Before your touch

By FreyaPierce_

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Rebeca è una ragazza di 25 anni con un grande segreto: il suo tocco può mettere fine ad una vita. Così vive l... More

Cast & playlist
Prologo
1 - Come sono finita qui?
2 - La leggenda della seconda vista
3 - Mi sta guardando il culo?
4 - Non guardarmi così
5 - Cordialissimi saluti, ricciolina
6 - Dirò a mia madre di incontrarci altrove
7 - Chi mi ama rischia di morire
8 - È il mio turno, stronzetti!
9 - Questo è l'inizio di una nuova vita?
10 - Un mare infinito di possibilità
11 - Una testa piena di spilli
12 - La gente a cui apparteniamo
13 - La giornata delle scuse
14 - Forse in questa storia sono io il mostro
15 - Le cose che abbiamo in comune sono 4850
16 - Le ombre del nostro passato finiranno per ammazzarci
17 - La morte continua a bussare alla mia porta
18 - Secondo me sono un'ottima bugiarda
19 - Pezzetto dopo pezzetto
20 - Il giorno in cui una stella...
21 - Le 3 p: pop corn, puzzle e panico
23 - Ti sono mancato, bambina mia?

22 - Due come noi

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By FreyaPierce_

"Tra due come noi non c'è chi vince o chi perde, c'è chi mente e chi ammette."

Sorrido come un'ebete quando, tornando dalla mensa, trovo sotto alla porta una piccola bustina argentata con sopra un adesivo a forma di R.

Un altro pezzo di puzzle, penso ed aprendola lo trovo lì, il terzo. Nessun biglietto, ma deve aver spruzzato un po' del suo profumo nella bustina, perché appena la apro, un odore familiare mi fa chiudere leggermente gli occhi ed inspirare piano.

Accendo il pc e mentre do un'occhiata alle email, me ne salta all'occhio una: "All'attenzione della Sig.na Rebeca James"

Per poco non cado dalla sedia quando leggendo, mi accorgo che mi hanno richiesta per un colloquio. Da quando non hanno scelto la mia intervista da pubblicare sul giornale di San Francisco, ho deciso che almeno due volte a settimana mi sarei dedicata alla ricerca di un lavoro che non comprendesse il servire i clienti in un bar e, per quanto ami Carla, la proprietaria del locale dove lavoro, devo muovere il culo e fare ciò per cui ho tanto studiato.

Mi sono iscritta a tutti i siti possibili caricando il mio curriculum ed ecco finalmente che ho ottenuto la prima risposta, il che mi sembra troppo bello per essere vero eppure leggo per la decima volta il contenuto dell'email: l'appuntamento è fissato per domani mattina.

Il suono del cellulare mi fa tornare con i piedi per terra

A.H.

Dimmi che Aaron non
ha dimenticato
di darti ciò che doveva darti

Il pezzo numero tre
è al sicuro

A.H.

Prima o poi dovrò trovare
altri modi per farti
recapitare i pezzi

Ad esempio?

A.H.

Mmmh...così ti rovino
la sorpresa, ricciolina

Ci penso un po' e poi gli scrivo:

Ti va di accompagnarmi
a fare "shopping"?

A.H.

Vengo a prenderti
tra un'ora

Sì lo so cosa state pensando, io che faccio shopping... in realtà non so cosa mettere per il colloquio di domani quindi ho bisogno di comprare qualcosa, anche se non posso permettermi chissà quali vestiti.

Il cuore mi balza in gola al solo pensiero di vederlo e già so che sprofonderò in una voragine di imbarazzo sapendolo lì a guardarmi mentre giro per i negozi indecisa. Odio comprare vestiti nuovi, provarli, abbinarli ed ecco perché vesto spesso o di nero o d'azzurro, così riesco facilmente a creare un outfit decente senza sembrare una barbona.

Immagino che Axel non faccia shopping nei miei stessi luoghi visto che non potrei permettermi nemmeno un laccio della sua scarpa, ma pazienza, questo è il mondo a cui appartengo.

A.H.
Sono qui fuori,
al solito posto



Il messaggio mi fa sobbalzare mentre mi sto sistemando i ricci.

Sbuffo appena per la troppa precisione di Axel che arriva in perfetto orario e mi chiudo la porta della camera alle spalle, dirigendomi ai cancelli di Stanford.

Le gambe mi tremano appena, come ogni volta che lo vedo. E lui è lì appoggiato all'auto con le mani nelle tasche di un jeans scuro che gli fascia le gambe snelle e lunghe, una camicia celeste chiaro che gli scende morbida ed un sorriso che mi fa tremare le viscere.

Appena mi vede arrivare si tocca piano i capelli, così finisco per prenderlo in giro «Non c'è bisogno di sistemarsi il ciuffo per me, sai?» rido ed aprendomi la portiera, mi sorride malizioso «Rebeca James che fa una battuta! Forse oggi verrà un'invasione di locuste» e gli rifilo una linguaccia.

L'aria tra noi stavolta è distesa, sarà che sono di buon umore.
«Devi girare lì a sinistra per il South of market, non so se lo conosci» gli indico col dito la traversa. Il south of Market è una zona con tanti piccoli negozi accessibili per una come me che ha due dollari in croce nel portafoglio.

«Andremo al Financial District, fidati di me» procede per un'altra strada «Axel io non posso permettermi quella zona» dico imbarazzata «Io sì. Voglio che per una volta ti rilassi, va bene? Lascia che ti faccia un regalo» e quando sto per ribattere, accende lo stereo inserendo una playlist che conosco fin troppo bene: quella che ho messo io in auto la prima volta che siamo usciti.

«Ah ma allora qui abbiamo un vecchiaccio come me» alzo il sopracciglio «Come osi! Sono giovane, bello e so che mi pentirò di aver messo una playlist che canterai fino allo stremo»

La sua risata fragorosa rimbomba nell'auto e mi rilasso sul sedile, cominciando a canticchiare come mio solito.

Superando una serie di semafori, arriviamo in uno dei quartieri chic di San Francisco.

Niente a che vedere con quello in cui sono cresciuta io.

Ci sono numerosi incroci con stradine strette che si immettono nel viale principale, lastricato con una pavimentazione perfetta e pieno di vegetazione su ambo i lati della strada. Nonostante siano le quattro del pomeriggio, le strade sono affollate di uomini in giacca e cravatta e donne con tailleur bellissimi, molti si muovono velocemente mentre parlano al telefono o consultano i tablet.

Nessuno ha il tempo di guardarsi negli occhi o di fermarsi un attimo a pensare.

Se c'è una cosa che ho capito di San Francisco è che non aspetta nessuno, il treno passa una sola volta e tu devi coglierlo ad ogni costo, anche se rischi di finirci sotto spiaccicato.

Nessuna indecisione.

Axel ferma l'auto in un parcheggio privato e cominciamo a camminare tra i vari negozi che si susseguono, alternandosi tra Hotel di lusso e Bar sofisticati.

Sono passata poche volte di sfuggita in questa zona ed ogni volta mi è venuto il magone pensando a quanto costasse anche solo una delle borse che sono in queste vetrine.

Mia madre ci pagherebbe un anno di affitto.

Credo che Axel abbia visto la mia faccia perplessa mentre scruto senza entrare in nessun negozio, così quando arriviamo davanti alla boutique "Wilkes Bashford" mi afferra la mano e mi trascina verso l'entrata.

«Axel!» alzo appena la voce mentre ormai siamo già dentro al negozio.

L'interno è spazioso e arredato con estrema cura: i pavimenti sono in legno scuro, le luci soffuse illuminano ogni capo in modo da farlo brillare leggermente e le pareti hanno una carta da parati chiara, con decorazioni in rilievo.

Gli abiti sono disposti in ordine cromatico, ognuno distante dall'altro come se avessero dei posti speciali, nell'aria si respira un delicato profumo di lavanda.

Mi guardo nei grandi specchi che sono ovunque, come se fosse un'elegantissima sala da ballo e non posso far altro che pensare "Cosa ci faccio qui..."

Me lo ripeto al limite della vergogna, mentre Axel continua a tenermi la mano e mi trascina dalle commesse.

Queste sono impeccabilmente vestite di nero e sembrano uscire da una rivista d'alta moda: una ha i capelli biondi tirati in una coda strettissima, gli occhi chiari ed è alta e snella, l'altra è mora, occhi da cerbiatta ed anche se più bassa della collega, mostra fiera il suo bel fisico longilineo.

Ci accolgono con un sorriso e la bionda guarda insistentemente Axel, forse domandandosi cosa ci faccia qui con me.

È lui a parlare, mentre io abbasso il capo guardando le punte delle mie scarpe consumate «Ciao ragazze» dice mostrando il suo sorriso migliore «Rebeca ha bisogno di fare shopping matto e scommetto che voi potete aiutarci!» lo fulmino con lo sguardo, mentre loro si mettono subito all'opera chiedendomi di seguirle ed in pochi minuti mi ritrovo in uno dei loro camerini, con tantissimi vestiti appesi accanto, pronti per essere provati.

«Credo che questo color pesca le starà benissimo» cinguetta la biondina, mentre chiude la pesante tenda del mio camerino, lasciandomi finalmente sola ed esaurita più che mai.

Ed ora?

Avrò almeno 20 abiti da misurare, che noia!

Mi sporgo con il viso oltre la tenda e noto Axel che si è già posizionato su uno dei comodi divani in pelle messi lì proprio per far accomodare i clienti mentre provano capi. Ha una gamba accavallata sull'altra, il braccio destro poggiato sul bracciolo del divano ed un'espressione divertita.

«Me la pagherai, lo sai vero?» dico mettendo di nuovo la testa nel camerino, con fare teatrale «Oh, non vedo l'ora» scimmiotta ancora lui, mentre l'altra commessa gli porge un calice di prosecco.

C'è un po' di tutto: qualche tailleur dai colori pastello, degli abiti sia lunghi che corti fino al ginocchio e varie camicie da abbinare a dei pantaloni a palazzo. Questa boutique ha dei vestiti bellissimi che fanno innamorare persino una come me che compra tra le bancarelle e nei periodi di super saldi, perciò butto fuori un rivolo di aria e comincio a spogliarmi.

Il primo vestito è rosa chiaro, a maniche lunghe e con uno scollo abarca. Si stringe leggermente in vita per mettere in risalto le mie forme, fino ad allargarsi sui fianchi in una morbida gonna a campana che mi arriva alle ginocchia.

«Vieni fuori di lì, andiamo» alza la voce Axel e sbuffando faccio capolino oltre la lunga tenda rossa, senza scarpe.

«Non credo che questo andrà bene per un colloquio» mi sistemo appena la gonna «Non avevo capito che avessi bisogno di qualcosa in particolare» gira tra le dita il bicchiere di prosecco, ormai a metà «Beh... sì, domani. Ho un appuntamento con un'agenzia letteraria che si occupa della ricerca di nuovi autori» inclino appena la testa e lui annuisce «Allora continuiamo a cercare l'outfit perfetto»

La mezz'ora successiva la passiamo ridendo e scherzando soprattutto per il modo in cui mi vanno alcuni pantaloni, decisamente troppo lunghi e l'atmosfera è così piacevole che ho l'impressione di non ricordare già più i momenti di imbarazzo che ci sono stati tra noi, prima di quel bacio. Mi lecco il labbro superiore ripensando alla sua lingua intrecciata alla mia e a quanto vorrei farlo ancora ed ancora...

Ma invece esco di nuovo dal camerino che ormai è un cumulo di vestiti e scarpe, immaginando che le due commesse mi malediranno fino al 2050.

«Che ne pensi? Mi sembra buono per un colloquio» dico indossando una camicetta bianca con il colletto ricco di perline e dei pantaloni neri, alti in vita, che ricadono morbidi a palazzo, allungando la mia figura. Un look molto da me, con il solito indumento nero.

«Sei bellissima con qualsiasi cosa tu abbia addosso. Sei la più bella del mondo» sussurra poggiando il bicchiere vuoto sul tavolino di vetro di fronte a lui ed avvicinandosi pericolosamente. Resto immobile mentre il cuore si ferma per la troppa vicinanza. Il suo alito sa leggermente di prosecco e le sue mani toccano piano i miei fianchi, fino ad allentare i bottoni dei pantaloni.

«Ti sta bene tutto, ma credo che staresti meglio senza nulla addosso» strofina il naso nell'incavo del mio collo, accarezzandomi. Tutto ciò che riesco a fare è tirarlo più vicino, incollando le mie labbra alle sue. Il suo profumo, che tanto mi fa girare la testa, mi invade completamente, mentre le nostre lingue si trovano subito in una danza perfetta.

Mi morde il labbro inferiore spingendomi con forza dentro al camerino e prima che possa finire contro lo specchio, stringe il braccio attorno alla mia schiena.

«Sai che quelle due ci denunciano, vero?» ansimo tra un bacio e l'altro, mentre cerco di riprendere fiato «Sarebbero solo invidiose di quanto tu sia bella» le sue mani ora frugano sotto la camicetta, giocando con il bordo del reggiseno e mi scappa un gemito strozzato.

Quando ci stacchiamo, abbiamo entrambi le labbra gonfie per i baci ed il fiato corto, mentre i nostri occhi non smettono di guardarsi come se fossimo gli unici al mondo.

«Tranquilla ricciolina, non sarà così la nostra prima volta» tossisco «Questi direi che li prendo allora» indicando i vestiti che ho ancora addosso «Perfetti direi» ride uscendo di soppiatto dal camerino.

Mi incupisco leggermente quando siamo davanti alla cassa, pronti a pagare «Stai serena, Rebeca» sorride lui mentre estrae una delle tante carte di credito ed inserisce il pin. So che per lui non faranno la differenza un paio di pantaloni ed una camicia, ma ho sempre odiato che gli altri pagassero per me, anche se si tratta di una caramella. Mi da la sensazione di non poter ricambiare, di essere alla mercé di chi invece può permettersi tutto.

Resto in silenzio dopo aver salutato le commesse, che in fin dei conti sono state piuttosto gentili con me che di moda non ne capisco un fico secco e ci avviamo verso il parcheggio.

«So cosa stai pensando» Axel incastra le sue dita con le mie, senza guardarmi «la conosco la sensazione di sentirsi in debito con gli altri» annuisco continuando a non spiaccicare nemmeno una parola.

«Non voglio che ti senti a disagio, Rebeca e ti prometto che non capiterà spesso che ti faccia regali costosi. Ti comprerei il mondo se solo tu me lo permettessi, ma so che non ne saresti così felice» gli stringo leggermente la mano, ancora incastrata nella mia «Che ci fai tu con una come me? Puoi avere tutte quelle che vuoi» è la cruda e brutale verità.

Me lo sono chiesta dal primo momento che ha insistito per uscire con me, ogni volta che l'ho trovato fuori al bar dove lavoro o alla caffetteria dell'Università. Sempre.

«Questa cosa tra me e te...» sospira e si ferma per guardarmi negli occhi «è una delle cose più vere che abbia vissuto negli ultimi anni. La mia vita è stata per tanto tempo solo un'illusione: locali, ragazze, cose di lusso, non me ne importa nulla di tutto questo se non riesco a condividerlo con qualcuno, quindi ti prego, lascia che ogni tanto usi il mio denaro per farti felice» lo guardo in silenzio, mentre i miei occhi esprimono una gratitudine per questo momento intimo tra noi, che a parole non riuscirei a spiegare.

Più passo del tempo con questo ragazzo dagli occhi verdi come le praterie incontaminate, più mi è chiaro che oltre alla sua bellezza, ai soldi e l'intelligenza, Axel è un immenso groviglio di insicurezze e fragilità.

«Allora suppongo di doverti dire grazie» appoggio la testa sul suo petto duro, intrecciando ancora di più le nostre dita.

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