La famosa notte dove tutto sarebbe giunto al termine era arrivata, dopo giorni di prove, momenti in cui avevano dovuto persino fermarsi tutti quanti per non farsi venire i calli alle dita, prima che accadessero altri incidenti di percorso che ponessero fine alla reputazione che ventava l'orchestra del grandioso e inimitabile Enrico Colletta. Questa volta, Alexandra stava indossando un abito nero colmo di brillantini che lo facessero risaltare alla luce dei riflettori, mentre tutto il resto dell'orchestra vestiva con i soliti abiti semplici e dalle tinte uniche. Gli uomini optarono per un completo nero con papillon e gilet tra la giacca e la camicia bianca. Erano tirati a lucido in una maniera tale che sembravano irriconoscibili. Persino Aurora e Vittorio Marchetti si erano vestiti di conseguenza per eventuali interviste da parte dei giornalisti; la ragazza aveva un abito fuori dagli schemi del suo stile, più elegante del solito, bianco, sagomato a tubino fino alle caviglie con uno spacco a dir poco discreto e fino al ginocchio; l'uomo indossava un completo grigio quasi lucente con una cravatta bordeaux e la scarpe abbinate, lucide, il baffetto un miraggio che aveva deciso di togliere per rappresentare il conservatorio dove la sua studentessa migliore aveva richiamato l'interesse di Enrico Colletta. I giornalisti avevano già iniziato a fare il loro giro di interviste agli ospiti d'onore, raccontando davanti alle videocamere l'atmosfera di eleganza e ricchezza che si respirava alla Scala di Milano, come se quello fosse l'evento estivo più atteso di tutti i tempi. I parcheggi del dietro le quinte erano stracolmi di vetture dei notiziari e degli intervistatori, tanto che, quando ogni membro dell'orchestra era sceso dal bus, erano stati costretti a coprirsi di tanto in tanto i volti a causa dei troppi flash che avevano invaso la loro vista. Alexandra, in quel frangente, era ancora seduta al suo posto, accanto a Jordan, e stava fissando, essendo sul posto vicino al finestrino oscurato, l'ammasso di persone che non attendevano altro che inquadrarla per mostrare al mondo chi fosse la violinista più giovane dell'orchestra ad aver fatto breccia nel cuore di Enrico.
Se solo sapessero cosa c'è stato dietro tutte le esibizioni che loro hanno ritenuto perfette. Pensò la ragazza, con lo sguardo pensieroso.
«Tocca a noi adesso.» Jordan fece un respiro profondo, ansioso e agitato quanto lei. «Metti le scarpe. Poi quando entriamo, le ritogli.»
Alexandra chinò la testa per osservare i suoi piedi nudi, decorati da uno smalto rosso sulle unghie. Il tacco che avrebbe indossato quella sera sarebbe stato a spillo, altissimo, di quasi dodici centimetri; una calzatura a cui lei non era abituata, per niente. Perciò, dopo varie prove fatte durante la settimana, aveva preso la scelta di voler indossare le scarpe solamente prima di entrare in scena, cosicché da non stancare le caviglie prima dell'impresa. Jordan le aveva porto le calzature, senza tuttavia guardarla. Dal modo con la quale le use dita tremassero tra i lacci che lei avrebbe dovuto attorcigliare sulle caviglie, dedusse che anche lui - questa volta - si era fatto travolgere dall'ansia da prestazione, tanto che non aveva smesso quel giorno di muovere le dita come se davanti a lui vi fosse il pianoforte. Quella libera, infatti, stava picchiettando sul pantalone in una maniera talmente veloce che nemmeno Alexandra era in grado di capire come riuscisse a recitare a memoria gli spartiti dell'esibizione ad un ritmo raddoppiato. Jordan era sempre stato un tipo molto calmo prima di un'esibizione. Non dava mai a vedere quanto l'ansia lo divorasse, preferendo soffrire dall'interno; era come se la sua mente fosse in grado di cavalcare la paura in un rodeo adrenalinico che gli impediva di sbagliare una nota, entrando in una stasi diametralmente opposta alla cupola dove lei si rintanava. Jordan non scappava. Jordan affrontava di petto ogni cosa gli si presentasse davanti, soprattutto se riguardava esclusivamente lui. Non appena subentravano altre persone, lasciava perdere ciò che lo riguardasse per focalizzarsi solo su chi gli interessava, come se i suoi problemi non fossero importanti. Alexandra aveva notato le chiamate che faceva ai i suoi genitori di tanto in tanto; tra loro scorreva un buon rapporto, lo sentiva da quelle poche battute che faceva sottovoce ed in inglese, ma la tensione con i parenti dalla parte del nonno, era palpabile in ogni sua esitazione. Portava soddisfazioni, senza dubbio, ma c'era sempre quel se tu avessi agito diversamente celato in ogni loro affermazione. Voleva sempre mostrare al mondo che fosse in grado di cavarsela da solo, aiutando il prossimo per quanto non lo aveva fatto nei confronti del nonno. Alexandra socchiuse gli occhi ed afferrò le scarpe, dopodiché fece cenno alla ragazza di scendere dal mezzo. Eppure, per sorpresa e stupore di Jordan, non le indossò. Oltrepassò la figura di Jordan e scese dal bus a piedi nudi. I paparazzi e i giornalisti lasciarono perdere le loro interviste e gli altri invitati per concentrarsi solamente su di lei, sul modo con la quale camminasse con le scarpe in mano, in bella vista, cosicché potessero capire che fosse a piedi nudi contro il tappeto. Jordan la seguì a ruota libera, prendendole la mano per mostrare a tutti che avessero una relazione. La ragazza l'accettò volentieri, proseguendo in quel modo fino ad entrare sul retro del teatro per raggiungere il resto della squadra. Se sua madre l'avesse vista in prima pagina senza il divieto che le aveva sempre impartito e insieme alla famosa distrazione che le avrebbe rovinato la carriera musicale, non le interessava, anzi: voleva proprio che fosse così, che Caterina vedesse che quella era la strada che voleva intraprendere. Entrarono e solo lì Alexandra venne accolta da Aurora, la quale saltellò verso di lei, avendo una maestria incredibile nello stare sui tacchi alti.
«Finalmente sei qui! Caspita, sei stupenda!» commentò, prendendole entrambe le mani per stringerle con affetto. Tuttavia notò che la ragazza non stava indossando le calzature e stava continuando a rimanere scalza. «Oh mio Dio, dovresti indossare le scarpe.»
«Non so come si fa. Hanno troppi lacci.» rispose distrattamente Alexandra.
Aurora aggrottò le sopracciglia, sospirando dalle narici intenerita. «Vieni, ti aiuto io. In effetti la stilista ti ha dato un outfit bello complicato. Ma alla fine devi sfoggiare la tua bravura stasera e far vedere al mondo quanto sei incredibile.»
La violinista si sedette su uno sgabello, mentre Jordan le accarezzò la spalla per dirle implicitamente che sarebbe andato via ad aggregarsi con gli altri per discutere dell'esibizione. Quella sera si sarebbero dedicati al suo musicista preferito: Vivaldi. Conosceva già da piccola tutte le sue opere e le sue sinfonie, perciò non avrebbe avuto alcun problema, alcuna amnesia improvvisa che avesse potuto metterle i bastoni fra le ruote. Aveva controllato il violino, cambiato le corde quella stessa mattina, accordato e poi posto all'interno della custodia senza toccarlo durante il periodo di preparazione allo spettacolo. Era sicura che tutto era organizzato nei minimi particolari e avrebbe incominciato a suonare le stagioni di Vivaldi senza nessuno che la fermasse. Porse il piede ad Aurora non appena questa si inginocchiò davanti a lei con la scarpa in mano, col tentativo di fargliela indossare.
«È un tacco piuttosto alto.» osservò, iniziando ad intrecciare i lacci. «Sicura che riuscirai a stare in piedi?»
«Ho già fatto abbastanza prove in questi giorni, ci riesco.»
Aurora notò gli occhi di Alexandra rivolti verso tutt'altra parte, rispetto a lei, allora chinò lo
sguardo e si focalizzò maggiormente sul suo compito. «È un bene che tu abbia trovato Jordan.»
«Dici?»
«Quando sei con lui riesco a vedere la tua vera natura. Non so come spiegarlo, ma è come se tu fossi riuscita a superare la timidezza e tutta quella parte goffa che hai sempre messo in mostra.» spiegò Aurora. «Nemmeno io sono stata in grado di sbloccarti, forse perché effettivamente non ti ho capita abbastanza.»
«Non si tratta di capire, Aurora.» Alexandra mosse la gamba per allontanarla dalle mani dell'amica, il tono dolce e mesto. «Ci sono cose, della nostra vita, che è meglio che rimangano dentro di noi. Se poi escono senza che ce ne accorgiamo, dopo anni in cui non ci abbiamo mai fatto caso, significa che è arrivato il momento adatto per aprire gli occhi.»
«Cosa ti porti dentro, Alexandra?»
«Nulla di importante. Solo ansia.» rispose secca Alexandra, porgendo l'altro piede all'amica.
Aurora strinse le labbra in una linea sottile, tornando ad allacciare. Si mordicchiò il labbro inferiore, non proferendo più verbo. Succedeva spesso quando non era di buon umore e non riusciva a capire per una volta chi la circondasse. Abituata a fare gossip su gossip, avere davanti una migliore amica che rimaneva in silenzio senza alcun margine di confidenza l'aveva inibita in uno stato di malumore.
«Fatto. Ho finito.» dichiarò.
Alexandra si mise in piedi, tastando l'altezza che aveva guadagnato con i tacchi da raggiungere di poco Aurora, più alta di lei e con un plateau che la slanciava ancora più in su. Dopodiché si diresse a prendere la custodia con il suo violino, in mezzo ai strumenti che aveva lasciato dal pomeriggio lì senza avere il timore di sbagliare nuovamente qualcosa e salutò il professore Marchetti, il quale gli diede un abbraccio caloroso per infonderle quanto più supporto e farle capire che quella sarebbe stato il trampolino di lancio che le avrebbe aperto le porte per il mondo della musica. Secondo lui, aveva tutte le carte in tavola per farlo. Non sapeva come ancora potesse nutrire fiducia nei suoi confronti, dopo le vicende che si erano susseguite di volta in volta. Persino Enrico Colletta non le sorrideva più non appena si presentava alle prove, cosa che nemmeno avvenne in quel preciso istante in cui i loro sguardi si incrociarono. Si avvicinò alla tenda, scoccando un'occhiata alle tribune; c'era davvero un sacco di gente, giornalisti e famiglie note di ogni genere. Quello sarebbe stato il momento perfetto per mostrare a tutti quanto fosse importante la musica per lei, quanto riuscisse a trasmettere le sue emozioni con il semplice strofinio di quattro insulse corde. Poi, proprio dietro le prime due file, li vide. Andrea e Caterina erano lì, gli occhi puntati sul palco in attesa di vederla in azione. Era raro che si presentassero alle sue esibizioni, di quanto fossero impegnati col lavoro; quella poteva essere la terza volta in tutta la sua vita. Deglutì, stringendo il tessuto della tenda.
Il presentatore annunciò l'imminente inizio dello spettacolo; i membri dell'orchestra si misero in fila. Adesso toccava a lei, doveva fare in fretta e prendere un respiro profondo. Inspirò a pieni polmoni, dopodiché camminò lesta verso la fila.
Se non fosse che sentì un crack partire dalla scarpa.
Neanche il tempo di realizzare da cose esso fosse scaturito che percepì il piede piegarsi inaspettatamente, la gamba fare pressione sulla caviglia. Senza equilibrio, Alexandra urlò e crollò a terra, piantando i palmi sul pavimento per tentare di non battere testa. L'intera troupe cessò il suo flusso. Ansiti di orrore invasero le bocche di tutti, attoniti e immobilizzati sul posto. Vittorio, Aurora e Jordan furono gli unici che si mossero e si catapultarono accanto a lei in un battito di ciglio, soprattutto quando videro che faceva fatica a sollevarsi da sola.
«Alexandra! Stai bene? Cos'è successo!» Jordan la prese per le braccia, affinché si voltasse e rimanesse quantomeno seduta.
Alexandra lo seguì tentoni, tremando sotto il suo tocco; non sentiva la gamba destra, stava formicolando tutto. Faceva male, troppo male, impedendogli di muoversi con sicurezza e fluidità. Strinse gli occhi, subito umidi di lacrime per quelle fitte lancinanti che non avevano intenzione di estinguersi per aiutarla a respirare senza mozzarle il fiato. Accasciando il busto contro il petto di Jordan, osservarono entrambi cosa avesse causato la sua caduta.
Il tacco della scarpa si era staccato dalla soletta, facendole perdere l'equilibrio e la posizione del piede. Ma ciò che fece impallidire e spalancare gli occhi ai due, inclusi i presenti, fu il colore della pelle attorno alla caviglia: si stava tingendo di un rosso misto al viola ad una velocità inimmaginabile.
«Un medico! Dov'è il medico!» gridò Vittorio, facendosi spazio tra la folla.
Gli occhi verdi di Alexandra, tuttavia, non avevano intenzione di staccarsi dalla sua caviglia; sbagliava a dire che fosse più storta del normale? O erano le lacrime che la appannavano la vista e complicavano le cose? Il medico arrivò e si chinò lesto di fronte a lei per tastare la pelle e l'osso. Sfilò con delicatezza la scarpa, provando a muovere il piede. Ma Alexandra non poté fare a meno di gemere, mordendosi l'interno della guancia per non urlare, dando colpetti sul braccio del paramedico per dirgli di smetterla.
«È una brutta lussazione. - osservò questi, scuotendo la testa. Sollevò lo sguardo verso un Enrico Colletta scosso - Non può esibirsi in queste condizioni.»
Parole che fecero rinsavire di botto la violinista. «C-Come?»
«La scarpa sembra essere difettosa.» Vittorio l'afferrò per esaminare la calzatura. «Non è stata colpa sua.» si rivolse ad Enrico.
«È la prima volta la indossi, giusto?» chiese ad Alexandra, la quale annuì tremante. «La stilista le ha rifilato una scarpa di scarsa qualità, cazzo! - tuonò, le mani in testa. - Non possiamo posticipare di qualche giorno l'evento, ormai sono tutti qui. E di certo per quella lussazione ci vorrà un po' prima che guarisca del tutto.»
«I-Io. Io posso stare in piedi. Posso farcela...Posso...» ripeté Alexandra, provando ad alzarsi per mezzo del sostegno di Jordan, ma il primo passo falso la tradì, facendola ricadere a terra, sofferente.
Enrico entrò in uno stato di allarme. «Non possiamo neanche proseguire l'esibizione senza di lei, le parti da solista non le conosce nessuno. Siamo nella merda.»
«In verità...non proprio.»
Una voce calma annullò il panico in continua crescita.
Se fino a qualche istante prima Alexandra aveva serrato gli occhi dal dolore, questi scattarono aperti, pervasi dall'incredulità. Aurora si era alzata da terra, giungendo le mani con fare innocente e dolce.
«Anche io faccio parte del conservatorio del Professor Marchetti e suono il violino. Durante le prove di Alexandra mi sono esercitata anche io, per curiosità personale, perciò ho imparato le parti.» confessò con determinazione e con un imbarazzo che non rientrava nelle righe del suo vero carattere.
Alexandra sentì le mani di Jordan aumentare la stretta sulle sue braccia, come se quella notizia avesse scosso addirittura uno come lui. E lei...Lei era rimasta imbambolata, come se il dolore alla caviglia non esistesse più, seppur il paramedico fosse intento a medicargliela per prepararla al periodo di convalescenza. La sua mente era su Aurora. Aurora. Proprio lei. Proprio la ragazza che le aveva detto di esserle amica, la ragazza che a sua insaputa aveva studiato i suoi brani per imparare la sua parte, nonostante lei non fosse parte dell'orchestra e dello spettacolo.
«Se conosci le parti di Alexandra, allora facciamolo. Prendi lo strumento e andiamo.» si decise Enrico, pregando il cielo che tutto andasse per il meglio. «Preparatevi in fila, siamo già in ritardo di quindici minuti!»
Jordan non si mosse, continuando ad abbracciare Alexandra senza lasciarla per nessuna ragione. Un dettaglio che al direttore non passò inosservato.
«Jordan, mettiti in fila.»
«Come può essere così sicuro che Aurora possa suonare perfettamente le parti di Alexandra? E se sbaglia?» lo affrontò.
Enrico si massaggiò le tempie. «Jordan. Per favore. Solo perché tra te e Alexandra vi è del tenero, non puoi mettere in cattiva luce gli altri musicisti. Aurora è comunque un'allieva di Vittorio. Saprà cosa fare. Lo spettacolo non può essere rinviato.»
«Mettere in cattiva luce? - Jordan sostenne Alexandra nel rimettersi in piedi per dirigerla allo sgabello e avere l'opportunità di essere faccia a faccia con l'uomo. - Non mi permetterei mai. Ma non abbiamo mai provato con Aurora, mai deciso il tempo, gli attacchi, nulla.»
«Ci siamo adattati tutte le volte che Alexandra ha sbagliato: lo faremo anche in questo caso.»
Jordan stava per aprire bocca, nervoso.
«Vai, Jordan. Non preoccuparti per me.» Alexandra colmò quella diatriba con la sua voce, sussurrata e tremante. Si era sciolta i capelli raccolti per coprire il viso, cosicché nessuno lo guardasse, abbassando la testa. «Sto bene. È giusto così.»
«Ma-»
«È giusto così.» ripeté la ragazza.
Non udì alcuna risposta provenire dal ragazzo; solo il suo sospiro giunse alle sue orecchie prima che entrambi i due uomini abbandonassero il dietro le quinte per raggiungere il palco e prepararsi all'esibizione. Quando il paramedico finì con la medicazione, rimase da sola, abbandonata da Vittorio che era stato preso in disparte da un giornalista per fare la sua dichiarazione riguardo quello che era accaduto, anche perché, vedendo Aurora sul palco e non l'ospite d'onore tanto osannato nei social e nei giornali, aveva già lasciato di stucco i media per lo scoop del secolo. Sentì la musica degli strumenti iniziare ad invadere La Scala, l'estate di Vivaldi perforarle i timpani ogni qual volta la sua parte, replicata da Aurora in una maniera maniacale, le percuoteva il petto. Come poteva sapere quelle parti come se le avesse studiate sin da quando le erano state assegnate? Gli spartiti dell'esibizione a Milano le erano stati consegnati già dal primo incontro con Enrico Colletta, come una sorta di lettura serale prima di andare a letto per avere un'idea di quello che avrebbe dovuto imparare, eppure pareva che Aurora li conoscesse quasi meglio di lei come se...
I pugni serrati sopra le cosce si rilassarono.
...come se Aurora avesse preso i suoi spartiti di nascosto e li avesse fotocopiati per impararli tutte quelle volte che spariva dalla circolazione e tornava con la bugia di essere andata a divertirsi. Cosa aveva detto ad Enrico? Che si era esercitata per pura curiosità personale. Imparare così bene gli spartiti era solo curiosità personale o...un piano che aveva già architettato sin dall'inizio per poter salire sul palco al posto suo quella sera? Un modo per farla cadere sul palcoscenico davanti a tutti, ma non c'era riuscita perché la scarpa aveva ceduto prima. La scarpa. Inclinò il capo, gli occhi spalancati, pieni di lacrime che le avevano ridotto il trucco in una cascata di colori sciolti; allungò debolmente la mano, chinandosi con il busto per circondarla con le dita. Il suo cuore smise di battere. Il tacco non si era staccato dalla soletta, quello era avvenuto dopo perché c'era un ulteriore segno di manomissione che aveva permesso che ciò accadesse. Qualcuno aveva limato il tacco verso il centro, col fine di cedere con il suo peso e staccarsi in seguito dal resto della scarpa. La calzatura cadde a terra nel momento in cui le dita di Alexandra non furono in grado di reggerla.
Come aveva fatto il violino ad essere scordato alla prima serata? Perché aveva lasciato il violino nelle mani di Aurora quando aveva raggiunto Jordan per parlargli.
Perché le corde si erano rotte se lei non aveva visto segni di cedimento? Perché lei era andata in bagno a mettersi il rossetto, lasciando il violino nelle mani di Aurora.
Per quale motivo il tacco si era rotto? Perché era stata Aurora ad allacciarle le scarpe, mentre lei era immersa nei suoi pensieri.
Era sempre stata Aurora.
Era sempre stata lei a sabotarla per eliminare la fiducia che Enrico e la sua orchestra nutrivano nei suoi confronti. Era stata lei a dire ai suoi genitori dell'esibizione a Torino.
Era stata lei a farle del male.
Il respiro divenne repentino. Le mani, ancora sospese, iniziarono a tremare. Gli occhi si spostarono lentamente verso l'entrata che la separava dal palcoscenico. Jordan stava suonando con uno sguardo triste e demoralizzato. Aurora era accanto a lui, appoggiata al pianoforte, mentre intonava il Presto dell'Estate di Vivaldi. Le aveva rovinato la carriera. L'aveva messa in cattiva luce per il proprio tornaconto personale.
E adesso i suoi genitori la stavano osservando esibirsi, chiedendosi che fine avesse fatto lei.
È giusto.
È giusto?
Scattò in piedi, fregandosene del dolore alla caviglia. Un ronzio alle sue spalle la chiamò, la voce di Vittorio, il quale si stava forse avvicinando a lei.
È giusto?
Alexandra fece il primo passo. Poi un altro. Poi un altro ancora.
Non è giusto.
Iniziò a correre, varcando la tenda per essere sul palco. Enrico trasalì alla sua vista, arrestandosi dalla direzione dell'orchestra, sbigottita quanto lui. Aurora stava sorridendo compiaciuta, come se avesse davvero raggiunto il suo scopo. Ma quella felicità non durò molto.
Alexandra spostò con irruenza i leggii, la musica cessò di colpo, e ciò che riecheggiò al Teatro della Scala di Milano fu lo schiocco del palmo della sua mano che collise in pieno sulla guancia di Aurora, spedendola a terra.
«Sei una sporca puttana!» gridò in preda ad una crisi di nervi. Il pubblico soppresse ansiti di stupore e shock. I giornalisti si alzarono in piedi, telecamere in mano, pronti a riprendere tutto ad una risoluzione che mettesse in risalto l'espressione disperata di Alexandra. «Come hai potuto farmi questo?! Come?! Io mi sono fidata di te! E tu cosa hai fatto?! Mi hai rovinato!»
I membri dell'orchestra si alzarono di colpo, alla vista di Aurora e dalla sua guancia rossa. Questa si toccò il punto colpito, lo sguardo sconvolto e dagli occhi lucidi.
«Ma...ma cosa stai dicendo? - domandò, mettendo in mostra un lato caratteriale del tutto nuovo, indifeso e vulnerabile. - Io ti sono sempre stata accanto. Ti ho sempre sostenuto. E tu mi ringrazi così? Per un tacco rotto?» le lacrime aumentarono. «Io non ho fatto altro che appoggiarti, quando invece sei stata tu a lasciarmi sempre indietro!»
Alexandra rimase per un attimo immobile. Erano bugie. Bugie e solo bugie. Il sangue le ribollì dalla rabbia, tanto che si preparò per gettarsi nuovamente addosso a lei. «Sei una falsa ipocrita!»
Due braccia l'avvolsero totalmente, mentre Enrico e Vittorio si posizionarono in mezzo a lei e ad Aurora per impedirle di avvicinarsi. Non dovevano allontanarla da lei. Doveva pagare per quello che aveva fatto.
«Lasciami stare!» provò a dimenarsi, ma il dolore alla caviglia le costrinse a lacrimare ancora di più.
«Calmati, Alexandra. Calmati. - qualcuno le bisbigliò all'orecchio. - Sono io. Sono io, Jordan.» ripeté.
Alexandra provò a respirare, mentre il cuore le pompava assiduamente tutto il sangue che le era andato alla testa da colorarle le guance rosse. Fu in quel momento, in quell'attimo di lucidità effimera, che si rese conto di quello che aveva fatto, di tutta la rabbia che aveva covato nel tempo da essere uscita come un fiume in piena senza che se ne rendesse conto. Si fermò, lasciando che Jordan la tenesse dritta, e fissò le persone attorno ad Aurora, il suo palmo rosso e le premure che stava ricevendo da Vittorio ed Enrico. Anche Vittorio... Un parlottio scioccato e inorridito, seguito da numerosi click e flash le raggelarono il sangue. Si voltò, affrontando una marea di telecamere puntate addosso, gli sguardi delusi e raccapricciati del pubblico, gli occhi arcigni e disorientati di Caterina e la postura e il viso costernato di Andrea.
«Cosa...Cosa ho fatto?» biascicò, rischiando di cadere se Jordan non l'avesse sostenuta.
Enrico ordinò alla troupe di chiudere le tende e abbassare celeri le luci, prima che quella scenata continuasse. Tuttavia, l'ultima cosa che Alexandra vide prima che le tende si misero in mezzo a lei e il pubblico, furono le lamentele dei giornalisti, i quali si mossero come una folla inferocita per avere delle risposte, e la sagoma di Caterina alzarsi di scatto per sgusciare dalle poltrone. Subito venne trascinata da Jordan verso il dietro le quinte, colmo di giornalisti che l'intero staff della sicurezza non stava riuscendo a trattenere. Nelle orecchie di Alexandra si sommarono voci, domande, richieste, spiegazioni e motivazioni, mentre le macchine fotografiche non smettevano di immortalarla in tutta la sua miseria, il suo trucco rovinato, i capelli scompigliati e il vestito dalla gonna quasi strappata a causa della caduta previa. Aurora era stata fatta sedere dall'altra parte, in lacrime, mentre continuava con quella messa in scena da vittima melodrammatica per apparire come quella che era stata ferita, incompresa, usata, abbandonata, con l'intento di far credere questo alle persone, seppur fosse il contrario. Eppure, non appena questa si mise le mani in faccia ed innalzò di poco la testa per incrociarsi con i suoi occhi, Alexandra si sentì morire.
Aurora le sorrise, muovendo le labbra per scandire due semplici parole che lei comprese benissimo.
Ho vinto.
Alexandra si fece pesante fra le braccia di Jordan, quasi a voler svenire, ma non ne fu in grado, poiché davanti a lei, all'uscita del teatro, si presentò il suo incubo peggiore: Caterina. Non ebbe il tempo di reagire che venne strappata con malagrazia dalle braccia di Jordan per essere strattonata malamente dalla madre.
«Ecco perché sapevo che non avresti combinato nulla di buono, pazza schizofrenica.» le parlò all'orecchio con una delusione lampante e palpabile in ogni suo gesto. «Ti sei esibita in maniera ridicola le prime due volte e ora cosa fai? Ti metti a picchiare le persone in diretta mondiale!» urlò, facendo in modo che i loro bodyguard personali non facessero avvicinare i giornalisti.
«Questo perché hai scelto questo mondo ripugnante della musica e non hai seguito quello che ti ho sempre detto! Guarda cosa hai combinato, fallita!»
Come punizione, uno schiaffo arrivò sul volto di Alexandra, la quale stette in silenzio senza reagire.
Jordan non fu in grado di stare fermo, travolto dalla rabbia. «Ma come si permette, lei è una vipera!»
Andrea lo prese per le spalle e lo spinse più indietro, permettendo ai bodyguard di trattenerlo. «Non ti azzardare a parlare così a mia moglie. Queste sono questioni di famiglia.» disse, seppur lo sguardo fosse amareggiato.
«È questo il Jordan di cui parlavi? È lui quello che ti ha allontanato da noi? - Caterina tenne forte Alexandra per il braccio, in attesa di una risposta. - Parla e rispondi!»
Alexandra annuì, senza avere il coraggio di guardarla in faccia.
«Se tu avessi pensato solo alla musica, anziché fidarti di uno scapestrato del genere, e avessi fatto attenzione alle persone che ti circondano, tutto questo non sarebbe successo! Invece ti sei fatta sottomettere! Vedi, Aurora? La vedi?! Lei è stata più brava di te. Ha agito per spodestare il suo rivale, riuscendoci!» le diede un altro schiaffo, recando solo dolore a Jordan, il quale si mise ad implorarla di smetterla. «Avrei preferito avere Aurora come figlia che una nullità come te, senza personalità e senza un briciolo di autogestione.»
A quelle parole, Andrea non fu in grado di stare zitto. «Tesoro, non puoi dire queste cose. Non le pensi.»
«Le penso eccome.» ribatté inacidita la donna. «Adesso si fila a casa. Non voglio sentire una sola parola uscire dalle tue labbra, intesi?» la prese per il mento per essere guardata in faccia.
Alexandra aveva lo sguardo trasfigurato dagli schiaffi e dalle lacrime, inerme: una vista che bastò a Jordan per smettere di opporre resistenza e rimanere lì a guardare, impotente. La presa di Caterina sul suo braccio si fece più forte, costringendola a tenere il passo quando iniziò a camminare verso la macchina dai vetri scuri. Alexandra salì senza fare storie, volgendo un ultimo sguardo a Jordan, privo di solerzia.
«Mi dispiace.» le mormorò il ragazzo, prossimo alle lacrime.
Avrebbe voluto dirgli che non aveva colpe, ma la portiera si chiuse con irruenza e la macchina partì verso Firenze, in un lungo e intenso viaggio di quattro ore che allontanasse qualunque paparazzo dalla loro vista.
________________________________________________________________________________
Angolo autrice:
Il punto di rottura è arrivato cari miei. Adesso cosa succederà? Vi aspettavate un colpo di scena del genere? Al prossimo martedì per il penultimo capitolo!