Rieccoci qui, prima di lasciarvi al capitolo volevo solo mostrarvi una foto che secondo me rappresenta benissimo un po' tutti i personaggi di questa storia⤵️
Ovviamente non ho ancora idea di come rimpicciolire le immagini, perdonatemi🙇🏽♀️
⚠️⚠️VOLEVO DIRVI CHE QUESTO CAPITOLO POTREBBE URTARE LA SENSIBILITÀ DI QUALCUNO⚠️⚠️
(non saranno le cose peggiori che avrete letto/ leggerete in questa storia, ma preferisco sempre avvisare🙏🏽)
Buona lettura🥸
ELI
Non riuscivo più a chiudere occhio la notte da una settima abbondante. Tutto per colpa di quella ragazza. Quella stronza della Void alla quale mio fratello correva dietro ogni minuto. Sapevo che mio fratello non provava nulla, ne ero più che sicura, doveva essere così.
E forse nemmeno quella stronza provava qualcosa, ma si vedeva che tra loro c' era un' intesa speciale. Un' intesa che doveva esserci solo tra noi due. Anche un cieco l' avrebbe capito. Ma mio fratello era mio fratello, non era il "tuo collega di lavoro" non era "la persona che vuole uccidermi", mio fratello era mio e di nessun altro. Nessuno si doveva permettere ad usare un pronome possessivo riferendosi al mio Blake.
Io e mio fratello avevamo sempre affrontato tutto insieme. Noi due da soli, e già da quando le ragazze avevano iniziato a far girare voci tipo: "Loki Anderson sarebbe proprio la mia scopata ideale" io avrei voluto spaccare la testa a tutte, nonostante fossi molto più bassa. Avrei goduto nel vedere la loro materia grigia –sempre che ce l' avessero- uscire dai loro bulbi oculari.
Blake. Anderson. Era. Mio. Fratello. Non. tuo.
Ma se lui avesse preferito Devil- la stronza- Void? Se anche lui avesse scelto di abbandonarmi? Come aveva scelto di abbandonarci nostra madre? Se mi avesse abbandonata come avevano fatto le mie amiche, ormai non più tali?
Ero sola in casa, e questo non migliorava la situazione perché non avevo idea di dove si fossero cacciati Tyler ed Ares. Mentre mio fratello, ovviamente era appresso a quella troia. Dovevo assolutamente trovare qualcosa da fare. Non potevo di nuovo andare in ospedale. Avevo già rischiato di andarci la volta scorsa. Se Ty ed Res lo avessero scoperto sarebbero stati più che delusi da me. Dal fatto che stavo scegliendo di ricaderci. Eppure era l' unica cosa che mi faceva stare meglio.
Che placava l' infinito rumore nella mia testa.
Mi affacciai alla finestra della cucina, quella che aveva assistito ai tanti battibecchi tra me e le mie migliori amiche, che mi avevano lasciato sola. Che avevano scelto di abbandonarmi. Le lacrime si incastrarono tra le mie ciglia, ma io le pregai di non scendere. Dovevo essere forte.
Erano partite senza dirmi nulla, mi avevano mandato dopo un messaggio, quando ormai erano arrivate a destinazione ed io erano ore che non riposavo per via dell' ansia che qualcuno avesse fatto loro del male. Quella era stata l'ultima volta. Da quel giorno ero più o meno stabile. Nessuno sapeva che quel giorno lo avessi rifatto. Ed era meglio così.
Maledette sigarette tentatrici. Portavo i loro segni tutt' ora sulle cosce.
A quel punto mi sentii sprofondare nella mia solitudine, che a volte mi era amica, ma altre la peggiore delle insidie. Un arma a doppio taglio. Il mio serpente a due teste. In genere quest' ultimo dovrebbe simboleggiare la vittoria del bene sul male, ma in molte religioni significa anche la differenza sottile tra vita e morte. Ognuno associava a quest' essere mitologico un significato diverso. Ed era questo che mi piaceva da morire. Eppure il male in me vinceva sempre sul bene. Sempre che avessi una parte da descrivere come "Buona". Per questo lo avevo tatuato sulla schiena. Scossi la testa e provai a distrarmi.
Guardai con annoiata attenzione i fiori nei vasi, ormai secchi, dato che vivevo in una casa di soli uomini nessuno si preoccupava di annaffiarli. Risi un pochino. Isa amava prendersi cura di quei dannati fiori mentre tutti le dicevano che era una perdita di tempo e che sarebbero morti ugualmente. Come la nostra amicizia. Finivo sempre a pensare alla mia solitudine, e questo era il mio peggior difetto: il mio crogiolarmi nel mio stesso vittimismo.
Mentre intanto l' alba sorgeva, io osservavo incantata i colori, fin quando un misero ed insulso dettaglio non catturò la mia attenzione: una signora che portava a spasso il cane. Ma il guinzaglio era blu. Blu elettrico come quelle corde.
Venni catapultata violentemente nel passato. In un passato che per me era il totale inferno. E forse anche quella volta avrei scelto la testa del serpente che simboleggiava il male e la morte.
Quelle corde blu che mi legavano i polsi mi stavano segando la pelle per quanto erano strette, e per via del bavero che avevo intorno alla bocca facevo fatica a respirare. O forse anche senza bavero non sarei riuscita a respirare. Nessuno aveva mai saputo riconoscere il mio sorriso immerso nelle lacrime. Nemmeno le mie migliori amiche Isa e Ali.
Mi trovavo di nuovo in mezzo a quei due letti a guardare. Non riuscivo più. Gli occhi mi bruciavano per le lacrime salate che ormai erano solo un ricordo sul bavero, ma mi era vietato chiuderli, altrimenti a mio fratello sarebbero state fatte cose ancora peggiori. Mia madre e mio padre su un letto. Mio zio ed il mio Blake sull' altro. Le lacrime continuavano a sgorgare ininterrotte sul mio viso, mentre con lo sguardo cercavo quello di Loki, che ricambiava sempre. Piccolo Blake sono con te. Pensa ad altro. Pensa di essere felice ti prego. Scegli tu come vivere la situazione, so che è difficile. Ma ti prego Blake. Tu dovevi essere il dio di cui porti il nome, ed invece quest'ultimo a deciso di scatenare tutto il suo fuoco dell' odio su di te.
Quando mio zio provò a fare qualcosa a Loki e lui si ribellò provai a gridare, ma riuscii solo a produrre un mugolio soffocato dal bavero.
Si sentii la rottura di un vetro. I cocci si sparsero per terra. Io gridai con tutte le forse in corpo ma il mio urlo sembrava chiuso nelle mie orecchie.
Lo sguardo di Loki.
Il sangue ovunque. Una sensazione calda sulla pelle, che pian piano si espandeva.
Poi tutto buio.
ARES
Ty l' orso bruno era un fottuto rompi coglioni. Il signorino si era svegliato ed aveva fame, ma aveva fame di dolce, e non fame di altro. Io sinceramente non le capivo tutte queste distinzioni sulla fame: se avevo fame ero capace di mangiarmi anche un dinosauro.
Oppure una scarpa con sopra la nutella. Il mio unico culto era: se sopra c' era la Nutella era tutto buono, indipendentemente da cosa fosse. Ed avevo sempre avuto ragione. Tranne quella volta che avevo fatto mangiare un cetriolino sott'aceto con la Nutella a Ty. Ammetto che quell' accostamento facesse alquanto vomitare. Però a mia discolpa potevo dire di averlo visto sui social. "Che cattiva influenza che hanno i social sui giovani di oggi", avrei voluto poter dire, ma ero il primo ad esserne influenzato.
Così adesso, io e l' orso bruno al mio fianco stavamo camminando l' uno al fianco dell' altro per cercare un bar aperto alle quattro e mezza del mattino.
«Che dici, prendiamo la colazione anche per Smeraldo?» Chiese lui. Ed io lo guardai stortissimo come a dire: non era forse scontato?
Smeraldo era una delle persone che amavamo più di tutti al mondo. Se qualcuno l' avesse toccata l' avrebbe pagata cara. Anche Devil Void. Nonostante iniziasse a starmi simpatica, Smeraldo sarebbe stata delusa da noi se avessimo scelto di non vendicarci. E noi non potevamo deluderla.
«Sai Ty a che pensavo?» Chiesi io e sta volta fu lui a guardarmi storto ed io ridacchiai. Io e Ty ci trattavamo sempre male, eppure anche noi ci amavamo tanto quando amavamo la mostra moretta con gli occhi da serpente.
«Comunque, penso proprio che dovrei comprarmi un paio di occhiali da vista arancione fluo.» Dissi io. Si è capito che l' arancione evidenziatore –come mi prendevano sempre in giro i miei amici- era il mio colore preferito? In tal caso, si lo era.
«Res ma tu non hai bisogno degli occhiali da vista.» Ribatté lui.
«Dicono che con l' età cali la vista.» Dissi io e lui aggrottò le sopracciglia divertito. Si, Ty era quel ragazzo che andava ad interpretazione: quando ti parlava serviva Google traduttore perché sembrava parlasse una lingua tutta sua, e quando non parlava lo faceva la sua faccia, ma un sorriso credo di non averglielo mai visto in volto. Bisognava interpretare anche il suo modo di aggrottare le sopracciglia.
Ma di chi ci eravamo innamorati, Smeraldo?
«Res, piuttosto che vedere un vecchio di ottant' anni con gli occhiali da vista arancione evidenziatore mi faccio cavare gli occhi.» Rispose lui, ed io roteai gli occhi al cielo. Il solito orso bruno.
«Ammettilo che mi starebbero benissimo.» Dissi io dandogli una spallata. E lui mi guardò storto. Ma interpretai fosse un' occhiata-storta-felice.
«Faresti prima a tatuarti "Sono cecato" in fronte.» Disse lui, ed io scoppiai a ridere proprio mentre varcavamo la soglia dell' ultimo bar aperto alle quattro e trenta del mattino. Il mio unico e persistente difetto? Al posto della risata dicevano che io avessi gli ultrasuoni, e certe volte grugnivo. Io però lo consideravo un pregio. Amavo veder ridere le persone per come ridevo, anche se spesso mi guardavano tutti male, come in quel caso. Menomale che non sapevano che lavoro facessimo.
La cosa che più mi piaceva del nostro trio era che eravamo entrati nei Bloodiest tutti alla stessa età e per lo stesso motivo, ma le nostre vite, le nostre scelte, ed i nostri modi di affrontare la situazione, erano tutti molto diversi.
Io non avevo avuto tanti traumi da bambino, avevo solo due genitori entrambi appartenenti a due gang diverse, ovviamente erano divorziati. Per questo sembrava che mi si passassero come un pallone da calcio.
Oggi i bambini sono da te...
No oggi no, non possono venire da me, te li riporto.
Ma oggi io sono a lavoro! Riprenditeli.
Beh? Anche io! Portali in gang con te!
Eppure avevo scelto di mantenere il mio sorriso, perché lo amavo sulle altre persone.
E quando diventa un' abitudine fingere un sorriso inizi a crederci anche tu, di essere veramente felice.
«Res, falla finita di ridere come un alieno.» Continuò Tyler. Ma ormai mi era preso "l' attacco di ridarella". Non sarei mai più riuscito a fermarlo per tutto il giorno. Era tutta una farsa la mia? Lo era tutta la mia vita?
Dopo aver fatto colazione, ed aver guadagnato un centinaio di calci da Ty perché rischiavo di scoppiare a ridere, sputando tutto ciò che avevo in bocca in faccia al barista, riuscimmo finalmente ad uscire da quel posto con un paio di cornetti per il nostro Smeraldo, ed un caffè doppio sempre per lei.
Per strada io continuai a ridere ininterrottamente, tanto che rischiai di far cadere tutto per terra e per questo Tyler mi sequestrò tutto dalle mani come un genitore fa con il figlio.
Vi amo. Era l' unica cosa che pensavo mentre lo guardavo.
TYLER
Res era veramente una grandissima rottura di cazzo. Ma lo amavo così com' era. Se qualcuno gli avesse tolto il sorriso dalle labbra un' altra volta, come quando Eli era in ospedale, avrei dato fuoco al mondo.
Sinceramente non volevo sapere cosa ci fosse in quel succo all' Ace che aveva bevuto al bar, di sicuro ci avevano aggiunto qualche super alcolico avanzato dalla sera prima, altrimenti non si spiegava come avesse fatto a non fermarsi dal ridere per tutto il tragitto bar-casa.
Rimuginavo ancora su quel pensiero che aveva fatto prima sugli occhiali da vista arancione evidenziatore. Sarebbe stato ridicolo, è vero, ma avrei dato l' anima per vederli invecchiare. Con me. Li amavo più di tutta la mia anima. Ed anche se l' amore i miei genitori non me l' avevano mai insegnato, sapevo che io li amavo. Perché ero sicuro che loro mi amassero.
Io, Res, e Smeraldo avevamo vissuto tanti momenti no, tutti per via del fatto che Eli non se la sentiva di mentire a suo fratello. Ma ogni volta che diceva che questa specie di relazione non andava bene, più ci ricascava, e più noi eravamo contenti di riconquistarla all' infinito. Era come avere un milione di prime volte con la stessa persona. Sarei potuto stare ore intere a raccontare tutte le mie prime volte con loro e non mi sarei mai stancato. Inoltre sia Res che Smeraldo erano un' ottima compagnia. Amavo quando ridevano, perché almeno loro riuscivano a farlo, e se avevo sacrificato le mie risate per le loro, ero la persona più felice del mondo. Vederli felici e spensierati mi rendeva felice. Vederli sempre sul podio, sempre migliori di giorno in giorno mi rendeva orgoglioso. Quando li vedevo tristi mi disperavo tanto da volermi strappare tutti i miei dannatissimi capelli.
E se quello non era amore, aspettavo qualcuno che venisse a spiegarmelo, per poi dirgli che non me ne fotteva un cazzo, e che per me quello tra me, Res ed Eli era amore. Per quanto unico e raro –come d' altronde ogni forma d' amore- era proprio quel sentimento. Ed ero disposto a giocarmi la giugulare per dimostrare quanto fosse vero il nostro sentimento.
I miei genitori... beh erano particolari. Ma forse quelli più normali tra il nostro trio. Almeno credevo dato che Loki ed Eli raccontavano veramente poco.
I miei genitori si amavano follemente. Si vedeva ad un kilometro di distanza quanto si desiderassero. Eppure non desideravano allo stesso modo me e mia sorella. Ricordo mi lasciassero sempre solo a casa. Ricordo un giorno, in una rarissima occasione i miei genitori mi portarono ad una cena con loro, eppure iniziarono a baciarsi davanti a me. A strusciarsi di fronte ai miei occhi da bambino. Ricordavo che piansi, tanto, ma loro non se ne accorsero, non fin quando un singhiozzo uscì dalle mie labbra: allora scoppiarono a ridere e mi derisero dicendo che ero un debole. Quel giorno alterò le mie percezioni: amavo guardare, spiare, ma non toccare. Eli era l' unica.
Da quel giorno mi sentivo sempre sbagliato, come se non valessi nulla, ma sapevo che per Eli e Res valevo. E se non era così loro valevano per me. Mi sentivo sempre un peso. Avevo sempre avuto paura che una qualsiasi minima espressione di troppo avrebbe potuto far colare dal mio volto lacrime di cera. Eppure con loro ero me stesso, nonostante non sapessi più come sorridere, quando le loro labbra si piegavano all' insù era come se lo facessero anche le mie.
Finalmente stavamo salendo la rampa di scale per andare a casa, e tanto mi ero immerso nei miei pensieri che non mi ero accorto che Ares stava ancora ridendo. In realtà faceva quella cosa buffa che faceva sempre per smettere di ridere, ma che in realtà amplificava solo il suo riso: gonfiava le guance e tratteneva il respiro fino a diventare rosso come un pomodoro, per poi riesplodere in una risata che sembrava che il cuore gli fosse entrato nei polmoni per poi far risalire tutti e tre gli organi su per l' epiglottide. Sembrava stesse per morire soffocato in realtà.
Ma quando dopo aver aperto la porta, la sua risata s' interruppe, per cedere il posto ad un volto sconcertato, e degli occhi lucidi, che sentii il terreno sotto i miei piedi mancare.
Piansi.
Cosa avevo sbagliato Smeraldo?
DEVIL
Ero tranquilla a casa mia. Mi veniva quasi da sorridere. Non avevo idea di dove fosse finito Loki, e sinceramente non me ne importava nulla. Finalmente avevo casa mia tutta per me.
Mi trovavo sul letto, con la schiena poggiata alla testiera con indosso la maglietta del pigiama più bella che avessi mai visto: due mucche con gli occhiali da sole che mangiavano la mozzarella. Era veramente presto, all' incirca le quattro e mezza, e tra un' oretta il sole sarebbe sorto. Guardando l' alba pensavo automaticamente al mio Khepri.
Stavo continuando a leggere "L' Omicidio della terza luna". Era all' incirca la terza volta che lo leggevo. Ogni volta che leggevo il nome di Lecter pensavo a Loki: in sintesi? Un fottuto genio, psicopatico, assassino, maniaco del controllo, ma un fottuto genio. Forse Loki era un po' meno psicopatico, ma poco. Ed un po' meno genio. Tanto meno genio.
«Si guarda solo ciò che si osserva, e si osserva solo ciò che già esiste nella mente.» Questa frase riusciva sempre a farmi piangere. E proprio in quel momento la mia attenzione fu catturata dal sole che stava per sorgere, così mi alzai e mi avvicinai alla finestra ancora rotta per via della sparatoria dell' altro giorno.
Appoggiai gli avambracci al davanzale della finestra ed osservai i colori del cielo, in perfetta sintonia con la luna grazie ai colori freddi.
Mi stavo facendo coccolare dalla fresca aria mattutina, e proprio in quel momento il mio telefono iniziò a squillare, riproducendo Love is a Bitch di Two Feet. Sorrisi. Amavo quella canzone già dal titolo. Ma quando notai il numero sconosciuto che lampeggiava sul display il mio sorriso si affievolì fino a scomparire. Cosa voleva il Capo alle cinque del mattino?
«Pronto?» Chiesi incerta. Non ero sicura fosse il Capo.
«Devil?»Pronunciò con insicurezza una voce giovane e conosciuta. Ma non avrei mai saputo riconoscere con chi diamine stavo parlando.
«Con chi parlo?»
«Devil, sono Ares.» Di bene in meglio. Ora avevano anche il mio numero. Tutti e tre. Roteai gli occhi al cielo. Ma solo dopo ripensai al suo tono preoccupato.
«Che vuoi?» Chiesi senza sbilanciarmi. Anzi forse mi sbilanciai troppo sull' antipatia. Ares mi era simpatico, potevo essere più gentile. Però meglio risultare antipatica, non si sa mai. Anche lui voleva uccidermi.
«Devil devi venire subito qui a casa.» Rispose lui. Non sembrava stare bene, eppure non volevo mostrarmi preoccupata.
«Ares, no. Non ci penso nemmeno. Inoltre non ho la più pallida idea di dove abitiate.» Risposi io. Per quanto Ares mi stesse simpatico poteva essere sempre una trappola. D' un tratto sentii dei rumori confusi, come se qualcuno stesse cercando di strappare il telefono dalle mani di Ares.
«Devil devi venire subito! Loki sta per arrivare e se lui dovesse vedere questa cosa non andrebbe a finire bene. Ti mando l' indirizzo. Sbrigati, non abbiamo tempo.» Disse, quello che per esclusione, credetti fosse Tyler. E quest' ultimo mi attaccò il telefono in faccia. Io feci una smorfia. Ma chi si credevano di essere? Perché avrei dovuto aiutarli? Ma ormai la mia curiosità era troppa.
Proprio mentre mi scapicollavo per infilare i pantaloni il display del mio cellulare s' illuminò di nuovo, mostrandomi un' ulteriore numero di telefono sconosciuto, e sull' anteprima si quest' ultimo appariva un indirizzo. Peccato che io con i navigatori avessi un pessimo rapporto: o ero negata, o mi odiava talmente tanto da negarmi di raggiungere la destinazione dove volevo arrivare. Salii sulla mia Ducati e decisi che sarei andata dove mi portava l' istinto. E difatti arrivai sana e salva all' indirizzo mandatomi da uno dei due del trio dell' Ave Maria.
Iniziai a salire le scale fino a ritrovarmi davanti un citofono con scritti i loro cognomi: Anderson, Acrox e Marfor. Suonai il citofono e lo spettacolo che mi ritrovai davanti era peggio di una scena dell' orrore. Ma di sicuro non la peggiore che avessi mai visto in vita mia.
«Da quanto tempo sta cosi?» Chiesi io, indicando con un cenno del capo Eli Anderson. Era per terra, con in mano un coccio di vetro –immaginai del bicchiere di vetro che giaceva al suo fianco- , mentre dal polso opposto si notava un taglio profondo, ed altri di meno. Il sangue sgorgava ancora dal taglio più profondo.
«Non lo sappiamo –disse Tyler con voce robotica- quando siamo arrivati era già così e ti abbiamo chiamata subito, dato che sappiamo che studi medicina. Ti prego aiutala. » Disse lui, non ostentando alcuna emozione, nonostante dall' ultima parte della frase sembrava che il suo cuore lo stesse abbandonando.
«Loki non può vederla così, non può succedere di nuovo.»
Ares al suo fianco sembrava in via di collasso. Le lacrime sgorgavano ininterrotte sul suo viso, ed avevo paura non stesse neppure respirando.
Sembrava che la loro vita dipendesse da Eli Anderson. Non era che...
Scossi la testa e mi accucciai vicino al corpo della Anderson. «Finché il sangue sgorga, c' è speranza.» Aveva detto alla sua prima lezione il mio professore di anatomia. Un incoraggiamento a non perdere mai la speranza. Lo strumento –e l' arma- più importante –e pericolosa- per un medico. Avvicinai due dita al suo collo, e per quanto flebile il battito c' era ancora.
Mi guardai intorno, e sul tavolo notai egli elastici per i capelli neri. Non erano il massimo, ma sarebbero andati bene per sostituire un laccio emostatico. Li presi e li avvolsi sull' avambraccio della Anderson, sopra i tagli così che non morisse dissanguata. Strinsi finché non uscì più una goccia di sangue, allora ripresi il battito, che continuava a diminuire.
«Ma che fai!? Così rischi che perda un avambraccio!» Sbraitò Ares, in piena crisi di nervi. Io alzai degli occhi glaciali nei suoi. Le lacrime solcavano il viso solare di quel ragazzo, ed un po' le sentivo come se fossero le mie.
«Meglio che si ritrovi senza una mano, che senza vita.» Dissi infine e lui tacque con gli occhi spenti.
Presi il corpo minuto di Eli Anderson come una sposa per poi rivolgermi ai due ragazzi dietro di me.
«Dobbiamo sbrigarci, o rischiamo di arrivare troppo tardi.» Dissi categorica e loro si precipitarono a seguirmi giù dalle scale.
«Perché? Vieni anche tu?» Chiese Tyler.
«Ti ricordo che ci lavoro, con me entrerete prima.» Dissi mentre sentivo il corpo della Anderson afflosciarsi sempre di più nelle mie mani.
Resisti, cazzo, resisti, non ho sacrificato la vista di mio fratello per vederti morire tra le mie braccia.
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Nulla, questo era il capitolo di oggi, forse un po' di passaggio, ma serviva per introdurre un po' meglio anche il passato degli altri pazzi di questa storia💃🏽
Spero che il capitolo di oggi vi sia piaciuto✨ in caso contrario potete sempre farmelo sapere sui miei profili social, ma anche qui su WP🙏🏽
Grazie ancora🖤
Buon tutto🧘🏽♀️