"МаМа, porto a casa Oskar!" urlò Igor prendendo le chiavi di casa e chiuse la porta seguito dal più basso tremante nel suo giacchetto.
Partirono con i riscaldamenti accesi per non esser congelati.
"È strano,- esclamò il moro voltandosi- cioè, intendo è tutto così strano la sera."
"Che intendi?"
"Sembra tutto più tranquillo anche se i peggior reati vengono fatti di notte, all'ombra di tutto. La sera è silenziosa qui e... e mi piace."
"Buon per te. Io vorrei solo scappare da questa piccola cittadina del Massachusetts." rise il ragazzo dagli occhi di ghiaccio accendendo la radio.
Una vecchia canzone degli anni '80 si espanse nell'abitacolo dell'auto con dolcezza avvolgendosi i ragazzi.
Mayflower era una piccola cittadina del Massachusetts a qualche ora di macchina da Boston. Aveva un'università molto grande per questo ci vivevano più giovani che adulti e aveva dei deliziosi pub stile retrò sempre pieni.
Era questo e forse la città più bella a maggio quando i fiori sbocciavano e le piccole strade profumavano d'aroma di rose freschs o tulipani colorati. Per questo motivo il suo nome. Il sindaco nel 1968 aveva fatto anche cucire una bandiera dalle poche anziane. Era a sfondo bianco con tre fiori intrecciati fra loro sotto il sole. C'era scritto anche un motto: Il fiore si nasconde nell'erba, ma il vento sparge il suo profumo.*
Era speciale secondo l'opinione di Oskar e gli piaceva come suonava, come il venticello primaverile fra le foglie delle querce nel piccolo boschetto fuori città.
Mayflower era piccola ma pur sempre casa.
"Mi scuso per mio padre. È stato irrispettoso." se neuscì il pugile continuando a guidare tra le strade vuote di gennaio.
"Irrispettoso verso di te. Senti, giocare con le emozioni di un ragazzo in questo modo non è bello, va bene?"
Si sentiva troppo Stiles in quel momento.
"Da piccolo era peggio, adesso ci sono abituato."
Il moro sgranò gli occhi "Abituato? Credo che ci sia sotto altro oltre la scuola... tu sai qualche altro motivo?"
"No."
Mentiva, il piccolo lo percepiva dal movimento dell'indice sul volante, dagli occhi di ghiaccio. Lo sentiva e sapeva di star girando il dito nella piaga molto profonda.
"Dovresti reagire."
"Anche tu. So che ti pocchiano però non reagisci mai. Resti lì fermo e poi li rimgrazì tutto dolorante."
Lo aveva colpito come lui stava facendo e adesso era un ipocrita che lo giudicava dal non combattere quando per primo lui non lo faceva.
"I nostri bulli sono diversi."
"Per quale ragione, sentiamo."
Igor parcheggiò l'auto davanti a casa del tutor voltandosi strafottente. Stava inalzando una barriera per ripararsi dalla cruda verità. Sapeva di essere un codardo, di non farsi valere e non aveva bisogno di un ipocrita per conoscere la situazione.
"Quando mi piacchiano e mi vengono i lividi, so che i lividi dopo qualche tempo se ne andranno. Non credo che i tuoi lo faranno."
Il biondo ritornò nella posizione giusta. Aveva la mascella contratta, gli occhi duru e le labbra tirate in una linea dritta. "Notte."
Lo stava cacciando solo per avergli detto la verità che lui faceva finta di non sapere.
Oskar annuì dispiaciuto prendendo le sue cose e aprendo la portiera uscì per essere preso per il polso. Si ritrovò di nuovi seduto sul sedile con i brividi sulla schifa per la presa.
La mano del più grande era calda e riusciva a circondare del tutto il polso.
Oskar si voltò verso di lui con espressione sorpresa dipinta in faccia. Il pugile guardava con un punto dietro di lui, forse la sua porta di casa o il dondolo sulla veranda.
"Grazie. Io... dovrei essere io a proteggere e non essere protetto."
Il moro sorrise, era come uno dei personaggi dei suoi libri d'amore.
"Per fino la forza deve inchinarsi davanti alla saggezza, a volte.** Notte."
"Buona notte, Oskar."
Di nuovo usò il suo nome e lo amava troppo come scivolava bene fuori dalle sue labbra. Il tono roco e tutto quanto messo insieme.
Corse attraverso il vialetto, per gli scalini e sulla veranda con la luce spenta segni di essere ancora solo in casa.
Prima di chiudere guardò il mezzo sorriso della montagna del suo alunno e non potè non ricambiare felice.
***
"Oh, finalemente ti abbiamo trovato, piccolo Oskar."
La voce era divertita mentre gli accarezzava una guancua con un dito.
"Volkov si sarà scordato del nostro piccolo incontro."
"H-hey ragazzi. Spero che stiate bene oggi. Io dovrei andare, sono in ritardo per le schede, quindi... fate veloce." borbottó il più basso guardando Kraven con il sorriso sulle labbra.
Quella mattina quando si era svegliato non credeva ancora possibile, dopo un week-end, lo scambio di battute in macchina di Igor. Invece in quel momento, ed ogni volta prima del dolore iniziale, non credeva possibile ancora quella situazione cominciata da uno scherzo di cattivo gusto.
Il 'luogo-tenente' di Kraven gli tolse gli occhiali, segno anche di colpi sul viso e scuse per nasconderlo.
Mio padre penserà che faccio delle risse. Grandioso... notare il sarcasmo.
Quando, sulla sua app di lettura, leggeva storie sul nerd che si innamorava del suo bullo, il quale per un morivo o per un altro ricambiava, non aveva mai ben capito la logica della cosa.
Non che l'amore avesse una logica. Afrodite ed Eros lo insegnavano bene.
Il primo arrivò facendogli cadere a terra le schede per la lezione di storia. Il secondo gli fece tremare il corpo. Con il terzo cadde a terra non lamentandosi, il freddo del pavimento dava quasi sollievo al dolore. Infine i calci e gli insulti.
No, non capiva il senso dell'innamorarsi del bullo. Non si sarebbe mai innamorato di Kraven, era la persona che lo picchiava e il diavolo non poteva essere anche l'angelo e lui sapeva bene quest'affermazione, l'aveva provata sulla sua pelle.
Sapeva di aver ricevuto tutto il trattamento quando Kraven si fece spazio tra i suoi amici di football.
Ogni volta lo guardava con disprezzo o disgusto. Ogni volta gli rispondeva con un grazie, perché grazie agli omofobu ignoranti sarebbe stato una persona migliore insegnando ai suoi figli che l'amore era amore.
Così capiva anche perchè il nerd si innamorava del bullo. L'amore era amore.
*frase di Tagore
**PJ e il ladro di fulmini
Dizionario russo nel capitolo:
-MaMa: mamma