Forgotten Love

By -Eriks-

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Margot Bledig è una ragazza appena maggiorenne con un passato travagliato che l'ha lasciata con il cuore spez... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17

Capitolo 12

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By -Eriks-

Stava arrivando al Buster Coffee? Perché? E come faceva a sapere che ero li?

Erano domande a cui risposi poco dopo, non appena l'incontro con Evan fece timidamente capolino nella mia testa. Quella consapevolezza innescò una serie di mie azioni che fecero alzare un Giulio confuso e inconsapevole dalla sedia. Mi aveva vista chiudere la conversazione telefonica senza un saluto finale, guardare l'ora e mettermi in piedi.

"Cosa succede?" domandò spiazzato.

Ogni timidezza di poco prima sembrava essersi dissipata non appena vidi quanto fosse tardi. I miei pensieri si settarono in direzione della stazione e "Scusa Giulio, stavo quasi dimenticando un impegno importante che ho alle cinque" dissi sconsolata, mettendomi il giubbotto.

"Dove devi andare? Non ce la farai in cinque minuti" mi disse seguendo i miei movimenti con lo sguardo, ma non mi feci abbattere, così presi la borsa, mentre il calore sul mio corpo della tensione di poco prima si andava a sommare con quello dell'abito in più che mi ero appena messa.

"Devo farcela" affermai decisa e, dopo un sorriso, mi congedai sventolando la mano e dando le mie scuse per la successione troppo veloce degli eventi. La mia priorità era Evan, anche se mi preoccupai per l'impressione che avevo dato, con i miei modi frettolosi e confusionari. Mi concentrai però a capire come giungere in orario a destinazione e corsi per qualche isolato, finché la fortuna mi fece trovare il pullman che portava alla stazione esattamente nel luogo in cui stavo passando. Lo raggiunsi di corsa fino alla fermata e riuscii a fiondarmi al suo interno con il fiatone, il gelo che aveva congelato il sudore sulla mia fronte e il cuore impazzito. Con solo cinque minuti di ritardo scesi dal mezzo con sguardo basso, rischiando di finire addosso a due persone che mi avevano tagliato la strada per non perdere il pullman. Reggendo malamente la borsa, la lasciai aperta quando tirai fuori il cellulare per contattare Betta, ovunque fosse. Rimanendo ferma davanti alla fermata andai nei miei numeri in rubrica e non feci in tempo a selezionare il suo per chiamarla che lo schermo si illuminò mostrando la schermata di ricezione di una chiamata. Il mio sguardo si era accorto dei due simboli rosso e verde in basso, prima di alzare lo sguardo e leggere: Evan.S.

"Oh cazzo" fuggì dalla mia bocca e "Sul serio?" mi lamentai rivolgendo per un attimo lo sguardo al cielo. La suoneria si stava diffondendo tra la calca di gente in cui mi trovavo e, anche se non avrei voluto per nulla al mondo, il mio dito andò ad accettare la chiamata. Fu un gesto involontario e, non appena me ne resi conto, misi velocemente il cellulare all'orecchio, iniziando a camminare senza meta.

"Evan?" mi tremò la voce.

Stupida, pensai, sentendo la gamba destra più molle rispetto alla sinistra e mi fermai sotto il portico, dando le spalle ad un colonna, giusto perché non sarei voluta cadere a terra come una deficiente.

"Ehi Betty... dove sei?".

Ingoiai la saliva con forza, quasi facesse fatica a scendere, e trattenni per un attimo il fiato. La sua voce era calma, limpida, meno profonda e graffiata di quanto ricordassi, sporcata solo dal suo essere lievemente roca e la confidenza con cui parlò mi lasciò sorpresa.

"Dove- Ehm... sono..." mi guardai intorno inutilmente, spaesata.

Era una semplice domanda, una di quelle che meritavano una risposta senza pensare, di getto, perché talmente ovvia da non doverci riflettere, ma... avrei dovuto dire dove si trovava mia madre e certamente non lo sapevo!

"Sto arrivando" affermai frettolosamente e chiusi all'istante la chiamata.

Merda, pensai, mortificata e quasi incapace di pensare a cosa fare. Per fortuna lo schermo si illuminò nuovamente, ma era mia madre che mi stava chiamando, quindi esultai mentalmente e "Dove sei?" domandai spiccia.

"Scusa ho fatto un po' di ritardo... chissà il meccanico quanto ha intenzione di tenersi la macchina" sospiro, leggermente affannata "Sto andando davanti al parco... ci vediamo lì".

Annuii e conclusi anche quella chiamata guardando la sua meta che era esattamente di fronte a me, appena attraversata la strada. Per un nano secondo avevo pensato all'eventualità che anche quella volta non si sarebbe presentata, ma per fortuna l'avrei vista a breve e... meno fortunatamente le avrei dovuto rivelare il mio piano, dopodiché l'avrei scaricata come un pacco postale. Quando feci qualche passo, la mia idea iniziò a non risultarmi molto geniale e, arrivata davanti alle strisce pedonali, decisi di arrovellarmi il cervello per cercare una possibile alternativa.

Potevo presentarglielo come mio professore?

Lasciarla lì finché non era lui a trovarla?

No! In entrambi i casi rimaneva il problema che lui avrebbe capito che lei non lo conosceva affatto. Alzai gli occhi, il semaforo era verde, le persona mi passarono accanto attraversando la strada, ma rimasi immobile a fissare in direzione del parco. L'aria mi stava facendo volare i capelli a sfiorarmi le guance, me le solleticavano, le labbra si erano separate e il freddo che percepivo insistente sulla fronte umida si abbatté anche su di loro. Il semaforo diventò rosso e fu in un attimo che il cuore mi arrivò in gola sentendo un clacson vicino, improvviso. Mi voltai a lato vedendo un uomo in una vettura farmi segno di spostarmi, dicendo delle parole per nulla cortesi con tono scocciato. Tornai con i piedi per terra e indietreggiai fino a raggiungere nuovamente il marciapiede: avevo fatto involontariamente qualche passo avanti, ritrovandomi in strada. Alzai la mano in segno di scuse e delle altre macchine mi sfrecciarono davanti, coprendomi alternativamente la vista su mia madre appoggiata alla ringhiera del parco che gesticolava e sorrideva a quello che riconobbi come il mio professore di recupero. Non sembrava confusa o arrabbiata, era semplicemente con la sua solita espressione allegra che conversava con un altrettanto sprizzante Evan.

Che diavolo succede?, pensai, Che avessero scoperto tutto?

Il semaforo tornò verde e alte persone mi passarono vicine, presi una spallata e strinsi la borsa al petto. Tornai indietro in quel momento, verso il portico, quando sentii il cellulare e mi voltai verso mia madre: aveva l'apparecchio all'orecchio. Lo presi e guardai per secondi interminabili il suo nome sullo schermo per poi accettare la chiamata, arrivata alla conclusione che, non potendo avere l'occasione di spiegarle la situazione me la sarei dovuta dare a gambe.

"Tesoro dove sei?" domandò. La vidi guardarsi intorno e mi nascosi dietro una colonna.

"Emh... è successo un casino mamma. Vedi, Anna... emh".

Perché ho messo in mezzo Anna?

Avevo programmato in un nano secondo di dirle che ero uscita con Giulio e non facevo in tempo a raggiungerla, invece, come al solito la mia bocca non era connessa con la mia testa.

"Lei... ha bisogno che la aiuti in matematica e, quindi...".

"Ma tu sei sempre stata un disastro in matematica" mi ricordò scoppiando a ridere e io portai una mano tra i capelli, strizzando gli occhi.

"Sì, ma ecco questo ultimo argomento sulle...? Sulle equazioni- le funzioni con le equazioni e le disequazioni di... terzo grado o secondo...? Sai, questo argomento ha tanti passaggi e lei era assente, così..." sbuffai, non capendo cosa diavolo avevo detto.

"Ah ecco! Era assente, mi sembrava strano!" un'altra risata.

Grazie per la fiducia mamma.

"Non importa, ci vediamo a casa e- ah Margot! Ho trovato compagnia quindi ceniamo un po' più tardi, ok?".

Spalancai gli occhi per la sorpresa, il mio sorriso occupò tutta la faccia e "Ah va bene" feci, forse con troppo entusiasmo "A dopo!". Chiusi la chiamata e mi scappò un urletto di gioia che fece voltare un signore che stava passando. Tornai seria con sguardo basso, facendo finta di nulla, ma subito dopo le mie labbra si curvarono nuovamente verso l'alto.

Cos'era appena successo? Stavano per avere un appuntamento?

Il destino era stato più forte di me e li aveva fatti incontrare lui stesso, anche se sicuramente ero stata colta con le mani nel sacco! Ero troppo felice per darci peso e il fatto di averli visti in sintonia mi bastava, oltretutto, forse, la ramanzina che mi sarebbe toccata sarebbe stata molto lieve. Ero piuttosto elettrizzata per la piega che avevano preso gli eventi, andati comunque secondo le mie aspettative e tornai a casa più leggera, sperando che Evan non avrebbe fatto passi falsi.

Erano quasi le sette e trenta quando chiusi il libro di Greco, mettendolo su quello di Inglese che avevo già spulciato a sufficienza. Ero riuscita incredibilmente a studiare, accantonando l'ipotesi di prendere un voto irrecuperabile alla verifica, così mi lasciai andare sullo schienale della sedia girevole, il collo inarcato e le braccia abbandonate sulle cosce. Non sapevo per quanto tempo avessi studiato, ma ero certa che avevo fame e sonno, oltre che la sicurezza che non ero poi molto tagliata per mantenere la testa impegnata troppo a lungo.

Delle chiavi si insinuarono nella serratura e scattai in piedi sapendo che fosse arrivata mia madre. Preparandomi alla chiacchierata, forse un po' scomoda, raggiunsi l'ingresso e la vidi entrare con la borsa agganciata al braccio tenuto rigido, ad angolo, una busta della spesa a fargli compagnia e le chiavi alla mano.

"Ehi" mi sorrise stancamente, facendo un sospiro "Ho fatto un salto a comprare qualcosina già che c'ero..." chiuse la porta e si diresse in cucina "Mi sono ricordata che non c'era poi molto in frigo".

La seguii appoggiandomi allo stipite della porta, le braccia incrociate e gli occhi che seguivano ogni suo movimento, aspettando che iniziasse il discorso.

"Allora?" mi chiese mentre sistemava gli affettati in frigorifero.

"Allora...?" sussurrai interrogativa.

Si tirò indietro i capelli e tornò al tavolo per piegare la busta di plastica: "Lo studio di matematica" chiarii "Hai aiutato Anna?".

"Ah, sì certo..." borbottai, stufa di non poter arrivare subito al dunque, quindi, dopo un "Bene" in risposta e diversi attimi di silenzio durante i quali la vidi iniziare a preparare la cena, decisi di darci un taglio.

"Non devi dirmi nulla?".

"Riguardo cosa amore?" chiese con tono leggero, distratto, mentre armeggiava sui fornelli.

"Non so..." alzai gli occhi al soffitto, un po' irritata "Magari dell'uomo con cui sei uscita oggi".

Mi guardò di sfuggita, io alzai le sopracciglia e lei sorrise.

"Era da tanto che non mi chiedevi sulla mia vita sentimentale... Ecco," andò ad asciugarsi le mani su uno strofinaccio e fu a qualche passo da me "in effetti volevo parlarti di una cosa". Mi andai a sedere come se mi avesse invitata a farlo e fece lo stesso, mentre il suono del fuoco sotto la pentola era il solo a disturbare.

"Devi sapere che ho conosciuto quest'uomo qualche mese fa... emh" si grattò la guancia pensosa "Non ricordo quando esattamente. Comunque anche se stavo frequentando Davide-".

"Il personal trainer con la fissa per la lampada che ti ha tradita e ho dovuto cacciare dal portone di casa il giorno del mio compleanno?" chiesi giusto per capire se stavo intendendo bene, anche se sarei potuta essere meno specifica.

"Appurato che te lo ricordi..." alzò il sopracciglio, lamentandosi silenziosamente di averle ricordato cose spiacevoli, "dicevo, anche se stavo frequentando lui, ho conosciuto quest'uomo e siamo diventati amici".

"Quanto amici?" ero scettica, non si vedevano spesso amicizie tra sessi opposti dopo una certa età o, almeno, non pensavo fossero possibili.

"A.MI.CI" specificò, sapendo che non le stavo credendo "Poi Davide è andato a letto con quella tipa del night club e, non so, ho cercato conforto in questa altra persona..." sorrise.

"E ora state insieme" dedussi. Mi ero pian piano sempre più avvicinata al tavolo arrivando ad appoggiarmi con i gomiti, il mento sulle nocche "Ma questo cosa c'entra?" mi riferii ovviamente all'incontro che aveva avuto con Evan nel pomeriggio.

"Abbiamo deciso di rendere la cosa- Di passare allo step successivo insomma. Volevamo trascorrere del tempo insieme" l'acqua stava bollendo e si alzò dalla sedia "Tutti insieme" chiarii prendendo il pacco di pasta ed abbassando il fuoco della pentola con il sugo "Vuole presentarsi a te".

Sbuffai, non avevo potuto controllarlo, e lei si voltò, poi girò col mestolo e tornò a sedersi.

"Tesoro, lo so che ne hai conosciuti tanti... so che non deve essere stato bello vederli poi andare via".

"Non è stato bello vederti triste" mi tirai indietro nella sedia e incrociai le braccia "Perché dovrei conoscerlo? Cos'ha di tanto speciale rispetto agli altri?".

Quando usavo quel tono altezzoso con mia madre me ne pentivo sempre, soprattutto se l'argomento era nell'ambito sentimentale. Era lei quella che soffriva, non avevo il diritto di giudicare o di farle storie, ma non riuscivo mai rinunciare ad un'espressione mezza imbronciata quando l'avevo, era più forte di me.

Mi guardò comprensiva, abbassò lo sguardo e "Lui è diverso, te lo assicuro" disse "E' strano perché non mi sono mai sentita così a mi agio con qualcuno di così lontano dal mio modo di essere. E' tanto timido, calcolatore, divertente, intelligente... ohhh, ha quell'intelligenza così sexy" nacque un sorriso tra le sue labbra "E' forte, ma non perché va in palestra, anzi non ho visto molti muscoli a dire il vero" ridacchiò e non riuscii a non addolcire lo sguardo, le braccia non erano più rigide "Ha una forza d'animo davvero grande e mi ha aiutata non pretendendo nulla in cambio, non mi ha forzata nelle decisioni, non è quel genere di uomo che ha solo uno scopo capisci? Posso esserne sicura, lo sento, come sento che-" si bloccò con la mano sul petto e strinse le labbra in un sorriso senza denti, ma pieno "Incontralo Margot" incrociò il mio sguardo e, davvero, non sapevo più cosa dire. Se prima avrei potuto continuare a comportarmi come la figlia stufa di vedere passare troppi uomini da casa sua, in quel momento come avrei potuto essere così egoista vedendo quegli occhi innamorati. Le braccia mi caddero ai lati del corpo, a penzoloni, e sospirai, perché stavo dando una risposta di cui non ero molto sicura: "Ok" dissi "Va bene lo incontrerò".

Pensai ad Evan, a quanto, ormai, sarebbe stato impossibile farli incontrare, con lei così motivata verso quell'uomo e apparentemente del tutto cotta di lui... oppure?

Che sia proprio Evan quello di cui parla?

Betta batté le mani con entusiasmo ed emise un piccolo gridolino felice buttandomi le braccia al collo: "Oh grazie amore" strusciò la guancia sulla mia come un gatto e continuò a farlo quando ricominciai a parlare.

"Ma... oggi hai conosciuto qualcuno?".

"No" disse convinta e continuò il suo lavoro sulla mia pelle mentre alcuni capelli castani erano nella mia visuale.

No?!

Allora poteva voler dire che avevo ragione! Era davvero Evan? Sul serio? Ma perché avrebbe parlato con me sul sito di incontri se stava già frequentando mia madre? Qualcosa non quadrava perché ero piuttosto sicura di averlo riconosciuto in stazione!

"Volevamo prenotare in un ristorante" si sollevò in piedi fiera e soddisfatta, le mani sui fianchi, "Probabilmente un giorno della prossima settimana ".

Annuii, coscia di essere probabilmente stata raggirata e ancora con il pensiero del mio professore. D'altro canto lei non mi aveva menzionato del suo incontro, nemmeno del fatto che fosse venuta a conoscenza della mia intromissione a nome suo sul sito di incontri... come diavolo era possibile?

"Come si chiama?" domandai di getto, mentre si allontanava. Spense il fuoco e si preparò a scolare alla pasta che, pensai che sarà rimasta incollata, vista che era stata girata solo una volta.

"Dolcezza, amore, occhioni... in tanti modi" fece la vaga, lo sentivo che era un suo modo per scherzare, ma avevo bisogno di saperlo all'istante, così, ignorando ogni legge sulla privacy, andai a pescare furtivamente il cellulare dalla sua borsa. Sarebbe stata una cosa veloce, era impegnata, non se ne sarebbe accorta, ma per precauzione mi chiusi in camera. Trovai giusto un "Occhioni belli" in rubrica, era l'unico con un nomignolo di quel genere, cercai poi Evan.S tra i miei contatti e confrontai i numeri, curiosa. Dire che non ci avevo sperato, sarebbe come mentire, perciò quando andai a rimettere a posto ciò che non era di mia proprietà, scossi la testa, delusa: Evan sarebbe rimasto solo il mio professore di recupero.


___Spazio Autrice___

Ehilààà! Natale si avvicina e colgo l'occasione per augurare a tutti buone feste!!!! In arrivo tanto cibo (dolci), giochi da tavolo, parenti e amici... si spera anche un po' di riposo e soprattutto divertimento!

Margot si darà quindi per vinta con Evan.S adesso che sa che Betta è innamorata di un altro? E chi è quest'uomo misterioso?

•••Coming soon•••

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