È forse possibile non attendere l'atteso?
Così mi spiego il tuo arrivo
ogni volta che la testa mi redarguisce il cuore.
Ho scoperto il sapore di stare con te chiusa nello spazio e
non credo che oserei mai spingermi oltre la perfezione di uno sguardo infinito:
ti toccassi anche solo una volta, profanerei la sacralità di questa brutale distanza di sicurezza.
Cos'è una carezza, un banale scambio di parole,
in confronto a quello che ci scambiamo di nascosto
nella sublime consapevolezza di essere irraggiungibili?
Spezzi l'incantesimo.
Mi chiami senza azzardarti a pronunciare il mio nome,
la profanazione sta già avvenendo: rapida come la fiamma di un accendino
che avanza su un foglio di giornale mangiandone le parole,
le mie
che davanti a te perdono tutto il loro senso.
Sento il ticchettio della lancetta. Quanto impiegheremo a finire?
Non ti ritenevo capace di parlare del tempo:
gli specchi su cui ti arrampichi riflettono il colore delle fiamme che mi incendiano la pelle
e il suono delle parole che ti muoiono sulla lingua.
Che infinita tenerezza, quel vetro che ci divide
fa quasi dispiacere l'idea di distruggerlo.