con Hoseok, era successo.
Fare l'attore era sempre stato il suo sogno, l'aveva inseguito con fatica, sangue e sacrifici e non si pentiva neanche un secondo. Ma non è tutto oro quel che luccica e l'aveva imparato a sue spese.
La fama, i soldi, i gossip, attiravano i paparazzi come cavallette e lui aveva imparato a tenere privata ogni cosa.
O meglio, ogni cosa importante.
Moon era la cosa più importante che gli fosse mai capitata tra le mani e nonostante le belle parole scritte su di lei dopo l'anteprima del film di Wesley Gray, si ritrovava a fare i conti con un altro problema: la gelosia.
Era visceralmente geloso della sua Luna e voleva che brillasse solo ed esclusivamente per lui.
Voleva chiuderla in una teca di vetro e guardarla splendere tutto il giorno ma Moon non era dello stesso parere.
Seokjin non voleva che qualcuno la seguisse per intervistarla, che esprimesse pareri sul suo vestiario, sulla sua vita, i suoi studi, la sua famiglia. Fino a quando il suo nome restava anonimo, aveva ancora via di fuga ma lei non aveva idea di quello che poteva succedere se la sua identità venisse fuori.
La gente avrebbe parlato della sua condizione economica, della sua famiglia, avrebbero tirato fuori la morte di suo padre e avrebbero usato ogni informazione per scoprirne altrettante e una persona fragile come Moon si sarebbe spezzata come un grissino.
"Non voglio essere la tua bambola gonfiabile."
Come poteva farle entrare in testa, una volta per tutte, che non c'era uno, un singolo momento in cui aveva pensato al suo piacere personale?
Non c'era un singolo momento in cui pensasse solo a venire. Mai.
Pensava sempre a lei, al suo piacere, ai suoi sentimenti, ai suoi limiti. Aveva sempre il terrore di farle male, di esagerare, di calcare troppo la mano.
Ma usare il suo corpo non gli era mai passato neanche per l'anticamera del cervello.
"Rovini sempre tutto."
Quella frase continuava a tormentarlo con insistenza e non si era neanche reso conto di essere arrivato a casa. Aveva guidato come un automa, parcheggiato la macchina, preso l'ascensore e aperto il portone.
Ritornò in sé quando si accorse che le luci non si erano accese al suo passaggio.
Aggrottò le sopracciglia confuso. Era impossibile che si fossero fulminate, tutte insieme poi e la corrente c'era altrimenti la serratura elettrica del portone non avrebbe funzionato.
Tutto il suo appartamento giaceva nel buio più totale.
Fino a quando una piccola luce blu, proveniente da fuori, lo investì. Si avvicinò curioso e più lo faceva e più la luce crescere, mutandosi in una sagoma.
Una dai tratti delicati, femminili, sensuali.
La sagoma di una donna.
Il suo corpo ebbe uno scossone e si ritrovò in ginocchio, incapace di controllare il suo stesso volere.
La tachicardia si fece sempre più presente, costringendolo a portarsi una mano sul petto, come ad evitare che il suo cuore glielo trapassasse per fuggire via e congiungersi con quella figura.
«Ciao Jin» parlò la donna, salutandolo in tono amichevole, pacato, come se si conoscessero da una vita.
«Mi dispiace vederti stare così, prometto che non ti ruberò molto tempo» mormorò, riferendosi alle condizioni dell'uomo.
Sto morendo, fu il primo pensiero di Seokjin.
Ogni suo muscolo era atrofizzato, perfino il respiro iniziava a mancare nei polmoni.
Il suo cervello correva come un pazzo ma il suo corpo non rispondeva ai segnali che mandava. Il collegamento era stato interrotto dalla presenza di quella donna sconosciuta.
Perché si sentiva così?
«Il tuo corpo si sta prendendo cura di un anima molto speciale, una a cui io non posso avvicinarmi» spiegò con un sorriso triste.
«Si, posso leggerti nella mente» confermò i dubbi di Seokjin.
«Se solo provassi a...» e così dicendo fluttuò più avanti, allungando una mano verso il vetro della finestra.
Il respiro di Seokjin si spezzò e mentre sgranava gli occhi, sentendo il suo battito rallentare, la donna tornò velocemente indietro e, come per magia, lui riprese a respirare.
«È per via della maledizione» spiegò con gli occhi colmi di lacrime.
«Se provassi ad avvicinarmi, tu moriresti e con te, morirebbe anche Tsukuyomi. Lo perderei per l'ennesima volta.»
«Sii più specifica» sibilò dallo sforzo Seokjin.
«Non ho molto tempo, dovrai scoprirlo da solo» disse trafelata.
«Sappi solo che qualsiasi cosa tu stia facendo, sta funzionando ma ti devo avvertire Jin: quando i due amanti si rincontreranno, gli ospiti non ricorderanno più niente della loro vita passata insieme» concluse prima di ritrasformarsi in una piccola luce blu e volare via e Seokjin non ebbe più nessun dubbio: quella donna non era altro che Selena.
Anyooooooooung❄️
Buon 2023 a tutti, anche se sfortunatamente per me, non è iniziato nel migliore dei modi. Ho già perso 2 persone che conoscevo da tanto tempo e purtroppo non sono stata molto presente anche per quello...
Moon ha fatto Boom! Ha finalmente esternato tutta la sua rabbia, smettendo di piangere in silenzio e anche Seokjin aveva parecchie cose da dire👀
Cosa ne pensate di questo scambio di battute? Delle parole di Moon e di quelle di Seokjin?
L'ultima parte forse può sembrare spiegata troppo velocemente ma volevo che si capisse che Selena non può stare tanto tempo a contatto con Seokjin o, per via della maledizione, lui morirebbe e quindi anche Tsukuyomi.
Selena dice una cosa molto importante che vorrei che teneste a mente: gli ospiti dei due amanti, non ricorderanno la loro vita insieme.
Perciò Seokjin e l'ospite di Selena nom ricorderanno di essersi conosciuti, visti, parlati ecc.
Chi sarà quindi l'ospite di Selena?🤔
Grazie mille per leggermi and don't forget the big star e il commento 💫
Vi voglio bene 💜
-Bebs❄️