GHOSTS EMPIRE - L'IMPERO DEI...

By StephenDark

258 21 1

Le giornate scorrono tranquille a Southvillage, una piccola cittadina inglese costruita su misura per l'uomo... More

Parte 1 - Capitolo 1
Parte 2 - Capitolo 1
Parte 3
Parte 4
Parte 5
Parte 6
Parte 7
Parte 8
Parte 9
Parte 10 - Capitolo 9
Parte 12 - Capitolo 11

Parte 11 - Capitolo 10

28 1 0
By StephenDark

10

«Ho predisposto che tre dei miei uomini migliori si preparino per operazioni di ricognizione in quella caserma,» afferma Leopold «partiranno appena pronti!»

«Ben fatto!» risponde Will che poi aggiunge «Leopold, ho urgenza di chiedervi un favore...»

«Parlate, vi ascolto...» replica Leopold.

«Voglio recarmi a Southvillage e ho necessità di alcuni uomini al seguito...» espone Will.

«Southvillage?!» chiede perplesso Leopold «Vuoi veramente recarti in quel posto infernale?»

«Sono convinto che sia la cosa migliore...» confida Will.

«Non acconsentirò in nessun modo che tu vada lì, tanto meno metterò a rischio la vita dei miei uomini inutilmente!» ribadisce un contrariato Leopold.

«Leopold, tu non capisci...» ribatte Will «forse la mia Pam è viva, forse lo è anche mio figlio. Io devo andare a Southvillage...»

«Gradisci un buon sigaro cubano?» chiede Leopold cambiando discorso «Sai, me li regalò il Principe d'Inghilterra in persona. Eravamo ospiti alla festa di compleanno del rampollo di casa Winchester e il padre del ragazzo ne fece dono al Principe per ringraziarlo della sua partecipazione. Hanno un buon sapore, prendine uno...»

«...» Will non risponde.

«Non potrei mai autorizzare una folle azione militare che mi ripagherebbe solamente con il perdere i miei uomini ed il mio migliore amico. Non siamo ancora pronti... cerca di capirmi Will, attendi almeno che finisca l'inverno...» chiede Leopold.

«Verrò io con te!» dice intervenendo Ellen che origliava da dietro una colonna.

«Ellen!» esclama Will.

«Siete entrambi dei pazzi. Sei veramente convinta di voler seguire Will a Southvillage?» chiede Leopold infuriandosi vistosamente.

«Sarei pronta anche a morire per lui!» afferma Ellen.

«Fate pure allora, sicuramente non sono io che posso impedirvelo.»

«Io...» mormora Will.

«Non chiedetemi uomini, perché non ve ne darò,» dichiara Leopold «cercate, invece, di ragionare entrambi, vi supplico...»

«Will, io sono con te» dice Ellen «ma Leopold ha perfettamente ragione. Sarebbe più opportuno attendere la fine dell'inverno...»

«E se per quel tempo Pam fosse uccisa?» chiede Will.

Ellen, che nel frattempo si fa triste in volto, non risponde.

«Nessuno ti può dare la certezza che già non lo sia,» dice Leopold «vuoi sacrificare la vita di un'altra donna ad Etrom?»

«No, è per questo che andrò da solo!» ribadisce Will «Starò attento a non farmi scoprire. Cercherò di trovare Pam e analizzare un piano per portarla in salvo.»

«Will...» dice Ellen.

«Ho già deciso!» dice Will «Ti voglio bene, più di quel che pensi. Presto tornerò da te, ma questa è una cosa che devo fare. Cerca di comprendere le mie ragioni, Ellen...»

Alcune lacrime cominciano a scendere sul volto di lei. In cuor suo già sapeva che qualora lo avesse rivisto, non sarebbe stato più il suo Will.

«Accompagnami un momento...» chiede Leopold all'indirizzo di Will.

«Volentieri!» gli risponde lui.

Will abbraccia intensamente Ellen e la bacia dolcemente sulle sue labbra carnose.

«Resta qui e sorveglia i ragazzi. Molto presto saremo di nuovo insieme» afferma lui.

«...» Ellen non pronuncia alcuna parola.

«Tu sei l'unico motivo che mi ha persuaso nel lottare ancora!» dice Will mentre accarezza il viso di lei asciugandone le lacrime.

«Ti amo...» dichiara Ellen.

Ancora un sensuale bacio e poi lui si allontana.

Leopold e Will si recano nei locali interrati del castello e precisamente all'interno di una delle tante segrete poco illuminate. Il conte mostra al suo ospite cosa aveva gelosamente custodito al riparo dai non vivi.

«Sono armi ed armature che raccontano un po' la storia della mia famiglia. Anche se vecchie, sono ancora tutte in perfetto stato di conservazione ed efficienza,» dice Leopold «mi piacerebbe che tu prendessi qualcosa con te.»

«Ti ringrazio Leopold. Non dovevi disturbarti così tanto... Capisci perché lo faccio, vero?» chiede Will.

«Seppur lo capisco, non posso nasconderti che non lo condivido...» ribatte Leopold «spero che anche tu comprenda le mie decisioni di prima.»

«Siamo entrambi uomini leali, non c'è bisogno di aggiungere altre parole su questo argomento...» chiarisce Will mentre gira per la stanza ammirando quanto vi era contenuto.

Leopold acconsente alle parole di Will.

Dopo circa mezz'ora, Will, facilitato da Leopold, indossa alcuni degli indumenti trovati. Una veste grigia sovrastata da un mantello con cappuccio di colore bianco, una cintura in cuoio, delle calzature artigianali e una bellissima spada templare custodita in un fodero.

Sembra veramente un cavaliere di altri tempi...

«Ti dona, però!» afferma Leopold.

«Avrei preferito un po' di lanciarazzi e qualche mitragliatrice... ma come si dice... questo passa il castello!» dice ringraziando Will.

«Vorrei farti un ultimo dono!» dice Leopold mentre, senza fretta, lasciano i cupi sotterranei «Prendi il mio cavallo migliore...»

«Stavo per chiederlo io...» dice Will.

Giunti alle scuderie della fortezza, Leopold accompagna il puledro che gli aveva destinato.

«Riportamelo a casa. Non vorrei privarmi del mio cavallo più bello. Il suo nome è Argon» dice Leopold mentre porge le redini al suo amico.

Will resta meravigliato mentre sale sul destriero. Argon è un purosangue bianco e incantevole. La sua criniera nera ne risalta i lineamenti muscolosi.

«Ti ringrazio amico mio» dice Will mentre, braccio contro braccio con le loro mani unite in un solo pugno, saluta Leopold.

«Sarò qui ad aspettarti... sempre!» conclude il conte.

Will con due colpi delle ginocchia mette in movimento Argon che lestamente esce dal portone sul retro del castello.

«Stai attento amico mio, che il Signore ti accompagni» dice sommessamente Leopold.

Il tempo scorre inesorabilmente. I giorni lasciano spazio ai nuovi giorni. A poche miglia da Southvillage, Will, improvvisamente, scorge dei rumori da dietro dei folti cespugli nella foresta. Estraendo la sua spada tirata a lucido, arresta lentamente l'avanzamento di Argon.

«Will, siamo noi...» dice una voce, preoccupata, da dietro quei cespugli.

«Ellen?» chiede Will.

«Sì, sono Ellen insieme a Francesca e Tom» risponde lei.

«Pensavi veramente che noi ti avremmo lasciato da solo?» chiede il ragazzo.

«Ottusi, siete dei poveri ottusi. Fate ancora in tempo a voltarvi e tornare al castello di Birmingham. Non ho assolutamente bisogno di voi...» sbraita tiepidamente Will.

«Non abbiamo nessuna intenzione di tornare al castello. Quindi spiegaci cosa vuoi fare e facciamolo insieme, adesso...» dice Ellen.

Will resta sorpreso dalle loro parole. Ellen, avvicinandosi a lui, lo abbraccia stretto al suo corpo. Anche Francesca si unisce a loro mentre Tom resta, poco distante, a guardarli.

Intanto, nel castello di Southvillage...

«Generale potentissimo» dice un non vivo lasciandosi cadere strisciante ai piedi di Etrom e Pam, comodamente seduti su imponenti sedie ottagonali all'interno della sala del trono «ho da riferirle un messaggio importante, per questo mi sono permesso di disturbarla.»

«Dimmi, svelto...» ordina Etrom mentre con i piedi lo scalcia lontano da lui.

«Degli informatori, di sentinella nella foresta, hanno avvistato dei movimenti sospetti. Riferiscono che alcuni viventi si stanno recando qui a Southvillage. Sono stati bravi i nostri soldati a non farsi notare...»

«Viventi? Che vengono qui a Southvillage?» chiede Etrom.

«Sì... un uomo, una donna e due ragazzi!» espone il non vivo.

«E perché non li avete catturati, soppressi, mangiati?» replica il generale.

«Perché tra costoro c'è Will di Southvillage» riferisce il non vivo.

«Will?» chiede sobbalzando dal trono Pam.

«Sì, proprio lui, mia signora» conferma l'essere.

«E la donna... dimmi... è stato udito il suo nome?» chiede Pam.

«Certo, mia signora. Si chiama... Ellen, se non ricordo male» evidenzia lui.

«Ellen!» esclama Pam in piedi.

«Il dono per la tua incoronazione di domani sta giungendo a te, mia futura imperatrice! Ah ah ah!» ride Etrom che, successivamente, ordina «Che nessuno tocchi quei viventi, fateli giungere da soli al nostro cospetto.»

«Ah ah ah...» continua Etrom.

I cavalli di Will, Ellen e dei due ragazzi corrono verso la loro destinazione. Quattro corporature che scorrono tra gli alberi, non curanti del pericolo ma pronti ad ogni eventualità.

Anche Ellen, Francesca e Tom sono equipaggiati di vecchie armi e spade. Il buon Leopold aveva pensato anche a loro.

«Vieni, corri, Will di Southvillage sarai un gradito ospite alla festa di incoronazione» dice Etrom sicuro di sé affacciato al balcone della stanza del trono.

II

Nel cielo, un piccolo aereo sorvola, incredibilmente, il canale della Manica. Dopo aver mantenuto la rotta di volo sopra il mare aperto e le montagne francesi, raggiunge finalmente le coste britanniche senza aver incrociato, durante il percorso, minacce consistenti.

«Non pensavo proprio che arrivassimo fin qui» dice Fra Benedetto.

«Le vie del Signore sono infinite» risponde Fra Settimio.

«Anche le vie del mio aereo sono inesauribili, non a caso i suoi pezzi sono, per lo più, fabbricati in Russia...» sostiene Giovanni alla guida dell'aeromobile «comunque, tra poco, in un modo o nell'altro saremo costretti ad atterrare. Il carburante sta per esaurirsi.»

«Mi auguro che non dovremmo atterrare in mezzo all'oceano» dice Fra Settimio.

«Io non so neanche nuotare» dice con voce preoccupata Carolina.

«Ma non avevi fatto il pieno di carburante, caro?» chiede Matilde.

«Pensavo di sì,» replica Giovanni «devo essermi sbagliato!»

«Poi sono io quella rincoglionita...» conclude la moglie.

«Fra Settimio» interrompe Matteo «cosa è quella grossa nuvola nera sulla nostra destra?»

«Starà arrivando un temporale, del resto siamo in Inghilterra e qui piove sempre...» risponde Fra Benedetto.

«A me quello non sembra un temporale!» esclama Fra Settimio.

«Sembrano...» dice Giovanni, sgranando gli occhi per vedere meglio «uccelli! Sembrano dei stupidissimi corvi tutti ammucchiati.»

«Non saprei se sono stupidissimi ma di sicuro sono tutti neri...» afferma Fra Benedetto «chissà perché ma ho come la sensazione che ci stiano puntando.»

«Ma cosa dice, frate...» ribatte Giovanni «non è una scena dell'Apocalisse! Non è possibile che un'immensa nuvola di uccelli, volontariamente, attacchi il nostro aereo... vedrà che al rumore dei motori fileranno via da dove sono venuti!»

«Non sarà una scena dell'Apocalisse, ma a me sembra proprio che quei pennuti si dirigono a tutta velocità contro di noi,» sostiene Fra Settimio «si può aprire questo portello?»

«Aprire il portello dell'aereo?» chiede Giovanni «E per fare cosa?»

«Voglio sparare qualche colpo di fucile contro quei cosi volanti...» dice Fra Settimio.

«Cosa?» Giovanni rimane perplesso «Secondo me dentro il vostro monastero vedevate troppi film americani, sempre se siete realmente dei frati! Vedrete, comunque, che a breve cambieranno direzione...»

Pochi istanti dopo...

«Non cambiano rotta...» esclama Fra Benedetto «tra poco ci saranno tutti addosso!»

«Precipiteremo! Precipiteremo!» comincia a gridare Matilde.

«Io non so nuotare» ripete Carolina visibilmente preoccupata.

«Apriamo questo diavolo di portellone... accidenti, non siamo così alti di quota. Possiamo tranquillamente farlo senza correre rischi!» dice Fra Settimio mentre si arrabatta con la maniglia del portellone.

«Nel nome del Padre...» dice Fra Benedetto mentre comincia a pregare.

«Che ne dici di darmi una mano?» chiede Fra Settimio nei riguardi di Fra Benedetto «Hai preso la nostra borsa dal furgoncino.»

«Certo, come avrei potuto lasciarla» risponde lui mentre prende la sacca nera ben nascosta dietro un sedile.

«Cosa volete fare?» chiede Giovanni «Lanciargli contro i santini?»

Il portellone si apre. Da un lato dell'aereo spuntano due canne di fucile. I frati cominciano a far fuoco a ripetizione.

«Che figata!» esclama Matteo più per la paura.

«Prova a prenderne qualcuno, diavolo di un prete...» dice Fra Settimio mentre continua a sparare.

Improvvisamente un grossa esplosione neutralizza, quasi, la metà dello stormo di corvi.

«Che modello di pallottole hai messo nel fucile?» chiede Fra Settimio.

«...» Fra Benedetto resta ammutolito e compiaciuto allo stesso tempo.

Il piccolo aereo viene sorvolato da una ventina di caccia americani decollati dalla Roosevelt che, contemporaneamente, transitava insieme alle altre navi sotto di loro.

«Non era il suo fucile, sono stati quei caccia a far fuoco» dice Giovanni.

«Sì, proprio una figata!» sostiene ancora Matteo visibilmente rassicurato.

«Caccia americani? Sei sicuro di aver seguito la rotta giusta, Giovanni?» chiede Fra Benedetto.

La battaglia nei cieli si fa intensa. Alla fine gli aerei alleati hanno la meglio sui tetri volatili.

Sulla Roosevelt, un clima di festeggiamenti...

«Ottimo ragazzi! Siete stati grandi,» dice congratulandosi il colonnello Stark «ora controllate chi occupa quel piccolo aereo e se sono viventi fate in modo che atterrino sulla nostra nave, prima che si vadano a cacciare in guai più seri.»

L'aereo, pilotato da Giovanni, viene fatto scendere sulla Roosevelt e, poco dopo, tutti i suoi occupanti vengono scortati alla presenza del colonnello Stark.

«Ho capito bene? Eravate diretti in Scozia?» chiede Stark visibilmente perplesso.

«Sì... è come le abbiamo raccontato!» replica Fra Settimio.

«Allora è stata la fortuna a guidarvi da noi, ancora poche miglia e sareste finiti in bocca al leone,» dice il colonnello Stark con il suo tono irreprensibile «stento a credere che siate arrivati fino qua sani e salvi...»

«No, non credo che saremmo finiti nella bocca del leone» dice intervenendo Fra Benedetto.

«E perché?» chiede Stark.

«Secondo me saremmo precipitati prima...» sostiene il frate.

«Bene, potete congedarvi. Andate a riposare che ne avete bisogno...» ordina il colonnello che nel mentre sussurra nell'orecchio di un soldato «levameli dai piedi...»

«Scusi signore,» chiede Carolina «lei è sempre così arrabbiato?»

Alcuni soldati sorridono senza farsi vedere. Fra Benedetto proprio non si trattiene.

«A che punto siamo con le trattative con il comandante Varja?» chiede il presidente entrato nella cabina di comando.

«Sull'attenti!» grida un militare «Il presidente è in plancia!»

«Comodi, comodi!» replica Palmer.

«Il presidente degli Stati Uniti?» mormora Fra Settimio.

«Ciao, signorina» dice Palmer all'indirizzo di Carolina «sei venuta a vedere come pilotiamo la nave?»

«Beh, veramente mi stavano mandando a letto!» replica lei.

«Ah sì! Forse hai bisogno di riposare un po', non credi?» le dice Palmer «Lo sai che nella mensa ci sono delle grosse ciambelle zuccherate? Ti piacciono le ciambelle, non è vero?»

«Moltissimo...» risponde Carolina «ma ne posso dare una anche a mio fratello Matteo?»

«Chi è Matteo, lui?» dice il presidente indicandolo.

«Sì, anche a lui piacciono le ciambelle!» esclama Carolina.

«Ok!» dice Palmer «Soldato, per favore, accompagni questi nostri nuovi ospiti fino alla mensa e si assicuri che le ciambelle siano ben calde.»

«Ricevuto, signor presidente!» esclama il graduato.

«Allora, colonnello» replica il presidente «prima le avevo chiesto a che punto eravamo con le trattative per il rilascio del maggiore Asch.»

«Siamo messi male, signore!» risponde Stark «Il comandante della Stalin non vuole sentire ragioni a riguardo. Il processo, di fronte alla corte marziale, è iniziato già da un po' di giorni su quella nave e...»

«Mi metta nuovamente in contatto con il comandante... per favore» ordina Palmer.

Pochi minuti dopo...

«Presidente Palmer...» dice porgendo i saluti il comandante Varja.

«Comandante Varja...» dice rispondendo al saluto Palmer «devo prendere atto, mio malgrado, che la richiesta di trasferire il maggiore Asch sulla Roosevelt non è stata minimamente analizzata.»

«Presidente...» replica Varja «mi deve perdonare a riguardo, ma le nostre leggi sono molto chiare. Non acconsentirei mai che si lasci andare un pluriomicida sabotatore dalla mia nave. Sulla Stalin sono in vigore le regole dettate dalla nostra grande nazione. Il vostro maggiore ha commesso dei crimini orrendi su questa imbarcazione e per questo sta per essere giudicato da un tribunale militare russo che sentenzierà a breve il verdetto.»

«È un cittadino americano e come tale deve rispondere dei suoi crimini in territorio americano» replica Palmer «secondo i trattati...»

«Mi scusi presidente,» dice interrompendo Varja «siamo in periodo di guerra e i trattati hanno perso di solidità in questo momento difficile.»

«Lo considererò come un affronto alla mia autorità, comunicherò quanto prima queste sue prese di posizione al presidente Vladimir» dice con voce marcata Palmer.

«Faccia come crede, signor presidente,» replica Varja «penso però che comunicare con il nostro presidente sia abbastanza complicato, visto che anche noi non riusciamo a farlo ormai da molto tempo.»

«In effetti ha ragione, anche noi non riusciamo in nessun modo a comunicare con Mosca. Siamo solo riusciti a captare un tenue segnale di SOS che proviene dai dintorni di Birmingham» dice confermando Stark.

«Ne riparleremo, comandante, ne riparleremo!» conclude Palmer.

«Quando vuole, signor presidente, mi trova qui!» conclude Varja.

Intanto nell'ampia sala riunioni della Stalin, allestita come un tribunale, si trova Asch sul banco degli imputati. Di fronte a lui, passeggia con passo lento un tenente in forza all'esercito russo.

«Maggiore Mitchell» dice il tenente «vuol quindi farci credere che tutto quello che è successo è solamente una macchinazione del nostro comandante Varja?»

«È proprio così signore!» risponde Asch.

«Ah, ah, ah!» sorride il tenente, rivolgendosi verso i militari che compongono la giuria e al colonnello che la presiede «Avete capito bene, signori della giuria e lei signor giudice... secondo quanto afferma l'imputato, il comandante Varja assieme al signor Joseph, un americano come il maggiore, avrebbero prima lanciato un missile sugli Stati Uniti, sabotando la Stalin, poi avrebbero ucciso con quindici pugnalate, ripeto, quindici pugnalate, il nostro glorioso comandante Khiu, che ora riposa in pace in una cella refrigerata di questa nave.»

La giuria presta molta attenzione alle parole del tenente.

«Successivamente» continua l'ufficiale «il comandante Varja, sempre da quanto sostiene il maggiore, si sarebbe accoltellato volontariamente per riprodurre una messa in scena. Signori, voi tutti, il mio intervento qui è per fare emergere la verità. Una verità che non ci è stata mai confessata considerato che sono giorni che sentiamo queste fandonie. Neanche il suo avvocato, che prima di me avete sentito, riusciva a formulare ulteriori vocaboli, ulteriori ipotesi, a discolpa del suo assistito. Forse neanche il suo legale crede alle menzogne vergognose del maggiore Mitchell. Penso, e con questo concludo la mia arringa, che quell'uomo si sia macchiato dei crimini più beceri, ha prima massacrato il suo popolo e poi, non soddisfatto, impossessandosi di questa portaerei, forse aveva intenzione ditrucidare anche il nostro paese. Sempre che qualche suo alleato non lo abbia già fatto!»

Nella sala il silenzio è palpabile.

«Un vivente, uno di noi che si pone al servizio dei non vivi. Quale peggior crimine, quale peggior tradimento! Il maggiore è colpevole dell'omicidio del comandante Khiu, è colpevole della carneficina di molte vite americane e per tutto questo, ed altro, chiedo l'immediata condanna a morte dell'imputato. A voi, uomini di questa rispettabile giuria, assegno il compito di dare inizio alla sterilizzazione da questa terribile infezione che ci sta, piano piano, annientando tutti!» conclude il tenente.

«Che il collegio giudicante si ritiri per deliberare. Tra trenta minuti rientri in aula con il verdetto finale» dispone il giudice.

Nel frattempo sulla Roosevelt...

«Lo condanneranno a morte, signor presidente...» dice il colonnello Stark.

«Ne sono consapevole anche io. Gli hanno assegnato una recluta, ben addestrata, come avvocato e nessuno di questa nave è stato chiamato in aula a rilasciare dichiarazioni a discolpa del maggiore, addirittura neanche Maverick, che si trova sulla Stalin, è stato interpellato dalla difesa,» dice preoccupato il leader «le comunicazioni con Mosca?»

«Nessuna signore,» risponde Stark «nessuna!»

Il presidente resta per un momento in silenzio...

«Prepari la nave, avverta l'equipaggio...» ordina Palmer «predisponiamoci ad abbordare la portaerei Stalin!»

«Abbordare la Stalin?» chiede stupito il colonnello Stark «Signor presidente, le ripercussioni delle nostre azioni potrebbero non essere più gestibili, siamo a ridosso dell'Inghilterra...»

«Colonnello, non ho tempo di discutere con lei, convochi urgentemente i capi di Stato Maggiore. Non permetterò che si uccida un altro americano sotto la mia presidenza!» esige Palmer

«Prepariamoci velocemente ad attaccare la Stalin!»

In aula, intanto, la giuria rientra con la sentenza...

«Avete emesso un verdetto, signori della giuria?» chiede il colonnello che presiede il tribunale militare.

«Sì» risponde il portavoce dei giurati mentre passa un foglietto nelle mani del giudice.

Il colonnello inizia a leggere la sentenza.

«Per i reati di omicidio, attentato, sterminio, cospirazione, sabotaggio, premeditazione di un attacco missilistico sui territori sovietici di cui è accusato il maggiore Mitchell Asch, la giuria, e il sottoscritto, ritiene l'imputato... colpevole senza preclusione alcuna!»

Il maggiore Asch socchiude gli occhi.

«Per questo dispongo che il maggiore Mitchell sia condannato a morte, per fucilazione, all'alba di domani mattina. Che il signore, qualora ne abbia uno, abbia pietà della sua anima!» conclude il colonnello.

Il maggiore Asch senza proferire parola si alza e si lascia scortare, in catene, nella sua cella.

La notte passa in fretta ed è l'alba di un nuovo giorno...

«È ora, maggiore Mitchell» dice una guardia di sorveglianza mentre apre la porta della cella dove si trova rinchiuso.

«Asch, mi chiamo Asch!» dichiara lui, mentre si incammina al seguito dei secondini.

Raggiungere il ponte superiore esterno non ci si impiega molto.

L'aria fresca della mattina è piacevole sul volto di Asch. In lontananza sta sorgendo il sole, il mare è calmo...

«Oggi sarebbe stata una bella giornata per pescare!» esordisce Asch davanti al plotone di esecuzione che rapidamente sta prendendo posto, perfettamente allineato, in direzione del maggiore.

«Non volevo assolutamente perdermi la giusta fine di chi ha tentato di uccidermi» sostiene, interrompendo, il comandante Varja.

Asch tenta di liberarsi dalle corde che lo tenevano legato per raggiungere il comandante, in piedi, di fronte a lui.

«Lurido bastardo, cerca di affrettarti con questa pagliacciata,» urla nei suoi confronti Asch «vorrei strapparti il cuore con le sole mani.»

«Ti accontento subito maggiore...» risponde Varja.

«Aspettate un momento!» chiede Joseph che, nel frattempo, ha raggiunto il ponte esterno.

«Bene, siamo al completo adesso,» dice sarcasticamente Asch «io che mi fidavo di te, io che inconsciamente ho seguito i piani del tuo generale. È un peccato, veramente, essere legato qui...»

«Ne sono certo Asch!» dice Joseph.

«Per te non sono Asch, sono il maggiore Mitchell,» dice lui «spero che in un'altra vita possa incontrarti di nuovo.»

Joseph sputa sul volto di Asch mentre il comandante ordina ai militari di prepararsi per l'esecuzione.

«Plotone...» dispone l'ufficiale.

«Puntare...»

«Fu...»

Un boato seguito da una scossa violenta fa capitombolare tutti a terra. Due colpi partono, erroneamente, dal fucile di un soldato del plotone di esecuzione.

Uno ferisce Asch ad una spalla, l'altro colpisce nel centro della fronte il comandante Varja, spargendo parti del suo cervello su tutto il ponte.

«Cosa diavolo?» esclama Joseph.

La Roosevelt ha urtato violentemente la Stalin. I due ponti superiori sono a ridosso l'uno con l'altro.

Decine di soldati americani iniziano ad abbordare la portaerei russa.

«Fuoco... fate fuoco su qualunque cosa si muova!» grida il colonnello Stark che dirige le operazioni.

Il ponte esterno della Stalin diventa un campo di battaglia. Sul posto affluiscono soldati dell'esercito russo. Militari americani proseguono l'invasione. Si combatte senza ostentare colpi. Le pallottole sfrecciano nell'aria. Corpi inermi cadono a terra uno sull'altro. Quando le munizioni finiscono, si combatte corpo a corpo. Chi precipita suo malgrado in mare viene dilaniato dalle enormi eliche. Lo scontro è aspro e violento. Gli uomini scivolano sul sangue di altri uomini. In mezzo ai soldati si distingue Maverick che si dirige verso Asch.

«Ehi, non ti vedo ben messo...» dice Maverick.

«Dove diavolo eri finito?» chiede Asch legato e ferito, riverso a terra.

«Non mi hanno mai permesso di avvicinarmi! Appena ho avvertito la collisione delle navi sono uscito sul ponte e mi sono recato qui» sostiene Maverick.

«Liberami, per favore! C'è qualcuno su questa nave con cui avevo un appuntamento» chiede Asch.

Pochi istanti dopo, mentre la battaglia ancora imperversa sanguinosamente, Asch corre veloce all'inseguimento di Joseph che, seppur con difficoltà, si dilegua tra gli uomini in lotta tra loro.

«Prestami questa pistola soldato, tanto non credo possa servirti per il momento» mormora Asch all'indirizzo di un militare defunto.

«Varja è morto e la battaglia volge al meglio signor presidente!» dice il colonnello Stark dal ponte della Roosevelt.

«È vero colonnello. È giunto il momento, però, di arrestare questo conflitto sulla Stalin. Non sono loro i nemici da combattere...» ordina il presidente.

«Farò in modo di far recapitare il suo messaggio alle truppe sulla nave» risponde Stark.

«Molto bene!» conclude Palmer.

Dopo alcune ore, l'animosità comincia ad affievolirsi. Gli americani sono riusciti ad impadronirsi della cabina di comando della Stalin. La nave è, ora, sotto il comando della Roosevelt.

III

«Oggi è il gran giorno mia cara!» dice il generale Etrom «A breve tutti i tuoi desideri diverranno realtà.»

«Ne sono certa, mio imperatore!» risponde Pam.

Nel frattempo, Will, Ellen, Francesca e Tom giungono a ridosso del castello di Southvillage. Incoscientemente avanzano verso il loro obiettivo, per nulla insospettiti di aver incontrato, sulla loro strada, solo ostilità superficiali. Come alcuni non vivi di cui Will e Tom, poco prima, se ne erano liberati senza particolari difficoltà.

«Will, ho uno strano presentimento,» dice preoccupata Ellen «mi è sembrato troppo facile arrivare così velocemente al castello. Pensavo avremmo trovato più complicazioni...»

«Ero sicuro che non le avremmo trovate!» esclama Will «Etrom ha avuto diversi occasioni per sbarazzarsi di me. Forse i suoi piani a mio riguardo sono diversi. Il mio compito è quello di farli saltare uno ad uno.»

Will si fa pensieroso e poi esclama: «La mia preoccupazione è un'altra!»

«Quale?» chiede Francesca.

«Tenere voi al sicuro da lui» risponde Will.

«Ah, ah, ah!» una risata riempie l'ambiente «Will, oh Will... pensi veramente che non abbia un cuore, pensi seriamente che farei del male a dei bambini inermi?»

«È Etrom, state attenti...» mormora Will ai suoi compagni.

«In effetti hai pensato bene... ah, ah, ah!» dice con enfasi Etrom «Prendeteli e portateli da me!»

Un centinaio tra non vivi e mostri fanno la loro comparsa da ogni angolo, penombra o nascondiglio che li circonda.

I quattro si mettono, spalla a spalla, uno contro l'altro con le loro spade ben salde nelle mani.

«Dove diavolo sei?» urla Will.

«Sono qui che ti aspetto!» risponde Etrom «Ti chiedo di non opporre resistenza, oggi è una giornata di festa e voglio essere clemente con voi. Se non ti arrendi, mi dispiacerebbe ordinare di uccidervi tutti.»

«Non ti avvicinerai a questi ragazzi, te lo giuro...» promette Will.

«Sei venuto fin qui per Pam, ricordi?» dice il generale «Ops... non te l'ho detto! È ancora viva... ed è qui con me! Calmati e lascia che i miei soldati vi accompagnino da noi...»

«Fai come dice!» sussurra Ellen «In questo momento non siamo nella condizione di negoziare altre soluzioni. Magari, in seguito, potremmo valutare una strategia di fuga...»

Will e i suoi compagni depongono le spade nei loro foderi e si lasciano catturare dai soldati che, nel frattempo, li avevano accerchiati.

«Nessuno deve torcergli un capello, se qualcuno lo farà dovrà vedersela direttamente con me!» ordina il generale «Portateli al mio cospetto!»

Intanto, sulle portaerei...

«Complimenti ragazzi, complimenti colonnello Stark!» dice il presidente Palmer salito a bordo della Stalin «Assicuratevi che tutti i corpi siano gettati in mare. Non voglio ritrovarmi con una nave infestata da non vivi.»

«Agli ordini, signore» assicura il sottufficiale americano Gray.

«Vorrei parlare con l'equipaggio di questa nave e di quelle alleate, per spiegare la nostra azione militare,» continua Palmer «sono certo che alla fine capiranno...»

«Spero di sì, signor presidente, le apro subito i microfoni» dice ancora Gray.

«Avete trovato il maggiore Asch?» chiede Palmer.

«No, signore, sono alcuni minuti che lo stiamo cercando ma ancora nessuna traccia di lui» risponde il colonnello Stark.

«Stava rincorrendo un non vivo, signore» spiega Maverick.

«Quale non vivo maggiore?» chiede il colonnello Stark.

«Il suo nome è Joseph e...» continua a spiegare Maverick.

«Signore...» interrompe il sottufficiale Gray «si sta facendo notte! Il sole è... come se fosse diventato nero...»

«... » tutti restano impietriti.

«Ma che cosa?» mormora il colonnello Stark «Non è il sole

che è diventato nero... è offuscato da schifosi uccelli neri!»

«Signore, forse i nostri problemi non sono ancora finiti» dice il maggiore Maverick.

«Signore, i nostri problemi credo siano appena iniziati!» aggiunge Stark.

«Preparatevi! Date l'allarme su tutte le navi. Stiamo per essere attaccati da quegli orrendi cosi volanti...» ordina furiosamente il presidente. Migliaia di uccelli, per lo più orribili corvi, sono a poca distanza dalle navi. La loro è un'azione Kamikaze indirizzata a provocare più danni possibili alle strutture delle portaerei.

«A tutti gli uomini, preparate la contraerea immediatamente...» ordina Stark.

Le due navi cominciano a scaricare un fuoco incrociato contro i volatili. I proiettili ne abbattono molti ma, inevitabilmente, alcuni di questi cadono in picchiata sulle portaerei.

«Fate alzare gli aerei immediatamente, maledizione...» ordina Palmer «maggiore Maverick, si occupi lei delle operazioni.»

«Signore, forse è troppo tardi...» sostiene Gray.

«Tardi? Tardi per che cosa? Con venticinque portaerei nucleari non riusciamo ad abbattere uno stormo di uccelli?» grida come un forsennato il presidente.

«Signore, non parlavo degli uccelli,» dice il sottufficiale indicando il radar «parlavo di questi bombardieri!»

«Maverick... alzi velocemente il culo di quei caccia!»

Gli uccelli continuano a picchiare principalmente contro la Stalin e la Roosevelt. Alcuni vetri si infrangono, alcune mitragliatrici saltano in aria. I bombardieri del generale Etrom avanzano inesorabilmente.

Nel frattempo...

Will, Ellen, Tom e Francesca, disarmati, sono nell'imperiosa stanza del trono nel castello di Southvillage.

«Finalmente ci rincontriamo» dice Etrom all'indirizzo di Will.

«Pam...» chiama Will mentre la scorge in piedi vicino ad Etrom «Pam, sono Will... sei viva! Dio mio ti ringrazio, sei viva!»

«Lasciatelo...» ordina il generale ai non vivi che trattengono Will.

«Amore...» sussurra Will in lacrime mentre si avvicina a lei.

«Amore?» chiede con tono ironico Pam «Dici a me o a quella puttana?»

«Pam?» esclama Will, restando successivamente senza parole.

«Afferratelo e tenetelo fermo!» ordina Pam «Io devo regalarmi una testa...»

«Che cosa stai dicendo?» chiede sconcertato Will.

Lei, all'accenno delle parole di lui, gli sferra un pugno, ben assestato, sulla sua guancia sinistra.

«Non te lo ripeterò un'altra volta, non rovinare la mia festa!» dice Pam visibilmente sconvolta.

«Cosa le hai fatto, bastardo!» urla Will all'indirizzo di Etrom.

«Datemi una spada, svelti!» ordina Pam che, una volta impugnata, la fa scorrere lentamente dietro il collo di Will «Non costringermi a farti del male. Per il momento, io voglio solo lei...»

«Vuoi me?» grida Ellen «Vuoi me? Eccomi qui, stronza!»

Con pugni e calci, Ellen riesce a liberarsi dai non vivi che la trattenevano. Ad uno riesce a sottrargli la spada dalle mani.

Etrom fa cenno ai suoi di non fermarla.

Pam si porta di fronte ad Ellen.

«No!» supplica Will tenuto riverso a terra ben fermo.

«Cosa vuoi fare, signorina?» urla Ellen «Vuoi uccidermi?»

«Con immenso piacere. E voglio ucciderti due volte. Sia da viva che, poi, da morta!» ribadisce Pam.

«Provaci, se ti riesce!» grida Ellen mentre si scaglia contro Pam.

Le due donne non fanno esclusioni di colpi. Il rumore delle loro spade che si colpiscono emettono un suono stridulo in tutta la stanza. Ellen usa tutta la sua forza ma Pam non sembra regredire di un passo. Ad un gesto sbagliato di Ellen, l'avversaria ne approfitta per sferrargli diversi pugni reiterati. Con un calcio riesce a scaraventarla a terra facendola urtare con il corpo addosso ad un pilastro... Ellen rimane frastornata.

In mare aperto, intanto...

«Signore, la contraerea sta dando buoni risultati ma alcuni aerei sono esplosi sulla pista di decollo. Il fuoco sta divampando sia sulla Stalin che sulla Roosevelt. Se Maverick non fa alzare subito quei velivoli penso che li perderemo uno ad uno» dice Stark al presidente.

«A che punto siamo con i missili stealth?» chiede Palmer.

«Siamo pronti, signore!» risponde il sottufficiale Gray.

«Fuoco... allora... fate fuoco su quei bombardieri!» ordina Stark.

I missili stealth vengono lanciati uno dietro l'altro e difficilmente mancano il bersaglio stabilito.

«Ma quanti diavolo sono?» esclama Stark.

«Colonnello, il maggiore Maverick sta decollando con tutti i caccia disponibili» dice soddisfatto Gray.

«Che Dio sia ringraziato!» esclama Palmer.

IV

Pam prende per i capelli Ellen e la trascina, a forza, sulle gradinate del trono.

«Fermati Pam!» grida Will «Fermati, ti prego!»

«Perché dovrei fermarmi?» chiede lei «Ti preoccupi così tanto per questa donna! Ti sei angosciato così anche per me?»

«Come potevo...» dice Will.

«Taci!» ordina Pam «Mentre io, con tuo figlio, ero rinchiusa nelle prigioni a mangiare scarafaggi... tu dove eri? Mentre supplicavo per non essere violentata o derisa nuda nel fango... tu dove eri?»

«Io...» sussurra Will.

«Ho detto taci!» urla Pam.

«Te lo dico io dove eri... stavi con questa sgualdrina a divertirti alle mie spalle!» racconta Pam mentre prende a calci Ellen riversa sui gradini «Etrom mi ha aperto gli occhi. Lui mi ha fatto vedere tutte le tue imprese con questa donna! E adesso? Cosa fai? Ti preoccupi per lei? Mi fai schifo!»

Pam lancia un candelabro di ghisa pesante verso di Will.

«Non ti sei mai preoccupato di me e di tuo figlio! Sì... neanche di tuo figlio!» dice lei.

«Ricordi cosa ti dissi l'ultima volta che ci siamo visti?» sottolinea Will «Che non sapevo come dimostrartelo, che non sapevo come fare... ma io ti amo Pam e un giorno, seppur lontano, sarei tornato a prenderti.»

Ellen abbassa lo sguardo alle parole di Will. «Quel giorno è arrivato, amore mio!» sostiene lui. «È troppo tardi Will, tante cose sono successe...» risponde lei.

«Ammazza quella donna mia futura imperatrice... il tuo dono è riverso a terra che aspetta» dice Etrom mentre si avvicina a Pam.

«Non farlo amore, ti prego, non farlo!» supplica Will.

«Come potrei non farlo... dopo tutto quello che ho dovuto subire!»

Pam con un gesto fulmineo afferra la spada come fosse un pugnale e, con entrambe le mani, conficca la lunga lama nel cuore di Etrom che, sorpreso, cade a terra esanime.

«Vai a farti fottere tu adesso!» esclama Pam.

Improvvisamente Will si rialza da terra e afferrando il candelabro alla sua destra comincia a colpire tutti i non vivi che lo circondano. Pam sottrae la spada dal fodero di Etrom e la lancia ad Ellen.

«Alzati stronza...» esclama lei «un giorno riprenderemo da dove abbiamo sospeso adesso!»

Ellen afferra la spada e si lancia contro i non vivi che sbigottiti mollano la presa anche su Tom e Francesca.

Finalmente ognuno ha la sua arma per combattere, compresa Pam che la recupera dal corpo di Etrom, e nella sala lo scontro si infiamma. I non vivi, disorientati e sensibilmente più deboli, cedono ben presto sotto i colpi dei cinque guerrieri viventi.

«Andiamo via da qui finché siamo in tempo!» ordina Will.

«Ha ragione Will, sbrighiamoci!» conferma Pam.

In fretta si dirigono fuori dal castello. Lungo il tragitto incontrare non vivi è inevitabile ma dopo diversi scontri e duelli personali, finalmente, tutti quanti riescono ad uscire da quel posto infernale. Will emette un fischio che richiama tutti i cavalli, in pochi istanti arrivano al galoppo. Da sopra una torre, alcuni non vivi con delle robuste balestre in mano scagliano diverse frecce appuntite nel vuoto. Uno di questi, cerca di colpire il bersaglio designato.

Nello stesso momento...

«Si stanno ritirando,» grida Gray «i bombardieri si ritirano!»

Smisurate urla di festeggiamento si sollevano dall'interno delle portaerei. Il nemico si stava ritirando e le navi alleate, seppur fortemente danneggiate, avevano reagito bene all'attacco.

«Verificate la consistenza dei danni e assicuratevi che non ci siano vittime tra i membri degli equipaggi» chiede Palmer.

«Sarà fatto, signor presidente!» risponde Gray.

«Sarebbe un miracolo poter attraccare da qualche parte,» dice il colonnello Stark «abbiamo urgente bisogno di rifornimenti e di materiale per eseguire alcune delle riparazioni.»

«Attraccare, colonnello?» domanda Palmer «lei crede veramente che sia possibile attraccare tutte queste portaerei, comprese la Stalin e la Roosevelt, in terra ostile?»

«Forse sì, presidente!» dice intervenendo Gray mostrando il radar «Vede questa insenatura vicino Cardiff? Sembra che i fondali permettano il transito delle portaerei e le scogliere, abbastanza alte, assicurerebbero un buon nascondiglio per le navi.»

«Continui...» dice Palmer interessato.

«Anche se non attracchiamo ad un molo, potremmo comunque lasciare le portaerei custodite a pochi palmi dalla costa,» spiega Gray «con i nostri gommoni e le nostre scialuppe saremmo in grado di far scendere alcuni uomini a terra sia per valutare la situazione che, successivamente, per cercare i rifornimenti necessari.»

«Vi ricordo, presidente, che siamo stati appena attaccati dall'esercito nemico...» dice Stark «lasciare ancorate le navi in un'insenatura che potrebbe rivelarsi un vicolo cieco è assai rischiosa come ipotesi.»

«Sì, ma lo è anche restare in mare aperto, a poche miglia dalla costa. Del resto, lo abbiamo appena verificato sulla nostra pelle!» ribatte il presidente. «Va bene, in effetti non vedo altre alternative» concorda Stark «Gray, attiviamoci subito per rendere operativo il suo piano.»

Le navi, lentamente, iniziano a far rotta verso Cardiff.

«Ci stiamo muovendo...» dice Matteo.

«Speriamo che non andiamo a farci bombardare di nuovo!» esclama Fra Benedetto.

«Appena possibile, dobbiamo scendere da questa nave,» sostiene Fra Settimio «mi sento come un topo chiuso in trappola!»

«Io ho paura dei topi!» dice Carolina.

«Anche mio marito ha paura dei topi!» afferma Matilde.

«...» Giovanni guarda la moglie senza proferire parola.

Continue Reading

You'll Also Like

4.4K 119 40
Giulia, 18 anni, fin dalla nascita ha avuto a che fare con gli ospedali; solare ma permalosa troverà l'amore in ospedale Davide, 18 anni, quasi 19 i...
267K 10.6K 200
Quando pensi che la tua vita sia finita perché stai perdendo la partita della vita, quella più importante di tutte, succede qualcosa che ti dà un mot...
1.2M 48.6K 43
Sara è una normale adolescente, con un particolare talento per le figure di merda. Ma questa sua dote sembra aumentare in modo esagerato quando incon...
517K 17.3K 55
SEQUEL DI "NON MI TOCCARE" SECONDO DELLA SERIE "DON'T TOUCH ME". COMPLETA. "Forse nessuno ha mai sentito le mie grida di aiuto perché non ho mai url...