Mi risvegliai in tarda mattinata all'ombra della quercia del convento e al suono della fragorosa risata di Frà Tommaso, mi rialzai e lo raggiunsi all'ingresso delle cucine del convento.
-«Buongiorno, frate.»
-«Buongiorno»
-«Qual è la fonte della vostra allegria?»
-«Nulla, giovanotto. Quest'uomo» indicò il cuoco e poi gli mise una mano sulla spalla «potrebbe dare spettacolo alla corte del re. Frate Caio, costui è il giovine che ho portato in infermeria: Riccardo.»
-«Oh Riccardo, anche voi siete stato abbindolato dalla bontà di Fratello Tommaso. Oh povero voi! Fuggite prima che vi dia carico di lavori di manutenzione o faccende varie.» disse con un sorriso che gli solcava il viso da parte a parte.
Frà Tommaso si finse incollerito e poi rise :-«Che ti avevo detto?! Quest'uomo è fonte di allegria. Ad ogni modo, sei ancora al convento e suppongo che non abbiate fretta di rimettervi in viaggio» lasciò la frase in sospeso attendendo il mio cenno d'assenso.
-«Non siete in errore, avrei il progetto di rimandare la mia partenza.»
-«Bhe allora bisogna provvedere alla tua situazione»
-«Quale situazione?» interrogai confuso.
-«La tua situazione di nulla facente, ovviamente. Avete qualche esperienza?»
-«Al tempo, lavoravo i campi con i miei fratelli»
-«Abbiamo già qualche lavoratore per il nostro orto, mi aiuterai con i lavori al pozzo.»
-«Dubito della mia effettiva utilità per la manutenzione»
-«Dio aiuta colui che chiede aiuto,caro Riccardo.» s'incamminò dicendo:-«Seguimi.Frate Caio, debbo lasciarvi al vostro lavoro da capo cuciniere.»
Lo seguii fino ad un pozzo posto sulla cima di un pendio non molto ripido. Il pozzo sembrava in buone condizioni
-«Quali lavori dovrebbero esservi?»
Raggirò il pozzo, sollevò lo sguardo su di me e mi fece segno di raggiungerlo. Al lato del pozzo vi era stata una debole frana che aveva portato con sè una parte d'esso. Lavorammo per tutto il giorno fino al calar del sole. Al crepuscolo ci sedemmo tenendoci il pozzo alle spalle e ammirando il sole che spariva e portava con sè la luce del mondo.
-«Prendi.» disse Frà Tommaso tendendo la mano che teneva un fagotto.Perplesso,spostai lo sguardo sul suo viso per trovarvi un sorriso rassicurante; fece un cenno col capo per dirmi che avrei dovuto sbrigarmi ad accettare.
Allungai le mani e presi il fagotto.
-«Grazie.» scoprii la mia cena trovando del pane ed una caciotta.
-«Tu non sei uno di quelli che credono.»
-«E voi non siete come gli altri ecclesiastici.»
Sorrise. Io continuai:«non siete arrivato fino ad oggi come i vostri pari, vero?»
Si rabbuiò per un momento, sospirò e si voltò verso di me sorridendo.
-«Ognuno ha la sua storia.»
Compresi che aveva un passato che sarebbe dovuto rimanere tale: passato.
«Tornando a voi. Perchè non credete?»
«Perchè dovrei farlo?»
«Guarda questo tramonto, questo prato, quest'albero, guarda te. È tutto perfetto. Ora guarda quel pozzo. È in decadenza. Ciò che è opera di Dio è perfetto, ciò che è opera dell'uomo è un'infima imitazione.»
-«L'uomo è l'imperfezione per antonomasia. Se Dio ha creato l'uomo, ha creato il male.»
-«Tu parli dell'assenza del bene, la mancanza dell'amore di Dio.»
-«Con tutto il dovuto rispetto, frate, ma credo che la fede sia soltanto un altro modo per intendere disperazione. La gente non crede in Dio per principi religiosi, il popolo crede in Dio perchè sono disperati e l'unica cosa che gli rimane è la speranza di una vita migliore dopo ciò che hanno subito qui.»
Sospirò.
-«Sei uno dei più abili pensatori che abbia mai conosciuto, sei forse l'unico che sappia pensare senza aver avuto un'educazione alla cultura.»
-«Dico solo ciò che penso.» dissi chinando il capo.
-«No, tu parli e agisci secondo quel che hai vissuto» fece una pausa e poi continuò «come tutti noi.» Alzai il capo di scatto udendo il suo tono intristito, aprii la bocca per emettere parola ma mi bloccò alzando una mano e parlò:-«Hai ragione a dire che non sono come gli altri ecclesiastici: loro sono uomini di Dio illuminati dalla vocazione del nostro Signore, rispettabili per cultura e principi; io, un umile servitore che vive la vita che meno gli si addice. Da giovane ero un facinoroso, un ribelle. Odiavo il mondo. Mia madre era una cattolica convinta e si vergognava di un figlio eretico. Eretico, così mi definiva, così ero visto ai suoi occhi. Un giorno, però, alla sorpresa di tutto il villaggio, m'innamorai di una fanciulla: Angelica, era il suo nome, solo un nome...eppure sono quasi certo che sia un angelo di Dio. Arrivata qui sulla terra per salvaguardare gli uomini. Mia madre ne era allegra. Dio aveva progettato tutto e, in un modo o nell'altro, riesce ad attirare tutti alla fede.Angelica non m'indusse mai a credere in Dio, come avrebbe potuto? Lei sapeva che Dio non arriva al nostro cuore tramite le sensazioni altrui. Passammo un anno indimenticabile, ma poi Angelica si ammalò gravemente, i dottori non sapevano quali cure utilizzare ed io non avevo denaro per garantirgliele. Mia madre mi disse di pregare ed io, per una volta, le diedi ascolto. Soltanto un anno eppure avrei dato la mia vita per salvarla...uno sciocco, penserai» Alzò lo sguardo al cielo.«l'amore ci rende così sciocchi da farci rallegrare se soffriamo per il bene dell'altro. Chiesi a Dio di guarirla, di prendere la mia vita al posto della sua.» si bloccò.
«Fratello Tommaso, non intendevo costringervi a dirmi del vostro passato, non importa se non è vostro desiderio raccontarmelo.»
«Ti prego di lasciarmi continuare.»
«Non è necessario parlarmi di questa vostra perdita.»
«Anch'io dubitavo della potenza di Dio.» fece una pausa. «Angelica guarì dopo qualche giorno.» Lo fissavo esterefatto. «Spesso ci dimentichiamo di Dio, lo interpelliamo per egoismo e quando tocca a noi ascoltarlo preferiamo badare altrove. Avevo promesso a Dio la mia vita per quella della mia amata. Angelica perse ogni ricordo, quando le parlavo vedevo i suoi occhi guardarmi con una diffidenza che non mi aveva mai mostrato. Capii che non mi avrebbe mai più amato
, capii che non era la dolce fanciulla che era sempre stata, che non era Angelica. Era un castigo divino? Certo che no. Decisi di abbandonarla e dedicarmi alla vita da ecclesiastico credendo che Dio volesse la mia vita in cambio di quella della mia amata. Angelica si suicidò dopo qualche tempo, credo ancora che se le fossi stato accanto non sarebbe successo. Dio mi aveva donato la possibilità di salutare per un'ultima volta la Mia Angelica...ma io non ho saputo sfruttarla.» mi rivolse il suo sguardo. «non parlare mai ad interpretazione di Dio.»
-«Dunque credete di non essere destinato a questa vita?!»
-«Da quel che ho potuto constatare, a voi, importa ben poco di quello in cui credo» disse con un sorriso malizioso.
Imbarazzato, abbassai il capo.
«ad ogni modo, mio caro Riccardo,credo che il destino non esista.»
Sorpreso dissi:-«E le sue parole sul disegno divino?»
-«Sono un ecclesiastico: un uomo che debba assicurare l'esistenza di Dio e di una sua volontà. Il disegno divino non esiste, solo l'uomo può scegliere del suo futuro.»
Aprii la bocca meravigliato delle sue parole.
-«Non credo di comprendere...»
-«Dunque, esponi i tuoi dubbi.»
-«Perchè mi avete raccontato questa storia?»
-«Non sono un indovino, ma tu, giovanotto, stai cercando qualcosa che non puoi lasciarti scappare perchè potrebbe darti la felicità che tutti agogniamo.»
Quelle parole mi portarono Gisella alla menta, mi rallegrai al suo pensiero, ma l'allegria si tramutò in mestizia quando compresi che non l'avrei mai più ritrovata.