Il libro di Argoroth | ๐…๐š๐ง...

By trixinabox

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Ucciso dalla donna che amava, riportato in vita da un demone e legato a lui da un patto mortale... la giornat... More

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1 - ๐˜ ๐˜ฅ๐˜ฆ๐˜ฎ๐˜ฐ๐˜ฏ๐˜ช ๐˜ถ๐˜ด๐˜ข๐˜ฏ๐˜ฐ ๐˜ช๐˜ญ ๐˜ฃ๐˜ข๐˜ด๐˜ต๐˜ฐ๐˜ฏ๐˜ฆ ๐˜ฅ๐˜ข ๐˜ฑ๐˜ข๐˜ด๐˜ด๐˜ฆ๐˜จ๐˜จ๐˜ช๐˜ฐ (Haborym pt. I)
2 - ๐˜Š๐˜ฐ๐˜ฎ๐˜ฆ ๐˜ฆ๐˜ท๐˜ฐ๐˜ค๐˜ข๐˜ณ๐˜ฆ ๐˜ช๐˜ญ ๐˜ฅ๐˜ช๐˜ฐ ๐˜ฅ๐˜ช ๐˜ถ๐˜ฏ ๐˜ค๐˜ถ๐˜ญ๐˜ต๐˜ฐ ๐˜ฑ๐˜ณ๐˜ฐ๐˜ช๐˜ฃ๐˜ช๐˜ต๐˜ฐ ๐˜ช๐˜ฏ ๐˜ต๐˜ณ๐˜ฆ ๐˜ด๐˜ฆ๐˜ฎ๐˜ฑ๐˜ญ๐˜ช๐˜ค๐˜ช ๐˜ฑ๐˜ข๐˜ด๐˜ด๐˜ช (Lola pt. I)
2 - ๐˜Š๐˜ฐ๐˜ฎ๐˜ฆ ๐˜ฆ๐˜ท๐˜ฐ๐˜ค๐˜ข๐˜ณ๐˜ฆ ๐˜ช๐˜ญ ๐˜ฅ๐˜ช๐˜ฐ ๐˜ฅ๐˜ช ๐˜ถ๐˜ฏ ๐˜ค๐˜ถ๐˜ญ๐˜ต๐˜ฐ ๐˜ฑ๐˜ณ๐˜ฐ๐˜ช๐˜ฃ๐˜ช๐˜ต๐˜ฐ ๐˜ช๐˜ฏ ๐˜ต๐˜ณ๐˜ฆ ๐˜ด๐˜ฆ๐˜ฎ๐˜ฑ๐˜ญ๐˜ช๐˜ค๐˜ช ๐˜ฑ๐˜ข๐˜ด๐˜ด๐˜ช (Lola pt. II)
3 - ๐˜š๐˜ข๐˜ฏ๐˜จ๐˜ถ๐˜ฆ ๐˜ฅ๐˜ฆ๐˜ญ ๐˜ฎ๐˜ช๐˜ฐ ๐˜ด๐˜ข๐˜ฏ๐˜จ๐˜ถ๐˜ฆ (Mitko pt. I)
3 - ๐˜š๐˜ข๐˜ฏ๐˜จ๐˜ถ๐˜ฆ ๐˜ฅ๐˜ฆ๐˜ญ ๐˜ฎ๐˜ช๐˜ฐ ๐˜ด๐˜ข๐˜ฏ๐˜จ๐˜ถ๐˜ฆ (Mitko pt. II)

1 - ๐˜ ๐˜ฅ๐˜ฆ๐˜ฎ๐˜ฐ๐˜ฏ๐˜ช ๐˜ถ๐˜ด๐˜ข๐˜ฏ๐˜ฐ ๐˜ช๐˜ญ ๐˜ฃ๐˜ข๐˜ด๐˜ต๐˜ฐ๐˜ฏ๐˜ฆ ๐˜ฅ๐˜ข ๐˜ฑ๐˜ข๐˜ด๐˜ด๐˜ฆ๐˜จ๐˜จ๐˜ช๐˜ฐ (Haborym pt. II)

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By trixinabox

Emerse da un lago nero, vomitando acqua.

Una piatta distesa di ossidiana senza confini, sormontata da una volta priva di luna o stelle.

Haborym riprese fiato tenendosi a galla in quel mondo privo di contorni.

Nero, ovunque guardasse.

Poi, un alto cancello.

La porta del Sottomondo.

Haborym si toccò la tasca e sentì qualcosa di piccolo e rotondo. Nell'oscurità, tra indice e pollice comparve una moneta d'oro.

Nuotò in direzione della riva, finché i suoi piedi non toccarono terra. Uscì dal lago, i vestiti appesantiti dall'acqua. Seduta di fianco all'ingresso del regno di Xatozl sedeva una vecchia piccola e curva, intenta a cucire un drappo che si tuffava in una botola aperta sotto i suoi piedi. Haborym sapeva che quello era il suo arazzo, che raffigurava tutte le scene importanti della sua vita, e che era appena giunto al termine.

«Voi siete la Kaladin» disse.

La vecchia mise via i ferri e, senza rispondere, tese il palmo raggrinzito verso di lui.

Haborym strinse la moneta nel pugno.

Soltanto due ore prima aveva offerto a suo padre Xatozl il sangue di un empio.

Soltanto un minuto prima aveva le labbra su quelle di Liliana.

Liliana.

Haborym diede le spalle alla Kaladin e urlò a pieni polmoni fino a sentir graffiare la gola, ma il suo dolore si disperse senza eco sulla superficie del lago immobile.

«Finisce così» sibilò, serrando i denti. «Una vita a servire mio padre ed è questo ciò che mi spetta? Un'eternità di vuoto e fredda oscurità?»

La Kaladin lo guardò impassibile.

«Dite qualcosa, per l'amor di Xatozl!» ringhiò. «Mio padre mi scarica nella pattumiera non appena ha una nuova prediletta? Io...»

Gli mancò il fiato.

Il viso di Liliana. In quei dieci secondi, tra il coltello piantato nel suo collo e la morte, non aveva scorto un briciolo di rimorso.

Era stata brava. Paziente. Non come tutti gli altri, così frettolosi di strappargli via il potere da commettere errori goffi.

Invece, stavolta quello che aveva commesso un errore era stato lui.

Si era fidato.

«Non posso rimanere qui, vero?»

La Kaladin tese di nuovo la mano.

Haborym fissò l'alto cancello. Qualunque cosa lo stesse aspettando lì dentro, non sarebbe stato glorioso neanche la metà di quanto si raccontava nel Libro di Xatozl. Ora era un indegno. Un'anima come tutte le altre.

«'fanculo.»

Si avvicinò alla Kaladin e le allungò la moneta. Ma lei non la prese. Un lampo di incertezza le passò negli occhi inespressivi, e li spostò verso un punto alle sue spalle.

«Cosa c'è?»

Haborym si voltò. Sull'orizzonte del lago nero comparve un globo di luce. Il globo crebbe fino a diventare enorme, consumando l'oscurità senza confini.

Qualunque cosa stesse succedendo, non si trattava affatto della procedura descritta nel Libro.

Qualcosa gli si conficcò tra le costole.

Haborym gemette e sfilò quel qualcosa da sotto la sua schiena.

Un femore. Grandioso.

Si mosse, generando una cascata di scricchiolii, come di una massa di oggetti piccoli e duri che ruzzolavano giù da una collina.

La luna era di nuovo lì.

«Non dovresti muoverti troppo nelle tue condizioni» disse la voce di un uomo.

Haborym girò la testa. Le cose continuavano a ruzzolare e scricchiolare. Nel nome di Xatozl, dove diavolo era finito?

«Sei alle Bianche Ossa» continuò la voce.

Il cimitero fuori città. Cosa ci faceva lì, per le sottane delle sette principesse?

Giusto. Sono morto.

O meglio, lo ero.

Ma non si sopravviveva certo a una ferita di quel genere. Aveva visto i cancelli, era sul punto di pagare la Kaladin...

«Chi sei?»

La voce gli uscì in un gracidio cupo. Le sue corde vocali non erano messe bene.

L'uomo si chinò su di lui, oscurando la luna. Era una figura tetra e alta quanto lui, slanciata come un giunco incurvato dalle onde. L'ovale pallido del suo viso ospitava bei lineamenti, un naso dritto, una bocca piegata in un sorriso malizioso, occhi d'oro dal taglio allungato simile a quello dei gatti. Dimostrava sui quarant'anni, con le piccole rughe espressive che si raggrinzivano ai lati degli occhi e delle labbra. Il candore dei capelli, tagliati di netto fino agli zigomi e cortissimi lungo il dorso della nuca, risplendeva alla luce delle stelle.

Aveva un'aria familiare.

«Phebo Chronakis, preside dell'Alma Mater. Al tuo servizio.»

Chronakis impugnò a metà il bastone da passeggio sormontato dalla testa a forma di aquila arpia e gli fece l'inchino.

Gli venne voglia di tirargli un calcio e buttarlo giù dalla collina di ossa.

«Mi aspettavo un'espressione un po' più riconoscente da qualcuno che ho appena riportato in vita.» Chronakis sogghignò, facendo ondeggiare lievemente la testa. Il pendaglio al lobo, una pietruzza bianca scolpita a forma di goccia, catturava la luce della luna.

«Si può sapere cosa ci fa un preside alle Bianche Ossa?» Le domande erano l'unica cosa che gli rimaneva. Haborym si accorse che era ancora troppo debole per poter anche solo sperare di alzarsi da lì.

«Si dà il caso, amico mio, che io abbia un affare da proporti.»

Chronakis schioccò le dita guantate. Di fianco a lui apparve una pergamena vergata in caratteri minuscoli e incandescenti, siglata da un sigillo di evocazione del Sottomondo.

Un contratto.

Haborym lo osservò con attenzione. «Tu non sei Phebo Chronakis, vero?»

«Sì e no.» L'uomo fece spallucce. «Diciamo che occupo il ruolo di preside dell'Alma Mater dei Segreti e delle Scienze da diverso tempo, ormai. Più o meno da quando l'accademia è stata fondata, diversi secoli fa.»

«Chi sei davvero?»

«Perdonami se non ti delizio con i dettagli, ma la questione è intricata e tu non hai molto tempo prima che mio fratello si accorga che un'anima manca all'appello.»

Haborym rimase in silenzio per un momento.

«Tuo fratello?» mormorò.

Chronakis gli fece l'occhiolino.

Da quel che sapeva, suo padre Xatozl aveva soltanto un fratello. Uno che era stato esiliato nel mondo degli uomini perché si era rivoltato contro di lui nel tentativo di prendere il suo posto. Un traditore cancellato dalle scritture sacre del Libro.

Un infido burocrate e un imbroglione.

Il suo nome era bandito dai templi della chiesa demoniaca.

«Tu sei Argoroth.»

«Mi hai scoperto. Adesso, ti offrirei pasticcini e tabacco, ma come dicevo il nostro tempo non è molto. Ho bisogno di te. Eri il prediletto di mio fratello, i tuoi cultisti ti staranno certamente a sentire. Il Concilio di Colbagne ha bandito il nostro credo, ma Xatozl è sempre stato troppo innamorato di se stesso e attratto dall'odore del sangue per preoccuparsi davvero di risollevarsi. Di certo l'opinione comune è che voi tutti siate un branco di criminali assassini senza morale. Ma c'era un tempo in cui la chiesa demoniaca era molto più di questo, amico mio! E ho in programma di riportarla ai suoi antichi fasti.»

«E come pensi di riuscirci?» Haborym sibilò.

Qualunque cosa uscisse dalla bocca di quel truffatore non erano altro che miele e menzogne.

«Con il tuo aiuto, naturalmente. Ti darò gli strumenti necessari per convincere i tuoi seguaci che non è la chiesa di Xatozl l'opzione migliore. Sarai il mio...»

«... burattino.»

«Non ti facevo così drammatico. Stavo per dire collaboratore.»

Haborym cercò di sollevarsi sui gomiti, ma fu inutile. «E cosa ti fa credere che firmerò quel contratto?»

Argoroth si picchiettò la testa di aquila arpia contro il mento per dare l'idea di starci riflettendo su. «Beh, sei libero di non accettare, tornare nel Sottomondo e pagare la Kaladin. Quella vecchietta è davvero ostinata, mh?»

Haborym gemette.

Il demone gli fu addosso in un battito di ciglia e sul suo volto si allargò un sorriso che aveva poco di umano. Ebbe l'impressione che i suoi denti fossero più acuminati, le pupille più dilatate, l'angolatura del collo piegata in modo innaturale.

«È facile. Tu diventi il mio eletto, torni al tempio, te lo riprendi e spargi il mio verbo, e io ti mantengo in vita. Fallisci, e il nostro contratto verrà rescisso. E la tua vita terminerà di nuovo.»

Gli sventolò una penna d'oca davanti agli occhi.

«Tic tac, Habo. Firma ora o dovrai tornare laggiù. Hai visto anche tu quanto è deprimente.»

Merda.

Haborym gli strappò la piuma dalla mano e gli soffiò in faccia: «Sei un bastardo».

«Non immagini neanche quanto, amico mio.»

Appena il pennino toccò la pergamena, Argoroth scomparve in un turbine di falene.


La luna era ancora lì, e lui era ancora disteso sul letto di ossa.

Qualunque ora fosse, doveva trovare la forza di dileguarsi prima dell'alba. Prima che il cimitero si riempisse di visitatori o, peggio, della milizia cittadina.

Diede un colpo di reni e si rivoltò a pancia in giù, faccia a faccia con un teschio che aveva perso la mandibola.

Strisciò sui gomiti fino al bordo della montagnetta, poi le ossa sotto di lui franarono e ruzzolò lungo il fianco della collina. L'impatto con il terreno gli mozzò il respiro.

Quella giornata si stava rivelando infinita.

Riuscì a mettersi in piedi e trascinarsi sul retro di un mausoleo, dove poté appoggiarsi contro la parete di marmo.

Così non andava bene.

Tutto il suo corpo andava a fuoco, e la vista continuava a svanire e tornare a intermittenza.

La testa prese a vorticare, ed ebbe lo spiacevole presentimento di essersi alzato troppo in fretta.

Chiuse gli occhi e cercò di fare mente locale. Se non ricordava male, il modo più rapido per raggiungere il cancello sul retro era attraverso il viale che passava di fianco alla fossa comune. Lui e i suoi ci avevano scaricato dentro centinaia di cadaveri, perché era il modo più rapido per farli sparire. Ogni settimana un membro della Curia, qualcuno del Dicastero del Pentimento, si recava lì per evocare il favore di Lyra, dare la benedizione ai corpi e incenerirli con la potenza della luce solare senza troppe moine. Le ceneri venivano sparse nel fiume che attraversava la città, perché era comunque più sicuro che seppellire migliaia di morti sotto i templi che già straripavano di stratificazioni secolari di resti umani, rischiando che si diffondessero nuove epidemie.

Quel bastardo poteva almeno darmi un passaggio in carrozza, si disse, maledicendo Argoroth con tutte le preghiere che in quel momento riuscì a ricordare.

Haborym si incamminò tra i viali costeggiati dai cipressi.

Quando arrivò sul bordo della fossa comune, si fermò di nuovo per riprendere fiato.

Di quel passo, non sarebbe mai riuscito a scavalcare il cancello.

Dall'altra parte scorse un gruppo di ombre in movimento.

Maledizione, aveva perso la cognizione del tempo? I necrofori avevano già cominciato a lavorare prima del sorgere del sole?

Haborym si lasciò scivolare nella fossa e chiuse gli occhi, rannicchiandosi fra i corpi. Cercò di respirare il meno possibile, cosa che gli riuscì piuttosto semplice considerato l'odore nauseabondo delle carcasse infarinate nella calce.

I passi si avvicinarono, e con essi le voci. I necrofori stavano bisbigliando. Perché stavano bisbigliando?

Qualcosa di duro lo colpì in mezzo alla schiena, e ad Haborym sfuggì una bestemmia strozzata.

«Capo, questo qui è ancora vivo!»

«Levati di mezzo. Per le mutande del re, è bello grosso!»

«È un pellegrigia, signore. Che diavolo ci fa qui?»

«Sembra sia la nostra giornata fortunata. Vale bei soldi sulla piazza di Shenzou.»

A quanto pareva, non c'era mai limite al peggio.

Quelli non erano necrofori: erano trafficanti di schiavi.

***

Capitolo 2 in arrivo venerdì 30, ore 11

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